Serie TV > Il mondo di Patty
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Autore: Bandida    09/06/2023    0 recensioni
{Storia ambientata due anni dopo l'inizio della prima stagione, senza tenere conto degli eventi della seconda stagione che non vengono considerati canonici.}
Antonella e Giusy hanno da poco iniziato il loro ultimo anno di liceo. La prima è alle prese con il mondo della musica, il lancio della sua carriera e le responsabilità che ne derivano, la seconda vede per il suo futuro soltanto prospettive fumose e ben poche certezze. Accomunate da un senso di solitudine e spaesamento, le due scoprono lentamente di poter trovare l'una nell'altra ciò di cui in fondo hanno bisogno.
Or
La storia d'amore enemies to lovers tra Antonella e Giusy ripercorsa narrando le tappe principali della loro relazione.
Genere: Introspettivo, Romantico, Slice of life | Stato: in corso
Tipo di coppia: Slash, FemSlash, Crack Pairing | Personaggi: Antonella Lamas Bernardi, Josefina Beltrán
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Era passata quasi una settimana esatta dall’incontro di Giusy e Antonella, settimana durante la quale raramente a Giusy era riuscito di distrarsi e togliersi l’altra ragazza dalla testa. Il suo stato emotivo, proprio come quello mentale, era stato tutto tranne che stabile. Quell'uscita non programmata aveva continuato ad essere ripercorsa, rivista e rivissuta nella testa della ragazza ad oltranza, decine di migliaia di volte. E la cosa brutta era che Giusy nemmeno lo faceva apposta, le capitava e basta. Per quale ragione pensasse così tanto ad Antonella, non lo sapeva nemmeno lei. Certo, qualcuno avrebbe anche potuto affermare che anche ben prima di quella serata trascorsa assieme Antonella fosse stata perennemente nei suoi pensieri, siccome Giusy trovava sempre il modo di infilarla in qualsiasi discorso, conversazione e situazione, ogni scusa era buona per rimarcare a tutti, se stessa compresa, quanto non riuscisse a sopportarla e la trovasse sgradevole. Certo era una brava cantante, una brava ballerina e una discreta performer – ma chi voleva prendere in giro, quando Antonella si esibiva sul palco non ce n'era più per nessuno, toglierle gli occhi di dosso era un'impresa a dir poco impossibile, per Giusy compresa, – ed era anche molto bella e aggraziata nei movimenti, per non parlare del suo gusto nel vestire sempre impeccabile. Ma queste erano tutte cose estremamente superficiali che chiaramente a Giusy non interessavano, quello che realmente contava per lei era tutt'altro.

Antonella era una persona vuota, superficiale ed estremamente meschina, per non dire poi infantile ed insopportabile. O almeno, questo era quello che Giusy aveva sempre raccontato a sé stessa, e per ragioni molto valide. Ogni volta che le era stato possibile Antonella si era sempre comportata male con lei e le sue amiche, arrivando spesso a compiere scorrettezze o mentire o manipolare le persone per i suoi scopi senza farsi un briciolo di scrupolo, tutto per mettersi in mostra e soddisfare quel suo bisogno patologico di stare al centro dell'attenzione. Eppure quella non era la persona che Giusy aveva visto quando era rimasta sola con lei, era un dato di fatto. Forse anche per quello non riusciva a smettere di pensare al loro incontro, non riusciva a capacitarsi di come una persona tanto frivola avesse in fondo dimostrato di... beh, di riuscire a capirla.

Questa era la verità, che Giusy aveva paura ad ammettere perfino a se stessa. Come poteva una persona così tanto diversa da lei, così tanto perfida e crudele, esserle stata più vicina di quanto le sue amiche non lo fossero da mesi? L'unica possibile risposta era prendere in considerazione l'eventualità che Antonella non fosse poi il mostro che Giusy aveva sempre pensato, e questo avrebbe significato di conseguenza dover ammettere che... beh, che il suo giudizio su di lei era sempre stato sbagliato, almeno in parte, che Antonella era anche molte altre cose, cose che Giusy non conosceva. No, sarebbe stato assurdo anche solo pensarla una cosa del genere. Antonella era una persona cattiva, meschina e insopportabile e andava tenuta lontano ad ogni costo, così era sempre stato per Giusy e così avrebbe continuato ad essere. Il loro incontro non aveva alcuna valenza e sicuramente Antonella se l'era già dimenticato, visto e considerato che dopo quella sera avevano continuato ad ignorarsi a scuola come regolarmente facevano ed avevano fatto per anni. Per cui non c'erano problemi, no?

Ora Giusy doveva semplicemente trovare il modo di convincere il suo cervello di tutte quelle cose e levarsi l'altra ragazza dalla testa una volta per tutte, che lo volesse o meno. Aveva una verifica di matematica il prossimo lunedì e una marea di esercizi da fare per prepararsi, non aveva tempo da perdere con simili pensieri e assurdità. Eppure, la sua mente proprio non ne voleva sapere di concentrarsi sulle formule e smettere di pensare alla voce di Antonella, al suo viso e al suo sorriso, alla sua risata energica e piena di vita e al modo in cui le sue labbra erano state così vicine a... NO! Doveva darsi una regolata, e anche al più presto. Quella maledetta ragazza riusciva sempre a trovare il modo di danneggiarla, chissà come.

Giusy era sul punto di cambiarsi e uscire di casa per andare a fare una passeggiata e prendere una boccata d'aria, magari passare da Tamara per chiederle se avesse voglia di studiare assieme, quando il suo cellulare squillò, segnalando che le era arrivato un messaggio da parte di qualcuno. I suoi occhi lessero sul display il nome di Antonella e Giusy istintivamente trasalì, il cuore iniziò a batterle all'impazzata all'interno del petto mentre una miriade di pensieri diversi affollò la sua mente. Per quale motivo si stesse agitando così tanto, poi, non lo sapeva nemmeno lei.

 
Okay, niente panico. Antonella ci ha cercate, è vero, ma non significa che dobbiamo preoccuparci o andare a pensare a chissà che cosa. Non significa niente, assolutamente niente. Vedrai che sarà uno dei suoi stupidi messaggi, magari ha anche sbagliato numero.

E se invece stesse cercando proprio noi? E se ci ha scritto perché ci vuole vedere?

Andiamo, non dire assurdità. Te la figuri una come Antonella che chiede a noi di vederci? Non è possibile.

 
Con il cuore in gola, Giusy aprì il messaggio e si decise finalmente a leggerne il contenuto, impaziente di scoprire di che cosa si trattasse. Avrebbe potuto utilizzare mille scuse diverse per giustificare in maniera razionale quella curiosità, tuttavia sapeva che forse, in fondo in fondo, in un angolino remoto del suo cuore, la verità era che sperava che Antonella le dicesse di volerla rivedere – in barba ad ogni logica e razionalità. Giusy però sapeva anche che quello non era possibile, che Antonella non si sarebbe mai e poi mai spinta a tutto ciò, solo per lei poi. Era pur sempre Antonella. Con quella consapevolezza, si decise finalmente ad aprire il messaggio.

 
Io e te dobbiamo parlare. Vediamoci domani davanti all'aula di musical alle 16:10, prima delle prove.


Un messaggio molto coinciso e dritto al punto, non c'era che dire. Come suo solito Antonella faceva quello che le pareva e piaceva e dava ordini a destra e a manca, aspettandosi che gli altri fossero disponibili ogni qualvolta lei ne avesse l'esigenza. Tuttavia, Giusy decise di acconsentire e accettare l'appuntamento, vinta dalla curiosità di scoprire di cosa l'altra le volesse parlare. Visto il luogo da lei scelto dubitava che potesse essere un qualcosa di eccessivamente privato e personale, altrimenti le avrebbe dato appuntamento a casa propria o in qualche altro posto tranquillo. D’altra parte le aveva comunque chiesto un confronto faccia a faccia, per cui doveva essere una questione che preferiva non affrontare al telefono, e quindi di una qualche importanza, seppur minima.

Dopo averle risposto con un messaggio di conferma altrettanto breve, Giusy si risolse definitivamente a raccattare i propri libri e uscire per andare a studiare a casa di Tamara. Sapeva perfettamente che se fosse rimasta nella sua stanza un minuto di più i pensieri riguardanti Antonella e il loro incontro dell'indomani avrebbero finito col mangiarla viva, e la matematica per lei non sarebbe stata altro che un semplice e lontano ricordo.

 
 
Il giorno dopo
 
Erano a malapena le 16:03 quando Giusy raggiunse l'entrata dell'aula di musical, mentre gli studenti della scuola si riversavano in massa verso l'uscita e riempivano i corridoi. Alla Pretty Land School of Arts le lezioni normalmente terminavano alle 16:00, il che significava che tutti i ragazzi raccoglievano le proprie cose e lasciavano l'edificio attorno a quell'ora per recarsi a casa propria, o in alternativa a svolgere le attività extracurricolari pomeridiane a cui partecipavano. I ragazzi del gruppo di musical si incontravano ogni settimana per le prove, che si svolgevano di mercoledì e venerdì alle 16:30 nell'apposito auditorium. Di conseguenza, durante quella mezzora di intervallo restavano tutti nei paraggi della scuola e raramente si allontanavo, preferendo invece rilassarsi in cortile e fare merenda, fumare una sigaretta o semplicemente scambiare quattro chiacchiere con i propri amici, per staccare un po' il cervello dopo un'impegnativa giornata di studio e lezioni.

Sarebbe stato assai strano che qualcuno arrivasse davanti all'aula con ben venti minuti di anticipo, e questo Giusy lo sapeva, così come era certa lo sapesse anche Antonella. Se quest'ultima le aveva dato appuntamento lì e non in cortile all'aperto, una ragione doveva pur esserci. Giusy inevitabilmente non poteva fare a meno di pensare che volesse parlarle da sola, in privato, assicurandosi che nessun altro le potesse sentire. Nemmeno lei stessa avrebbe saputo dire con certezza che cosa si aspettasse, né quello che in fin dei conti volesse ascoltare da parte dell'altra ragazza – e no, poco importava che con lei fosse stata bene la scorsa settimana, di certo Antonella non le avrebbe chiesto di rivedersi, per cui era inutile sperarci o anche solo prenderlo in considerazione. Mano a mano che i minuti passavano e la folla lentamente si diradava, Giusy sperava sempre più che Antonella arrivasse quanto prima, perché il crescente sentimento di agitazione mista a nervosismo che stava provando cominciava a farsi insopportabile.

Quando finalmente la vide, il display del suo telefono segnava le 16:07 e il corridoio era completamente vuoto. E così, ancora una volta, le due si ritrovarono sole.

“Ciao,” la salutò Antonella con un sorriso timido, giusto accennato, molto diverso dall'atteggiamento spavaldo ed esuberante che solitamente la ragazza sfoggiava.

“Ciao,” replicò Giusy, con lo stesso tono remissivo. “Allora che c'è, perché mi hai fatto venire qua Antonella, di che cosa mi volevi parlare?” chiese con fare scocciato. Tuttavia, quella non era che una facciata per nascondere il reale interesse che provava, e che Antonella – né nessun altro ovviamente – doveva scoprire.

“Sempre molto gentile eh,” la rimproverò l'altra con una smorfia.

“Non mi va di perdere tempo, tutto qua,” si giustificò Giusy con uno sbuffo.

“D'accordo, allora la farò breve, così poi sarai libera di tornare dalle tue amichette e...” iniziò la cantante, tuttavia prima che potesse concludere la frase la ragazza fu allertata da un rumore di passi che si faceva sempre più forte, indicando dunque che qualcuno si stava avvicinando. Interrompendosi di colpo, Antonella afferrò Giusy per un polso e la trascinò verso la porta più vicina, intimandole nel frattempo in un sussurro: “Svelta, vieni con me.”

“Antonella, si può sapere che stai facendo?!” tentò di protestare Giusy, mentre Antonella apriva la porta e la conduceva all'interno della stanza guardandosi attorno con particolare attenzione, probabilmente per verificare che nessuno si fosse accorto della loro presenza. Dopodiché, con altrettanta velocità la ragazza chiuse la porta alle loro spalle, lasciando Giusy parecchio interdetta.

Tanto per cominciare, non erano capitate in un'aula qualunque dove si svolgevano le lezioni ma bensì in quella dei professori, dove ogni docente teneva i propri documenti e i propri effetti personali nell'apposito armadietto e dove si svolgevano le riunioni per discutere della didattica. Giusy era piuttosto sicura che gli studenti non dovessero avere accesso a quell'aula, men che meno adesso che era completamente vuota in quanto le lezioni della giornata erano terminate, fatta eccezione per le prove di musical coordinate dai loro insegnanti di canto e di ballo, che comunque non avevano motivo di entrare lì. Non con così tanto anticipo rispetto alla lezione, perlomeno.

“Ma sei matta, perché mi hai portato qua dentro?!” esclamò Giusy guardandosi intorno. “Non possiamo stare qui!”

“Beh allora chi si occupa di questa stanza avrebbe dovuto fare più attenzione e chiudere a chiave la porta, no?” fece notare Antonella, mentre la mora per tutta risposta alzò gli occhi al cielo esasperata. “Stava arrivando qualcuno, non posso rischiare che ci sentano,” chiarì poi Antonella.

Dunque era così, Antonella si vergognava di parlarle all'interno di un luogo pubblico, ora era tutto più chiaro. Del resto da lei non c'era da aspettarsi nulla di diverso.

“Senti facciamola finita e dimmi che cosa vuoi una buona volta, sia mai che qualcuno ti veda parlare con una comune mortale come me, no?” la provocò Giusy con irritazione, portandosi le mani sui fianchi.

“D'accordo,” replicò Antonella con uno sbuffo, l'aria altrettanto scocciata. “Volevo vederti perché i-io,” esitò, spostando per un attimo lo sguardo dal viso di Giusy prima di incontrare nuovamente i suoi occhi castani, “volevo solo assicurarmi che non avessi detto a nessuno che ci siamo viste la settimana scorsa, tutto qua.”

“Sul serio hai fatto tutto 'sto casino solo per questa sciocchezza?” sbuffò Giusy, ora incredula. A giudicare dal modo in cui Antonella aveva mostrato cenni di incertezza, quasi di tentennamento, la mora non era del tutto sicura che stesse dicendo la verità e che dietro quella richiesta non si celasse qualcos'altro, qualcosa che nemmeno la stessa Giusy era pronta ad ammettere. Tuttavia, non sarebbe stata certo lei la prima a dare voce a quei pensieri. “Non potevi chiamarmi e basta?” cercò di indagare, facendo un passo verso l'altra ragazza per fronteggiarla più da vicino.

“Beh, non è la stessa cosa,” tentò di difendersi Antonella, seppur poco convinta, dando quindi adito alla teoria di Giusy – o forse soltanto a una flebile e sciocca speranza. “In chiamata o per messaggio come fai a sapere se una persona sta mentendo o se sta dicendo la verità?” chiese, portandosi le braccia sopra lo stomaco.

“Sai non mi sorprende affatto che tu dica questo, viste le amiche che ti ritrovi,” la provocò Giusy con tono sprezzante.

“Non cambiare discorso Giusy, sto aspettando una risposta,” la riprese l’altra, facendo a sua volta un passo avanti verso di lei e dunque portandosi ancora più vicina di quanto già non fosse. “Hai detto o non hai detto agli altri che io e te ci siamo viste la settimana scorsa?”

“No, non l'ho detto a nessuno,” rivelò infine Giusy, tentennando a sua volta mentre abbassava inconsciamente lo sguardo sulle labbra dell'altra ragazza e ripensava a ciò che era stato sul punto di accadere tra loro soltanto una settimana prima. Il solo pensiero sembrava così assurdo, eppure eccole di nuovo là, tremendamente vicine, fin troppo per due persone che dichiaravano a gran voce di non sopportarsi.

“Sicura? Neanche alla tua cara amica Patty?” la prese in giro Antonella, con quel suo solito fare odioso e canzonatorio.

“No, neanche a Patty,” ribadì l'altra con decisione. “Non sono come te Antonella, se prometto una cosa poi la faccio. Anzi, sai che ti dico? Io di quella sera neanche mi ricordo, pensa un po',” mentì spudoratamente, tanto ad Antonella quanto a se stessa. L'ultima cosa che voleva era rendersi ridicola facendo venire a galla la verità, per cui a Giusy non restava altra scelta se non quella di negare, negare fino alla morte quello che realmente provava.

“Siamo in due a non ricordarla allora, per me è completamente cancellata, out, mia cara,” ribadì Antonella con altrettanta decisione. “Ci siamo capite?”

“Ah sì? Beh se è stata una cosa così insignificante che nemmeno te la ricordi, si può sapere perché hai voluto vedermi per parlarne?” la provocò Giusy ancora una volta, non indietreggiando nemmeno di un passo. Per quanto quell'eccessiva vicinanza la mandasse in confusione, allo stesso tempo le faceva provare anche una sensazione inebriante, alla quale non era disposta a rinunciare. E pareva che Antonella fosse dello stesso avviso, a giudicare dalla sua postura ferma e decisa.

“Perché non voglio che quello che ti ho detto si sappia, ecco tutto,” sentenziò quest’ultima. “Io avevo bevuto e per colpa dell'alcol mi sono lasciata andare e ti ho raccontato cose mie personali, cose che non devono uscire da qua. Se i giornalisti venissero a saperle...”

“Certo, me lo immagino, che grande scoop!” la prese in giro Giusy con una risatina. “Per tua informazione, anche io non voglio che quello che ti ho raccontato per colpa dell'alcol si venga a sapere, e soprattutto che lo sappiano le mie amiche,” chiarì poi.

In fondo non era una bugia, nonostante in realtà dentro di sé era convinta che Antonella non avrebbe raccontato niente a nessuno. Certo, in passato molte volte aveva dimostrato di non essere degna di fiducia, tuttavia in quell'occasione era diverso. Giusy non avrebbe saputo definire precisamente il perché a parole, se lo sentiva e basta.

“Sai quanto me ne frega di quelle quattro poveracce, io al contrario tuo ho una reputazione da difendere, ho molto di più da perdere rispetto a te!” ribatté l'altra sulla difensiva, con la sua solita spocchia.

“Bene, allora siamo d'accordo, no?” convenne Giusy infine, quasi con aria di sfida. “Io non dico niente di quello che mi hai detto, e tu non dici niente di quello che...”

“Aspetta...” la interruppe l'altra, allontanandosi bruscamente da lei mentre lanciava un'occhiata sorpresa verso la porta, ancora chiusa. “Senti anche tu questo rumore? Sta arrivando qualcuno!”

“Sei sicura?!” chiese Giusy, guardandosi attorno con occhi spalancati mentre cercava di percepire i rumori lì nei dintorni.

“Merda se ci trovano siamo nei guai, vieni dobbiamo nasconderci!” la esortò Antonella, afferrandole ancora una volta il polso. Era solo un'impressione di Giusy, o stava quasi diventando un'abitudine?

“Io te lo avevo detto che non si poteva stare qua!” si lamentò la mora, seguendo con riluttanza l'altra ragazza verso la parete di destra, di fronte agli armadietti dei professori.

“Shh fa silenzio!” la sgridò Antonella, aprendo le ante dell'armadio a persiana dove erano stati sistemati alcuni cappotti.

Dopodiché, la ragazza si infilò rapidamente al suo interno e spinse Giusy a fare lo stesso, la quale la seguì nonostante le perplessità mentre Antonella la tirava a sé con un certo vigore. Una volta dentro, entrambe richiusero una delle ante ciascuna con la mano che avevano libera, cercando di fare il meno rumore possibile. Fu solo quando sentirono il suono della porta della stanza che si apriva lentamente che Giusy realizzò che nella confusione lei e Antonella avevano finito per tenersi per mano, incredibilmente. Come fosse accaduto non lo sapeva nemmeno lei, probabilmente doveva essere capitato per sbaglio, mentre Giusy stava entrando nell'armadio in tutta fretta. Nonostante ciò, la mora decise di non fare nulla per interrompere il contatto fisico, optando invece per fingere di non accorgersene e continuare a stringere la mano di Antonella, le loro dita intrecciate assieme. Per qualche strana, contorta ragione, le dava un senso di sicurezza.

Ben presto le due si accorsero che la persona che aveva fatto capolino nella stanza molto probabilmente non era un professore, né qualcuno del personale autorizzato ad entrare. Dalle fessure dell'armadio a persiana si riusciva infatti ad intravedere dei piccoli spiragli di ciò che stava accadendo là fuori: un individuo che indossava una felpa nera, il cui cappuccio copriva totalmente il viso, stava dando loro le spalle mentre si avvicinava ad uno degli armadietti dei professori per aprirlo. Rapidamente lo sconosciuto tirò fuori un foglio di carta, si avvicinò alla fotocopiatrice poco distante e ne fece una copia, successivamente tornò dall'armadietto, rimise il foglio fotocopiato al suo posto e inserì la copia nella tasca della felpa, piegandola con cura. Tutto il processo durò giusto lo stretto necessario, il tempo che la fotocopiatrice avesse fatto, dopodiché la figura incappucciata uscì e lasciò la stanza, richiudendosi la porta alle spalle.

Giusy aveva osservato tutta la scena col fiato sospeso, quasi non credendo ai propri occhi. La persona in questione non aveva rubato nulla, ciò che aveva preso lo aveva subito rimesso al proprio posto in fin dei conti... tuttavia, un sospetto tutt'altro che felice si fece largo nella sua mente. Non appena ebbero la certezza che la stanza fosse vuota, Giusy e Antonella si guardarono e si scambiarono un cenno di intesa, subito prima di aprire le ante dell'armadio e uscire fuori allo scoperto. Quel gesto costrinse le due a porre fine al loro breve contatto fisico, che Giusy naturalmente finse non ci fosse mai stato. In fondo non era poi così importante, no?

“Antonella...” cominciò poi, tentennante, mentre con fare dubbioso osservava gli armadietti dei professori di fronte a loro. “Quello non era uno dei nostri professori, vero?”

“No, direi proprio di no.”

Scambiandosi un'altra occhiata di reciproca comprensione, in silenzio si avvicinarono all'armadietto incriminato, che scoprirono appartenere al docente di matematica. Una volta aperto, la prima cosa che saltò agli occhi fu una cartellina gialla, dove le ragazze trovarono una ventina di copia del test di matematica che le attendeva il prossimo lunedì. Il che, naturalmente, poteva significare soltanto una cosa.

“Qualcuno ha rubato il compito di matematica!” esclamò Giusy con stupore. “Dobbiamo andare a dirlo a Ines, qua bisogna prendere provvedimenti,” continuò subito dopo, riponendo la cartellina con dentro i compiti all'interno dell'armadietto e richiudendolo poi con fermezza.

“Aspetta, non agire impulsivamente!” la fermò Antonella, afferrandola per un braccio prima che potesse allontanarsi.

Giusy si voltò di scatto.

“Che stai facendo?! Lasciami andare, non c'è un minuto da perdere!”

“Ti fermi un attimo per favore? Almeno ascolta quello che ho da dire, se poi decidi comunque di andare a parlare con la preside va bene, non ti fermerò.”

“E va bene, ti ascolto,” concedesse la mora con un sospiro. In fondo avevano tempo prima di iniziare le prove, ascoltare l'opinione di Antonella non avrebbe cambiato poi molto le cose. “Che cosa dovremmo fare secondo te, sentiamo?”

“Pensaci un secondo, le uniche persone che sono ancora a scuola a quest'ora sono i nostri compagni di musical, giusto?” la fece riflettere Antonella.

“Beh, sì, tutti gli altri sono già andati via.”

“E questo cosa significa?”

“Che a prendere il compito deve essere stato per forza uno di loro,” dedusse Giusy. Del resto, se una persona estranea al loro gruppo si fosse attardata a scuola senza una motivazione avrebbe sicuramente destato sospetti, sarebbe stato più sensato scegliere un altro momento, come ad esempio la pausa pranzo. Se invece fosse stato uno dei ballerini della loro squadra ad infiltrarsi là dentro approfittando del momento di pausa, nessuno ci avrebbe fatto caso. Per cui la deduzione di Antonella probabilmente era corretta, il colpevole era uno di loro.

“Esatto, proprio così. E adesso dimmi, ci hai pensato a cosa succederebbe se fosse stata una delle popolari a intrufolarsi qui di nascosto? Se fosse stata Patty ad esempio, o Sol o Tamara, vorresti comunque che fossero chiamate dalla preside e magari sospese, o addirittura espulse?”

“Beh...” Giusy esitò in un primo momento, per poi scacciare via tutti i dubbi. “Non cercare di confondermi, Patty non farebbe mai una cosa così lo sai anche tu, e nemmeno Sol e Tamara. Anzi, sai che ti dico, sicuramente sarà stata una delle divine a rubare la verifica, mi ci gioco quello che vuoi.”

“Sì, può darsi, come può darsi anche che alla fine tu non abbia ragione e invece sia stata una delle tue amiche. O hai le prove assolute del fatto che sono innocenti?” ribatté Antonella.

In effetti, per quanto infondata potesse essere quell'accusa, Antonella non aveva tutti i torti: fintanto che non c'era una prova certa a dimostrare che le popolari non erano implicate, la cosa non si poteva escluderle del tutto.

“Anche se così fosse, e sicuramente non è,” mise in chiaro Giusy, “allora sì, sarebbe giusto che andassero dalla preside e affrontassero la punizione che meritano.”

“Sei sicura Giusy?” insistette Antonella. “Sicura sicura? Non preferiresti invece, che so, parlare con loro e chiedere come mai si sono spinte a tanto, sapendo i rischi che hanno corso per giunta?”

“Dove vuoi arrivare con questo?” domandò Giusy, un po' interdetta. Qualsiasi fosse stata la ragione dietro quel gesto a Giusy non interessava, la giustizia era uguale per tutti.

“Dico solo che, dal mio punto di vista, non ha senso correre a chiamare la preside e fare la spia quando ci sono altri modi per risolvere il problema, senza che nessuno ci vada di mezzo,” ribadì Antonella. “Hai pensato al clima che si creerebbe alle prove se gli altri sapessero che uno del nostro gruppo è stato punito per colpa nostra, a come reagirebbero le divine o le popolari per esempio, o i ragazzi della banda?”

“E che cosa proponi allora?” controbatté Giusy. “Sappi che non ho nessuna intenzione di far finta di niente e chiudere un occhio.”

“E infatti non ho mai detto questo. Si da il caso che io abbia già un piano per trovare il responsabile e risolvere la cosa tra noi, sempre che tu sia d'accordo ovviamente. Però, come ti ho detto, se non ti fidi di me e pensi che io stia soltanto cercando di coprire una delle divine va' pure a parlare con la preside, non sarò certo io a fermarti,” stabilì Antonella.

Un po' indecisa sul da farsi, Giusy si morse il labbro inferiore e osservò la sua compagna di classe in silenzio per una manciata di secondi. Da un lato credeva fermamente che rubare una verifica fosse un'azione deplorevole e una grande mancanza di rispetto per chi invece studiava sodo e mostrava impegno e serietà nei confronti della scuola; d'altra parte però anche le argomentazioni di Antonella avevano una certa validità, incredibilmente. La consapevolezza che nel gruppo ci fosse una spia avrebbe potuto portare a tensioni o divisioni interne tra loro, e poi in fondo Antonella in fondo non aveva tutti i torti, era giusto perlomeno ascoltare le motivazioni di chi si era spinto a tanto. I casi erano due: o al colpevole non importava rischiare ed essere eventualmente scoperto, o era tanto disperato da pensare di non avere altra scelta. Certo questa seconda ipotesi non lo avrebbe comunque giustificato, però pensandoci bene valeva almeno la pena di andare a fondo della questione e analizzarla un po' meglio, invece di fermarsi ad un concetto bianco e nero di giustizia.

E poi c’era anche un’altra cosa. Visto e considerato che era stata Antonella a portarla dentro la sala professori, era molto improbabile che sapesse che dietro tutto ciò c’era una delle divine e stesse cercando di coprirla. Questo di conseguenza significava, stranamente, che per una volta non stava cercando di manipolarla né agiva dietro un qualche tornaconto personale; incredibilmente era sincera. Fu proprio in virtù di questo che Giusy decise di darle una possibilità, per una volta.

“E va bene Antonella, solo per questa volta voglio darti fiducia. Sentiamo, che cosa hai in mente?”

 
 
“Eccomi, scusate il ritardo,” esordì Antonella mentre entrava nell'aula di musica, dieci minuti in ritardo rispetto all'inizio delle prove, “i miei produttori non la finivano più di tenermi al telefono, corro a cambiarmi e ci sono,” annunciò la ragazza, avviandosi verso lo spogliatoio dietro le quinte.

“Non ti preoccupare Antonella, fa presto però,” la redarguì l'insegnante, mentre la classe impegnata nel riscaldamento si voltò verso di lei con curiosità.

“Eh certo, qua bisogna sempre stare ai suoi comodi,” imprecò Giusy sottovoce, rivolgendosi perlopiù a Patty e Tamara che si trovavano poco distanti da lei.

“Mi scusi professoressa, potrei andare un secondo in bagno?” chiese poi alzando la voce, avvicinandosi ad Emilia che si trovava al centro della sala.

“D'accordo Giusy, ma fa' veloce anche tu,” le concesse l'insegnante, “è importante fare bene il riscaldamento.”

Con un cenno del capo, Giusy annuì e si congedò silenziosamente dalla stanza per andare dietro le quinte, raggiungendo Antonella nello spogliatoio in poco tempo. Quando arrivò quest’ultima si era già cambiata e la stava aspettando, con un sorrisetto compiaciuto dipinto sul volto.

“Hai visto? Tutto secondo i piani,” si vantò scrollando le spalle.

“Allora questa testolina sa anche partorire idee intelligenti quando vuole,” scherzò Giusy con un sorriso, molto più ammorbidita rispetto al tono ostile di prima.

“Per tue informazione mia cara le mie idee sono sempre intelligenti, sei tu che non le hai mai sapute apprezzare.”

“Certo, come no. Dai, mettiamoci a cercare, se stiamo via troppo tempo Emilia si insospettirà.”

Come concordato, avrebbero approfittato del fatto che i loro compagni erano impegnati con le prove per controllare tutti gli zaini, lasciati incustoditi nello spogliatoio. Per prima cosa avrebbero guardato quelli delle ragazze, in quanto l'altezza e la struttura fisica della persona che avevano visto facevano pensare ad una donna. Nel caso di un mancato riscontro sarebbero passate allo spogliatoio dei maschi – nonostante Giusy sperasse davvero di non dover arrivare a tanto. Se qualcuno per caso le avesse beccate là dentro, beh, il tutto sarebbe stato ancora più complicato da giustificare di quanto già di per sé non fosse.

E c’era di più. Nonostante fosse stata Antonella a trascinarla in quell'assurdo piano per scovare il responsabile, la cosa assurda era che a Giusy in fin dei conti nemmeno dispiaceva più di tanto, né si era pentita di aver accettato. Sapeva di per certo che le sue amiche non avrebbero mai approvato un'idea tanto rischiosa, mentre invece Antonella, in qualche strano modo... beh, era sulla sua stessa lunghezza d'onda. Era come se i loro modi di ragionare fossero affini in qualche maniera – e se la cosa da un lato la intrigava, dall'altro la spaventava da morire.

“Tu controlli questa fila e io quest'altra?” propose Antonella, indicando le due panche di legno sopra cui erano stati lasciati tutti gli zaini color bordeaux delle loro compagne, tutti uguali tra di loro in quanto forniti dalla scuola.

“Va bene,” confermò Giusy annuendo. Subito dopo incominciò a procedere con l'ispezione.

Naturalmente si sentiva un po' in colpa ad esaminare gli effetti personali delle altre persone, soprattutto a loro insaputa e senza il loro consenso, però sapeva anche di non avere altra scelta. Riconobbe gli zaini di Sol e Tamara dagli astucci e i quaderni, e per fortuna si rivelarono tutte e due innocenti, con suo grande sollievo, mentre il terzo della fila apparteneva a una persona che Giusy non riuscì a riconoscere, almeno non a primo impatto, ma ugualmente estranea alle vicende. Era sul punto di passare al quarto, quando la voce di Antonella richiamò ancora una volta la sua attenzione.

“Eccolo qua, ladra trovata,” esclamò, sfoggiando la felpa nera che le due ragazze avevano visto prima. “E con tanto di prove,” aggiunse, mostrando poi il foglio del compito con fare compiaciuto.

Giusy si voltò verso di lei e la raggiunse.

“È la verifica che abbiamo visto prima, non ci sono dubbi,” dichiarò dopo una rapida occhiata. “Di chi è questo zaino?”

“Vediamolo subito,” rispose Antonella, aprendo la tasca in basso per tirare fuori il portafoglio della ragazza in questione, dove con ogni probabilità erano contenuti i suoi documenti. “Ecco qua.”

Quando Antonella estrasse dal borsellino la carta identità così che entrambe potessero leggere il nome, Giusy sgranò gli occhi dalla sorpresa.

“Caterina?!”

“E io che avrei puntato tutto su Luciana, Pia tuttalpiù.”

Il documento fu presto rimesso dentro il portafoglio, il quale a sua volta venne riposto all'interno della tasca dello zaino, subito dopo richiusa. “Da Caterina, sono sincera, non me l'aspettavo nemmeno io.”

“E pensare che mi è sempre sembrata una ragazza così corretta, così... così diversa da voi altre,” sospirò Giusy, aggrottando la fronte. “Perché ha fatto una cosa del genere? Ha problemi con la scuola, che tu sappia?”

“Non lo so, come ti ho detto ultimamente non parliamo più molto,” spiegò Antonella scrollando le spalle, “non è mai stata la prima della classe, certo, ma ha sempre avuto almeno la sufficienza in tutte le materie.”

“Che cosa facciamo adesso, ora che sappiamo che è stata lei?” chiese Giusy con un sospiro.

Lei e Caterina non erano certo amiche, tuttavia di vista si conoscevano, erano anche uscite assieme qualche volta, perlopiù nelle uscite di gruppo organizzate quando ancora stava con Guido dai membri della sua band, dove di tanto in tanto venivano invitate anche le fidanzate dei ragazzi. Per quanto le conversazioni con Caterina fossero sempre state abbastanza superficiali, a Giusy era bastato poco per capire che in fondo era una brava ragazza, forse un po' ingenua e facilmente influenzabile, ma certamente non cattiva né acida. L'idea di andare a fare la spia alla preside e metterla in una brutta situazione, sinceramente, la faceva sentire un po' in colpa. Fu per quella ragione che Giusy volle sapere che cosa ne pensasse Antonella, prima di prendere una decisione.

“Non eri tu quella super convinta di voler parlare con la preside e fare la spia?” le fece presente quest'ultima. “Vuoi forse dirmi che hai cambiato idea?”
“Voglio solo sentire quello che hai da suggerire,” mise in chiaro la mora.

“Quello che dobbiamo fare, secondo me, è molto semplice,” spiegò Antonella con naturalezza. “Per prima cosa, rimettiamo tutto a posto senza che Caterina si accorga che abbiamo frugato nel suo zaino. Secondo, una volta che sono finite le prove la aspettiamo fuori dalla scuola, le parliamo e le diciamo che per caso prima io e te passavamo per il corridoio e l'abbiamo vista entrare nella sala professori, tu fai la parte del poliziotto cattivo che vuole farle il terzo grado e chiederle cosa stesse combinando mentre io sarò quella buona che la difende, e da lì vediamo cosa ne viene fuori.”

“Ah io dovrei fare la parte della cattiva?” obiettò Giusy. “Stai per caso cercando di insinuare qualcosa, Antonella?”

“Chi, io? No, per carità! Dico solo che sarebbe più credibile che io che sono sua amica da tempo sia quella che prende le sue difese, tutto qua.”

“E va bene, mettiamo su questa recita, tanto oramai,” Giusy si arrese con uno sbuffo. “Tu pensi che confesserà?”

“Non lo so Giusy, sinceramente non ne ho idea. Conoscendo Caterina però, mi viene da pensare che non andrà fino in fondo. Tu invece credi che ci prenderà in giro?” domandò poi Antonella, girandosi per guardare in faccia la mora mentre piegava la felpa nera e la riponeva con cura all'interno dello zaino di Caterina.

“Non saprei nemmeno io a dirti la verità. Però per questa volta voglio credere alle tue parole, in fondo è giusto darle almeno la possibilità di spiegarsi.”

“Sbaglio o è la seconda volta che dici di fidarti di me, Giusy?” le fece notare Antonella subito dopo, un sorrisetto soddisfatto dipinto sulle sue labbra sottili. Nella sua voce non c'era traccia di arroganza né senso di superiorità, ma soltanto ironia e leggerezza, che Giusy percepì immediatamente. “Devo pensare che mi stai rivalutando?”

“Sbrigati ad andare a fare il riscaldamento che Emilia ti aspetta. Ti ricordo che sei già in ritardo,” rimarcò con fare ironico.

Si accinse così a lasciare lo spogliatoio per fare ritorno all'aula di musica.
….
 
 
Il cielo era ormai buio all'uscita da scuola, il sole era tramontato da un pezzo e senza la luce dei lampioni a illuminare la strada difficilmente sarebbe stato possibile orientarsi. A Giusy non sfuggì tuttavia la vista di Caterina in compagnia di Antonella, le quali si erano appena congedate da Pia e Luciana.

Facendosi coraggio, la ragazza si allontanò rapidamente dal resto delle popolari con la scusa di avere una cosa da chiedere a Caterina e subito dopo si avvicinò alle due divine, pienamente consapevole del fatto che Antonella la stesse aspettando. Ancora le faceva strano l'idea di essere sua alleata una volta tanto, invece di trovarsi su fronti opposti come sempre era stato in passato.

“Caterina? Ciao, senti, hai un minuto?” esordì Giusy di fronte alla ragazza, cercando di simulare un sorriso. “C'è una cosa di cui io e Antonella ti dobbiamo parlare,” spiegò, lanciando un'occhiata complice alla sua compagna di scuola che tu presto ricambiata.

“Ci vorrà solo un attimo, davvero,” aggiunse Antonella con fare rassicurante.

“D'accordo ragazze, ditemi,” Caterina acconsentì annuendo.

Con le braccia incrociate all’altezza del petto cominciò a spostarsi verso il piccolo giardinetto davanti alla scuola, accompagnata dalle altre due.

“Senti Caterina sarò breve,” incominciò Giusy con decisione, senza perdere tempo in inutili convenevoli, “io e Antonella ti abbiamo vista entrare nella sala professori prima, si può sapere che ci facevi là dentro?”

“Quello che Giusy intende dire,” aggiunse subito dopo Antonella, in un tono molto più mansueto e docile, lo stesso che Giusy la sentiva usare quando faceva le moine con lo scopo di ottenere qualcosa in cambio, “è che passavamo di lì per caso e, ecco vedi, ci è sembrato un po' strano che tu entrassi là dentro con quella felpa nera, quasi come se ti volessi nascondere... per caso c'è qualche problema?”

“Qualche problema? No ragazze, che cosa dite?” replicò Caterina nervosamente. “Io sono entrata là dentro perché... sì ecco, dovevo parlare con la professoressa Emilia per chiederle delle cose sulla coreografia ma lei là dentro non c'era e così me ne sono andata, tutto qua, davvero,” negò con esitazione.

“Caterina non prenderci in giro, sappiamo che cosa hai fatto.”

“Scusa se te lo dico Caterina, ma non è molto credibile come storia...” obiettò Antonella subito dopo. “Se hai dei problemi con la matematica io ti posso aiutare, non sarò una cima ma le cose basi le so fare...” si offrì poi, lasciando Giusy leggermente perplessa. Non si aspettava certo che sarebbe stata propensa ad offrire il proprio aiuto tanto facilmente.

“Come avete fatto a saperlo?” mormorò l'altra ragazza con un sospiro, abbassando gli occhi a terra.

“D'accordo, tagliamola corta, io e Giusy abbiamo frugato nel tuo zaino durante le prove,” ammise poi Antonella senza tergiversare, “so che non è stato carino ma...”

“È stata colpa mia, Antonella non c'entra,” Giusy la interruppe di colpo. In fondo era la verità, e se Antonella aveva offerto il suo aiuto per venire incontro ad un'amica in difficoltà, beh, non era giusto che Caterina se la prendesse con lei per quell'invasione della privacy. “Anzi, io volevo addirittura andare a parlare con la preside e dirle quello che avevamo visto, è stata Antonella a convincermi a capire cosa fosse successo e chiederti un confronto,” rivelò poi. I suoi occhi si posarono per un attimo sulla sua compagna di classe, che a sua volta ricambiò lo sguardo complice con un cenno del capo. “Caterina, quello che hai fatto è una cosa gravissima, hai rubato una verifica!”

“Ragazze vi scongiuro, per favore, questa cosa non la deve venire a sapere nessuno,” le implorò Caterina, “se la preside lo scopre sono fregata!”

“Stai tranquilla, non lo diremo a nessuno,” la rassicurò Giusy. Era chiaro che la ragazza non avesse cattive intenzioni, visto il suo senso di colpa evidente.

“Però prima ci devi dire perché lo hai fatto,” volle sapere poi.

“Questa cosa non è da te Caterina, tu non sei così,” fece notare Antonella con fare comprensivo. Il suo lato più umano e sensibile era totalmente sconosciuto a Giusy, tuttavia avrebbe mentito se avesse detto che la lasciava indifferente.

“Va bene, ve lo dico, però prima dovete giurarmi che non ne farete parola con nessuno, se si viene a sapere è la fine per me,” le supplicò Caterina, il cui tono mortificato mosse Giusy a compassione.

“Lo giuro,” acconsentì Giusy annuendo, seguita subito dopo da Antonella.

Caterina allora cominciò a raccontare.

“Purtroppo la mia famiglia sta attraversando un periodo difficile ultimamente. Mio papà ha perso il lavoro, mia mamma ha sempre fatto la casalinga e i soldi che dovevamo usare per pagare la retta della scuola siamo costretti a spenderli per fare la spesa e pagare le bollette, non abbiamo altra scelta. È dall'inizio di quest'anno che ho iniziato a lavorare come cameriera in un bar per potermi permettere di rimanere qui e pagare le tasse, i libri, però è difficile perché i turni sono pesantissimi e quando arrivo a casa sono distrutta, riesco a malapena a reggermi in piedi, non ho le forze di aprire i libri e studiare.”

“Certo, posso immaginare...” replicò Giusy, naturalmente dispiaciuta.

Non poteva certo prevedere che la sua situazione fosse così grave, ma del resto lei e Caterina non si parlavano un granché, difficilmente sarebbe riuscita a notare che c'era qualcosa che non andava.

“I miei voti sono calati tantissimo nel corso di questi mesi,” continuò a raccontare Caterina, “la mia media si è abbassata perché ho preso tante insufficienze, ho fatto varie assenze, e così la preside ha convocato i miei genitori qualche settimana fa. Se i miei voti non migliorano entro la fine del quadrimestre, ci sono buone probabilità che io debba ripetere l'anno. È per questo che ho rubato la verifica di matematica. Vi giuro che mi vergogno tantissimo di quello che ho fatto, però sono disperata, se prendo un'altra insufficienza non riuscirò mai a recuperare, non ho avuto altra scelta,” concluse con un sospiro amareggiato, colmo di tristezza, vergogna e soprattutto impotenza, davanti a una situazione che era decisamente più grande di lei e che Caterina di certo non si meritava.

“Caterina, questa storia deve finire immediatamente,” esordì Antonella, non appena l'altra ragazza ebbe finito di parlare. “Stammi a sentire, tu adesso chiami il tuo capo e ti licenzi, non voglio sentire ragioni,” le impose con decisione. “Ai soldi della tua retta ci penso io, me li restituirai quando la tua famiglia starà passando un periodo migliore, non ne ho bisogno subito.”

“Antonella, io non...” tentò di rifiutare Caterina, ma Antonella non le diede nemmeno il tempo di controbattere.

“No tu niente Caterina, o accetti o accetti,” le disse. “Puoi benissimo trovarti un lavoro nel fine settimana che ti permetta di mettere qualche soldo da parte per le tue spese personali, ma non puoi farti carico di questa responsabilità.”

Giusy ovviamente era d'accordo con lei, tutte loro erano ancora molto giovani e non avrebbero dovuto portare il peso delle difficoltà economiche della famiglia lavorando, non era giusto. Era ovvio che Caterina non riuscisse a studiare e prendere buoni voti, in quelle condizioni. Il gesto che Antonella aveva appena fatto però non era certo una cosa da poco: in quanti si sarebbe offerti di pagare una somma così grande per aiutare un'amica in difficoltà?

“Ti aiuterò io a studiare questo weekend, se vuoi,” disse poi Giusy, colpita dalla storia che Caterina aveva appena raccontato. “Tanto anche io sono in alto mare con lo studio e ho tantissime cose da ripassare, un po' di compagnia mi farebbe comodo,” spiegò. In fondo non era una bugia, magari con con un'altra persona vicino le sarebbe stato più facile concentrarsi ed evitare di pensare a... cose a cui non doveva pensare, rifletté guardando Antonella.

“Ragazze io sono senza parole,” esalò Caterina.

Subito dopo, la ragazza si lanciò in avanti per abbracciare prima Antonella e poi Giusy, la quale ricambiò con un po' di imbarazzo.

“Se domani mattina alle nove non ti fai trovare davanti a casa mia ti vengo a prendere di peso, è una minaccia,” ironizzò la mora con un sorriso.

“Ah io non rischierei, sta parlando sul serio ti avviso,” aggiunse Antonella.

“Grazie, davvero,” Caterina replicò con un sorriso. “Non so nemmeno da dove cominciare per sdebitarmi...”

“Promettimi che brucerai la tua copia del compito, questa è l'unica cosa che devi fare per sdebitarti,” le impose allora Giusy.

“Come se avessi già fatto, sul serio, sparita, non c'è più,” le garantì l’altra, gesticolando in modo buffo. “Bene allora io vado a casa adesso, noi ci vediamo domani mattina Giusy. Antonella vuoi venire con me?

“Tu incamminati, io dico una cosa veloce a Giusy e poi arrivo.”

Il cuore di Giusy perse un battito. Aveva capito bene? Antonella voleva parlare con lei?

“D'accordo, allora ciao, grazie ancora,” si congedò Caterina. Antonella e Giusy ricambiarono il saluto con un cenno del braccio.

Una volta rimaste sole fu Antonella la prima a parlare, avvicinandosi nel frattempo a una panchina nel giardino per sedervisi.

“Però, sei stata brava a fare la parte del poliziotto cattivo, immagino che grande sforzo sarà stato,” scherzò. Giusy roteò gli occhi al cielo e si sedette accanto a lei sbuffando. “Dai sto solo scherzando, io in realtà ti volevo ringraziare per quello che hai fatto per Caterina e per esserti offerta di aiutarla,” spiegò Antonella. “Non è da tutti riuscire a capire certe situazioni.”

“Figurati, non dirlo neanche per scherzo, con quello che sta passando poverina. Un po' mi costa ammetterlo ma alla fine avevi ragione tu, l'avevo giudicata troppo in fretta, se fossi andata a parlare con la preside col senno di poi me ne sarei pentita,” ammise Giusy con riluttanza. Tutto considerato, era contenta che Antonella l'avesse fermata in tempo per farla riflettere sulle conseguenze, su tutto un insieme di cose che andava ben oltre una semplice definizione di giusto e sbagliato.

“Senti senti, Josefina Beltran che mi dà ragione, non pensavo che questo giorno sarebbe mai arrivato,” scherzò Antonella con espressione gongolante.
Giusy arrossì e distolse lo sguardo, fingendosi scocciata per mascherare il suo lieve imbarazzo.

“Vedi di non farci l'abitudine, Tontonella,” ribatté quest'ultima con ironia, strappando un sorriso alla sua interlocutrice.

“L'abitudine? Sbaglio o questo implica che avremo altre occasioni di vederci?” la provocò Antonella, alzando un sopracciglio.

“Non cambiare le carte in tavola, non è assolutamente quello che ho detto!” tentò di difendersi Giusy, seppur debolmente. Di fatto, il rossore sulle sue guance diventato ancora più evidente era già abbastanza eloquente di per sé, così come il piccolo sorriso che non riusciva a cancellarsi dalle labbra.

“Ah no? Benissimo, allora puoi andartene se vuoi,” le disse Antonella in un primo momento, seppur il suo tono lasciasse intendere tutt’altro. “Oppure potresti sempre accettare un invito ad andare a bere qualcosa e affogare tutto lo stress di questa giornata nell'alcol. Che dici, ti va?”

“Lo sai che hai proprio una bella faccia tosta Antonella?”

“Ah sì? E perché mai?”

“E hai pure il coraggio di chiedermelo?!” sbottò Giusy, in preda alla confusione. “Prima mi cerchi e mi chiedi di incontrarci solo per dirmi di non parlare con nessuno del nostro incontro e chiarire che non ce ne saranno altri, poi dopo nemmeno due ore mi inviti ad uscire un'altra volta come se nulla fosse. Si può sapere che cosa vuoi da me, Antonella?”

Che Antonella fosse una persona instabile e inaffidabile, Giusy lo sapeva. Lo sapeva e lo aveva sempre saputo, ed era anche una delle varie motivazioni per le quali l'aveva sempre tenuta a debita distanza, non poteva rischiare di avvicinarsi troppo e rimanerci bruciata. Questo però non significava che non lo desiderasse. Che forse, in cuor suo, una parte di sé non lo avesse sempre desiderato. Era proprio questa opposizione di sentimenti contrastanti a generare quel forte senso di frustrazione a lei tanto familiare, che spesso e volentieri sfociava addirittura in rabbia, una rabbia irrazionale che Giusy gestiva a fatica, spesso con scarsi risultati.

“D'accordo, hai ragione, probabilmente non avrei dovuto chiedertelo, è stata un'idea stupida mi dispiace,” rispose Antonella.

La ragazza si mise lo zaino in spalla e si alzò, sul punto di andarsene e lasciare l’altra sola sulla panchina. Di scatto allora Giusy balzò in piedi e le afferrò il braccio sinistro, spingendo Antonella a fermarsi e voltarsi verso di lei.

“Aspetta. N-non ho detto che non mi va.”

Un piccolo sorriso trionfante si dipinse sul volto di Antonella. Giusy le lasciò andare il braccio, certa che non se ne sarebbe andata, poi si avvicinò a lei di qualche passo e aggiunse: “Però prima devi rispondere alla mia domanda. Che cosa vuoi da me Antonella? Ho bisogno di saperlo.”

Antonella deglutì e si schiarì la voce. Poi, dopo una breve pausa, si decise a rispondere: “Vuoi la verità Giusy? Parlare. Voglio solo qualcuno con cui parlare. E tu, per qualche ragione, beh, tu mi ascolti e riesci anche a capirmi. Non è una cosa che mi capita spesso, se vuoi saperlo. Forse è per questo che ti ho cercata prima, io... la verità è che non sapevo come dirtelo,” Antonella confessò con un sospiro, incrociando le braccia al petto. “Però adesso lo sai, spetta solo a te decidere cosa fare.”

Giusy la guardò, e nei suoi occhi castani lesse la profondità della sua solitudine. In quel momento fu sicura che Antonella stesse dicendo la verità, e questo le bastò per prendere una decisione.

“Questa volta il posto lo scegli tu.”

Un attimo dopo, con un mezzo sorriso sul volto Giusy si mise in cammino, seguita a ruota da Antonella.

“E visto che l'altra volta ho offerto io, questa volta paghi tu.”

 
 
Il locale prescelto da Antonella era completamente diverso dal bar pieno di studenti in cui Giusy l'aveva portata la volta precedente. Tanto per cominciare, il posto era indubbiamente di lusso e rivolto a una clientela di un certo livello, perlopiù facoltosa, tant'è che Giusy si sentì lievemente a disagio ad entrare indossando la sua semplice uniforme scolastica. Antonella sembrava avere una certa confidenza con il titolare e questo giocò a loro favore: sfoggiando uno dei suoi sorrisi ammalianti, la ragazza chiese di poter avere accesso alla sua sala privata, quella che di solito affittava per festini o aperitivi. Nonostante un'iniziale reticenza da parte del proprietario, il quale spiegò che normalmente andava prenotata con un po' di anticipo e che c'erano tanti tavoli liberi nel locale in cui le due ragazze avrebbero invece potuto mettersi, siccome erano soltanto in due, Antonella riuscì ad avere la meglio in quella trattativa, complice anche e soprattutto l'offerta di pagare un sovrapprezzo per il disturbo arrecato dal poco preavviso.

Giusy si sentiva quasi in imbarazzo all'idea che l’altra fosse disposta a tanto per poter avere un po' di tempo da sola con lei, però d’altra parte l'idea della saletta privata solo per loro due la attirava parecchio. Un momento, ma a cosa stava andando a pensare?! Se erano là era soltanto per bere e spegnere il cervello, punto e basta. Il resto erano soltanto castelli mentali, a cui non doveva e non poteva fare l’errore di cedere.

La saletta riservata a loro era separata dal resto del locale da una vera e propria porta, garantendo dunque una privacy totale. Appena entrata, Giusy osservò con una leggera agitazione le luci soffuse al neon che illuminavano la stanza assieme alle due candele sul tavolo, accese dal cameriere che le aveva accompagnate. Il tavolino al centro era circondato da un divano in pelle rossa, ideato per contenere ben più di due persone, proprio come aveva detto il titolare. Per quella sera però era tutto loro.

Giusy sospirò e deglutì nervosamente. L’atmosfera del posto era piuttosto intima, e lei al pensiero di rimanere da sola con Antonella là dentro… beh, tenere lontani certi pensieri sarebbe stata un'impresa ardua.

Mentre si sedevano e si toglievano le giacche e gli zaini, appoggiandoli sul medesimo divanetto ad una certa distanza, Antonella ordinò da bere per entrambe e Giusy non obiettò. Il cameriere perciò prese nota e poi uscì, lasciandole finalmente sole.

Antonella era seduta alla destra di Giusy con aria tranquilla e disinvolta, e sotto la luce soffusa del neon sembrava ancora più bella del solito.

 
Santo cielo, speriamo che l'alcol arrivi presto o qua si mette male.
 

“Allora, che te ne pare, ti piace?” chiese, accavallando le gambe.

Il sorriso compiaciuto che aveva sulle labbra lasciava chiaramente intendere che fosse consapevole di averla impressionata e ne andasse anche orgogliosa.

“Non mi posso lamentare,” scherzò Giusy, ricambiando il sorriso. “Lo sai, quando prima ti ho detto che oggi paghi tu non avevo certo in mente un posto così, chissà quanto verrà a costare tutto questo. Se vuoi possiamo dividerci il conto, sul serio, non è un problema...”

“Non ci pensare neanche,” la interruppe Antonella. “Un patto è un patto, questa volta offro io. Ho scelto apposta questo locale proprio perché volevo un posto tranquillo, però se non ti piace o ti mette a disagio, possiamo sempre andarcene e...”

“No, è perfetto,” la bloccò Giusy, parlando tutto d'un fiato. “Sul serio Antonella, è perfetto. Se lo avessi saputo però mi sarei messa qualcosa di più carino dell'uniforme della scuola,” aggiunse poi con una risatina, lievemente in imbarazzo.

“Ma va', che dici, non ti preoccupare per queste cose,” tentò di rassicurarla Antonella, lasciando Giusy alquanto sorpresa. Normalmente era la prima infatti a sottolineare quanto il look e l'abbigliamento fossero importanti, imprescindibili addirittura, in ogni situazione. “E comunque anche l'uniforme della scuola ha il suo fascino, sul serio, il bianco poi in questa stagione va tantissimo, è praticamente un capo di alta moda,” scherzò, strappando a Giusy una risata mentre quest'ultima scuoteva la testa.

La porta della stanza poco dopo si aprì e lo stesso cameriere di prima entrò per portare loro i drink che avevano ordinato su un vassoio, assieme a diversi stuzzichini di accompagnamento. Entrambe le ragazze lo ringraziarono con un sorriso e poi, una volta andato via, brindarono tra loro. Il sapore dolce amaro che Giusy avvertì in bocca pochi istanti dopo lavò via ogni suo nervosismo e insicurezza, e mentre guardava gli occhi castani e allegri di Antonella illuminare la stanza la ragazza sorrise, con la piena consapevolezza di trovarsi esattamente nel posto giusto al momento giusto.

 
 
Un'ora e tre drink più tardi, la stanza era diventata incredibilmente più leggera. Sembrava quasi di star fluttuando. Non appena l'effetto dell'alcol aveva incominciato a farsi sentire parlare era diventato estremamente più semplice, così come ridere e scherzare. Avevano chiacchierato di tutto e di niente, della scuola, delle persone, dei loro amici, degli insegnanti e della gara di musical che si avvicinava sempre più. Giusy aveva ascoltato con estremo interesse la predizione di Antonella secondo la quale nemmeno quell'anno ce l'avrebbero fatta a vincere, non se avessero continuato a provare in quel modo perlomeno. Secondo il suo punto di vista, le coreografie non erano abbastanza elaborate per poter essere competitive sul piano nazionale, i testi delle canzoni cominciavano ad essere ripetitivi, i costumi non trasmettevano niente di che, fin troppo semplici e scialbi, e per giunta Patty, su cui vertevano praticamente tutti i loro numeri musicali in quanto era la voce solista, non aveva abbastanza presenza scenica per riuscire a catturare l'interesse del pubblico. Serviva qualcosa di più forte, di più intenso e d’impatto.

Giusy detestava ammetterlo, ma purtroppo aveva ragione, aveva ragione su tutta la linea. L'unione di due gruppi così tanto differenti tra loro non era stata in grado di mettere in luce i punti di forza di ciascuno di essi, ma anzi, aveva paradossalmente finito con l'affievolirli per poter creare un precario compromesso che andasse bene a tutti, ma che poi nella pratica funzionava poco. Se poi a questo si aggiungeva il fatto che Antonella aveva saltato moltissime prove l'anno precedente per dedicarsi alla propria carriera da solista e che quindi non aveva potuto farsi carico della responsabilità di cantare i suoi pezzi, il tutto era praticamente risultato in dei numeri musicali completamente privi della carica energetica che di solito metteva la ragazza. Insomma, se Patty aveva una voce limpida e incantevole, che riusciva a toccare il cuore di chiunque la ascoltasse, Antonella era quella che faceva sì che il pubblico non riuscisse a staccare gli occhi dal palco e dalla scena, come ipnotizzati da lei e da ciascuno dei suoi movimenti. E Giusy, purtroppo, lo sapeva molto bene.
Se non altro quest'anno Antonella sembrava essere più presente alle prove, tuttavia ormai gli equilibri erano cambiati e la posizione di Patty come leader si era abbastanza consolidata, anche in virtù del fatto che con lei al comando le divine gradivano molto di più il clima di cooperazione. E di questo, ovviamente, Antonella ne aveva risentito, sebbene non lo avesse detto a nessuno. Mentre i minuti scorrevano via rapidi, Giusy aveva gradualmente visto la sua maschera di arroganza e strafottenza sciogliersi come neve al sole. Antonella le parlò in modo sincero di quanto le mancasse fare le prove con le sue amiche, quanto in fondo le facesse male vedere che tutti sembravano essere andati avanti senza di lei e trovarsi bene con Patty al comando, mentre per lei invece era tutto così vago e fumoso, le sue prospettive future più incerte che mai mentre del suo passato non rimaneva altro che un vago ricordo, un'ombra tuttalpiù, una traccia ormai sbiadita.

Fu allora che Giusy riuscì a rivedere in lei tutti i dubbi e le preoccupazioni che la attanagliavano e si sentì compresa nella sua parte più fragile, quella che non mostrava a nessuno. Forse era proprio quella assurda ragione ad averla spinta lì quella sera: anche lei come Antonella voleva soltanto qualcuno con cui parlare, con cui parlare veramente però e poter condividere il senso di frustrazione e smarrimento che si portava dentro ormai da mesi, senza sentirsi giudicata. Voleva soltanto qualcuno con cui poter essere fragile.

“Lo sai Anto, adesso riesco a capire un po' meglio il tuo comportamento con Caterina prima. Io non... beh ecco, non immaginavo che...” esitò Giusy, bloccata tra il desiderio di esprimere i propri pensieri e l'incapacità di trovare le parole giuste per farlo.

“Che avessi un cuore?” scherzò Antonella, inclinando la testa di lato mentre Giusy evitava il suo sguardo, lievemente imbarazzata.

“Che potessi essere così generosa,” concluse la mora, cercando di mantenersi quanto più possibile sul vago. “Non è una cosa da tutti quella che ti sei offerta di fare, mi hai sempre dato l'idea di... Ecco...” esitò di nuovo.

“Avanti, puoi dirmi le cose in faccia Giusy. Non mi sembra che ci siamo mai fatte problemi l'una con l'altra fino ad ora, non vedo perché incominciare proprio adesso,” la esortò Antonella con un mezzo sorriso.

“D'accordo,” decise Giusy. “La verità è che ho sempre pensato che fossi una grande egoista, che non te ne fregasse niente delle tue amiche e ti circondassi apposta di ragazze con personalità deboli solo per controllarle e sentirti ancora più forte,” ammise senza mezzi termini, seppur in parte dispiacendosi per quel giudizio così severo. “Non credevo ti saresti mai spinta a tanto per aiutare una tua amica.”

“Vuoi che sia sincera con te Giusy?” chiese Antonella.

“Certo.”

“Ecco, un fondo di verità c'è nella tua interpretazione, lo ammetto. Però la storia di Caterina mi ha colpito in modo particolare perché so cosa significa doversi preoccupare dei soldi e rischiare di lasciare la scuola per andare a lavorare, non è giusto farsi carico di certe responsabilità a questa età,” le confessò.

“Che cosa vuoi dire? I-in che senso sai cosa significa?” volle sapere Giusy, mordendosi il labbro inferiore.

“È una storia lunga e complicata e molto noiosa, dubito che ti interessi stare qua a sentirla,” tentò di ironizzare Antonella, stringendosi nelle spalle.

“Mi interessa invece,” ribadì Giusy con convinzione, guardando l'altra ragazza dritto negli occhi. Erano sedute ad una distanza così ravvicinata sul divano che le gambe di Antonella avrebbero benissimo potuto sfiorare le sue, se solo Giusy si fosse mossa in avanti di appena un paio di centimetri. Ma perché certi pensieri non la volevano proprio lasciare stare?! Che importanza aveva tutto ciò ora? “Ti andrebbe di parlarmene?” sussurrò poi, quasi con timore.
Per quanto sarebbe stato immensamente più semplice attribuire all'alcol la responsabilità di quel crescente velo di fiducia e intimità reciproca che piano piano si stava instaurando tra le due, Giusy purtroppo sapeva che la realtà era ben altra. Sapeva che il suo desiderio di conoscere Antonella e scoprire i lati di lei più nascosti, e forse anche più intimi e preziosi, aveva radici ben più radicate e profonde di qualche bicchiere scambiato una sera in un bar, ed era proprio quella consapevolezza a spaventarla più di tutto.

“D'accordo,” le concesse l'altra, annuendo. “Però mi devi promettere che non ne farai parola con nessuno, con nessuno Giusy, sul serio.”

“Te lo prometto Anto, hai la mia parola,” le garantì la mora con un cenno del capo.

Fu così che Antonella finalmente si aprì e raccontò a Giusy tutto ciò che lei e la sua famiglia avevano passato due anni prima: le enormi difficoltà economiche di Bianca, la sua necessità di sposare Leandro a tutti i costi per evitare di rimanere su una strada, la finta gravidanza per incastrarlo, i sensi di colpa di Antonella nel non poter dire niente e le pressioni che aveva sentito addosso per tutto quel tempo. Fortunatamente la sua carriera da cantante era decollata poco dopo la rottura dei due e i soldi che guadagnava grazie al contratto con la sua casa discografica erano sufficienti a mantenere tutta la sua famiglia e far sì che potessero permettersi un tenore di vita più che dignitoso, oltre che a mettere qualcosina da parte per il futuro. Era però un percorso non privo di ostacoli e competizione e impegni e responsabilità a cui far fronte, per non parlare dell'enorme pressione di doversi portare sulle spalle il benessere economico della propria famiglia a soli diciassette anni. Sua madre, Bianca, a detta di Antonella aveva anche provato a cercare lavoro, ma purtroppo non era stata in grado di trovare nulla che andasse bene per lei e le sue scarse abilità lavorative.

E così, ecco che dalle vendite del suo disco, dal successo delle sue canzoni e dalla sua popolarità dipendeva non solo la carriera di Antonella, ma tutto il benessere economico e sociale della sua famiglia e la loro reputazione all'interno del quartiere. Adesso Giusy riusciva a capire come mai avesse le crisi di pianto nello spogliatoio dopo le prove di musical, come mai avesse cercato la sua compagnia quella notte e come mai, nonostante tutto, si erano trovate lì insieme, a parlare l'una con l'altra in quello spazio riservato solo a loro per fuggire dalla solitudine.

“Io non avevo idea che tu avessi passato tutto questo Antonella, dico sul serio,” commentò Giusy alla fine della narrazione. Non che ci fosse poi molto che avrebbe potuto fare per aiutarla, ma la faceva sentire ugualmente triste il pensiero che fosse stata all'epoca tanto vicina e allo stesso tempo tanto distante da lei, senza avere la minima idea delle cose che stava passando.

“Certo che non lo sapevi,” replicò Antonella, quasi sulla difensiva. “Non mi piace andare in giro a raccontare i fatti miei agli altri, non voglio passare per la vittima che non fa altro che piangersi addosso.”

“Questo lo capisco, però...” tentennò Giusy.

“Però cosa?”

“Però tenersi tutto dentro non sempre è la cosa migliore,” disse genericamente, scrollando le spalle. “Se tu non dici agli altri di avere bisogno di aiuto quando stai male, poi chi ci pensa a te?”

“Io ci penso da sola a me stessa, non ho bisogno di nessuno,” replicò Antonella.

Giusy però sapeva perfettamente che non era vero.

“Tutti abbiamo bisogno di qualcuno,” rispose, continuando a guardare negli occhi l'altra ragazza. Antonella invece distolse lo sguardo.

Nel frattempo, sul cuscino del divano a cui erano appoggiate Giusy notò con la coda dell'occhio le loro mani incredibilmente vicine, le punte delle loro dita praticamente a un passo dallo sfiorarsi. Nonostante il pensiero la tentasse, e non poco, la ragazza rimase ferma immobile, come un blocco di ghiaccio, troppo spaventata per riuscire a dare adito a quel vortice di sensazioni che lentamente si faceva sempre più pervasivo.

“Chissà, forse è per questo che ho voluto dare una mano a Caterina,” Antonella richiamò la sua attenzione tutto d'un tratto. “Anche a me sarebbe piaciuto avere qualcuno che aiutasse me e mia madre nel momento del bisogno, e invece non c'era nessuno...” sospirò, incontrando nuovamente lo sguardo pensieroso di Giusy che la fissava in silenzio. “Quello che molti non sanno è che quando si è messi alle strette, i gesti più disperati in fondo sono solo una richiesta di aiuto.”

“Su questo hai ragione, spesso i fatti parlano molto di più delle parole,” concordò Giusy, pensando a quanto lei stessa in prima persona facesse fatica ad esprimersi a voce, specialmente quando si trattava di esternare i propri sentimenti. “Soprattutto quando certe parole non sono facili da dire,” aggiunse, sovrappensiero.

“Ad esempio?” volle sapere Antonella, inarcando un sopracciglio.

“No, dicevo così, in generale,” tentò di minimizzare Giusy, stringendosi nelle spalle.

Sentì le proprie guance ricoprirsi di un lieve rossore mentre faceva il possibile per scacciare via certi pensieri e nascondere l'agitazione che le provocavano, tuttavia Antonella pareva abbastanza incuriosita e ben poco intenzionata a lasciar perdere l'argomento, per sua sfortuna.

“Avanti, non fare la misteriosa!” la riprese quest’ultima con un sorriso. “Josefina Beltran, mi pare di aver già parlato abbastanza quest'oggi o sbaglio? Adesso tocca a te raccontare qualcosa,” ordinò.

“Come prego?!”

“Non far finta di non capire,” Antonella la rimproverò scherzosamente.

“No, non capisco, anzi non so proprio di cosa stai parlando Antonella,” mentì Giusy, ancora una volta fingendo una calma e un'indifferenza che in realtà non aveva.

“Parlo del fatto che io sono stata quella che ti ha chiesto di vederci oggi per parlare,” fece presente l’altra, “io ti ho convinta a collaborare per risolvere la faccenda di Caterina e sempre io ti ho invitata fuori stasera scegliendo anche il posto. E fidati, Giusy, che non sono proprio il tipo da fare queste cose con chiunque,” le fece sapere, guardando Giusy dritto negli occhi mentre ostentava una tale sicurezza e decisione che quest'ultima vacillò.

“Ah, adesso stai dicendo che dovrei sentirmi onorata del fatto che mi stai dedicando un po' del tuo tempo, Tontonella?” replicò Giusy, scherzando e usando di proposito quel ridicolo appellativo infantile per mettere un po' di distanza.

“No, sto solo dicendo che adesso è il tuo turno di parlare un po',” obiettò l’altra.

“I-il mio? E che cosa vuoi che ti dica?”

“Tutto quello che vuoi, scegli tu. Mi basta solo che non sia qualcosa di facile.”

“Qualcosa di non facile quindi?” ripeté Giusy con una risatina, incuriosita da quella singolare ma buffa scelta di parole.

Per tutta risposta Antonella annuì, aggiungendo: “Qualcosa che alle altre persone non diresti mai e poi mai. Avanti Giusy, devi davvero farti pregare?”

Accortasi della titubanza dell'altra ragazza, Antonella allora la sorprese con un gesto inaspettato: di colpo scese dal divano e si mise in ginocchio davanti a Giusy, le mani giunte a mo' di preghiera mentre la osservava con sguardo supplichevole.

“Tirati su, che cosa fai Anto?!” chiese Giusy ridendo.

La ragazza afferrò Antonella per le braccia e cercò di tirarla su per riportarla sul divano, ma tutto ciò non servì proprio a nulla, Antonella resisteva tenacemente, ostinata a restare in quella posizione poco ortodossa e per giunta incredibilmente scomoda.

“Non mi rialzo finché non parli,” asserì con testardaggine, continuando a resistere alle tacite richieste di Giusy. “Sono seria!”

“E va bene, va bene, parlerò,” si arrese infine quest’ultima, scuotendo il capo.

Del resto Antonella non le lasciava poi molte alternative. Giusy la aiutò a rialzarsi e finalmente l’altra glielo permise, tornando a occupare esattamente lo stesso posto di prima; anzi, forse erano addirittura più vicine ora, constatò Giusy tra sé e sé.

“Ti ricordi quello che mi hai detto prima, sul fatto che con me ti senti ascoltata e capita?” disse poi, facendo un respiro profondo per darsi coraggio. “Beh, ecco... Io...,” esitò, e finì per bloccarsi di nuovo, come se le parole che aveva dentro la testa le si fossero incastrate in gola e non riuscissero ad uscire fuori, per quanto si sforzasse. In fondo non era niente di troppo difficile, non avrebbe dovuto esporsi poi così tanto, si sarebbe limitata a confermare ciò che Antonella aveva già detto prima, non ci sarebbe stato assolutamente niente di male. E allora perché la sola idea di parlare e dire alta voce quelle quattro parole era sufficiente a lasciarla paralizzata dalla paura?

Probabilmente intuendo le sue difficoltà, Antonella le prese entrambe le mani e le accarezzò i dorsi col pollice. Poi guardò Giusy negli occhi e le propose: “Facciamo uno per uno, okay? Adesso parli tu e poi dopo parlo io.”

Giusy si sentì tremare tutta, come se un brivido avesse percorso la sua schiena in seguito a una folata d'aria fredda. Paradossalmente, la sensazione delle mani di Antonella che custodivano le sue e le accarezzavano la rassicurò.  Fu come se un calore si propagasse da esse verso il resto del suo corpo, dandole coraggio e spingendola a non ritrarsi, a non scappare via da quelli che erano i suoi sentimenti, da quella che era la realtà.

“Mi sembra che ci stai prendendo un po' troppo gusto a fare questo gioco,” sussurrò poi con ironia, in parte per prendere tempo.

“Forse, chi lo sa.”

Giusy fece un altro respiro profondo. Poteva farcela.

“D’accordo allora. Visto che ci tieni tanto a saperlo, quello che mi hai detto prima vale anche per me,” riuscì ad ammettere infine, seppur con difficoltà e in maniera estremamente goffa. “A-anche io contro ogni previsione, tutto sommato non mi trovo poi così male con te,” spiegò, chiaramente minimizzando. “Sei contenta adesso?”

“Sì, sì, è qualcosa,” le concesse Antonella, con un enorme sorriso soddisfatto. “Anzi, ti dirò di più, Josefina Beltran. Se non ti conoscessi almeno un po', potrei quasi pensare che tu in tutti questi anni ti sei sempre ostinata a tenermi lontana solo perché avevi paura di scoprire che non sono il mostro che hai sempre pensato. Sarebbe proprio il colmo se adesso all’improvviso scoprissimo che io e te siamo anche più simili di quello che pensiamo, non trovi anche tu?”

“Sì, sì esatto, lo penso anche io, assurdo, una cosa indecente” concordò Giusy con ironia, strappando ad Antonella una piccola risata. “E comunque, solo perché tu lo sappia, non hai ragione su tutto. Non è solo per quello che questa cosa mi mette paura,” spiegò in un sussurro, abbassando lo sguardo a terra.

“Quale cosa?” chiese l'altra, a sua volta parlando sottovoce.

Antonella portò due dita sotto il suo mento e le alzò lievemente il viso, per spingere Giusy a guardarla negli occhi. Poi afferrò una ciocca dei suoi capelli ricci e gliela infilò dietro l'orecchio con dolcezza.

“Questa... questa cosa tra di noi,” tentò di spiegare Giusy, mentre con la mano libera gesticolava maldestramente per indicare prima se stessa e poi naturalmente Antonella, accanto a sé. Le sue guance arrossate ormai dovevano aver assunto una sfumatura scarlatta, pensò tra sé e sé. “A te no?”

“Ti svelo un segreto Giusy, io ho sempre paura,” confessò Antonella. “Sono solo molto brava a nasconderlo.”

“Con me non devi nasconderlo però,” esalò Giusy in un sospiro, come ipnotizzata dalla visione dell'altra ragazza. Quasi senza rendersene conto, inclinò il viso leggermente in avanti per avvicinarsi a lei. “Sul serio, Antonella... Non devi nasconderti quando sei con me.”

Con la mano libera poi Giusy cominciò ad accarezzale teneramente la guancia, in un tacito gesto di rassicurazione.

“Guarda che sei tu la prima che si nasconde Giusy,” le fece notare Antonella, inarcando un sopracciglio. La ragazza si sporse in avanti a sua volta e avvicinò ulteriormente il proprio viso a quello di Giusy, ormai distante da lei solo qualche centimetro.

“O sbaglio?”

“Sbagli,” replicò Giusy, ben poco convinta. “A-anzi, sei completamente fuori strada, io non ho niente da nascondere... proprio niente,” tentò inutilmente di negare.

Il suo corpo però parlava per lei e mise presto in luce tutte le sue contraddizioni. I suoi occhi neri infatti si abbassarono sulle labbra sottili di Antonella, così vicine alle sue ed incredibilmente invitanti, proprio come tutto il resto di lei. Solo alcuni istanti dopo Giusy tornò a guardarla negli occhi e si rese conto che la sua risposta stava stranamente tardando ad arrivare, così come si rese conto, arrossendo, che anche Antonella le stava fissando le labbra, senza nemmeno disturbarsi a nasconderlo. Messa di fronte alla sua crescente eccitazione, Giusy si leccò le labbra in un gesto inconscio e comprese così che quello strano e irrazionale desiderio, nonostante tutto, era reciproco, che anche Antonella la voleva, proprio come Giusy voleva lei; proprio come Giusy, in quel momento, stava morendo dalla voglia di saltarle addosso.

“Adesso è il mio turno di dire qualcosa, no?” parlò finalmente Antonella, quando quella pausa giunse al termine. Giusy per tutta risposta annuì sovrappensiero, inclinando la testa di lato mentre vedeva l'altra ragazza fare lo stesso, solo che nel verso opposto.

“Bene, allora basta nascondersi.”

Subito dopo, Antonella chiuse la distanza che le separava con un bacio.

Giusy chiuse gli occhi, il respiro che le tremava, mentre le loro labbra si sfioravano superficialmente, in una frazione di istanti che sembrò durare all'infinito. Rimasta immobile per tutto il tempo, non appena smise di percepire il calore delle labbra di Antonella sulle proprie Giusy riaprì gli occhi e trovò davanti a sé il volto incerto e pieno di dubbi dell’altra ragazza, che la osservava in silenzio. Erano i suoi occhi castani infatti, colmi di timori e paure e incertezze, a parlare per lei.

Giusy non tardò a risponderle. Non in modo ragionato però, parlò restando in silenzio, lasciando che fosse il suo corpo ad esprimersi per lei. Sfregando la punta delle sue dita contro la guancia di Antonella, Giusy le rivolse un piccolo sorriso timido, fatto di flebili consapevolezze che per troppo tempo erano rimaste taciute e che finalmente ora potevano uscire allo scoperto, regalando a entrambe una sensazione di sollievo liberatorio. Poi si sporse in avanti un'altra volta per rincontrare le sue labbra, questa volta con più consapevolezza e decisione.

La sensazione elettrizzante che quel bacio provocò in lei non fece altro che spingere Giusy a desiderarne altri, che in un primo momento chiese e cercò con timidezza, poi con crescente coraggio. Avvertì distintamente la mano di Antonella infilarsi tra i suoi capelli neri, accarezzandone i ricci ribelli per averla ancora più vicina. Giusy fu percorsa da una vampata di calore, eccitata da quel tocco volto a reclamarla a sé. In un attimo lasciò andare la mano di Antonella per cingerle la vita e accarezzarle la schiena, su e giù, ad un ritmo frenetico, in balia della necessità di toccarla e sentirla vicina. Antonella dal canto suo sembrò apprezzare molto – immediatamente attirò il corpo di Giusy a sé e incominciò ad accarezzarlo ed esplorarlo, mentre le sue labbra si dispiegavano in un sorriso alquanto soddisfatto sopra quelle della mora.

A Giusy a momenti non sembrava neanche vero. Quei baci erano così soffici e talmente intensi che il suo desiderio si faceva più forte con ogni secondo che passava, le sue mani incollate al corpo sinuoso e divino dell’altra ragazza. Sentendo l'urgenza di avere di più, Giusy schiuse leggermente le labbra per catturare quello inferiore dell'altra tra le proprie, accompagnata da un gemito. Antonella allora cominciò a tracciare lentamente i contorni della sua bocca con la lingua: prima il labbro superiore, poi passò a quello inferiore, curandosi di non tralasciarne neanche un centimetro.

Giusy stava tremando. Il suo corpo era scosso da brividi di piacere, intensificati dal tocco dolce e delicato di Antonella, le cui mani continuavano ad esplorarla in lungo e in largo, provocando vampate di calore sempre più accese e frequenti. Gemendo un’altra volta, Giusy aprì la bocca per fare entrare la lingua di Antonella e incontrarla con la propria, accarezzandone delicatamente la punta. Era come essere avvolte da una magia, un perenne cercarsi e ritrovarsi l'una nell'altra che le catturò totalmente, senza lasciare spazio a niente e a nessun altro.

Fu allora che Giusy riuscì a lasciarsi alle spalle la paura di cadere, trovando nelle labbra soffici di Antonella e i suoi baci tutte le risposte di cui in quel momento aveva bisogno.
   
 
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