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Autore: crazy lion    18/06/2023    0 recensioni
Martha non sa che il neonato che lei, suo padre e Alfred hanno trovato a Kingsbridge è, in realtà, il fratellino che la mamma ha partorito. E, dopo otto mesi, mentre lei, il padre e Jonathan sono insieme, i due immaginano cosa potrebbe essere successo al piccino e l'uomo decide di scrivere una poesia a riguardo, partendo dalla nascita del figlio fino a immaginare il resto, in modo che la bambina sia più tranquilla e trovi risposte alle quali forse crederà. Solo lui sa la verità: non aveva scelta, ma l'ha abbandonato. E si rende conto che ha commesso un atto orribile e imperdonabile.
Componimento stilato con JustBigin45.
Disclaimer: i personaggi (tranne quelli originali che qui non hanno nome) non mi appartengono, ma sono proprietà di Ken Follett.
Genere: Hurt/Comfort, Introspettivo, Poesia | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: What if? | Avvertimenti: Tematiche delicate
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ABBANDONATO
 
Eravamo alla fame, nella foresta.
Non c'era lavoro per me
nelle altre città
e ci ritrovavamo d'inverno,
io, mia moglie e i miei figli,
con un buco nello stomaco
e intontita e intorpidita la testa.
 
Agnes ha partorito al gelo.
È stata dura, per lei, davvero.
Ma l'ho aiutata e, per miracolo,
ce l'abbiamo fatta.
 
Ho guardato se eri normale
e non avevi niente che non andava.
Ho tirato un sospiro di sollievo.
Eri un bambino perfetto,
lo sapevo.
 
Ti ho stretto contro il petto,
ti amavo, ma non te l’ho mai detto.
Mi dispiace, piccolo mio.
Tu sei il mio cuore, la mia anima,
e lo sarai per sempre, mentre,
ripensando a quanto accaduto dopo,
mi scende una sola, singola lacrima.
 
Quando credevamo che fosse tutto passato,
ci siamo resi conto che così non sarebbe stato.
C’era tanto, tanto sangue, troppo.
E mi sono spaventato.
 
La mamma ti ha allattato e tu
hai succhiato, felice e beato.
Poi, come lei, ti sei addormentato.
Bello vedervi insieme è stato.
Ma dopo, tutto è cambiato.
Ti sei svegliato e hai pianto
e mia moglie, intanto,
continuava a sanguinare
e non smetteva nemmeno per un istante.
 
È morta così, di emorragia.
Il Signore me l'ha portata per sempre via.
L'ho seppellita e ho pensato
che avrei potuto fare lo stesso con te, il neonato,
quando fossi morto.
Scusami, ti prego, ti supplico,
perdonami per questo gesto.
Ti voglio un mondo di bene,
non mi sarei mai comportato così,
se dalle penose circostanze
non fossi stato costretto.
Ma che altre scelte avevo?
Nessuna, lo sapevo.
 
Di seppellirti non ho avuto il coraggio
E di questo Dio, la Madonna,
gli angeli e i santi ringrazio.
Ti ho lasciato solo, ti ho abbandonato
al tuo incerto destino,
oh mio piccolo, dolce bambino-.
 
Ho commesso un'azione orribile
per la quale non mi sono ancora perdonato.
Non mi perdonerò domani, o dopodomani.
né mai lo farò, perché so
che anche se commettessi miliardi di buone azioni
per me non ci sarebbe redenzione.
 
I miei altri due figli hanno pianto per la mamma e per te,
hanno urlato, singhiozzato.
Poi con loro mi sono allontanato,
mentre il tuo pianto si faceva sempre più distante
istante dopo istante
e io mi sentivo lacerare dentro
da un dolore sfiancante.
 
"Chi l'avrà trovato?"
con il passare delle ore
mi sono domandato.
Forse una volpe, un lupo, un cinghiale,
o qualche altro animale,
mentre dicevo ai miei figli che
non avrei dovuto abbandonarlo.
 
Siamo tornati indietro, ma tu non c’eri.
Eri sparito. Sangue per terra non ve n’era.
“Dove sei?” mi sono chiesto.
“Sei vivo o morto?”
E pensando a quell’ultima ipotesi,
un gran pezzo di me
se n’è andato per sempre con te.
 
Forse una volpe ti aveva portato via, felice e fiera,
perché un buon pasto di avere sapeva.
Quel pensiero mi ha fatto inorridire,
ma poteva essere la verità,
non c'era altro da dire.
 
Potresti essere ancora vivo,
ma morirai prima del mattino.
ne sono sicuro al cento per cento
e questa cosa mi riempie di sconcerto.
 
Ho sperato e prego ancora Dio,
che, al contrario di quanto ho fatto io,
ora tu stia bene
e che sia felice,
fra le braccia di due genitori
generosi e amorosi.
 
Mi si spezza il cuore
E mi si lacera l’anima
Al pensiero che non ti posso tenere con me,
che non ti vedrò mai crescere,
che, più volte al giorno,
almeno per i primi mesi di vita,
non ti pulirò, laverò e cambierò,
che non guarderò il tuo primo dentino,
che la prima pappa non ti darò,
che il tuo primo passo non t aiuterò a compiere
e che la tua prima parola non sentirò.
Mi mancherà tutto questo,
ma qualcun altro di te si occuperà.
 
 
 
Sono rimasto da solo
al freddo, nudo, immerso nel buio.
Muovo gli occhietti per capire dove sono
e mi accorgo che non c'è nessuno.
 
Sento un rumore,
qualcosa di strano che mi fa spaventare…
Alla fine mi accorgo
che è il mio pancino a brontolare.
Ma non ho più il latte della mamma da succhiare.
Non ho nessuno che mi possa nutrire,
però sento che, se non verrà qualcuno,
io inizierò lentamente a scomparire.
 
Non ho cibo, né acqua
o qualcosa per potermi scaldare
a parte il mezzo mantello.
Mi avvolge, ma non mi scalda nemmeno quello.
Non è abbastanza, non lo sarà mai
E, anche se sono troppo piccolo
per sapere cosa sia la morte,
sento il mio respiro farsi più lento
e il cuoricino battere sempre meno forte.
 
Percepisco il freddo sulla pelle.
È pungente, fa male.
Mi penetra nella pelle, nelle ossa
e mi avviluppa nella sua morsa.
Piango per chiamare qualcuno,
ma ancora una volta non arriva nessuno.
Allora i miei gemiti si trasformano in lamenti,
sempre più lunghi ma lenti.
 
Chiudo le palpebre.
Mi sto per addormentare.
“Poi cosa succederà?” mi domando.
Ma una risposta non riesco a trovare.
Intanto, il mio corpicino continua a tremare.
Ho davvero freddo,
tanto, tanto freddo.
Nonostante il fuoco sia acceso
e arda allegramente,
questo non è sufficiente
a placare il mio freddo glaciale.
 
Sono rimasto abbandonato,
avvolto dal silenzio più assoluto
rotto solo dalle lacrime
del mio pianto inconsolabile
che ricominciano a sgorgare.
 
Qualcosa si fa strada tra i miei occhietti chiusi.
Li apro e mi accorgo
che è una luce sempre più forte.
Il buio è del tutto sparito
e si è fatto giorno.
È il primo che vedo nella mia vita
e sospiro a un lieve tepore
che mi scalda il corpo e il cuore.
 
Ricomincio a singhiozzare:
sono sempre più affamato.
Lo stomaco mi fa tanto male
e piango così tanto
da rimanere senza fiato.
 
Percepisco un rumore.
Qualcuno, o qualcosa,
si sta avvicinando
e non ho idea di chi o cosa sia.
Dovrei avere paura, forse?
Ma sono solo un neonato,
sono troppo piccolo
per accorgermi se
quella sia o no una minaccia.
 
Quando è accanto al mio collo
mi annusa tutto  il corpo e mi lecca.
Io la tocco con gentilezza,
con la mia manina fredda.
Qualsiasi cosa sia, però,
so che non è come me, non è umana.
 
Mi guarda con i suoi grandi occhi
e io ricambio il suo sguardo.
Non sono impaurito ma curioso,
ho solo voglia di osservarlo.
O osservarla, dato che non so se
è un maschio o una femmina.
Ma non mi interessa.
 
Decido per la seconda ipotesi.
Lei emette il suo verso,
un suono sempre più acuto e forte.
Sembra assomigliare al mio pianto,
ma è peggiore.
È come se si trattasse
di un urlo demoniaco.
Non so come mi sia venuto in mente,
ma, anche se non ho idea di cosa sia il demonio,
lei lo sembra e mi si gela
il sangue nelle ossa.
 
Ricomincio a piangere e lei smette di parlare.
Intanto, mi continua a guardare.
Appoggia qualcosa di pungente sul mio braccio
e mi fa male, sempre più male,
mentre io singhiozzo
a più non posso.
 
Qualcuno mi troverà?
A casa, al sicuro
e al caldo mi porterà?
Forse non verrà mai nessuno
e questa creatura… cosa vuole fare di me?
Mi pongo mille domande,
ma non trovo nessuna risposta.
 
Vorrei solo un bacio,
una coccola, un forte abbraccio,
qualcuno che mi faccia sentire al sicuro
e, soprattutto, all'asciutto.
 
Piango anche perché sono bagnato e sporco
e non da poco, da intere ore.
Mi sento sempre più a disagio
e il pianto si trasforma in un lamento,
 
All'improvviso sento qualcun altro avvicinarsi.
Vorrà farmi del male?
Stavolta ho paura, come di quell'animale!
Un signore parla,
ma io non riesco a capire
cosa vuole dire.
Vedo la creatura scappare,
spaventata, e respiro più piano,
mentre il battito del mio cuoricino si placa.
 
La nuova creatura che mi si è avvicinata
parla ancora, e ne arriva un'altra.
Si abbassano verso di me
e mi guardano attentamente.
Loro sono umani, come me.
Posso sentirmi al sicuro in loro presenza?
Non ne sono certo, ma è sempre meglio
che rimanere solo
senza nessuno al mondo.
 
L'uomo mi prende in braccio con cura
e una donna mi sussurra di non piangere.
Notano il graffio sul mio braccio.
Lei ci versa qualcosa sopra e io piango.
Brucia, brucia tantissimo.
Soffia per far diminuire il dolore
E grazie al cielo ci riesce,
cosa che mi fa passare il pizzicore.
 
Allungo le mie piccole mani verso il volto dell’uomo
e qualcosa di pungente gli tocco.
Mi ritraggo. Mi ha dato fastidio,
ma non mi sono fatto male, non è niente di grave.
Poi lui mi passa a lei,
che continua a parlarmi.
Ci guardiamo negli occhi, azzurri i suoi, neri i miei.
Non potrebbero essere più diversi.
 
Eppure, per il resto siamo uguali.
Ho due occhi come i suoi,
un naso, anche se più piccolo di quello di lei.
due mani, due braccia,
il petto, la pancia,
le gambe e i piedini.
Assomiglio anche all'uomo,
e mi rendo ancora più conto
che, io, un essere umano sono.
 
Tocco il volto della donna.…
liscio, a differenza dell'altro,
delicato e dall'espressione dolce e buona.
Lei accarezza il mio con amore
e tanta, tantissima gentilezza.
Sono ancora avvolto nel mezzo mantello,
ma sgambetto e muovo le manine per togliermelo di dosso,
perché, per quanto sia bello
è bagnato e sporco.
 
Loro se ne accorgono, mi distendono per terra,
me lo tirano via e io giaccio nudo,
davanti ai loro occhi.
Ma non mi guardano con cattiveria,
anzi, con infinite bontà e dolcezza.
L'uomo distende sotto di me una coperta
nella quale mi avvolge.
È morbida e calda, finalmente mi sento al sicuro
mentre la tranquillità mi riempie il cuore.
Sospiro beato
e sollevato, chiedendomi
cosa succederà ora.
 
L'uomo si allontana, la donna resta con me.
Mi si siede accanto e la sua voce cambia.
Si fa più acuta e al contempo dolce.
Io piango, perché ho sete e fame
e le labbra e la bocca secche.
Non ho quasi più saliva.
 
Lei mi calma con quella che,
credo, sia una canzoncina
e io mi rilasso con tale cantilena
che sembra farmi riaddormentare appena.
Prima di chiudere gli occhi
la vedo sorridermi,
e la sento accarezzarmi ancora.
Mi bacia le gote, mi abbraccia
e mi sussurra qualche altra,
dolcissima parola.
Non riesco a capire, di nuovo, ma non importa.
Ora c'è lei a proteggermi, è questo ciò che conta.
 
L'uomo torna, finalmente
e mi chiedo cos'abbia in mente,
ma vista la sua espressione,
so che non vuole nuocermi
per nessuna ragione.
 
Mi scopre, mi lava e mi pulisce,
poi raccoglie tutto in un fazzoletto e lo butta lontano.
Io gli afferro con un dito la mano
come per ringraziarlo
e lui mi lascia fare e sorride.
 
L'acqua era fredda, anzi, gelata
e ho tremato tanto, perché
non ne avevo mai sentita di così ghiacciata.
Ma ora sto bene, sono al sicuro
e, soprattutto, pulito e asciutto.
Se non fosse per il mio stomaco che brontola,
direi che è passato tutto.
Ho sempre più fame e spero
che presto mi daranno da mangiare.
 
La donna mi riavvolge nella coperta,
mi prende in braccio
e ci avviamo, tornando indietro,
verso l'inizio della foresta.
 
Sento molti suoni intorno a me,
quelli che sembrano canti ma non di persone, di animali
e altri che non riesco a distinguere.
La foresta è piena di vita
e, anche se non ho capito dov'è
la mia vera mamma e dove sono
mio padre e i miei fratelli
mi sento felice, perché
so di essere vivo, di resistere,
di esistere ancora e ancora.
 
E sono anche consapevole
che, se non fosse stato per questa coppia,
che mi guarda con dolcezza infinita
mentre la donna mi culla dondolandosi a destra e a sinistra,
non sarei riuscito a sopravvivere a lungo.
 
Mentre loro camminano, io li guardo
e, confuso, mi domando dove stiamo andando.
Mi aggrappo con entrambe le mani
alla tunica della mia nuova mamma,
perché ormai è così che la considero.
Ho una nuova e bella famiglia.
non c'è altro che desidero.
 
Sento che il suo seno è bagnato
e mi abbasso per succhiare.
Inizio a leccare, ma non riesco a ciucciare.
Lei mi sussurra qualcosa,
mi dice di aspettare.
Io piango ancora,
ma lei mi calma con voce pacata.
 
Mi addormento tra le sue braccia
e, quando mi sveglio, sento che ci stiamo muovendo.
Non siamo più fuori, ma dentro qualcosa.
Non so cosa sia, ma spero solo una cosa:
che ci stia portando al sicuro, a casa.
 
Arrivati finalmente nella loro abitazione,
vengo avvolto da un lieto tepore:
sia quello del fuoco,
che quello dell'amore.
 
Vedo altri bambini attorno a me.
Alcuni sono più grandi, ma una
avrà più o meno la mia età.
Sono felice che ci sia
un altro neonato in casa.
Almeno, quando cresceremo,
giocare insieme potremo.
 
Mi sento tanto amato
e quando la donna si sbottona la tunica
e mi dà il latte, come ha fatto mia madre,
finalmente mi calmo e smetto di piangere.
 
Grazie a Dio sto mangiando.
La mia pancia, la mia gola,
la mia lingua e le mie labbra
mi stanno gentilmente ringraziando.
 
Il latte è buono.
Non come quello della mamma,
ma mi piace.
Poi la mia nuova madre allatta
anche la neonata.
Ci tiene in braccio tutti e due, a lungo-
Ci osserviamo intensamente
e ci scrutiamo con curiosità crescente.
Ci tocchiamo i palmi,
ci prendiamo la mano
e allora comprendo che
già bene ci vogliamo
e fratellini ci consideriamo.
Sicuramente imparerò a volerne
anche agli altri fratelli,
ma ci vorrà del tempo.
Spero che capiscano, essendo grandicelli.
 
La mamma mi mette fra le braccia del papà
e va in un'altra stanza.
La bambina si è addormentata
e, forse, a fare la nanna l'ha portata.
Torna con una culla vuota in vimini
e dice qualcosa al marito,
che fa un largo sorriso,
mentre gli altri bambini, sul pavimento
cominciano a giocare e a dire parole
delle quali non comprendo il senso.
 
Preso di nuovo in braccio dalla donna
sento nel cuore una fiamma,
da quel momento quella scintilla di amore mi ha unito alla mia nuova mamma!
 
Dopo avermi messo le fasce
tra le sue braccia emetto l'ultimo vagito
e mi addormento serenamente
stringendo forte nella mia mano il suo dito.
 
 
 
 
 
 
NOTA:
questa è una poesia che io e JustBigin45 abbiamo scritto quasi un anno fa. L’ho inserita in una futura fanfiction che pubblicherò, che sarà editata e revisionata dalla mia amica perché lei è la mia beta reader. L’avevo intesa come One Shot, ma è lunga trecentocinquantanove pagine e dovremo, per forza, dividerla in capitoli.
Al tempo avevo pensato di non pubblicare questo scritto, ma siccome a causa di un blocco dello scrittore, per problemi di salute (psicologici e fisici) e personali, non riesco a scrivere quasi nulla da aprile, ho deciso che avrei potuto postarlo.
Ringrazio ancora JustBigin45 per avermi aiutata a stilare questo componimento. Credo sia la poesia più lunga che abbiamo scritto insieme e ne andiamo molto orgogliose.
Ci auguriamo possa piacere anche a voi.
   
 
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