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Autore: Desperatestudent99    28/06/2023    0 recensioni
[Imma Tataranni - Sostituto Procuratore]
[Imma Tataranni - Sostituto Procuratore][Imma Tataranni - Sostituto Procuratore]Ricomincio da dove ci siamo lasciati. Ho tenuto anche la seconda pt della seconda stagione come canon per semplicità eccetto il fatto che Calogiuri abbia scelto in autonomia di modificare il tragitto: in questa storia ciò non avviene, ma le macchine durante il trasferimento subiscono un agguato in cui il cecchino dapprima spara alle ruote, poi a loro.
Inizialmente i capitoli erano divisi diversamente, poi ho accorpato i capitoli "originari" 1&2 e 3&4 per motivi di lunghezza (la divisione andrebbe fatta alla fine in effetti.
Enjoy e recensite, ogni critica è benvenuta!
Genere: Drammatico, Hurt/Comfort, Introspettivo | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: Incompiuta
Capitoli:
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Ippazio lasciò il taccuino nero sul tavolino mobile, con la penna fra le pagine per tenere il segno. Chiuso in quella stanza tutto il giorno, non gli restava molto da fare quando rimaneva da solo. Almeno prima, in degenza ordinaria, poteva uscire in corridoio a fare due passi, accompagnato da un'infermiera, ma era sempre meglio che starsene in un letto tutto il giorno ad osservare la vita che scorreva oltre i vetri che lo separavano dal mondo. L'avevano messo in una bolla, costretto in un punto da cui poteva vedere tutto e nessuno poteva vedere lui. Scrivere se non altro lo aiutava a tenere la testa allenata, che nelle sue condizioni aveva il timore di perdere quel poco sale in zucca con cui era nato. 

Era comodo con la testa appoggiata sul cuscino, quando entrò un'infermiera. Era la giovane donna coi capelli scuri che qualche giorno giorno prima lo aveva controllato di notte, aveva senso che fosse lì di mattina. Ippazio, come stai messo se ti sei imparato a memoria la rotazione dei turni del personale! In assenza di alternative, per tenere in forma la memoria questo ed altro.

Gli si avvicinò trascinandosi dietro il carrello. Iniziò a disporre degli strumenti dandogli le spalle, poi si voltò. "Come andiamo oggi?"

Finse di pensarci. "Tutto considerato, bene. Valentina, vero?". Percepì come un sibilo provenire dalla cassa toracica e si trovò a tossire, con la sensazione di eliminare veleno dal corpo.

La giovane si avvicinò. "Ha un'ottima memoria! Ma si concentri sul respirare".

Riprese fiato per qualche istante. "Questa tosse non va bene, vero?" guardò con ironia l'infermiera in piedi di fianco a lui, impegnata a regolare la flebo. 

Ebbe l'impressione di vederla sorridere. "Ha difficoltà a respirare con l'ossigeno?"

"No"

 Tirò fuori da una tasca lo stetoscopio, e sentì il freddo del metallo quando iniziò ad auscultargli il torace. Dopo qualche secondo si sentì osservato come dalla maestra che becca l'allievo a dire una bugia sul perché non aveva fatto i compiti. "Nessuna difficoltà. Nemmeno un po'?"

Si morse l'interno della guancia e sospirò. "Forse un poco, ma è una fatica quasi impercettibile, lo giuro".

La donna scosse la testa e ridacchiò, guardò un secondo il monitor, poi tornò a concentrarsi su di lui. Con l'indice gli fece notare qualcosa sullo schermo. "Lo vedi quel numerino lì?" 

Calogiuri si voltò e guardò il numero in azzurro: novantadue. "è un po' più basso di stanotte. - il volto della ragazza era fin troppo serio - non va bene?"

Lei scosse la testa. "Il flusso di ossigeno è a cinque litri al minuto."

Sorrise e sentì il sangue andargli tutto in volto. "Scusatemi, con me dovete avere pazienza, su certe cose sono proprio ignorante, anzi... su molte. Che significa?"

Gli venne fissato meglio l'accesso venoso sulla mano con dello scotch medico. "Vuol dire che se l'ossigeno nel sangue scende ancora significa che la terapia non sta funzionando, e per darti più ossigeno dovremo passare ad una maschera, simile a quella dell'aerosol, solo con delle valvole. Con quella possiamo farti respirare molto meglio, e nel mentre continuiamo a controllare la polmonite".

Il maresciallo deglutì. Lui non si sentiva così male. "E- e poi starò bene, giusto?" 

Buttò via le garze usate. "è quello che speriamo. Sei in buone mani qui." 

Si era voltata e si aspettò che uscisse, ma il rumore delle rotelle di uno sgabello sul pavimento lo smentì: Valentina si era seduta di fianco a lui e lo scrutava come il gatto che si è mangiato il canarino. "La donna che era qui poco fa..."

"Mia madre?"

L'infermiera rise. "No! Quella che è venuta all'alba" 

Si sentì avvampare, senza un reale motivo: non c'era niente di male. Non sapendo dove volesse andare a parare, la lasciò continuare. Lei alzò gli occhi al cielo e ridacchiò di nuovo. "Alta, capelli rossi, begli occhi... credo faccia il magistrato".

Sorrise imbarazzato. "Sì, no, ho capito chi intendete. La dottoressa Tataranni volete dire".

Annuì. "Dev'essere una persona speciale se si è alzata a quell'ora per venire qui".

Per paradosso, il maresciallo ebbe più fatica a respirare quel momento che dopo i suoi attacchi di tosse che svegliavano il reparto. Probabilmente l’ha fatto solo perché diretta al lavoro, certo non era stato programmato. Non voleva sperarci, dopo le ultime settimane non ne aveva più la forza. 

Una nota triste gli colorò la voce. "Siamo solo colleghi... anzi, a dire il vero, lei è un mio superiore."

L'infermiera sollevò le sopracciglia. "Sarà" si alzò e si diresse verso la porta e si fermò in prossimità dell'uscita, poi si girò. "Volevo solo dire che, ipoteticamente parlando... il dottor Gaudiano non ha quella scintilla negli occhi quando guarda noi infermiere, e certo noi non abbiamo quello sguardo che hai tu quando la vedi quando lui compare in corridoio. Sicuro non si alzerebbe all'alba per venire a salutare uno di noi... beh, ripasso tra un'ora; se hai bisogno, campanello e arrivo".

Nel tempo del battito d'ali di una farfalla aveva gettato il seme del dubbio e se n'era andata. Calogiuri socchiuse gli occhi e si lasciò avvolgere dal buio. 

Il torpore si dissipò e Ippazio sentì le gocce di sudore che gli percorrevano i polpacci e il petto, quando una folata di aria fredda gli provocò una scarica di brividi in tutto il corpo. Si strinse nel lenzuolo in modo che aderisse il più possibile alla pelle, e provò un leggero sollievo. Le palpebre gli pesavano, e cercò di riaddormentarsi, ma cominciò a tossire: dapprima un paio di colpi di fila, poi sempre di più e non più di un quarto d'ora dopo sentì il petto trafitto da una lama rovente. Tentò di respirare dal naso, ma la fame d'aria lo costrinse a respirare dalla bocca, nonostante il bruciore che sentiva e il deserto in gola che peggioravano a ruota. Era completamente sveglio: la stanchezza se lo sarebbe volentieri portato nel mondo dei sogni, ma la paura di un colpo di tosse lo tenne vigile come un grillo: il timore delle fitte che ne sarebbero conseguite, sommate al dolore della ferita che aveva subito, non era d'aiuto. 

Attese in allerta, ma non tossì e, quando si stava finalmente rilassando, un familiare senso di calore al viso lo avvertì del conato che una frazione di secondo più tardi lo fece scattare seduto. Calogiuri tentò di scacciare la nausea con respiri profondi, pentendosene amaramente per la fitta che lo trafisse non appena gonfiata la cassa toracica. Restò seduto, aspettandosi altre sorprese dallo stomaco. Immobile, si limitò a fare piccoli respiri con la bocca, per non causare altro dolore. Il senso di voltastomaco scese pian piano a un livello sopportabile. Ancora col cuore che martellava nel petto per l'agitazione del momento, si ristese con cautela e la nausea si ripresentò prepotente. 

Trova qualcosa su cui concentrarti, una sensazione buona. 

Con buona parte del corpo dolente e il caldo estivo, era più un'impresa. Poi sentì un brivido nel braccio, una strana sensazione di brivido interno. SI guardò l'avambraccio e notò l'ago che in vena gli portava i farmaci nella flebo. Sollevò lo sguardo verso l'infusore della flebo. Una goccia cadde, non poté contare fino a uno che la piccola scossa fresca del liquido si fece sentire. Non ci aveva mai fatto caso fino a quel momento. Circa ogni secondo, quella sensazione si faceva sentire, facendo capolino nel minestrone di dolori e fitte che appesantivano il suo corpo. Forse questo funzionerà. Sollevò lo sguardo, osservò la piccola goccia incolore formarsi e attese impaziente che scendesse. Uno... due... così contando le gocce, invece che gli istanti, lasciò che gli occhi si chiudessero. 

Spalancò gli occhi quando un colpo di tosse lo svegliò. Ci mise qualche tempo in più a riprendere fiato rispetto a qualche ora prima. Udì la porta aprirsi e sollevò lo sguardo. Valentina affrettò il passo, ma non era sola. 

"Dottore". Sentì l'infermiera trafficare con qualcosa dietro di lui, e poco dopo si trovò con una maschera d'ossigeno premuta sul volto. Lanciò un'occhiata di gratitudine alla giovane donna, che lo aiutò ad appoggiarsi ai cuscini. 

L'uomo in piedi nella stanza si avvicinò al letto. "Maresciallo... le chiederei come si sente, ma a giudicare dalla sua espressione direi che non ho bisogno di domandarglielo".

Il dottore si avvicinò e armeggiò col fonendo. Ippazio fece per mettersi seduto, ma fu fermato da un gesto della mano di Gaudiano. "Stia maresciallo, non si preoccupi. Un bel respiro profondo per me".

Sentì il metallo freddo sul torace ed obbedì prontamente, come sul lavoro. 

L'infermiera e Gaudiano si scambiarono uno sguardo indecifrabile. "Riesce a girarsi sul fianco destro?"

Annuì. Fece leva sulle mani, e con l'aiuto della donna si sdraiò sul fianco. Capì cosa dovevano provare i sospettati di fronte alla scrivania della sua dottoressa, in attesa di una domanda, di una frase che avrebbe cambiato la loro vita. Osservò gli occhi grigi del medico in cerca di un indizio. Lo vide corrugare la fronte. 

Smise di esaminarlo, e Calogiuri si rimise in posizione supina. "Dottore?"

Il suo tono risoluto per qualche strano motivo lo rassicurò. "Vorrei ripetere gli esami per sicurezza, così avremo un quadro chiaro." si voltò verso l'infermiera. "Ripetiamo l'RX torace, se questa tosse peggiora allora TAC con e senza contrasto. Ripetiamo anche l'emocromo completo. Ha nuovi sintomi?"

Ippazio deglutì la pallina di tennis che gli si era creata in gola. "ho avuto un po' di nausea - vide i due colleghi scambiarsi un altro eloquente sguardo - ma è passata quasi subito".

Valentina sorrise. "Potrebbe essere l'antibiotico".

Gaudiano annuì. "Potrebbe. Dovesse ricapitare, anche se solo lievemente, e a maggior ragione se accompagnata da altre manifestazioni deve assolutamente chiamare qualcuno, intesi? Valentina, in quel caso aggiungiamo lattato, tempo di protrombina, creatinina, transaminasi..."

La dottoressa queste parole se le ricorderebbe anche tutte... magari saprebbe pure dirmi da che lingua derivano. "Scusatemi - entrambi si voltarono - a che servono questi test?"

La giovane esitò. "Solo a verificare a che punto è l'infezione. E comunque li faremo solo se dovesse tornare la nausea o se dovessi stare peggio, va bene?" 

Si limitò ad annuire. Valentina iniziò a prepararlo, mentre il dottore se ne andò senza proferir parola. Tempo dieci minuti e arrivò un altro infermiere. "Ti portiamo in radiologia".

Ippazio si risvegliò dal sonno ansimando.  Guardò l'ora: l'una e un quarto. Era sveglio da notte fonda, era come fosse già a fine giornata. Era certo di aver fatto un incubo, l'ennesimo dal ricovero, ma non lo rammentava. Cercò di fare abituare gli occhi alla luce intensa della stanza. Andare e tornare dalla sala col macchinario per le lastre lo aveva sfiancato. Neanche avessi dovuto camminare. Gli occhi si chiusero contro la sua intenzione. 

A pranzo non aveva toccato cibo. L'infermiera del turno pomeridiano, una signora di mezza età, aveva insistito per sottoporlo a tutta quella batteria di esami. Dei risultati ancora nessuno gli aveva detto nulla. Come si chiama? Ornella, mi pare... dai, concentrati!

Sistemò il camice sopra gli elettrodi che aveva attaccati al petto. Tastò la stoffa del bordo, delle maniche: era umida. Sollevò leggermente la schiena dai cuscini, e la sferzata di aria fredda sulla schiena fu la conferma. Era in un bagno di sudore, eppure una vampata di calore gli correva dal viso in giù, gambe incluse. Col braccio buono cercò di liberarsi dal lenzuolo, poi un paio di colpi di tosse lo lasciarono ad annaspare cercando di prendere ossigeno, ma era come cercare di acchiappare il fumo con le mani. 

 Ornella entrò con il suo consueto sorriso e tenendo in mano un termometro. Senza parlare gli si avvicinò e appoggiò la punta nel suo orecchio. Qualche secondo dopo un lieve segnale acustico risuonò. 

Riuscì emettere solo un sibilo. "Quanto?"

"38.6 - gli mise una mano sulla spalla - torno subito".

Non va bene. Non va bene per niente.

Ornella rientrò accompagnata da Gaudiano. "Maresciallo - alzò lo sguardo da alcuni fogli che aveva in mano - come si sente? Sul serio".

Ippazio non seppe cosa dire. "Mi... mi manca l'aria".

Il dottore annuì. "Lei ha la febbre alta, nonostante gli antibiotici. Le lastre che abbiamo fatto mostrano una zona anomala nel polmone destro. La sua polmonite peggiora, come può sentire lei stesso. Questi nuovi sintomi, la nausea, la febbre che si alza, ci dicono che il suo corpo combatte l'infezione con grande fatica."

Calogiuri aggrottò le sopracciglia. "Co-cosa si fa?"

Gaudiano si sedette sullo sgabello al suo fianco. "Bisogna aiutare il suo corpo a non stancarsi, facendogli spendere meno energie, questo avviene per esempio quando dormiamo. E... il coma farmacologico può aiutarla in questo senso."

Fu come un'onda anomala di acqua marina che gli lavò il viso. "Coma?"

"è la sua migliore possibilità."

La vampata di calore peggiorò, e il cuore gli esplodeva in corpo. "Va bene". Le parole gli uscirono dalla bocca senza il consenso del suo cervello.

Restò a fissare il soffitto per qualche secondo.

"Vado ad avvisare i colleghi, le spiegheranno meglio di me".

Si ritrovò ancora una volta solo in quella stanza. 

Non voleva dormire. Potrei non risvegliarmi? Potrei non rivedere Imma mai più. 

Lo poteva vedere: se avesse allungato un braccio, con le punta delle dita avrebbe toccato la morte. Cominciò a masticarla quest’idea. Ci sarebbe rimasto in quel letto. Prese il taccuino, e con la penna che scivolava per il sudore nella mano cominciò a scrivere nella sua peggiore calligrafia. 

   
 
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