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Autore: Diana924    25/06/2023    0 recensioni
1603: la piccola Elizabeth Stuart scopre con meraviglia che suo padre ha finalmente ereditato la corona d'Inghilterra.
Assieme alla madre e all'amato fratello Henry parte dunque per l'Inghilterra, scoprendo che la sua posizione di figlia del re ha in sé più svantaggi che vantaggi
1618: Elizabeth è moglie, madre e regina. Quando i boemi hanno offerto a suo marito la potente corona di Boemia Federico ha subito accettato. Elizabeth è pronta a condividere la gloria del marito ma non immagina che quello è solo l'inizio della fine
1660: Elizabeth ha ormai perso le speranze quando una notizia improvvisa le apre nuove prospettive, suo nipote Carlo è divenuto infine re e lei può tornare a casa, peccato che lasciare l'esilio è più difficile del previsto
Genere: Angst, Drammatico, Introspettivo | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Slash
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Epoca moderna (1492/1789)
Capitoli:
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Londra, 1603
 
E così quella era Londra pensò osservandola dalla carrozza.

Era la prima volta che vedeva una città così grande, Edimburgo le appariva ben poca cosa per non dire York Londra era una città fatta per un re, un capitale eccellente su cui regnare, degna culla della monarchia inglese e un ottimo luogo dove vivere. C’era però qualcosa di strano quel giorno, riusciva perfettamente a comprenderlo anche se non intuiva bene cosa.

La città era quasi deserta e pochi londinesi sembravano realmente interessati al corteo reale, come se avesse altre preoccupazioni. A York era stato diverso, da quando si erano ricongiunti con il corteo reale era stato tutto diverso e non capiva perché proprio Londra li disdegnasse in quella maniera, aveva davvero così amato la vecchia da odiare loro?

Avrebbe dovuto fare delle domande ma temeva di passare per sciocca, specialmente perché a breve suo padre sarebbe stato formalmente incoronato. Certo, suo padre era già re, era da gran parte della sua vita ma quella era la corona di Scozia, questa qui invece era la corona d’Inghilterra, molto più prestigiosa ai loro occhi.

Questo significava che anche lei era una principessa inglese e che Henry, il suo amato fratello, era principe di Galles, uno dei titoli più prestigiosi del continente, loro erano finalmente importanti.

Aveva avuto occasione di conoscere la cugina di suo padre, lady Arbella Stuart e non le era piaciuta. Lady Arbella era frivola, stupidina e si credeva più importante di quanto realmente fosse. Prima di lei c’era suo padre, poi Henry, baby Charles e infine lei, solo allora avrebbe potuto prendersi la corona. Certamente baby Charles non sarebbe vissuto a lungo, per questo non era ancora con loro [1] , ma era pur sempre il figlio del re.

Doveva pensare per il meglio si disse, a breve avrebbero alloggiato in uno dei palazzi reali e poi avrebbe raggiunto la sua residenza personale. Avrebbe avuto i migliori insegnanti, le migliori lenzuola e abiti nuovi e lei ed Henry si sarebbero potuti scrivere ogni giorno. Rimpiangeva di non averlo frequentato più spesso, che grande re sarebbe stato suo fratello si disse mentre la carrozza si fermava.

Windosr Castle però la deluse, si era aspettata un palazzo immenso, degno di ospitare un re come quelli in cui avevano soggiornato durante il viaggio, non… quello. Non che non fosse maestoso ma era niente se paragonato ai castelli scozzesi dov’era vissuta pensò mentre lady Kildare le si affiancava in quanto sua governante.

<< Si svolgerà qui? >> domandò perplessa riferendosi alla cerimonia durante la quale Henry avrebbe ricevuto il cavalierato[2].

<< Nella cappella, il vostro guardaroba vi attende >> le rispose lady Kildare facendole aprire la bocca per la sorpresa.

<< Il mio guardaroba? Avrò dei vestiti nuovi? >> domandò entusiasta mentre varcava la soglia del castello.

<< Siete la figlia del re e la seconda dama del regno, ovviamente dovrete essere vestita come l’occasione merita >> le fece notare lady Kildare.

Aveva solamente sei anni ma dopo sua madre la regina era la prima signora del regno, la posizione più importante di tutte. I grandi lor si erano inchinati di fronte a lei, le grandi dame facevano a gara per lodarla e ora questo, che giorno meraviglioso per la propria persona.

<< E l’incoronazione? Avrò altri abiti? >> domandò entusiasta.

<< Non credo, sarà un evento oltremodo veloce, la peste imperversa e non possiamo mettere a rischio la vostra sicurezza >> le spiegò la governante. Ecco spiegato perché Londra era quasi deserta: la peste.

A Linlithgow Palace la peste non aveva mai fatto la sua comparsa ma era ben consapevole delle devastazioni che si lasciava dietro. Era una malattia tremenda contro cui i medici nulla potevano e sapere che stava imperversando a Londra la terrorizzò. Sapeva cosa accadeva agli sventurati che ne erano afflitti e soprattutto che erano in pochi a guarire.

E suo padre sarebbe stato incoronato a Londra, con tutta la famiglia reale presente quel giorno[3].

<< La peste? E mio padre verrà incoronato comunque? >> domandò terrorizzata mentre Annie dava ordine che aprissero subito le finestre per far uscire eventuali miasmi che le avessero seguite.

<< Assolutamente si, ma abbiate fede in Dio, poi vostro fratello e voi verrete mandati in un luogo sicuro >> le spiegò lady Kildare. Un luogo sicuro? E ora cos’era quella baggianata?

<< Un luogo sicuro? E se fossimo già ammalati? È un’idiozia, devo parlare con il re >> protestò lei prima di fare cenno ad Annie di seguirla.

<< Altezza Reale, sono gli ordini del re, assisterete alla nomina del principe di Galles e poi partirete entrambi, è stato vostro padre a deciderlo >> la rimproverò lady Kildare prima di raggiungere la porta.

<< Devo essere io a deciderlo, io sono la principessa! Sono Elizabeth Stuart, non Lizzie la figlia della sguattera! >> urlò cercando di spostare lady Kildare, prima la onoravano e poi pretendevano di darle ordini come se fosse la figlia della serva.

<< E gli ordini vengono dal re, e la regina vostra madre è della medesima idea >> proseguì lady Kildare mettendosi contro la porta, sicuramente tutti le stavano ascoltando ma non le importava.

Si lasciò sfuggire un’imprecazione che aveva udito dai mozzi di stalla per poi mettersi a letto mentre Annie l’aiutava a liberarsi dell’abito da viaggio.

<< Dò ordine che portino la tinozza per un bagno? >> domandò Annie prima di aprire la porta per far entrare valletti e camerieri perché sistemassero le loro cose, inventario alla mano.

<< Ho fatto il bagno la settimana scorsa, vuoi uccidermi? >> le domandò in tono scherzoso. Lavarsi troppo spesso era dannoso per la propria saluta e sebbene l’idea di un bagno caldo le piacesse doveva apparire al meglio in vista della cerimonia. Aveva sei anni ma non era certo stupida.

<< Assolutamente no, chi mi pagherebbe poi? >> domandò Annie di rimando facendola ridere. << Non volete apparire al meglio per la cerimonia? Siete pur sempre la seconda dama di corte >> le fece notare dopo una breve pausa.

<< Allora portami delle essenze e prendi il mio abito migliore, dovremo ordinarne altri >> annunciò divertita e vide gli occhi di Annie brillare, era infatti usanza in Scozia che fossero le dame di corte ad indossare gli abiti smessi della sovrana e delle principesse, motivo per cui Annie nel corso degli anni col beneplacito suo e di sua madre lady Linlithgow aveva accumulato un discreto guardaroba. Ogni abito suo che non indossava finiva in mano di Annie o di sua madre, addirittura aveva udito che alcuni abiti della vecchia regina erano stati tagliati e poi venduti dalle cameriere.

<< Come desiderate >> replicò Annie prima che cominciassero a saltellare per la stanza, tutto quello sebbene non le piacesse rivelava senza dubbio alcuno una grande ricchezza e un certo buon gusto, e finalmente era loro, tutto loro pensò entusiasta.

Forse ci si poteva ricavare qualcosa di bello da Londra, peste permettendo.
 
***
 
La cerimonia fu effettivamente magnifica.

La nobiltà inglese continuava a guardarli come se fossero animali da serraglio ma era inebriante che si inginocchiassero nel vederli avanzare, per quanto potessero aver complottato contro di loro ora dovevano accettarli.

Suo padre e sua madre quel giorno erano vestiti in maniera a dir poco magnifica, sembravano entrambi usciti da un poema cavalleresco, persino suo padre che solitamente veniva riconosciuto come re solamente a causa della corona che indossava.

Quel giorno sembrava realmente un re ed Henry era radioso, quale meraviglioso futuro si apriva dinanzi a loro, peste permettendo ovviamente.

La cerimonia che avrebbe reso suo fratello cavaliere dell’ordine della Giarrettiera, il più importante ordine cavalleresco inglese, non necessitava della sua presenza ma era stato comunque ritenuto opportuno che lei e sua madre fossero presenti quel giorno.

La vecchia regina aveva brillato da sola, un sole potente e solitario ma loro erano diversi. Erano una famiglia e in quello stava la loro forza: un padre, che era anche il Padre della Nazione, una moglie e madre, e tre figli tra cui l’erede al trono; perché la monarchia non finiva mai e come si diceva in Francia il re non muore mai.

Suo fratello non sarebbe stato l’unico a ricevere le insegne di cavaliere quel giorno ma la sua nomina era certamente la più importante e forse per questo motivo sua madre aveva ottenuto una piccola vittoria. Philip Herbert infatti non sarebbe stato accanto a suo padre quel giorno, quel posto spettava unicamente alla regina.

Non aveva ancora compreso esattamente per quale motivo il giovane inglese stesse sempre accanto a suo padre e perché sua madre nel vederlo si infuriasse mentre Henry si limitava a scuotere la testa cercando di celare un sorriso di scherno.

Aveva udito borbottii e pettegolezzi ma non li aveva capiti, aveva mandato Annie ad informarsi ma l’unica cosa che la sua migliore amica aveva scoperto era che Philip Herbert godeva di un grande favore e che dormiva col re, fatto che faceva indignare in tanti.

Eppure non era quello il compito del Gentleman of Bedchamber? Non aveva costui il compito di dormire ai piedi del letto reale? Cosa poteva esserci di male se dormiva nel letto del re? Lei ed Annie dormivano nello stesso letto ma che alternative avevano se l’inverno scozzese era per definizione freddo?

C’era però nel giovane qualcosa che non le piaceva, per quanto bello non riusciva a trovarlo di suo gusto e odiava non capirne il motivo.

Ammirò lo scintillio dei gioielli e la ricercatezza degli ermellini mentre suo fratello e gli altri si inginocchiavano, tra di loro c’erano un parente di sua madre [4] e Henry Wriothesley, duca di Southmapton [5] di cui tutti parlavano, appena uscito di prigione.

<< Mi sono informata >> sussurrò Annie che faceva parte del suo seguito.

<< E allora? Che si dice sul duca? >> domandò lei, c’era qualcosa di sfuggente nel volto del duca ma non capiva cosa, come se quell’uomo avesse un segreto noto solo a lui, e forse nemmeno a sé stesso.

<< Tante cose, mia signora, tante cose. Dicono che in realtà sia un bastardo reale, frutto della fornicazione della vecchia regina, che abbia partecipato alla ribellione del conte di Essex contro la vecchia regina e che sia il patrono di un commediografo >> bisbigliò Annie.

Un uomo temibile ma che poteva aiutarli, che aveva già tentato di farlo ricordò, negli ultimi anni del regno della vecchia regina c’erano stati così tanti complotti che suo padre ne aveva perso il conto.

<< Un commediografo? >> domandò curiosa, non aveva mai potuto assistere a un dramma o a una commedia nella sua interezza ma le sarebbe piaciuto, o potersi esibire in un masque.

<< Un tale William Shakespeare, sembra comprendere bene l’animo umano come nessun’altro. È anche poeta ma viene da un luogo che non saprei indicare, una certa Stapford Upon Avon di cui ignoro la collocazione su una mappa >> rispose Annie.

<< Beh, sarà una Stapford sopra il fiume Avon, no? >> replicò lei prima di portarsi una mano alla bocca per trattenere le risate, quel giorno era di Henry e lei non doveva rovinarglielo.

<< Probabile, dicono che abbia un teatro, forse potrebbe esibirsi a corte >> propose Annie, doveva parlarne con sua madre perché non era una cattiva idea, affatto.

<< Si può fare, ora godiamoci la cerimonia >> concluse lei prima di indicare col ventaglio William Herbert [6], conte di Pembroke e fratello di Philip che si inginocchiava, era il primo degli inglesi a ricevere il cavalierato in quanto subito dopo Henry era stato il turno del cugino Ludovic Lennox.

Non conosceva bene la storia di quell’ordine ma le sembrava bizzarro che di tutti i nomi possibili si fosse pensato proprio a quello, cavaliere dell’ordine della Giarrettiera era quantomeno ridicolo, eppure nel momento in cui il cugino Ludovic si inginocchiò non lo trovò per nulla ridicolo.

Suo padre era già stato insignito dell’ordine lo stesso anno del suo matrimonio ma non era più un semplice cavaliere, in quanto re d’Inghilterra ne era divenuto il gran maestro. Peccato che non avessero ordini simili in Scozia o che non fossero anche per le donne si ritrovò a pensare.

La fratellanza, essere uniti da un nobile scopo, quanto doveva essere bello tutto ciò e con che sfarzo e pompa si era svolta la cerimonia, tutte quelle ricchezze erano a loro disposizione, dovevano solo allungare appena la mano.

Tutto quello le faceva girare la testa, chissà in quale residenza avrebbe vissuto, dove avrebbe alloggiato.

Non era abituata a stare troppo con i suoi genitori e la loro vicinanza le riusciva incredibilmente penosa ma per quelle settimane si era adeguata al protocollo, dovevano mostrarsi come una famiglia unita e così avrebbero fatto per il bene della Nazione.

Aveva avuto occasione di vedere la campagna inglese e le piaceva, era tutto così diverso dalle montagne scozzesi e soprattutto tutti sembravano amarli. Niente complotti, niente soldati che irrompevano nelle sue stanze e arrestavano le cameriere, lì era tutto tranquillo.

Tutto quello era meraviglioso, e anche monotono si rese conto mentre osservava il conte di Mar, la cerimonia era sempre la stessa e dopo i primi nomi aveva bisogno di distrarsi. Doveva assolutamente pensare a qualcosa, qualcosa che le fosse d’aiuto.

Chi avrebbe scelto come nuove damigelle, se avesse potuto dire la sua per quel che riguardava i suoi insegnanti, quante volte avrebbe incontrato i suoi genitori e soprattutto Henry. Avrebbero abitato vicini, quante volte si sarebbero scritti, avrebbero potuto incontrarsi, avrebbero avuto degli insegnanti in comune, quante domande doveva porre si disse prima di cominciare a camminare, finalmente la cerimonia era terminata.

<< Informati su dove abiteremo >> sussurrò ad Annie che si inchinò brevemente per poi precipitarsi.

Raggiunse il resto della sua famiglia e rimase senza parole: henry quel giorno era bello come il sole e potente come un dio greco.

<< Ora sei un cavaliere >> mormorò emozionata prima che lui l’abbracciasse d’istinto facendola sorridere.

<< Al tuo servizio Lizzie >> replicò lui prima che il re e la regina li raggiungessero, belli come mai li aveva visti.

Suo padre sorrise loro prima di dare la mano a sua madre che accettò grata per poi voltarsi un’ultima volta nella loro direzione. Vide il volto di sua madre oscurarsi per un istante e poi la regina Anna si voltò velocemente e li ignorò entrambi.

Curiosa si voltò appena e notò Philip Herbert che si trovava appena dietro lady Arbella, in un posto dove non doveva trovarsi. Dietro lady Arbella doveva esserci il cugino Ludovic e il cugino Esmé, non Philip Herbert che non aveva avuto alcun ruolo nella cerimonia.

Tutto quello era ingiusto e senza alcun vero motivo si disse mentre avanzava dietro i genitori, perché quell’uomo da niente si permetteva una simile impertinenza?

Non osò porre direttamente la domanda a nessuno, e quando Annie la raggiunse in carrozza aveva un’altra domanda ben più importante da porle.

<< Allora? Cosa è stato deciso per l’incoronazione? >> domandò curiosa.

<< Parteciperanno solamente le loro Maestà, voi e vostro fratello rimarrete al sicuro per poi partire subito per la vostra nuova residenza >> la informò Annie.

<< E dove sarebbe? >> domandò curiosa.

<< Combe Abbey, nei pressi di Coventry, nel Warwickshire >> le rispose Annie. Combe Abbey, non aveva mai sentito quel nome e non aveva idea di dove l’avrebbero mandata, pensiero che la terrorizzò oltremodo.

<< Mi mandano a morire! Mi mandano via a morire! Non mi ha uccisa la peste e vogliono uccidermi loro! >> urlò terrorizzata, era la fine di tutto, riusciva a percepirlo.

Sicuramente Henry sarebbe stato lontano, vicino alla capitale e non si sarebbero più visti, in quanto a baby Charles… lui non li avrebbe mai raggiunti e lei sarebbe morta di noia nella campagna inglese circondata da estranei, che brutta morta le venne spontaneo pensare con orrore.


 
Praga 1619:
 
La predicazione di padre Scultetus non era andata come previsto.

L’uomo era un grande predicatore ed era nel giusto, era colpa dei boemi che non capivano che lo stavano facendo per il loro bene, maledetti ingrati. Possibile che fossero così tanto devoti alle loro immagini?
Non capivano che erano solo degli idoli? Che era sbagliato nonché peccaminosi pregare di fronte ad essi? Come potevano definirsi buoni cristiani se ancora erano rimasti impantanati nella palude del papismo?

Sapeva bene a cosa si riferiva, oh se lo sapeva bene lei. Sua madre era stata papista, si era fatta papista e sebbene ne comprendesse le motivazioni non l’aveva mai accettato, per quale motivo delle preghiere in latino avrebbero dovuto aiutarla meglio di quelle in inglese?

Per questo aveva preso in simpatia Scultetus, perché lui sembrava capirla ed era animato da un raro zelo.

La sua opera di predicazione era ottima e trasformare la cattedrale di San Vito in una vera cattedrale, dove si sarebbe pregato secondo la Vera Fede, era un atto fortemente simbolico. Sapeva quale fosse l’importanza di quella chiesa per i boemi, i loro sudditi dovevano capire che lo stavano facendo per il loro bene.

Un giorno li avrebbero ringraziati ma quella gente aveva la testa dura e temeva un ritorno degli Asburgo, un’assoluta fandonia a sentire suo marito. Federico era demoralizzato ma era anche sicuro che assieme agli ungheresi sarebbero riusciti a sconfiggere Tilly e i suoi, Iddio non avrebbe permesso che ne uscissero sconfitti.

L’ultima decisione era stata un po’ troppo drastica ma solo se non si vedeva il quadro generale.

Cresciuta nella fredda e rigida Scozia non aveva mai realmente apprezzato l’arte sacra, per quanto alcuni pittori fossero bravi era pur sempre idolatria papista e bisognava combatterla con ogni mezzo necessario.

Aveva ammirato l’opera del mastro Cranach e l’aveva trovata davvero mirabile, una pala d’altare degna di ammirazione. Tuttavia avevano una missione e aveva approvato l’iniziativa di suo marito di toglierla, non era opportuno istigare idolatria, non nella chiesa più importante di Praga.

Era consapevole che ci sarebbero stati dei tumulti ma bisognava pur portare avanti la loro santa crociata, li avevano voluti sul trono per questo, no?

Inoltre c’era un’altra notizia, la migliore che una regina potesse mai dare ai suoi sudditi.

La levatrice e il dottore gliel’avevano confermato: aspettava un figlio.

Aveva già due maschi e una femmina ma questo bambino era diverso, riusciva chiaramente a percepirlo. Questo bambino sarebbe stato un suo dono speciale per i boemi, un principe boemo nato a Praga e cresciuto come tale, e un giorno sarebbe stato destinato a opere straordinarie.

Avrebbe dovuto scrivere a sua suocera a Heidelberg per informarla ma ogni volta che pensava a quel cupo castello si sentiva mancare. Per quanto amasse Federico il Palatinato per lei era stato una prigione, una cupola di mediocrità e banalità da cui era riuscita fuggire grazie a quella corona. Meritava di essere regina e avrebbe fatto di tutto per restarlo.

Le notizie dal fronte non erano incoraggianti ma aveva saputo che Federico aveva indetto una dieta di principi tedeschi, sicuramente avrebbero trovato degli alleati. Per questo quando le annunciarono il re suo marito alzò subito gli occhi dallo scrittoio, per le lettere c’era sempre tempo.

<< Moglie mia, i papisti ci sfuggono e gli altri ci accusano >> le comunicò Federico dopo essersi seduto.

<< E di cosa ora siamo accusati? Domandò lei, avrebbero dovuto imparare il boemo ma non ne trovava l’utilità, non quando potevano agevolmente servirsi di interpreti.

<< Ci accusano di aver fatto violare la tomba di San Venceslao, il patrono di Praga. È idolatria papista ma sono consapevole di quanto il santo sia importante per i boemi e mai darei l’ordine, solo che non vogliono comprenderlo >> le spiegò suo marito.

Sarebbe stato un ordine degno di un re le venne spontaneo pensare, un re che però si sarebbe ritrovato a dover combattere i suoi stessi sudditi.

<< E voi spiegatelo ancora e ancora, questi boemi sono come bambini ribelli, qualche botta e capiranno che agiamo per il loro interesse. E la guerra invece? >> domandò curiosa.

<< Von Thurn Valvassina marcia in direzione di Vienna, non abbiamo abbastanza artiglierie ma se potesse porre d’assedio la città e resistere quanto basta… che vittoria sarebbe per noi mia amata >> le rispose Federico entusiasta facendola sorridere.

Vienna. Potevano prendere Vienna, la capitale degli Asburgo, quella si che sarebbe stata una grande vittoria per la loro causa.

<< E Ferdinando? >> domandò, che traguardo sarebbe stato per loro poter far sfilare il kaiser sconfitto assieme alla sua famiglia papista, degno dei fasti dell’antichità.

<< Fuggito in Tirolo ma non importa, non quando possiamo avere Vienna >> le rispose Federico sempre più entusiasta, la sua felicità era contagiosa.

<< Nostro figlio potrebbe essere il futuro arciduca d’Austria, o principe del Tirolo >> dichiarò lei prima di indicarsi pudicamente il ventre con le mani, lo sapeva che quel bambino sarebbe stato destinato a grandi cose, riusciva quasi a percepirlo.

<< Sarà tutto quello che noi vogliamo, daremo ai nostri figli un futuro meraviglioso, potrebbero persino ambire alla corona imperiale >> le annunciò Federico sempre più entusiasta.

<< E Christian? Cosa dice il tuo cancelliere? >> domandò. Se doveva fidarsi di qualcuno allora Christian era la persona migliore per curare i loro interessi. Da sempre devotissimo alla loro causa si era occupato di tutto e avrebbe sicuramente trovato una soluzione.

<< Ho convocato un incontro della Dieta Evangelica, dovranno darci uomini e fondi per difenderci e per difendere il palatinato. Possibile che non capiscano che se cado io cadranno anche loro? >> le rivelò suo marito.

<< Non perdere tempo a parlamentare. Sei un re e devi comportarti da re: ordina e fatti obbedire da costoro. Mio padre da anni sopporta il parlamento ma se potesse manderebbe tutti quei signori a casa, per quanto odi il papismo almeno loro obbediscono ciecamente ai loro sovrani, siano essi il kaiser, il re di Spagna o il vescovo di Roma >> dichiarò lei.

Il Parlamento era una buona istituzione ma era stata traviata dall’ambizione e dagli egoismi personali dei lord, il oloro compito era quello di registrare gli atti reali e approvarli, non litigare su meschinerie come quanto denaro concedere alla famiglia reale o mettere in dubbio le leggi.

<< Questo è pensiero filo papista, la Bibbia ci insegna che siamo tutti uguali, re compresi e quindi mi incontrerò con i miei alleati e chiederò loro aiuto ricordando loro che la nostra è una santa crociata >> la rimproverò Federico, ora ragionava come i puritani.

<< Dio ha creato principi e popolani per un motivo, se siamo diversi deve esserci una spiegazione, e tu sei il primo tra i principi, dove vi incontrerete? >> domandò. Suo padre era un re consacrato ed era un re protestante, così come i vari elettori ma suo marito in quanto calvinista aveva dei problemi ad accettare di essere nato superiore ai suoi sudditi, esattamente come i maledetti puritani che per anni avevano creato problemi all’Inghilterra e prima ancora alla Scozia.

Ma per fortuna c’era lei, grazie a lei Federico avrebbe trionfato e una nuova si sarebbe aperta per l’Europa.

<< A Norimberga [7] >> le rivelò lui.

<< Così vicino alla Baviera, l’Elettore capirà il messaggio e speriamo che anche Ferdinando comprenda >> aggiunse lei emozionata.

<< Comprenderà, e anche gli altri. Dovrò partire per la fine di novembre e mi dispiace lasciarti sola in questo nido di vipere ma dobbiamo pur salvare la nostra corona >> e quello la fece trasecolare.

Nonostante i suoi difetti amava Federico, odiava dover stare lontana da lui e l’idea di saperlo a Norimberga per chissà quanto tempo le causò un peso sul cuore come se sopra vi fosse appena caduto un macigno. Cosa avrebbe fatto da sola? Come poteva stare da sola?

Lo amava dal loro primo incontro e odiava saperlo lontano. Non le importava dal bambino, aveva partorito altre tre volte ed era sempre allo stesso modo ma aveva bisogno di suo marito, voleva che prendesse tra le mani il loro bambino e lo presentasse ai boemi, se lo meritava.

<< Che nome devo dargli? >> domandò invece, era la moglie di un re e doveva mostrarsi degna del titolo di regina.

<< Rupert, o Wilhelm, come mio nonno >> le rispose Federico riferendosi al grande Guglielmo di Nassau, colui che aveva liberato le Province Unite dal gioco spagnolo e che in Inghilterra era tanto ammirato, Henry a suo tempo lo aveva considerato uno dei suoi due modelli e aveva sognato di emularne le gesta. Henry… suo fratello avrebbe saputo cosa fare, come comportarsi e avrebbe fatto di tutto per raggiungerla portandole un esercito, baby Charles sapeva solamente inchinarsi di fronte al volere del re loro padre e l’aveva abbandonata, quel maledetto storpio balbuziente.

Ovviamente nessuno dei due pensò ad una femmina, che brutta eventualità sarebbe stata, suo marito aveva voluto chiamare la bimba Elizabeth in suo onore ma che brutta vita le si prospettava dinanzi, la vita di una principessa era un supplizio dalla culla alla tomba.

<< Ti scriverò, darà speranza alla nostra causa e mostrerà ai tuoi alleati per cosa combattono, non solo per la nostra santa religione ma anche per i tuoi eredi, per un principe in fasce e per la nostra bella corona di Boemia >> lo incoraggiò lei. Sarebbe andato tutto bene e quel bambino sarebbe stato il più fortunato dei suoi figli, se lo sentiva.
 
 
***
 
Aveva chiesto ad Amalia di informarsi discretamente e aveva scritto nuovamente a suo padre.

Odiava come il re d’Inghilterra li avesse abbandonati e come si fosse proposto come mediatore. Suo padre era un vecchio incapace di prendere iniziativa e così convinto di non sbagliare da non ascoltare nessuno, scoprire che sia il duca di Buckingham, che baby Charles avevano sollecitato l’invio di volontari l’aveva lasciata senza parole. Aveva sottovalutato baby Charles ma lo ricordava come il bambino che zoppicava nella loro scia e che Henry adorava tormentare, era così facile tormentare baby Charles le aveva confidato il suo meraviglioso fratello, almeno finché il re non se en accorgeva e lo picchiava. E ora baby Charles voleva aiutarla, lui e… il favorito di suo padre. Erano giovani, coraggiosi e forse potevano realmente aiutarli, se l’Inghilterra fosse scesa in guerra per aiutarli Ferdinando avrebbe per forza dovuto trattare. E pensare che suo padre la voleva regina di Spagna, di Francia o imperatrice… corone papiste di cui non sapeva che fare.

Doveva occuparsi di Praga, di farsi amare dai boemi e far comprendere loro come li stessero aiutando, erano i loro sudditi e dovevano obbedire.

<< Allora? >> domandò quando vide Amalia rientrare.

<< Parlano, mia signora, e sono tutti convinti che abbiate dato ordine di dissacrare la cattedrale e la tomba di San Venceslao, e quando non hanno prove parlano comunque >> le rispose la sua dama.

<< Possibile che preferiscano credere alle fiabe che non ai loro occhi? Cosa possiamo fare perché si convincano che non abbiamo toccato quella bara? Avremmo potuto, ma non lo abbiamo fatto >> sbottò lei, quello era troppo da sopportare, per chiunque, specialmente per una donna nelle sue condizioni.

<< Sono solo contadini ignoranti incapaci di capire il bene che state facendo loro, dategli ancora qualche mese e capiranno >> la consolò Amalia, tuttavia continuava a trovarla una compagnia detestabile. In quei mesi aveva avuto occasione di osservare le sue dame e per quanto solerte e vivace c’era qualcosa in Amalia che non le piaceva.

Amalia voleva sposarsi, e sposarsi bene, era palese che fosse una di quelle giovani ansiose di migliorare la propria condizione, così ansiose da dimenticare la decenza, una versione meno sfrontata di Frances Howard, come dimenticarsi di lei.

Era accaduto dopo la sua partenza ma si era tenuta informata tramite Annie, avrebbe tanto voluto che venisse con lei in Germania ma non era stato possibile, nemmeno per i primi giorni. Quale grande scandalo c’era stato e tutto perché quella sgualdrina si era incapricciata di Robbie Carr e voleva a tutti i costi sposarlo pur essendo già moglie e duchessa.

Si ricordava bene anche di Robbie, arrogante come un duca e sensuale come una cortigiana, cosa ci trovasse in lui suo padre non lo aveva mai capito, e Frances poi… che donnetta da poco e che vergogna per gli Howard saperla incapricciata di un uomo da poco, un giovanotto che doveva le sue ricchezze e il suo titolo semplicemente alla propria abilità nell’alcova e nell’assecondare le voglie di suo padre.

Per fortuna una giustizia divina e i loro piani erano miseramente falliti, e pensare che qualcuno aveva osato insinuare che tra Frances ed Henry ci fosse un affaire… il suo brillante fratello mai e poi mai avrebbe guardato una svergognata come Frances, di quello era sicura.

<< Voglio sperarlo, sto per offrire un principe alla Boemia, cosa possono volere di più? >> domandò lei. Amalia si limitò ad assentire con la testa, quella donna proprio non riusciva ad essere simpatica ma non sapeva spiegare bene le motivazioni, andavano al di là del suo bisogno di salire la scala sociale, di questo era sicura.

<< E il re? È già partito per Norimberga? >> domandò cambiando argomento.

<< Questa mattina, arriverà entro tre giorni, Elettore di Baviera permettendo >> le rispose Amalia.

<< Il bavarese ha venduto al sua corona di Elettore in cambio delle promesse di suo cugino l’imperatore, spero solo che al momento giusto implori clemenza >> replicò lei furiosa.

<< Forse l’Unione Evangelica sarà dalla nostra parte >> propose Amalia.

<< Che il Signore ti ascolti perché davvero non so che altro possiamo fare >> dichiarò lei, poteva andare bene, potevano ancora salvare la Boemia, la loro corona e il loro sogno.

<< Avete scritto a chiunque, qualcuno risponderà >> replicò Amalia, se solo fosse stato così facile.

<< Speriamo, ora lasciami >> dichiarò, doveva sfogare il suo rancore e non era degno di una regina che ciò accadesse in pubblico. Amalia assentì prima di allontanarsi, non avrebbe fatto bene al bambino ma sentiva comunque il bisogno di sfogarsi. E al diavolo quel maledetto bambino, odiava essere gravida, era una delle conseguenze più sgradite del mestiere del letto.

Controllò che non ci fosse nessuno e poi si lasciò cadere sul letto, odiava tutto quello. Gabor non li avrebbe aiutati a meno che loro non aiutassero lui e gli ungheresi a sentire i consiglieri di Federico erano pronti a tradire. Aveva sentito parlare di quella contessa ungherese che divenuta troppo potente e troppo ricca era stata imprigionata con pretesti speciosi da parte dell’imperatore Mattia [8], realmente l’imperatore aveva creduto che la contessa vedova Nadasdy torturasse le sue serve e bevesse il loro sangue per mantenersi giovane?

La verità era un’altra: la donna era pericolosa, un suo zio era stato re di Polonia e gli ungheresi al rispettavano, con i suoi soldi avrebbe potuto armare una rivolta e gli ungheresi sarebbero scesi in campo per il suo defunto marito come ora erano scesi in battaglia per Gabor. Inoltre la contessa seguiva la Vera Fede e Mattia non aveva potuto sopportare una donna così potente e credente nel suo regno a differenza del pazzo Rodolfo, il fratello che aveva destituito e fatto uccidere.

Aveva visto il figlio della contessa, morta da pochi anni murata viva in uno dei suoi castelli, Pal Nadasdy [9] era ansioso di vendicare le offese fatte alla sua famiglia e niente di meglio che unirsi ad un esercito ribelle. Era come tutti i magiari: orgoglioso, spavaldo e ottimo cavallerizzo oltre a parlare diverse lingue, non le era difficile immaginare come quel ragazzo ardesse dal desiderio di vendicare la madre e volesse farla pagare a Ferdinando imperatore, se quel fuoco che ardeva nei suoi occhi era lo stesso che aveva arso il petto dei suoi genitori allora si preparavano giorni grandiosi.

Gabor aveva persino chiesto aiuto ai turchi, i valacchi erano pronti a sollevarsi, se fossero stati veloci avrebbero potuto sconfiggere gli imperiali prima che Tilly riuscisse a raggiungere il Tirolo o che gli spagnoli sbarcassero in Italia.

Tutto dipendeva da quanti uomini avrebbero ricevuto dalla Dieta, al resto avrebbero pensato Valvassina e suo marito.

Con un gesto di stizza si diresse nuovamente verso lo scrittoio e prese l’ennesimo pezzo di corta. Soffocando il rancore e l’umiliazione cominciò a vergare alcune parole, quanto erano caduti in basso pensò se era costretta a scrivere al giovane ganimede di suo padre.

O meglio il nuovo ganimede di suo padre il quale adorava essere circondato da quei ragazzotti arroganti. Li ricordava bene, giovani, sensuali come cortigiane e smorfiosi come puttane, che si atteggiavano a gran signore e poi chissà che sconcerie commettevano con suo padre che li colmava di denaro, terre, titoli e gioielli mentre sua madre era obbligata a sopportare e ad ingoiare le lacrime.

L’ultimo che aveva visto era Robbie Kerr, o Carr come dicevano gli inglesi, il peggiore di tutti, il ricordo del modo in cui in pubblico si faceva toccare era rivoltante, il modo in cui permetteva a suo padre di mettergli le mani nelle brache era disgustoso, quello era peccato, ne era sicuro. E ora doveva scrivere a George Villers da poco nominato duca di Buckingham per i servigi resi a suo padre affinché costui potesse convincere il re ad aiutarli.

Che vergogna, quanto erano caduti in basso e quanto si era svalutata la corona d’Inghilterra se era costretta a scrivere simili lettere.

Almeno i suoi figli erano ad Heidelberg e in quanto al bambino che stava per nascere meglio che fosse davvero un futuro generale si disse prima di cercare il proprio sigillo.

<< Consegnatela all’ambasciatore inglese, è urgente >> ordinò dopo aver convocato le sue due dame, le cameriere erano tutte boeme e non poteva fidarsi di loro, non era detto che conoscessero il tedesco, lingua che lei stessa stentava a padroneggiare.

La donna assentì con un cenno del capo e si precipitò, e che vada tutto bene si ritrovò a sperare.

<< Cenerò in pubblico questa sera, aiutatemi a decidere quale abito dovrò indossare >> ordinò facendo entrare le dame e le cameriere.

<< Ma il re è partito >> obbiettò una di loro.

<< E allora? Io sono presente e io sono la regina. Dobbiamo mantenere le apparenze, Rodolfo imperatore si comportava da re o da contadino? >> domandò lei piccata. Sarebbe stato uno spreco di denaro ma dovevano continuare a fingere che andasse tutto bene anche se sentiva che il terreno lentamente le stava franando da sotto i piedi.

Doveva lottare, per sé stessa, per i suoi figli e per l’eredità che avrebbe lasciato loro e per Federico, soprattutto per suo marito.

Federico le mancava tremendamente e forse per questo cominciava a sragionare ma di una cosa era sicura: dovevano mantenere le apparenze.

Esattamente come la sua povera madre che fingeva di sorridere pur assistendo impotente alle infedeltà del coniuge, che doveva sopportare gli abbracci violenti di suo marito nella speranza di restare incinta e che doveva sorridere, sempre sorridere. Il mondo esterno non deve sapere che anche noi soffriamo, noi dobbiamo essere d’esempio, la brava famiglia inglese le aveva ripetuto più volte sua madre nel corso degli anni e finalmente capiva cosa volesse significare: pur essendo imperfetti dovevano mostrarsi come un esempio di perfezione al mondo e soprattutto ai loro sudditi, nulla che li inducesse a ripensarci. Avevano tentato di rapirla e incoronarla forzatamente perché non volevano suo padre, la cugina Arbella aveva complottato contro di loro e chissà quanti altri e per questo non dovevano offrire un fianco scoperto ai loro nemici. E così avrebbe fatto anche lei a Praga.

Federico avrebbe disapprovato, ogni singolo penny serviva per i soldati e per costruire alleanze ma una corte sfarzosa poteva fare il miracolo, se i boemi avessero saputo del rinnovato splendore di Praga avrebbero capito che lei e suo marito volevano solo il loro bene e li avrebbero appoggiati.

Banchetti, balli e altre attività per ingraziarsi i nobili boemi, ricordare che loro erano nel giusto e che stavano facendo tutto quello per il loro bene, d’altronde erano stati proprio i boemi a chiamarli, loro li avevano scelti come loro sovrani e il minimo che potevano fare era mostrarsi degni della corona che avevano ricevuto. E all’inferno le loro superstizioni papiste, la loro idolatria e le varie menzogne che raccontavano sul loro conto, li avrebbe stupiti tutti, ne era convinta.


 
Londra, 1660:
 
Aveva dovuto agire d’astuzia ma aveva funzionato.

Era la figlia di un re, la moglie di un re e la sorella di un altro re e non si sarebbe fatta fermare da sciocchezze come mancanza di denaro o debiti.

Aveva ricevuto la lettera da parte di suo nipote il re d’Inghilterra ma il gentile lord Craven aveva già pagato tutto e non aveva più alcun motivo per restare nelle Province unite. Karl Ludwig nell’estremo tentativo di impedirle di fare quel che voleva aveva persino proposto di invitarla, come se ignorasse il vero motivo dietro l’invito.

I suoi problemi se li risolvesse da solo e lei non era intenzionata a seppellirsi ad Heidelberg per la seconda volta. Le dispiaceva per i suoi nipoti, specie la bambina che aveva il suo stesso nome, che adorabile bestiolina era la piccola Elisabeth Charlotte, veramente adorabile.

Avrebbe dovuto chiedere a Karl Ludwig se poteva portarla con sé al posto della propria scimmietta ma a conti fatti la scimmia dava meno problemi di una bambina e soprattutto costava molto meno [10]. Non che lei si curasse delle proprie finanze ma era stata regina e doveva mantenere gli usi e lo sforzo di una regina.

La piccola Mary le mancava e aveva deciso di imbarcarsi anche per poterla rivedere, in quanto al figlio di lei… che se lo godesse Amalia di Solms e che quell’ingrata riflettesse su come avesse sprecato al sua occasione. Sua figlia poteva essere regina d’Inghilterra e invece era una duchessa qualsiasi, almeno Sofia era Elettrice di Hannover anche se avevano rischiato che l’affare sfumasse.

L’aveva rivista poco prima di salpare, sua figlia aveva una situazione bizzarra in casa ma doveva sopportare, specialmente ora che stava per avere un figlio, possibilmente maschio.

L’Inghilterra, finalmente era tornata. Vedere le bianche scogliere di Dover da lontano era stata un’emozione troppo intensa da poterla descrivere a parole, era come se dopo tanto tempo fosse tornata bambina. Quella bambina così piena di speranze e di ingenuità che era arrivata in Inghilterra credendo di essere finita nel apese delle fiabe. E appena due anni dopo avevano complottato per rapirla e incoronarla regina sul cadavere dei suoi genitori e del suo amato fratello. Henry, quanto sarebbe stato orgoglio di lei, e persino di baby Charles che pur di non rinunciare alle sue prerogative come re aveva messo la testa sul ceppo.

Suo fratello era stato un bambino mediocre, un giovane scarso e un uomo ridicolo ma come re si era guadagnato il paradiso, non aveva mai creduto che le sarebbe sul serio mancato fino al momento in cui non era morto, giustiziato per difendere il diritto divino dei monarchi. E non si trattava solamente dei soldi che le inviava tramite pensione, era qualcosa che andava oltre simili sciocche venalità.

Lord William Craven, da sempre buon amico e sostenitore, l’aveva ospitata a casa sua in maniera tale che non pesasse troppo sul bilancio reale ma sapeva da fonte sicura che Charles aveva abbastanza denaro per poterla ospitare, semplicemente suo nipote per qualche motivo non la voleva intorno, per cui aveva cominciato a scrivere a Rupert per avere spiegazioni. A breve sarebbe arrivata anche sua cognata e non era esattamente ansiosa di rivederla, la regina madre era una donna piccolina, dalle spalle asimmetriche, invecchiata precocemente a causa delle privazioni e del papismo e con un naso enorme che rendeva il suo volto incredibilmente brutto. Il naso tipico dei Borbone dicevano, ereditato da Enrico re di Francia e che tutti i suoi discendenti sfoggiavano con stupido orgoglio, non erano belli come loro. Loro erano Stuart, discendenti dalla regina più bella di tutti i tempi, papista ma comunque bellissima.

Aveva scoperto ben presto la causa per cui la regina madre si stava preparando a tornare e non poteva negare di averne riso. Suo nipote era un uomo onorevole ma avrebbe dovuto capire che la situazione non si sarebbe davvero risolta, non quando la figlia di un avvocato sarebbe divenuta duchessa di York semplicemente perché si era lasciata ingravidare. Per quel tipo di problema c’erano tante soluzioni, dal matrimonio con un servo a sperare nella provvidenza divina, i papisti avevano anche i conventi dove richiudevano le loro ragazze perdute. E quanto avrebbe preferito sperare che Luise Hollandine sarebbe divenuta madre invece di saperla madre badessa [11], quanto si era sentita tradita quel giorno, più di quando aveva scoperto di Edward, che vergogna, che umiliazione.

Rupert le aveva scritto anche in relazione al futuro matrimonio della piccola Minette, come la chiamava suo nipote Charles e aveva approvato. Il fratello di un re era sempre un buon partito sebbene anche lei avesse sentito le voci sul duca d’Orleans ma queste non volevano dire nulla.

Suo padre aveva praticato il vizio contro natura con innumerevoli giovanotti, uno più sensuale e sfacciato del precedente, li aveva elevati ad altezze immeritevoli e aveva costretto le più importanti famiglie inglesi ad inchinarsi di fronte a quei ragazzi il cui unico merito era saper fare le sgualdrine. E nonostante tutto era stato un ottimo padre, specialmente per baby Charles, e un buon marito sebbene negli ultimi anni lui e sua madre quasi non si parlassero, ma entrambi evitavano di far notare all’altro i suoi difetti.

A suo dire non era un problema, la piccolina avrebbe dovuto imparare a chiudere gli occhi, a guardare dall’altra parte, a sorridere sempre e occasionalmente impedire al favorito del momento di ottenere troppo potere.

Non le piaceva che Henriette l’avesse cresciuta papista ma la francese aveva la testa dura, sicuramente ereditata dalla sua infida madre italiana.

<< Novità mio caro lord William? >> domandò nel vedere Craven entrare, per fortuna la sua casa non era troppo numerosa, appena avrebbe avuto il permesso si sarebbe trasferita in una dimora degna di lei.

<< Il parlamento voterà a breve, la legge è in discussione e questo è un inizio vostra Maestà >> le rispose lord Craven facendola sussultare. Non aveva mai capito come funzionassero le cose in Inghilterra ma se il Parlamento poteva forzare la mano a Charles nell’assegnarle un appannaggio ne era fin troppo felice. Certo, quei signori dovevano badare a non diventare troppo superbi ma era comunque un inizio, chissà quanto le avrebbero assegnato e dove avrebbe potuto trasferirsi.

<< Me ne compiaccio lord William, e che sia a mio favore. Bisognerà scrivere alle Province Unite perché la mia servitù e i miei effetti vengano tosto trasferiti in Inghilterra. E le mie scimmie, non dimenticate le mie scimmie e i miei pappagalli >> dichiarò, non aveva mai capito perché tutti trovassero adorabili i bambini quando una scimmietta ammaestrata era cento volte più adorabile e portava meno disagi.

<< Come desiderate, sicura che i debiti siano tutti saldati? >> le domandò l’uomo, e ora come faceva lei a saperlo?

<< Credo di si, sapete bene che io di certe cose non capisco nulla ma se mi hanno lasciata partire vuol dire che sono una donna libera, come ogni regina dovrebbe essere >> ragionò lei.

<< Giustamente mia signora, parteciperete all’incoronazione? >> domandò lord William.

<< Non ho ricevuto alcun invito formale e non sarebbe dignitoso elemosinare un invito, nessuna donna dabbene dovrebbe mai elemosinare qualcosa, specialmente l’invito ad un’incoronazione se si tratta di una regina >> dichiarò lei orgogliosa.

<< Posso interessarmi se ne avete desiderio >> propose lord William.

<< Ve ne sono grata ma no, non sarà necessario per il momento >> rispose lei. Sapeva cosa avrebbero detto tutti se si fosse fatta vedere a Westminster, cosa già dicevano di lei a corte e non l’avrebbe tollerato, non ora che non era più una ragazzina. Avevano riso di loro per tutta Europa, preferendo saperli in fuga e senza la certezza di sapere dove andare invece di tendere loro la mano. Ricordava ancora i libelli, le lettere e le risate che aveva dovuto sopportare, nessuno di quei maledetti aveva mai capito quello che lei e Federico avevano fatto per loro, meglio trasformarli nello zimbello generale che non colpevolizzarsi per non aver fatto nulla. Solamente Maurizio e Federico avevano saputo aiutarli, solo loro avevano teso loro una mano e si erano comportati realmente da amici e da alleati, forse perché erano cugini di Federico.  Non avevano potuto fare molto ma almeno c’erano stati e lei era sempre stata immensamente riconoscente, e sapeva che anche Federico lo fosse stato.

Federico. Non aveva nemmeno una tomba su cui piangerlo, ignorava dove fosse e non aveva mai potuto indagare come avrebbe voluto, suo marito meritava una tomba da re, non di essere sepolto chissà dove in Germania[12].

<< Come desiderate, vostro figlio Rupert sarà fatto duca di Cumberland, ritenevo doveroso comunicarvelo >> le comunicò lord Craven prima di andarsene lasciandola sola.

In quanto cugino del re era giusto che Rupert avesse un titolo, un ducato reale per di più, ma questo significava che non sarebbe più tornato ad Heidelberg. Avrebbe dovuto attivarsi per trovarsi una moglie, almeno ora avrebbe smesso con le sue follie, quando Federico a suo tempo aveva deciso che quel bambino nato a Praga sarebbe stato destinato a grandi cose non avrebbe mai pensato che suo figlio si sarebbe distinto in quella maniera sul campo di battaglia. Temerario, avventuroso e folle, così avevano definito Rupert e non sapeva se esserne o meno orgogliosa, con i suoi figli non lo sapeva mai.
 
***
 
La notizia le arrivò assolutamente inaspettata.

Si era finalmente sistemata a Drury House, non quello che avrebbe voluto ma era comunque una sistemazione dignitosa, e aveva finalmente la sua rendita grazie al Parlamento, per quanto litigiosi quei signori almeno avevano avuto pietà di lei.

La regina madre era sbarcata a Dover per poi correre a Londra più velocemente assieme alla piccola Minette, preoccupata della situazione e intenzionata a disfare il matrimonio del duca di York. Era arrivata troppo tardi, Anne Hyde aveva già la pancia ed era stato organizzato un matrimonio segreto da una cerimonia pubblica per salvare le apparenze.

Il padre di Anne che da sempre era stato un loro partigiano si era sentito crollare il mondo addosso quando aveva scoperto cosa fosse successo, almeno qualcuno che conosceva le regole della decenza ancora esisteva. Era stato nominato duca di Clarendon in quanto suocero del duca di York ma per quanto la sua influenza politica fosse cresciuto era evidente che la situazione non gli piaceva, al punto che evitava di farsi vedere in giro.

Lo avevano accusato di aver complottato, di aver volutamente infilato la figlia nel letto del educa di York per poter influenzare poi il re ma erano solo pettegolezzi malevoli di cortigiani incattiviti. Aveva conosciuto Hyde e non le era parso quel tipo d’uomo, anzi era l’esatto opposto e se suo nipote Charles lo stimava e lo voleva al suo fianco come consigliere non era perché era il suocero di suo fratello ma perché aveva fiducia nelle sue capacità, lei lo sapeva bene. La ragazza si era comunque sposata con un bel pancione che gli abiti non riuscivano a nascondere e solamente pochi intimi avevano partecipato al matrimonio, che vergogna e che indecenza aveva pensato lei.

La regina madre si era dovuta rassegnare e lei era andata a farle visita come da protocollo. Henriette pur essendo di tredici anni più giovane di lei appariva ancor più invecchiata e quel naso… solo i cortigiani francesi potevano trovarlo bello. Le aveva detto qualche parola di conforto in quanto le loro situazioni erano simili. Certo, lei con Edward aveva sofferto molto di più ma era importante mostrarsi umili e comprensive, specialmente con una disgraziata come Henriette.

Aveva avuto occasione di poter vedere la piccola Henriette Anne, la futura duchessa d’Orleans era veramente carina, peccato per il naso borbonico e quella spalla più alta dell’altra ma tutto si poteva sistemare. La ragazzina era spiritosa, affamata di vivere e non dimenticava di essere stata povera, per questi era sempre pronta a ridere e a vestirsi come la sua ritrovata dignità esigeva.

Per fortuna c’era sempre il duca di Gloucester, lui avrebbe sicuramente sposato una donna degna del suo rango e tutto si sarebbe sistemato una volta che Charles avrebbe avuto dei figli, almeno due per essere sicuri che il trono d’Inghilterra non finisse sulla testa di uno dei bambini York.

Aveva saputo del progetto di sposare un’Infanta portoghese ma le sembrava una follia, l’Europa era piena di buone principesse appartenenti alla loro religione, perché andare a cercare tra i papisti? E soprattutto tra papisti così di poco conto? Come se non conoscesse le voci che volevano il re del Portogallo pazzo e cieco, quel sangue era malato e avrebbe portato solamente guai. C’era l’ultima figlia di Maurizio, le cognate di sua figlia Sofia o le ragazzine danesi, tutte ragazze che sarebbero state ottime regine d’Inghilterra molto meglio della piccola Infanta col sangue marcio.

Quando vide l’espressione terrea di lord Craven si spaventò, sebbene non vivesse più a casa sua l’uomo le era comunque amico e si recava spesso a visitarla ma avvisava sempre.

<< Cosa succede my lord? Avete un’espressione degna di una tragedia greca >> disse cercando di sdrammatizzare. Conosceva bene quell’espressione, era la stessa che Federico aveva avuto sul volto quella notte infernale in cui Henry era annegato e lui non era riuscito a salvarlo. Suo marito non era mai riuscito a perdonarsi quel gesto, lui riportato a bordo sano e salvo e suo figlio che a causa del buio che annegava nei canali olandesi, sento ancora le sue urla le aveva confidato poco dopo che lo avevano sepolto. Sento le sue urla, le sue implorazioni e non riesco a fare nulla perché non so dove cercarlo, è buio, io sono al sicuro ma mio figlio sta morendo, il mio erede sta annegando in un canale olandese e non posso nemmeno confortarlo le aveva rivelato.

<< Una disgrazia terribile mia signora, la nostra primavera è appena terminata e si preparano tempi duri >> le annunciò l’uomo lasciandola sorpresa.

<< Chi è morto? >> domandò, non era così stupida da ignorare cosa potesse essere accaduto. La principessa Mary? La piccola Henriette? Il re in persona? Rupert? Il suo Rupert? Chi era morto?

<< Il duca di Gloucester, era la speranza della Nazione, la speranza e il fiore di questo regno ma la malattia se lo è preso lo stesso >> le rivelò lord William.

Oh mio dio fu il suo primo pensiero.

Lo aveva conosciuto bambino, un bambino spaventato che aveva appena perso il padre e sepolto la sorella eppure ancora determinata. Aveva resistito ai tentativi della madre di convertirlo, aveva servito nell’esercito, spagnolo ma meglio di niente, e ora che era avviato sulla strada per essere uno dei migliori principi d’Europa… era morto.

Come il suo omonimo, il suo amato fratello che non avrebbe mai pianto abbastanza, lo stesso nome e lo stesso infausto destino, erano persino morti alla stessa età. Era il nome a portare sfortuna? Anche il figlio di re Enrico con lo stesso nome del padre era morto infante e ora questo? C’era per caso una maledizione sul nome Enrico per i principi reali?

Le sembrò di essere tornata fanciulla, pronta a sposarsi e in lutto per la morte del suo adorato fratello, la vita le aveva dato Federico per poi toglierle Henry come se non meritasse di essere troppo felice e ora questo, che immensa disgrazia. E non solo per loro ma per il paese tutto.

Il matrimonio di James era una mostruosità e tutti puntavano su Henry, quello era un disastro, chi altri restavano se non Rupert, inaffidabile sotto quel punto di vista, e il piccolo bastardo di suo nipote? E per quanto il piccolo Jemmie fosse adorabile non aveva alcun diritto al trono come tutti i bastardi.

<< Il duca di Gloucester? Morto? “il nostro dolce Gloucester” >> domandò, ancora non ci credeva, non voleva crederci, forse per questo aveva utilizzato le parole di Charles che adorava il fratellino e si rivolgeva a lui in quella maniera, poco da re e molto da fratello.

<< Il vaiolo mia signora, il vaiolo non risparmia nessuno, né i fratelli del re né i fratelli dei contadini, e si è portato via il duca di Gloucester >> le spiegò lord William. Vaiolo. Parola peggiore non poteva esistere pensò subito, che immensa disgrazia per tutti loro.

<< Vaiolo? C’è un’epidemia di vaiolo in corso? >> domandò terrorizzata.

<< Il re ha appena lasciato la capitale senza poter dire addio al fratello e così la regina madre e il duca di York, che disgrazia mia signora, che disgrazia >> le comunicò lord Craven.

<< Ed è prudente? Possiamo rimanere qui senza timore per la nostra persona? >> domandò terrorizzata. Henry era morto di febbre tifoide e ora il vaiolo, Londra non era mai stata una città sicura, ricordava bene come dopo appena un giorno dal loro arrivo fossero tutti fuggiti prima a Windsor e poi nella campagna, che disgrazia.

<< Il re sostiene di sé, ma meglio che vi chiudiate in casa e prestiate attenzione, l’incoronazione non è rinviata ma la Principessa Reale sostiene di voler ripartire il prima possibile in maniera tale da poter litigare con più agio con la suocera, probabilmente accompagnerà la sorella in Francia per poi passare nelle Province Unite >> le spiegò Craven, aveva senso si disse.

<< Molto bene, e speriamo per il meglio >> mormorò prima di congedarlo con un cenno della mano. Non aveva chiesto notizie di Rupert ma non era preoccupata, suo figlio era perfettamente in grado di cavarsela, lo conosceva bene lei. Rupert era sopravvissuto a una defenestrazione, alla prigionia, alla guerra e all’esilio, poteva sopravvivere anche ad un’epidemia.

Avrebbe comunque dovuto scrivergli, o fuggire anche lei in campagna, ricordava bene i danni causati dalle epidemie di vaiolo che periodicamente colpivano l’Inghilterra, quel paese all’apparenza così bello e così ricco su cui suo padre era stato chiamato a regnare.

<< Fate preparare i miei effetti, dobbiamo andarcene >> ordinò dopo aver convocato le cameriere.

<< E dove Vostra Maestà? >> domandò la più giovane.

<< Ovunque si trovi la corte, non permetterò che mio nipote mi lasci qui a marcire, non dopo la morte dell’altro mio nipote >> rispose lei cercando di controllarsi, perdere il controllo di fronte alla servitù era indegno di una regina come lei.

Le ragazze assentirono con il capo prima di cominciare ad impacchettare tutto, aveva persino la scusa perfetta per quando si sarebbe presentata a corte: porgere le condoglianze per la morte del duca di Gloucester al re. O forse era il titolo e non il nome? Anche il titolo non portava molta fortuna, prima del piccolo henry era appartenuto a ben due traditori, uno dei quei aveva fatto uccidere il legittimo re, esattamente come quel dramma del signor Shakespeare che da bambina l’aveva terrorizzata, quale uomo crudele e deforme era stato re Riccardo della dinastia York.

Doveva fare qualcosa, assolutamente, e per prima cosa doveva fuggire, poi avrebbe pensato al resto.



[1] il futuro Carlo I non andò in Inghilterra con i genitori. A causa della sua salute malferma fu infatti deciso che sarebbe rimasto in Scozia, raggiunse la famiglia solo l'anno successivo.
[2] Henry principe di Galles fu nominato cavaleire della Giarrettiera a Windsor Castle

[3] l'incoronazione in effetti ci fu, con la peste che imeprversava a Londra, finita la cerimonia il re e la corte scapparono il più velocemente che potevano in campagna
[4] Cristiano di Danimarca, poi re Cristiano IV, fu nominato cavaliere dell'ordine della Giarrettiera il 14 giugno 1603, assieme al nipote Henry 
[5] Henry Wriothesley è tuttora un mistero. Amico del defunto duca di Essex, cospiratore, probabile fair youth dei sonetti di Shakespeare secondo alcuni addirittura figlio segreto di Elisabetta I
[6] William herbert approfittò a piene mani del favore reale tramite il fratello, fu una fortuna epr la letteratura eprché era uno dei patroni di Shakespeare
[7] Norimberga godette dello status di città libera imperiale dal 1219 fino al 1806, di fatto non era soggetta all'autorità dell'Elettore di baviera ma solo a quella imperiale
[8] Erzabet Bathory, contessa Nadasdy, morta nel 1614 dopo essere stata murata viva nel suo castello a seguito dell'accusa di omicidio plurimo e maltrattamenti alla servitù e considerata all'epoca da una parte della nobiltà ungherese come una vittima delle macchinazioni imperiali
[9] Pal Nadasdy, unico figlio maschio della Bathory, bambino di 8 anni all'epoca della condanna della madre a 19 era uno dei magiari più ricchi d'Ungheria, fieramente anti imperiale fu tra i finanziatori di Gabor Bethlen nonché suo sodale in battaglia
[10] Elizabeth non riuscì mai a farsi piacere i bambini, specialmente i suoi stessi figli considerando il suo dovere di madre esaurito col parto, la figlia Sofia Elettrice di Hannover scrisse infatti nelel sue meorie che " la vista dei suoi cani e delle sue scimmie le era più gradita della nostra"
[11] nel 1657 Luise Hollandine del Palatinato scappò di casa per rifugiarsi in un convento dove si convertì al cattolicesimo, inizialmente si pensò che fosse incinta ma in realtà apparte una relazione platonica non ebbe mai rapporti
[12] a causa della guerra il corpo di federico del palatinato fu spostato più volte, col risultato che nel 1648 nessuno sapeva più dove fosse e tuttora è considerato disperso
   
 
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