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Autore: Lady of Lorien    14/09/2009    7 recensioni
Sono fregato, sono fregato... Sono espulso!
Genere: Commedia | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Charlie Weasley
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Note dell’autore: Storia delirante scritta seguendo il prompt "Tappeto volante" della tabella Seven for Side sui mezzi di trasporto magici. È veramente stupida, scusate, ma ero in silly mood. Ed è dedicata a tutti quelli che oggi iniziano la scuola, in particolare a Giulia... Spero però che il suo primo giorno non sia come quello di Charlie. O forse sì?
Edit: perdonate la svista, il primo anno dei gemelli corrisponde al sesto (e non al quinto) di Charlie. Ne approfitto per ringraziare veramente di cuore per tutte le recensioni.
Ho corretto anche un'imprecisione di impaginazione, dopo la segnalazione nella recensione di Valpur, che quindi ringrazio in modo particolare.

(Mis)fortune



Le tradizioni sono fatte per essere smentite.

Fu questo il pensiero a cui si aggrappò disperatamente Charlie Weasley, il primo settembre del suo sesto anno ad Hogwarts, mentre osservava l’Ordalia di marmocchi che aspettavano di essere Smistati.
Non aveva mai prestato grande interesse a quella cerimonia, in precedenza: le uniche cose a cui riusciva a pensare, di solito, erano il banchetto e le nuove date per gli allenamenti di Quidditch. Quell’anno, però, c’era qualcosa di diverso.
Lanciò un’occhiata fugace al distintivo che portava sul petto: sua madre aveva provveduto a lucidarlo così bene da renderlo più splendente delle Gobbiglie di suo fratello Ron - il che era tutto dire, considerato quanto tempo passava il piccolo a prendersi cura della sua collezione - e il suo umore si incupì ulteriormente.
Non gli era mai importato granché di aver avuto quel riconoscimento dai professori, almeno fino a quando Bill gli aveva fatto notare che, quell'anno, essere Prefetto avrebbe potuto significare dover tenere d’occhio i gemelli. Ecco, da quell’esatto istante sì che aveva iniziato a importargli qualcosa: gli sembrava che la spilla pesasse quanto un piccolo macigno.
Essere responsabile di quei due adorabili pargoli di undici anni, che solo qualche mese prima avevano tentato di usare su Percy il Distillato della Morte Vivente che Bill aveva dovuto preparare come compito per le vacanze? Era come correre incontro a braccia aperte a due mesi di punizioni con la McGranitt.
Nella migliore delle ipotesi.
Ma Charlie aveva ancora la sua piccola speranza: le tradizioni sono fatte per essere smentite. Se le due pesti fossero finite in un’altra Casa, avrebbe potuto tirare un sospiro di sollievo, e qualcun altro avrebbe avuto l’ingrato compito di tenere a bada Fred e George Weasley.
Se io, Bill e Percy siamo a Grifondoro, si disse, stringendo gli occhi a fessura mentre Fred indossava il Cappello Parlante, questo non significa che anche loro debbano essere qui.
Passò un lunghissimo istante in cui trattenne il respiro, convinto che il suo ragionamento non facesse una piega; poi...
«Grifondoro!»
George si affrettò ad occupare il posto del fratello, mentre Charlie assumeva una sfumatura tendente ad un verde delicato.
Beh, forse...
«Grifondoro!»
Dannata vecchia ciabatta.

Nonostante le fosche previsioni di Charlie - che a qualche studente Serpeverde sarebbe accidentalmente andata di traverso qualche porzione di pudding, per esempio - la cena non avrebbe potuto essere più tranquilla. I gemelli avevano passato tutto il tempo a chiacchierare animatamente con uno dei nuovi compagni, e avevano degnato di sì e no di un saluto i fratelli maggiori.
Solo quando giunsero alla quarta porzione di dolce si rese conto che, più che chiacchierare, i tre avevano iniziato a confabulare: teste vicine, occhiate furtive tutt’intorno, movimenti concitati.
Oh no, non adesso.
Fred e George alzarono lo sguardo, lo fecero vagare sulla tavolata, poi individuarono il fratello e diedero di gomito all’altro ragazzino: a Charlie parve di capire qualcosa come “puoi andare da lui”.
Prese un respiro profondo.
Magari vuole sapere dov’è il bagno.
In men che non si dica il nuovo Grifondoro gli fu accanto, ad abbagliarlo con un sorriso che si stagliava, smagliante, contro la pelle scura del suo viso.
No, si corresse. Quello non è un sorriso. È un ghigno. E non lo sta facendo per sapere dov’e il bagno.
«Ciao, io sono Lee Jordan» si presentò il bambino con voce squillante.
«Ciao Lee, io sono Charlie. Il tuo Prefetto» rispose lui, in tono vagamente sconsolato.
«Lo so. Senti, ho un tappeto volante nel baule di scuola...»
Il secondogenito Weasley per poco non fu colto da una sincope seduta stante.
«...me l’ha regalato un mio zio indiano per festeggiare l’inizio della scuola, sai» continuò Lee, in tono discorsivo. «Ma i tuoi fratelli mi hanno detto che sono...»
«Illegali!» completò Charlie con voce strozzata, mentre il suo cervello vorticava impazzito alla ricerca di una soluzione rapida e indolore a quel potenziale disastro di inizio anno.
«Cosa è illegale?» intervenne Percy, sbucando alle sue spalle.
Chissà perché, quando qualcuno diceva parole anche solo vagamente compromettenti, lui riusciva sempre ad essere in mezzo.
«Niente Perce... Questo nostro nuovo compagno voleva... Ehm... Conoscere la lista completa degli oggetti proibiti... E quindi illegali... Che Gazza tiene appesa fuori dal suo ufficio» concluse a stento, sotto lo sguardo perplesso del fratello. Poi, d’improvviso, fu colto da un’idea. «Perché non lo accompagni a vedere quali sono, prima che scatti il coprifuoco? Potrebbe essere un’esperienza istruttiva.»
Qualunque cosa stesse per dirgli, quella proposta fu sufficiente a distrarre Percy: il Grifondoro strattonò Lee per un braccio, decisamente euforico, e il ragazzino gli lanciò un’occhiata atterrita prima di essere trascinato oltre il massiccio portone di legno.
Charlie sorrise soddisfatto.
«Non ti facevamo così sadico!» constatò una voce perplessa accanto a lui.
I gemelli gli si erano avvicinati con fare cauto, e in quel momento lo stavano osservando come se avesse potuto Cruciarli da un secondo all’altro.
«L’avresti fatto anche con noi?» chiese George con il tono più innocente del suo repertorio.
«No» fece il maggiore, continuando a sorridere.
«Vedi, te lo dicevo che possiamo fidarci di...»
«Avrei  scritto a mamma» lo interruppe, angelico. «E ora fatemi vedere dov’è quel maledetto tappeto.»

Venti minuti dopo, Charlie Weasley era davvero in una pessima situazione.
Sulle prime aveva pensato semplicemente di nascondere il tappeto da qualche parte dove né Lee, né i gemelli avrebbero potuto trovarlo, per poi restituirlo al ragazzino alla fine dell’anno: sembrava essere piuttosto pregiato, e distruggerlo o danneggiarlo forse non sarebbe stata la mossa migliore; così, almeno, avrebbe potuto fare in modo che tornasse più o meno integro nelle mani dello zio indiano.
Per sua sfortuna, però, l’ingombrante e illegale mezzo di trasporto si era rivelato più ingestibile di quanto avesse pensato - sembrava poter essere governato correttamente solo dal suo proprietario - e il giovane non sapeva proprio cosa fare per sbarazzarsene il più presto possibile.
Giunto con notevole sforzo in un corridoio buio del quarto piano, Charlie si fermò. A corto di idee.
Potrei chiedere ad Hagrid di farlo sparire nella Foresta Proibita. Lui non farebbe trop...
SCIAFF!
Quasi gli avesse letto nel pensiero, il tappeto si ribellò dalla sua stretta assestandogli un poderoso schiaffo in pieno viso: il ragazzo barcollò, perdendo la presa, e tre metri per due di fili magici finemente intessuti gli svolazzarono davanti con grazia.
«Non pensare di scapparmi, inutile straccio!» sbottò ad alta voce. «Incarceramus!»
L’incantesimo rimbalzò indietro con discreta potenza, e Charlie lo scansò per un soffio.
Maledizione. Anche gli incanti protettivi... Non si fanno mancare niente questi affari.
Il tappeto si fermò poco più avanti, levitando pacifico.
Beh, sicuramente non hanno pensato alla mossa Weasley.
L’altisonante “mossa Weasley” altro non era che una presa che si era inventato Bill da piccolo, una volta che aveva passato un intero pomeriggio a giocare con dei bambini Babbani; era stato quando avevano visitato la Londra non magica sotto la guida del padre: Charlie l’aveva sempre preso in giro, ma forse in quel caso gli sarebbe tornata utile.
Di scatto, il Grifondoro balzò in avanti e piombò di peso sul tappeto, bloccandolo.
«Pensavi di sfuggirmi, eh?»
Peccato solo che l’atterraggio si concluse esattamente davanti ad un paio di scarpe nere tirate a lucido e ad un mantello ondeggiante molto familiare.
«Buonasera.»
Il ragazzo deglutì, prima di mettersi in piedi e ritrovarsi davanti Severus Piton in tutta la sua untuosità. Il professore lo sovrastava di dieci centimetri buoni, e in quel frangente - in un corridoio buio, con un tappeto volante di contrabbando candidamente in esposizione - risultava davvero minaccioso. E Il pericolo al quale Charlie rischiava di andare incontro era troppo grande perché riuscisse a pensare a qualsiasi scusa per tirarsi fuori dai guai.
Spostò lentamente un piede di lato, ad abbassare un angolo di stoffa che, impietoso, aveva iniziato a sollevarsi.
«Sto facendo qualcosa che non dovrei?» gli scappò detto, per spezzare il silenzio.
Merlino, mi sono fregato.
«Non lo so. Dimmelo tu, Weasley» rilanciò serafico Piton. «Un Prefetto che passa il primo giorno di scuola disteso per terra in un corridoio adibito alle lezioni, anziché accompagnare i nuovi studenti al loro dormitorio? Questi sono almeno dieci punti in meno a Grifondoro, e una nota di demerito presso il professor Silente» sentenziò soddisfatto. «E adesso vorresti avere la compiacenza di dirmi...»
Sono fregato, sono fregato... Sono espulso!
«...cosa ci fai qui? Se c’è qualcuno ti conviene dirmelo subito» aggiunse, accennando al tappeto. «Volevate passare una notte romantica al chiaro di luna?»
Charlie lo fissò un attimo negli occhi scuri, dubbioso. Possibile che il brillante professor Piton non si fosse accorto di quello che aveva sotto il naso adunco?
«Ti consiglio di muoverti, i dieci punti stanno per diventare...»
Prima che il ragazzo potesse effettivamente rispondere qualcosa, dal fondo del corridoio giunse una voce velata che mai Charlie avrebbe pensato di poter accogliere con gioia.
«Severus, sei tu?»
Sibilla Cooman emerse dal lato opposto del corridoio, avvolta in uno scintillante scialle giallo canarino, una macchia di colore nell’oscurità che si faceva sempre più fitta. Non appena individuò l’uomo, che nel frattempo si era voltato a guardarla, aggrottò la fronte in un cipiglio di rimprovero.
«Ti ho cercato dappertutto! Non ho mai visto foglie di tè più terribili di quelle che sono rimaste oggi nella tua tazza!»
«Sibilla...» borbottò Piton, sperando di farla tacere.
«Tanto per cominciare, hai bisogno di aria fresca: quello che sto per dirti potrebbe avere brutti effetti sulla tua salute cagionevole» soggiunse fra sé e sé, spalancando tutte le finestre con un colpo di bacchetta. «Bene, Severus. Ora...»
«Sibilla!» esclamò il professore, evidentemente irritato. «Si dà il caso che io sia qui con uno studente...»
«Studente? Io non vedo nessuno» lo interruppe la donna con tono preoccupato. «Stai già iniziando a dare segni di squilibrio, povero caro.»
L’uomo si voltò di nuovo, senza darle retta: di Weasley, nemmeno l’ombra.
Il suo sguardo saettò dal pavimento alle finestre: in quell’esatto momento Severus Piton realizzò che Charlie Weasley non era in piedi su un normale tappeto, e che ormai era troppo tardi per punirlo a dovere. E realizzò anche che i Weasley potevano pure essere la famiglia più povera di tutto il mondo magico, ma avevano davvero una fortuna sfacciata.

  
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