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Autore: aelfgifu    11/06/2023    3 recensioni
Dopo l'infortunio nella finale di Champions League, Karl è costretto a rimanere a Monaco durante le vacanze per portare a termine la riabilitazione. Ma a Monaco è rimasto anche qualcun altro...
Un giovane uomo alla scoperta di sé stesso, una donna piena di lati oscuri, una città deserta e lo splendore dell'estate.
[Seguito di Ritratto estivo di ragazzo svedese].
Genere: Romantico, Slice of life, Sportivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, Crack Pairing | Personaggi: Hermann Kaltz, Karl Heinz Schneider, Marie Schneider, Nuovo personaggio, Stefan Levin
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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- Questa storia fa parte della serie 'Tutti i miei cari'
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15. Storia di Julia e di Alexander
 

Un silenzio di tomba scese sul piazzale dell’officina meccanica Schnell & Schreiner, quando il signor Schneider, che quattro giorni prima aveva prenotato telefonicamente un appuntamento per il martedì alle 16, scese dalla sua auto. I ragazzi che stavano lavorando fuori si fermarono a bocca aperta e con le mani a mezz’aria. 

Karl-Heinz Schneider sollevò gli occhiali neri sulla fronte, avanzò di qualche passo, tranquillo e rilassato, e chiese a Leo - il più vicino, ancora a bocca aperta:

“Buon pomeriggio, mi chiamo Schneider, ho appuntamento col signor Schnell…” 

“S-sì” farfugliò Leo “u-un momento, prego”, e si tuffò dentro l’officina, zigzagò tra le auto in riparazione, prese il corridoietto che portava all’ufficio di Alexander, spalancò la porta senza bussare, e mentre il capo alzava gli occhi dalle carte che aveva sulla scrivania, incuriosito da quell’entrata violenta e teatrale, esclamò con voce isterica: 

“C’è Schneider!” 

Alex disse: 

“Certo, il signor Schneider aveva preso appuntamento…” 

Leo scosse la testa. “Non hai capito, capo: è Schneider! Schneider, Schneider del Bayern” l’apprendista si fermò per riprendere fiato. “È proprio lui!” 

Alex si alzò, un sopracciglio sollevato. “Be’, questa è proprio una cosa curiosa” commentò. Fece il giro della scrivania e si affiancò a Leo. “Andiamo a vedere!”
 

*** 
 

Karl aspettava, le mani nelle tasche, mentre operai e apprendisti lo guardavano senza fare un gesto. Quando dall’officina uscì trotterellando il ragazzo a cui aveva parlato, seguito da un uomo di circa quarantacinque anni, piccolino, magro, in tuta da lavoro, con mani grandi e piene di cicatrici - dai tagli alle bruciature -, una barbetta incolta e brizzolata, occhiali da vista sul naso e in testa, un cappellino con la visiera girato al contrario, tirò fuori le mani dalle tasche e tese amichevolmente la destra ad Alex: 

“Buon giorno, signor Schnell, ci siamo sentiti al telefono la settimana scorsa, mi chiamo…” 

“Karl-Heinz Schneider” sorrise Alex stringendogli la mano. “I ragazzi, come può vedere, la stanno fissando trasecolati da cinque minuti”.

Alex portò intorno uno sguardo minaccioso, da capo: “Beh? È passato un angelo, che siete rimasti tutti folgorati? Tornate al lavoro, dai!”

 

*** 

 

Risultò che Karl aveva avuto qualche problema con l’apertura di uno degli sportelli e Schnell & Schreiner gli erano stati caldamente consigliati come i migliori carrozzieri della zona est. 

Alex fece tutte le prove del caso, aprì e richiuse lo sportello da fuori, da dentro, controllò i vetri, s’infilò sotto l’auto, saggiò il profilo dello sportello con le dita, controllò le intercapedini. A un certo punto un piccolo sorriso gli spuntò sulle labbra e, annuendo tra sé e sé, annunciò che forse l’inghippo era stato trovato. 

“Venga con me in ufficio, parliamo della riparazione” disse, girandosi verso Karl. Richiuse accuratamente lo sportello e precedette Karl nell’ufficetto polveroso. 

“Si accomodi” gli indicò la sedia di fronte alla scrivania, mentre entravano. E lasciò passare avanti Karl, mentre lui rimaneva un istante sulla porta, prima di chiuderla ed entrare lui stesso. 

“Posso offrirle qualcosa? Birra?” “Avrebbe dell’acqua?”

“Certamente. Ma dovrà accontentarsi di un bicchiere di carta”. 

“Se ha una bottiglietta piccola, posso bere dalla bottiglia”.

Con aria pensosa, Alex aprì il frigorifero e tirò fuori una bottiglietta d’acqua. Richiuse il frigo e si diresse anche lui verso la scrivania. Mentre faceva il giro e posò la bottiglietta di fronte al suo cliente, che intanto si era accomodato, lasciandosi scivolare un po’, una gamba portata avanti e una tenuta indietro. E sedette al suo posto. 

“Allora, signor Schneider, prima di tutto spero che mi dirà chi le ha consigliato la nostra officina, perché dovrò fargli un regalo. Secondo, volevo chiederle una cortesia …” “Prego”. 

“I ragazzi là fuori sicuramente muoiono dalla voglia di farsi un selfie con lei, anche se non hanno osato muovere un dito perché sono contrario a queste cose sul posto di lavoro. Se dopo vuole dare loro questa gioia…” 

“Oh, certo” rispose Karl. “Non ci avevo pensato”. 

“E ora a noi. Il suo problema è una sciocchezza…” 

“Lo so” lo interruppe Karl “ho fatto riverniciare lo sportello sei mesi fa perché era stato graffiato da alcuni vandali e il carrozziere autorizzato ha saputo fare male anche un lavoro stupido”. 

“Ah” si stupì Alex. “E perché non ha riportato l’auto da loro? Ha la convenzione con Winkelmann e figli, no?” 

Karl inspirò profondamente. 

“Il fatto è, signor Schnell, che avevo bisogno di una scusa per parlare con lei”. 

Alex lo fissò di sotto in su. 

“Con me?” 

“Sì”.

“E che diavolo…” 

“Si tratta di Julia”.

 

*** 

 

“Io… insomma, io e Julia. Abbiamo una relazione”. 

Alex aprì la bocca tre volte prima di riuscire a rispondere. 

“Se non la vedessi qui davanti a me, non esito a dire che non ci crederei”. 

Karl non trovò che rispondere. 

“Allora il misterioso ragazzo biondo di cui mi ha parlato la mia vicina pettegola è niente meno che il campione di Germania… ma la signora Jungreithmayr non segue il calcio” proseguì Alex. E incrociò le braccia al petto, in attesa di una risposta.

Karl taceva. 

Alex lo guardò di traverso. “Se posso chiedere… che ci fa lei con Julia?”

“Immagino di essermi innamorato di lei” rispose Karl con sincerità. 

“E come è successo? Uno come lei frequenta tutt’altro tipo di persone, mi pare”. 

“Non proprio…” 

“È una cosa inverosimile, inverosimile” Alex scosse la testa. 

“Io amo Julia”. 

Alex fece un sospiro irritato. 

“Ma lei ha capito chi è Julia? Che cosa è, Julia?”

Karl sorrise con aria di scusa:

“Temo che non riuscirò mai a capirlo fino in fondo”. 

“È un buon inizio”.

“Lei dice?”

Alex sogghignò. “Che vuole sapere?”

“Perché l’ha lasciata?” 

“Perché non avrei mai dovuto mettermici insieme”. 

“Ma avete un figlio…” 

“Già. E quindi?”

“Mi sembra che Julia abbia molto sofferto per questo…”

Alex si alzò di scatto, fece il giro della scrivania e andò a fermarsi davanti alla finestra. Parlò rivolto al vetro: 

“Julia non glielo dirà nemmeno sotto tortura, ma ha dovuto combattere tutta la vita con le unghie e con i denti. Dall’insegnante di tedesco in ottava che la accusava di copiare a quelli dell’università che l’hanno ostacolata dal primo momento che ha messo piede lì dentro. E le delusioni, le derisioni, perché una come lei non la infili in una casellina e lì sta, tranquilla e rassicurante. Julia è una che sconvolge gli assetti del mondo. L’hanno sempre guardata tutti con sospetto. Chi è questa, da dove viene, che vuole? Le hanno fatto di tutto, dal mobbing alla diffamazione. Perché? Perché chi è questa? Non è dei nostri. Non era mai dei loro. Julia non è mai stata di nessuno”. 

“Ma lei l’amava?” 

“Potevo non amarla?” 

“E allora perché?”

“Julia aveva un disperato bisogno di qualcuno su cui riversare il suo affetto, perché lei scoppia di affetto, e pensava che quel qualcuno potessi essere io; ma io non potevo darle niente. Non potevo dedicarle la mia vita; avevo già una famiglia in difficoltà di cui occuparmi. Mia madre, mio fratello”.

“Comunque avete fatto un figlio…” 

“Lo ha voluto lei. Cocciuta e determinata ad andare fino in fondo, come sempre. Col suo coraggio da pazza scriteriata. Mentre la lasciavo ha voluto donarmi Robby. L’unico regalo che potevo fare io a lei e Robby, invece, era togliermi dai piedi”. 

Alex fece dietro-front dalla finestra e tornò verso la scrivania a passo di carica. Si fermò di botto davanti a Karl. L’uomo piccolo, in piedi, ora sovrastava il centravanti del Bayern. 

“Ragazzo” disse Alex. “Julia si è convinta che io l’abbia lasciata perché non valeva abbastanza per me, ma io l’ho fatto perché lei doveva, lei deve… volare. Dove poteva andare con uno come me? Deve essere libera, ed essere sé stessa, ed essere amata come merita. Ci siamo capiti?” 

“Credo di sì” mormorò Schneider. 

“E non credere che i tuoi gol e i tuoi milioni ti rendano automaticamente alla sua altezza”. 

“Questo lo so”. 

“È un buon inizio. Ora va’ a farti un selfie coi ragazzi, che non aspettano altro”.

  
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