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Autore: Keeper of Memories    30/06/2023    0 recensioni
Raccolta di oneshot per la challenge "Love and do what you want" del gruppo facebook "Non solo Sherlock - gruppo eventi multifandom".
Il rating potrebbe variare.
Genere: Fluff, Romantico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Shonen-ai, Yaoi
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
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Prompt: Lutto
Personaggi: Austria/Roderich Edelstein, Ungheria/Elizabeta Héderváry
Genere: romantico, sentimentale
Avvertimenti: nessuno

 
Trieste, 10 novembre 1918


 
Nonostante le nuvole grigie e le folate di vento gelido che provenivano dal mare, il parco del castello di Miramare non aveva affatto perduto il suo fascino.
Roderich non era minimamente turbato dal clima, anzi, i suoi pensieri cupi quanto il cielo novembrino gli fornivano una distrazione sufficiente, assieme al sempre pittoresco panorama, dalla temperatura inclemente. Furono i leggeri passi familiari di una sua certa conoscenza a riportarlo alla realtà.
«Frau Héderváry» disse, piegando leggermente il capo.
«Non serve essere così formali, Roderich. Siamo soli.»
Roderich annuì e le porse il braccio, a cui Eliza si appoggiò con delicatezza; un gesto usuale, familiare quasi, per loro che ormai si conoscevano da secoli. Passeggiarono a lungo, senza dire una parola, trovandosi entrambi perfettamente a proprio agio nel loro reciproco silenzio. Non avevano bisogno di lunghi discorsi, la compagnia dell’altro era sempre stata sufficiente a confortare entrambi. Quel giorno però non era esattamente così.
«Cosa ti turba, mio caro?» gli chiese infine Eliza, con il più dolce dei sorrisi. Nessuno meglio di lei sapeva leggere l’austriaco, nessuno sapeva vedere aldilà della sua facciata austera e composta.
«Non saprei da dove cominciare.»
Roderich si abbandonò a un lungo sospiro, permettendo ad Elizaveta di guidarlo lungo il sentiero che dalle serre lentamente scendeva fino all’ingresso del castello, attraverso la curata parterre ingrigita dall’inverno.
«Dalla Guerra, forse? Da quando è incominciata ho avuto pochissime tue notizie.»
«La Guerra… Abbiamo perso, eppure non riesco a non essere sollevato. È stata brutale, Eliza, davvero brutale.»
Roderich scosse la testa, come per scacciare un brutto ricordo. Non voleva ricordare cosa avesse visto al fronte, nella sua lunga vita di Nazione nulla era paragonabile a quel massacro. Si era sentito impotente e inutile, come ormai non gli accadeva da tempo; una sensazione tremenda che sperava di non dover mai più provare.
«Eppure», aggiunse, sollevando lo sguardo sul volto luminoso e rassicurante di sua moglie «quello che più mi turba è la nostra imminente separazione, mia cara.»
Il sorriso di Eliza svanì lentamente, quasi impercettibilmente.
«Sentivo che sarebbe successo…»
«Davvero?»
Ormai giunti all’ingresso del castello, Roderich si fermò, costringendo Elizaveta a fare lo stesso.
«Sono una Nazione anch’io… percepisco questi cambiamenti» rispose quest’ultima, quindi fece un passo indietro, abbandonando la presa sul braccio.
«Anche se non saremo più sposati, questo non significa che il tempo che abbiamo passato insieme sarà perso, né che mi dimenticherò di te… di noi.» aggiunse, rivolgendogli un sorriso malinconico.
Il cuore di Roderich mancò di un battito. Con delicatezza prese la mano di Eliza tra le sue, accarezzando il dorso con le dita sottili.
«Posso dunque chiederti di restare con me un’ultima sera? La nostra ultima sera come marito e moglie?» sussurrò. Le dita di Elizaveta scivolarono lungo il suo palmo, intrecciandosi alle sue.
«Ne sarei onorata, mio caro.»
 
 
Il castello era ormai pressocché vuoto, solo una manciata di servi erano rimasti a prendersi cura del mobilio e del giardino. Quel luogo sarebbe presto diventato parte dell’Italia, dopotutto.
 Roderich diede immediatamente disposizioni affinché venisse preparata un’ottima cena per entrambi e mandò una servitrice in città. Aveva in mente qualcosa per rendere quella serata speciale, aveva solo bisogno della collaborazione del suo sarto di fiducia.
 
La sala del trono era l’unica stanza sufficientemente grande per quello che aveva in mente. Guardò il suo riflesso nel vetro della finestra; l’elegante completo scuro che si era procurato non era certamente uno dei migliori del suo guardaroba, ma in generale si sentiva abbastanza soddisfatto della sua immagine.
«Beh, come sto?» chiese una familiare voce femminile.
Non appena Roderich si voltò, Eliza fece una piroetta, mettendo in mostra lo splendido abito di raso verde chiaro che metteva magnificamente in risalto la sua figura sottile. Morbide ciocche arricciate sfuggivano dalla capigliatura raccolta, incorniciandole graziosamente il viso. Era bellissima, davvero bellissima.
«Sei stupenda, mia cara.»
L’austriaco fece un cenno a un servitore, che sistemò la puntina di un vecchio grammofono. In altre circostanze, avrebbe fatto arrivare un’orchestra o una banda che suonasse dal vivo. Sfortunatamente, la situazione precaria e le tempistiche ristrette non gliel’avevano permesso.
Quando le note solenni di Strauss riempirono la stanza, Roderich fece un inchino.
«Vuoi concedermi l’onore di questo ballo?»
 
 
Danzarono a lungo, tanto da perdere perfino il conto dei balli che rapidi si susseguivano grazie alla prontezza della servitù. Sembrava quasi che il tempo si fosse fermato in un’istante di pura gioia, in cui sarebbero per sempre stati felici.
Elizaveta fu la prima a fermarsi, con un sorriso sulle labbra e la fronte imperlata di sudore. Si sedette su una delle eleganti sedie imbottite ai lati della sala e Roderich la seguì.
«Ti ricordi la prima volta che abbiamo ballato un valzer?»
«Ricordo molto ben tutte le volte in cui mi hai pestato i piedi, mia cara» rispose, abbozzando un leggero sorriso. Quindi, prese delicatamente la mano di Eliza e la portò alle labbra, lasciando un leggero bacio sul dorso.
«Sei diventata un’ottima compagna di ballo» aggiunse, reprimendo a fatica una fitta di nostalgia che minacciava di rovinargli l’umore. Sfortunatamente, nulla sfuggiva allo sguardo attento di Elizaveta.
«Roderich… è tutto il giorno che sembri essere in lutto.»
La mano che l’austriaco si era portato alle labbra scivolò sulla sua guancia, in una morbida carezza.
«I matrimoni tra noi Nazioni sono questioni prettamente politiche, lo so, ma… sono felice di essere stata tua moglie, di essere stata al tuo fianco per tutto questo tempo. Anche se d’ora in poi non sarà più così, il mio cuore è e sempre sarà tuo.»
Come per sugellare una promessa, Elizaveta avvicinò il volto a quello di Roderich e gli sfiorò le labbra con un leggero bacio.
«E il mio è tuo» sussurrò l’austriaco, stringendo la moglie a sé prima di baciarla nuova mente. Questa volta, fu un bacio lungo, che sapeva di dolcezza e nostalgia, di amore e devozione.
Quando i loro volti si allontanarono, l’austriaco scattò in piedi, in un goffo tentativo di recuperare il suo aplomb. Le familiari note de “Il bel Danubio blu”, il componimento che per primo li aveva visti ballare insieme, si diffusero in tutto il salone.
«Mi rendo conto che è tardi e sarai molto stanca, però» disse Roderich, prima di voltarsi e fare un profondo inchino «vuoi concedermi un ultimo ballo, mia amata?»
Elizaveta si alzò e strinse saldamente la mano che l’austriaco le offriva.
«Ancora un ultimo ballo, mio amato.»
   
 
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