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Autore: fri rapace    14/09/2009    5 recensioni
Remus, deciso a non compromettere con la sua presenza il futuro del figlio, decide di non tornare da Tonks. Neanche lo scontro con Harry a Grimmauld Place riesce a fargli cambiare idea. Il figlio di un lupo mannaro è destinato a una vita di emarginazione, una condanna che lui non intende infliggere a un bimbo la cui unica colpa è di ritrovarsi con un padre sbagliato, un padre che non ha potuto scegliersi.
Cosa sarebbe successo se Remus avesse deciso di abbandonare Tonks definitivamente? O, per lo meno, se questa fosse stata la sua intenzione… messa in pratica caparbiamente fino a che Teddy, una mattina, poco prima di compiere cinque anni, scopre che basta indirizzare una pergamena al suo papà e affidarla a un gufo, anche se il bimbo non sa dove vive il suo papà, il gufo lo troverà, e allora, forse…
Genere: Romantico, Commedia, Drammatico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Nimphadora Tonks, Remus Lupin, Teddy Lupin | Coppie: Remus/Ninfadora
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
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Tonks aveva preparato la cena: le padelle sporche, i resti di cibo e i cocci di oggetti infranti sparsi un po’ ovunque ne erano la prova. La strega decise coraggiosamente che era venuto il momento di assaggiare quello che aveva cucinato e, mentre sbirciava Bill Weasley e Remus accomodati nella sua piccola sala da pranzo, addentò con cautela una delle salsicce appena tolte dal fuoco, che fumava nuvolette dal colore inquietante.
“Fa schifo?” le chiese Teddy.
Era seduto sul finto marmo del pianale della cucina e stava facendo dondolare le gambe a ritmo frenetico, chiaro segno di quanto fosse nervoso.
“Un sacco…” sbuffò Tonks, aprendo mesta la finestra che dava sul giardinetto pieno di erbacce e gettando il frutto della sua fatica ai gatti del vicinato.
Accorsero in molti, ma il loro entusiasmo scemò velocemente dopo aver annusato il cibo: un gatto rosso dal pelo arruffato prese a calciare giù per il vialetto d’accesso una patata annerita, pressoché identica un pezzo di carbone.
“Mamma?”  Teddy stava torcendo la catenina d’argento che aveva al collo, mentre la fissava ansioso. Non l’aveva mollata un solo istante da che Bill e Remus aveva messo piede in casa. Aveva invitato anche Bill per avere qualcuno che potesse allontanare il bimbo da tavola finita la cena con la scusa di giocare con lui, mentre lei e Remus discutevano. 
Bill aveva dei problemi con Fleur e si erano avvicinati molto nell’ultimo anno. Teddy lo adorava. Teddy… che aveva tanto bisogno di un papà. 
“Mamma?” 
“Sì?” rispose un po’ troppo bruscamente, addolcendo subito la voce nel vedere l’espressione turbata del bambino. “Sì, piccolo lupacchiotto dal tondo pancino?” gli chiese con un sorriso.
“Mamma!” le urlò lui, indignandosi tanto da far assumere un intenso tono di rosso ai suoi capelli.
“Che c’è?”
“Giura che non mi chiami così davanti al signore!”
“Mmm…” mormorò lei, mentre compilava velocemente una pergamena e la legava alla zampa di Bottone, il suo gufo di scorta. Aveva già sfruttato innumerevoli volte il self-service che offriva, per le streghe al passo coi tempi come lei, pasti perfetti in dieci minuti, via camino.
Teddy si infuriò:
“No: Mmm… Mamma! Giura!”
“Va bene, giuro, e senza mugugnamenti.”
“Mamma?”
“Sì?”
“Quel signore è proprio il mio papà? Proprio di sicuro?”
Tonks lo osservò di sottecchi, preoccupata. Era stato un bello scossone emotivo per il suo bambino l’apparizione improvvisa del padre che non aveva mai conosciuto. Lo era stato anche per lei, a dir la verità.
Dopo aver scoperto per caso che Teddy comunicava regolarmente con Remus da almeno un anno (ecco perché Asola, la sua gufetta di punta, era sempre così sfinita!) aveva deciso di allegare una pergamena al ritaglio di giornale che il bambino voleva spedire al padre. Missiva in cui Tonks aveva riversato tutta la sua frustrazione, risentimento e rabbia. 
Aveva scritto a Remus, tra le lacrime, che lei aveva diritto a rifarsi una vita e Teddy ad avere un padre. Li aveva abbandonati, lei e il loro bambino, e non poteva obbligarli ad avere un legame con lui per il resto della loro vita.
Tutto quello che aveva ottenuto era stata una riposta telegrafica:
“Hai ragione, scusami. Dimmi quando possiamo vederci.”
E ora erano lì, per discutere di un divorzio che sapeva di non desiderare affatto, il suo rancore che aveva iniziato a vacillare nel momento stesso in cui l’aveva rivisto, stretto nei suoi soliti vestiti stracciati, l’aspetto disordinato che rendeva palese quanto poco tenesse a se stesso.
“Mamma? Stai bene?”
“Sì,” mormorò, asciugandosi di nascosto gli occhi bagnati. “Ora mangiamo.”
Ritirata discretamente la cena dal caminetto della sua camera, quasi senza intoppi – una sedia rovesciata era un dettaglio del tutto trascurabile per una come lei – si era data da fare per servirla spargendone sui suoi ospiti il meno possibile.
“Ottima cena!” si era complimentato Bill, dopo aver ingoiato due grossi bocconi. Il commento aveva scatenato l’ilarità di Teddy, che dopo aver sputacchiato sulla tovaglia davanti a sé buona parte di quello che stava masticando, si era allungato verso l’uomo, sussurrandogli qualcosa all’orecchio.
“Lo sospettavo…” aveva sentito mormorare Bill, scuotendo con una delusione del tutto fittizia la testa.
Tonks, mentre progettava la pena che avrebbe inflitto al piccolo traditore, si soffermò a osservare Remus. Stava guardando il figlio con gli occhi appannati, le sopracciglia appena aggrottate e la schiena curva sulla tavola. Sembrava affaticato, come se stesse sostenendo sulle spalle il peso di un mondo intero. 
Ma quando si accorse che lei gli aveva rivolto la sua attenzione si tirò su, sbattendo più volte le palpebre.
“Vorrei fare anche io i miei complimenti alla cuoca,” esordì serio, strizzando un occhio a Teddy. 
Il bimbo, subito attento, smise di ridere immediatamente.
Tonks, sospettosa, inclinò il capo su una spalla.
“Dici sul serio?”
“Certo. Se mi passi il tuo gufo, omaggerò subito Rosy con una lettera di ringraziamento, era come minimo una settimana che non mangiavo così bene.”
“Oh. Anche tu sfrutti il take away via camino per le streghe al passo con i tempi?” gli chiese Tonks perplessa.
Remus annuì compunto.
“Lo ammetto. Mi firmo Clara quando spedisco loro un ordine. Non sanno che in realtà non sono una strega al passo con i tempi, ma un mago e anche piuttosto antico. Confido che voi tre manteniate il mio segreto.”
Rivolse un sorriso stranamente timido a Teddy, che continuava a guardarlo in silenzio, la bocca dischiusa e l’aria sorpresa. Sembrava desiderasse ardentemente fare qualcosa, ma si fosse momentaneamente scordato come eseguirla.
“Però il dolce l’ho preparato io! Quello non l’ho gettato dalla… ehm…” Tonks si mise le mani sui fianchi in un tentativo di sembrare severa e arrabbiata per distogliere l'attenzione dalla sua ultima frase, ma senza riuscire a soffocare un sorriso divertito.
“Oh. I gatti se ne faranno una ragione. Niente tempi supplementari, stasera.”
La voce di Remus era dolce, con un’inflessione di triste nostalgia.
“E tu come sai dei gatti che calciano quello che getto dalla finestra?” chiese Tonks allibita, stringendo poi gli occhi e fissando furiosa Bill. “Glielo hai detto tu? Sono circondata da una manica di traditori!” Allungò una mano e afferrò l’orecchio di Bill più vicino a lei, strattonandoglielo fino a farlo diventare scarlatto. Lui piagnucolò, mentre Teddy, tornato in sé, si contorceva sulla sedia per il gran ridere.
“Scusami,” sentì mormorare Remus al di sopra del baccano che stavano facendo Bill e Teddy. Tonks mollò la presa, alzandosi involontariamente dalla sedia. 
Malgrado il tono avvilito della voce, lo sguardo di Remus, fisso su Bill, era feroce.
“Remus?” non lo capiva, perché si stava comportando in un modo così strano?
“Scusami”, ripeté lui, mordendosi il labbro e avvicinando i pugni serrati posati sulla tavola al petto, come a ritirare una minaccia inespressa.
“Remus… io… lo sai, no, che non mi offendo facilmente.”
“Hai frainteso. Non ti sto chiedendo scusa per aver fatto incautamente cenno allo sport a cui hai dato vita tra i gatti del quartiere… stanno organizzando anche un torneo, sai?” abbassò le spalle, chiudendosi su se stesso. “Scusami per… tutto. Tu e Teddy. Vi chiedo scusa.”
Tonks si accorse di essere ormai tanto vicina a lui da poterlo toccare. Fermò appena in tempo la mano, prima che si posasse sul suo capo chino. 
E con un’enorme sforzo gli voltò le spalle, borbottando che sarebbe andata a prendere il dolce in cucina. Remus non meritava le sue carezze, anche se il desiderio di poterselo tenere di nuovo vicino, di toccarlo, era ben più forte della rabbia che provava nei suoi confronti per averli abbandonati. Era una donna incapace di serbare rancore, ma Remus aveva bisogno di essere educato. Ora era una madre e sapeva bene che i facili perdoni portavano solo a far commettere gli stessi identici errori all’infinito. E Remus l’aveva già abbandonata due volte, non avrebbe retto un altro avvicinamento seguito da una sua fuga. Era forte, e paziente, ma anche lei dotata di limiti, e inoltre ora c’era Teddy. Non gli avrebbe permesso di fargli del male.
Tornò dalla cucina a grandi passi, distribuendo con insolita perizia la torta di mele.
Remus affondò svogliatamente la forchetta nel dolce, mentre lei indugiava con lo sguardo sul suo viso.
Remus assomigliava tanto a Teddy. Gli occhi, il sorriso… il papà del suo bimbo, il suo amante...
Presa dall’emozione si impappinò: la sua intenzione era di Appellare una delle cose che doveva restituirgli, e si ritrovò tra le mani un paio delle sue mutande. Non le guardò neppure e del tutto disinteressata gliele porse, ancora stordita dall’emozione.
Remus alzò le sopracciglia.
“Cosa dovrei farci con quelle?” le chiese. Sembrava decisamente più preoccupato per lei che imbarazzato.
“Sono tue, le hai dimenticate qui quando…” la voce le tremava, lei tremava, e percepì l’apprensione di Remus aumentare. 
“Va tutto bene, Dora”, le disse gentilmente.
“Non chiamarmi Dora! Hai perso il diritto di chiamarmi così!”
“Va bene”, mormorò lui, facendo per riappropriarsi dell’indumento, per deviare poi il suo gesto, accarezzandole il dorso della mano.
Tonks soffocò a fatica un singhiozzo.
“Mamma?”
La voce tesa di Teddy la riportò bruscamente alla realtà.
Bill si intromise, cercando di assumere un tono leggero. “Oh, quanto vorrei che mamma fosse qui, lei non sopporta neppure che ci portiamo il giornale, a tavola…”, scherzò, con il chiaro intento di spezzare la tensione.
Tonks lo ringraziò mentalmente.
“Scusate…” sospirò lei, mortificata. “Non era questo quello che volevo restituirti, Remus. Non fraintendermi, non è che volevo conservarle per ricordo… non intendevo restituirtele a tavola, ecco.”
“Ok.”
Remus le fece un sorriso di incoraggiamento, che ebbe il solo effetto di farle salire di nuovo le lacrime agli occhi. Le nascose abilmente, asciugandosele svelta con una manica, mentre Appellava un fazzoletto di un rosa brillante, facendo sparire le mutande nella tasca dell’ampia felpa che indossava.
“Era questo.”
Remus si ficcò in bocca un pezzo di dolce, usandolo per ricacciare giù qualcosa d’altro.
Lacrime? Anche lui? 
Masticò lentamente, come per prendere tempo, tutto il tempo che gli era necessario per rimettersi insieme.
“Non credo di averne bisogno. Il dolce non è così male da scoppiare a piangere, ma grazie comunque per il gesto.”
“Remus!” 
“No, sul serio. 
É buono. Brava.”
Tonks cercò di ficcargli nella mano il fazzoletto, sentendosi completamente scombussolata per il suo complimento. Era mai possibile che avesse ancora quell’effetto su di lei?
“È il tuo, ricordi? Quello magico, per i momenti tristi.”
Gettò un’eloquente occhiata alla luna, un graffio sottile nel buio incorniciato dalla finestra. 
Remus equivocò, secondo lei di proposito, fingendo di essere certo che stesse guardando l’orologio appeso alla parete.
“Hai ragione, è tardi”, borbottò, alzandosi da tavola di scatto, il fazzoletto stretto nella mano. 
“Ma… non abbiamo ancora parlato!” gli urlò, sgomenta all’idea che stesse per andarsene. Forse non l’avrebbe rivisto mai più.
Ma lui l’ignorò, defilandosi in tutta fretta, dopo aver rivolto un unico sguardo carico di vergogna a Teddy.




Ed ecco il primo capitolo. Lo so, Teddy è un po' in ombra e ancora poco caratterizzato, ma è un bimbo di neanche sei anni, e si comporta proprio come un bimbo (non sarà un piccolo adulto, come spesso viene dipinto Remus da ragazzino) alle prese con un uomo che gli si dice sia suo padre, ma che lui non ha mai visto prima...

Passo ai ringraziamenti, prima di tutto a chi mi ha lasciato una recensione:


Fennec e Nestoria
Grazie ^^ era proprio quello che volevo, che lo stato d'animo di Remus fosse percepito da chi legge la mia storia. E scrivere in questo modo mi da la sensazione che i "miei" (eh, almeno fossero miei... sono della Rowling...) personaggi siano vivi. Insomma, lo sono davvero, mentre scrivo di loro, spero prendano vita anche mentre voi leggete.
Per Fennec- grazie a te per le domande sugli "extra" delle mie fic, non hai idea di quanto mi facciano piacere ^^

Nin
Grazie! Devo dire che Remus, Tonks e Teddy ispirano proprio a scrivere cose dolci. Ed ecco il capitolo, spero ti piaccia.

Moony3
Intanto ti ringrazio, perchè è leggendo la tua fic che mi è venuta voglia di riprendere in mano questa, che se ne stava abbandonata tra i miei quaderni. Sono felice che i comportamenti di Remus, Tonks e Teddy siano credibili, ci tengo parecchio che lo siano.
Non ci saranno spie, no. Però qualche sorpresina, sì ;-)
grazie ancora per la recensione ^^


Ringrazio la mia Beta 
Ely79, che poveraccia si smazza in anteprima tutte le mie storie e mi dimentico sempre di citarla a fine capitolo (la prossima volta che venite qui, tu e il moroso, cena via camino!!!)

E ringrazio i lettori 
silenziosi (mai avuti così tanti per un primo capitolo di una long!) e chi ha aggiunto la mia fic ai preferiti/seguite.
Al prossimo capitolo, se vi va.
Ciao
Fri
   
 
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