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Autore: Albascura_    09/06/2023    3 recensioni
Shouyou sta partendo. Atsumu lo saluta all'aeroporto.
~ Storia sorella di How to say… goodbye di Pandora13
[Back and Forth: 1^ parte]
Genere: Angst, Introspettivo, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai, Yaoi | Personaggi: Atsumu Miya, Black Jackals, Shouyou Hinata
Note: Missing Moments | Avvertimenti: Spoiler!
- Questa storia fa parte della serie 'Back and forth'
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Un bel giorno io e Pandora13 ci siamo imbattuti in questa fanart.
 
L’intento dell’autore era sicuramente quello di ritrarre un momento SakuAtsu, ma, neanche a dirlo, noi siamo stati capaci di vederci dentro un’AtsuHina 😂 e non solo una, ma ben due diverse interpretazioni di quella stessa scena ambientata nello stesso contesto.

Da questo sclero condiviso sono nate due fanfiction, due AtsuHina, due saluti all’aeroporto. Due fic che potremmo considerare sorelle. 

Questo per dimostrare come lo stesso prompt può dar vita a storie molto diverse, e anche come due senza speranza come noi possano vedere la loro OTP anche quando Hinata non è neanche nella fanart! 😂

Buona lettura!

 










Quando crolla la maschera
 

Lo abbracci, stringi forte le braccia attorno alla sua schiena, con le mani sulle scapole e il viso affondato nel suo collo.

Cerchi di memorizzare il profumo della sua pelle, quella nota fresca e speziata che sa di sole e di casa, e la morbidezza dei suoi capelli che ti accarezzano la guancia.

Cerchi di registrare tutto di lui: il volume che occupa il suo corpo nello spazio, la profondità del suo respiro, il modo in cui i suoi occhi brillano quando ti guarda. Cerchi di imprimerlo nella mente, come una cicatrice, come una bruciatura: esattamente quello che senti in fondo allo stomaco quando lo baci e, lo sapete entrambi, è per l’ultima volta. Non puoi neanche esagerare (come vorresti), perché vi guardano tutti.

Sono venute anche sua madre e sua sorella a salutarlo all’aeroporto, oltre al coach, a tutta la squadra e anche a qualche fan. Quindi, no, non puoi metterlo in imbarazzo, non puoi mangiargli la bocca come vorresti, non puoi strappargli via il respiro così che non possa mai più esimersi dal pensare a te quando bacerà qualcun altro. Il solo pensiero ti fa girare la testa. Ti limiti ad accarezzarle piano, le sue labbra, a posarvi un bacio delicato che sa profondamente di addio. E quando ti allontani, troppo in fretta, troppo breve, hai solo qualche istante per ricordarti quali sono le ultime parole che hai scelto di dirgli, di dire all’amore della tua vita, prima di salutarlo per sempre. Ci hai pensato a lungo a cosa dire quando il momento fosse arrivato. Perché l’idea che possa ricordarti con qualcosa che non sia affetto e malinconia non lo puoi accettare. L’idea che le ultime parole che gli dici possano essere dette male è inaccettabile.

Quindi, quello che vorresti dirgli veramente – ti prego resta, ti prego non andare, ti prego non lasciarmi, ti prego, così mi uccidi – lo ingoi a fatica, insieme al magone che ti stringe la gola e alle lacrime che ti sforzi con tutto te stesso di ricacciare indietro. E quello che gli dici invece, lo pronunci con il sorriso migliore che hai, e con tutto l’amore e la fierezza che possiedi. Gli scompigli i capelli, zazzera rossa incontenibile come lui, poi gli accarezzi una guancia, liscia come quando eravate ragazzini. Lo guardi negli occhi e lo dici: “Vai e prenditi tutto!”

Shouyou ti sorride e il mondo gli si accende intorno come fosse un fuoco d’artificio. Quello che pensa gli si legge in faccia, come sempre – Atsumu mi capisce, Atsumu mi sostiene, Atsumu è così perfetto che sa quando deve tirarsi indietro e lo fa senza batter ciglio, e questa è la dimostrazione di quanto mi ama – e allora sei soddisfatto perché si, la messinscena ha avuto successo. Ce l’hai fatta, l’hai convinto.

L’hai convinto che per te va bene così, che per lui faresti tutto, tutto, come se non costasse niente, come se ti venisse spontaneo. Anche lasciarlo andare. Anche perderlo.

È la cosa più difficile e straziante che hai mai fatto. Neanche separarti da Osamu è stato così doloroso.

Shouyou afferra il manico della sua valigia gialla e si gira sorridente, trionfante quasi, e si incammina verso i controlli. Dopo aver passato il metal detector, si volta indietro. Lo guardi. Lui ti guarda. È bellissimo. Come lo è stato con la divisa nera dei Black Jackals addosso, e come lo è stato senza, nel tuo letto, tutte le notti, per due anni. Come lo era con quella orribile tuta del Karasuno arancione la prima volta che l’hai visto, tutto pelle ossa e voglia di dimostrare qualcosa. Osamu ti prendeva in giro, Suna di prendeva in giro, ma a te non fregava proprio niente. Già lo sapevi che ti eri innamorato. Già lo sapevi che non ti sarebbe mai passata. E andava bene così.

Lo guardi allontanarsi, le sue spalle ampie e la sua testolina arancione che si fanno sempre più piccole, sempre più nascoste dalla gente. Devi resistere, solo un altro po’. Solo finché non sarà sparito oltre il corridoio che conduce verso i gate.

Si gira un’ultima volta prima di voltare l’angolo. Qualcosa brilla sulle sue guance.

Il tuo cuore si spezza, definitivamente. In quel momento capisci che non sarai più intero, mai più. Imparerai a bastarti, forse, un giorno, ma intero…

Alza un braccio, agita debolmente la mano. Un coro di “GAMBARE SHOUYOU!!!” si alza dalla piccola folla attorno a te. Tu, per una volta nella vita, non riesci a dire niente. Taci. Lo sforzo di tenerti insieme è troppo grande, prende tutta la tua concentrazione.

Poi Shouyou oltrepassa la curva, e sparisce.

E finalmente ti puoi permettere di cadere a pezzi.

Ti accartocci su te stesso come una foglia secca, ad un tratto ti ritrovi con il pavimento in linoleum dell’aeroporto contro le ginocchia e proprio non sai come ha fatto ad arrivare così vicino. Ma per fortuna c’è un petto, davanti a te, e ti ci aggrappi con tutte le tue forze mentre cerchi di trattenerti, ancora. Chissà, potrebbe tornare indietro. E se ti vedesse potrebbe capire che era tutta una bugia. Che non sei la persona che gli hai fatto credere, che non sai amare incondizionatamente, che non sai farti da parte, che sei solo un egoista, avaro, egocentrico bastardo e che se per sbaglio avessi risposto tu al telefono, quel maledetto pomeriggio di merda, avresti detto – No, mi spiace Asas São Paulo, Hinata non è interessato a giocare per voi. Gli dispiace rifiutare la vostra offerta ma si trova bene dove sta. Nei Jackals, e con me. – E ora non saresti lì, in ginocchio in un aeroporto che puzza di asettico e sogni infranti.

Quel petto si muove, interrompe il tuo delirio. Sakusa ti accarezza i capelli, gentile. – Proprio lui, - penseresti stupito, se il tuo cervello non fosse troppo impegnato a negare che si, sei veramente quella persona, per lui, al costo di fingere e di violentarti, per Shouyou lo sei diventato.

“Tranquillo, ora non può vederti. Puoi lasciarti andare.” Sussurra piano Sakusa, in modo che solo tu possa sentirlo. E allora lo fai. Le lacrime rompono gli argini e i singhiozzi ti mozzano il respiro.

Attorno a te gli sguardi di compassione si sprecano. Non te ne frega un cazzo, onestamente.

La signora Hinata inizia a piangere, si porta un fazzoletto al viso. Natsu ti si avvicina, ti accarezza comprensiva una spalla. Deve essere bello, per la sua famiglia, vedere quando Shouyou sia amato. Dev’essere bello vedere quanto riesca a costruire attorno a sé. Forse un po’ meno bello quanto – chi - riesca a distruggere ad ogni partenza.

   
 
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