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Autore: genius_undercover    05/06/2023    2 recensioni
Se avesse smesso di vivere empiamente, trovando ciò che la mistica creatura gli aveva detto, la maledizione si sarebbe spezzata.
In caso contrario, la sua vita sarebbe inesorabilmente finita.
Con il passare del tempo, il capitano cadde preda alla disperazione e perse ogni speranza.
Chi avrebbe mai potuto amare, un Kraken?

OurFlag!Beauty&theBeast!AU
Genere: Azione, Hurt/Comfort, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, Slash | Personaggi: Edward Teach/Barbanera, Mary Bonnet, Stede Bonnet
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
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VIII

Eppure solo una cosa poteva emettere quel rumore. 

Le mani presero a tremargli pesantemente. 
Sobbalzò, mentre sollevava il coperchio e la serratura scattava senza opporre alcuna resistenza. 

Lui sapeva che ciò che stava facendo era  una cosa profondamente sbagliata, e non era neanche da lui essere tanto curioso…o meglio, lo era, ma un gentiluomo sapeva sempre dove arrestare la propria fame di conoscenza. Lui ormai non capiva più se l’inquietudine che stava provando fosse a causa della superficie gelida a contatto con la pelle altrettanto fredda delle sue mani o per la curiosità immensa che l’aveva travolto. 

Non appena il contenuto del forziere si palesò ai suoi occhi, Stede gelò per il terrore. 

C’era un cuore umano, lì dentro. 

Ed era rosso di sangue, come se fosse stato appena estratto dal petto di una persona da pochi istanti. 

Stede represse un conato di vomito, allontanandosi immediatamente dalla scrivania, ma ormai era troppo tardi: un’alta figura dagli occhi rossi lo stava osservando, probabilmente da tutto il tempo, da quando aveva messo piede nella cabina. 

“Tu…” Ringhiò minaccioso il Kraken, fronteggiandolo. “Che cosa ci fai qui?”

“Io...”

“Ti avevo avvertito che non potevi entrare qui dentro!!” 

“Ma non stavo facendo niente!” Emise il biondo con voce strozzata. 

“TU VOLEVI UCCIDERMI!” Esplose il mostro infuriato, ribaltando la scrivania con un calcio e terrorizzando ulteriormente il gentiluomo, il quale si immobilizzò come una statua di marmo.

“Questo n–non è vero!” Tentò di dire. “No–non sono c–capace di–”

“Vattene.”

“Cosa?”

“SEI SORDO?? VATTENE DI QUI!” 
__

Stede fece quanto ordinato. 

Corse nel buio, senza sapere come trovare la forza di muoversi. 
Quando la luce fu più chiara, allungò le falcate, correndo fino a farsi dolere le gambe, sorpassando la stanza in cui la rissa era ancora in atto e facendola smettere. 

“EHI, DOVE STAI ANDANDO?!” Gridò Lucius, correndogli dietro insieme a Olu e Jim. 

“VIA!” Gridò semplicemente Stede di rimando, senza arrestare la corsa. 

Ormai erano arrivati tutti e quattro sul ponte di coperta. 

Le intenzioni del biondo divennero chiare. 

“NO STEDE!!” Gridò Olu. “SEI PAZZO, FERMATI! FERMATI SUBITO!!”

Fu tutto inutile. 

I tre si arrestarono al corrimano pericolante che li separava dal mare, attoniti e sconvolti. 

“Vado a chiamare el Capo!” Annunciò Jim, precipitandosi via.

“Io vado dagli altri!” Esclamò il consigliere più giovane, tremando per il freddo e per i nervi.
__

Il gelido abbraccio del mare lo accolse.

…stranamente era ancora vivo. 

L’inverno era alle porte, il semplice impatto con l’acqua avrebbe dovuto togliergli la coscienza, poi il respiro, poi il resto. 

Ma il suo cuore batteva ancora. 

Forse lo sarebbe rimasto al mondo pochi istanti, il tempo di dedicare un ultimo pensiero alle persone che amava, poi sarebbe disceso direttamente agli inferi. 

Stede era immobile, insensibile a nient’altro che non fosse la corrente sottostante. Non aveva mai imparato a nuotare. 


I volti sorridenti di Alma e Lois gli apparvero all’improvviso, seguiti dagli occhi gentili di Arhtur. Li tenne a mente, mentre il corpo sprofondava nell’abisso e i suoi polmoni cominciano a scoppiare. 

Anche se nei momenti peggiori l’aveva desiderato, Stede non avrebbe mai immaginato di morire tanto presto, nell’anonimato del mare, cieco e gonfio d’acqua.

Non potè fare in tempo a disperarsi, qualcosa l’aveva artigliato fermamente per la vita, togliendogli definitivamente la poca aria che gli era rimasta. 

Allucinazioni, pensò. Erano un grande classico, prima del livor mortis. Il suo odiato padre aveva dato segni di delirio, subito prima di spirare. 

Però quella presa forte intorno ai suoi fianchi non poteva essere irreale. 

E Stede non seppe cos’era, non seppe per quale motivo si sentisse trascinato verso una direzione sconosciuta dentro il mare, all’improvviso si ritrovò a sentire la brezza del vento…

…aria!

Pensò, aprendo finalmente gli occhi. 

Non appena fu in grado di mettere a fuoco, si rese conto che la nave sopra di lui era illuminata a giorno, così tanto da eclissare il chiarore delle stelle, e che lui stesso era aggrappato ad una scialuppa calata apposta dalla ciurma, che gli stava dicendo accoratamente qualcosa. In realtà erano un sacco di cose, ma lui ancora non riusciva a comprenderle. 

Quando anche l’udito si decise a tornare, il biondo capì. 

“SALI!!” 

Gli stavano gridando, sbracciandosi dalla fragile balaustra. 

“SALI, STEDE, MUOVITI!”

Stede non poteva: il freddo si era preso il suo corpo, e divenne ancora più difficile per lui muovere un muscolo, quando numerose pinne aguzze bucarono il pelo dell’acqua. 

Parato davanti a lui c’era il Kraken, che non lo stava guardando. 
Gli dava la schiena, intento a capire quale dei pescecani avrebbe attaccato per primo. Aspettava una mossa, come se se li stesse aspettando. 

Stede sperò che la Bestia potesse spaventare le altre che stavano avanzando inesorabili, sempre più vicine, invece fu tutto vano. 

Il primo squalo attaccò, cercando di aggirare i tentacoli, ma venne afferrato e scaraventato al largo con una forza sovraumana. 

Il secondo puntò dall’altra parte. Il Kraken gli fece fare la medesima fine, dopo di che creò un’onda per rallentare il branco in avvicinamento. 

Alla fine, gli squali attaccarono in contemporanea. Stede riuscì a scorgerne quindici, mentre dinanzi a sè si dipanava lo scontro più impossibile che gli fosse mai capitato di vedere. 
Si rese anche conto con terrore, che quelli non avevano alcun interesse per il mostro con i tentacoli: avevano cercato di evitarlo ed aggirarlo fin dall’inizio. 

Era a lui, che stavano puntando. 
E la Bestia lo stava inspiegabilmente proteggendo.

“SALI SU QUELLA CAZZO DI SCIALUPPA!” 

Ringhiò Kraken, confermando quel pensiero. 

Stede sentì gli occhi bruciargli di lacrime. Il corpo gelato e intirizzito non era ancora in grado di rispondere ai suoi comandi.

Come poteva salvarsi, mentre il Kraken combatteva fino allo stremo? 

L’acqua si muoveva agitata.

Onde alte si formavano e si infrangevano secondo i movimenti del Capitano, mentre degli spari risuonarono nell’aria.
Il gentiluomo si accorse che Izzy Hands aveva la pistola puntata contro i predatori e stava ordinando alla ciurma ormai radunata di caricare i cannoni. 
Inutilmente: uno squalo riuscì ad arrivare alla spalla del Kraken, apparentemente sempre più stanco. 

Stede avrebbe volentieri fatto qualcosa, a quel punto. Se doveva essere sì certo, avrebbe agito dall’inizio, ma non aveva mai imparato a  nuotare. 

Dio, ti prego, fa’ qualcosa. Fa’ qualcosa!

Poi, come per un macabro miracolo, sull’acqua cominciarono presto a galleggiare pinne, teste staccate e il calore del sangue si riversò, decretando la fine del combattimento. 

Il Kraken si lasciò andare sulla schiena. Il rosso dei suoi occhi andava spegnendosi ogni minuto che passava.

A Stede ricordarono le lucciole morenti, ogni qualvolta le osservava nel suo giardino. Era una cosa che faceva spesso, sin da quando era piccolissimo. 

Non aveva mai smesso di farlo, una volta adulto, e la sensazione di impotenza era sempre così devastante nel suo cuore sensibile, da risultare insopportabile. 
Si ritrovò quindi ad allungare la mano di slancio verso il mostruoso Capitano, prima che la corrente se lo portasse via, e lo trasse a sé. 

“ANDIAMO, STEDE, SALI! MORIRAI CONGELATO!” Gridavano dalla nave. 

E stavolta il biondo salí davvero. 

Andò per primo, ma solo per avere la possibilità di tirare il Kraken a bordo. 

Era pesante. Dio, se lo era, e il corpo di Stede aveva poco a soccombere per l’ipotermia. 
Nonostante fosse più tremante di un pulcino spaventato, riuscì nell’impresa, e la scialuppa prese a sollevarsi come per magia. 

Gli attimi seguenti furono pura confusione.
Il biondo non riusciva a distinguere di nuovo le figure che l’avevano accerchiato, si sentiva strattonato da una parte all’altra, mentre le sue gambe cedevano, facendolo crollare sul pavimento ligneo e rovinato. 

La testa gli girava terribilmente. Come se avesse ricevuto una seconda botta in testa. 

Dopo tempo immemore aprí gli occhi -che non si ricordava di aver chiuso- e guardò davanti a sè: qualcuno si stava occupando del Kraken. 

Sentendosi rassicurato, li richiuse, e si accorse che solo quando la ciurma si era affaccendata intorno al capitano, lui aveva ripreso il comando sul proprio corpo. 

Solo da quel momento, Stede aveva ricominciato a respirare. 


*ANGOLO AUTRICE*

Salve bella gioia! E buon lunedì. 

Questo era ufficialmente il capitolo più complicato da scrivere, ma ce l’ho messa tutta. 
Spero che ti sia piaciuto almeno un po’ e che non abbia fatto troppi orrori grammaticali e sintattici.

Dal prossimo ci si diverte. 
Un abbraccione!


-gen

 
   
 
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