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Autore: FragileGuerriera    03/07/2023    3 recensioni
Missing moments ispirato all'episodio 106, "Le due guerriere".
Michiru incontra Haruka e cerca di convincerla ad accettare il suo destino di guerriera Sailor, ma tra le due nasceranno numerosi scontri: Haruka è decisa a non voler sacrificare i suoi sogni per un disegno crudele di cui non comprende il significato. Al tempo stesso Michiru intraprenderà una battaglia personale per negare i sentimenti che inizia a provare per Haruka.
ATTENZIONE: all'interno della fanfiction saranno presenti scene forti (ma non violentissime) legate al sogno apocalittico di Haruka.
Genere: Drammatico, Introspettivo, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Shoujo-ai | Personaggi: Haruka/Heles, Michiru/Milena | Coppie: Haruka/Michiru
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Terza serie
Capitoli:
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Buonasera, poichè per due/tre settimane non sarò a casa e quindi il prossimo aggiornamento slitterà di qualche giorno, ho deciso di pubblicare in anticipo di un giorno il nuovo capitolo.

AVVERTIMENTO numero 1: questo capitolo inizia subito con un altro incubo di Haruka, per cui le scene qui descritte non pssono che narrare eventi catastrofici che coinvolgono cose e persone (da questi capitoli, vi ricordo, il rating della fanfiction).

Avvertimento numero 2: qui, come l'altra volta, vi sono alcuni riferimenti al nemico che ha distrutto il Regno Argentato e alla nuova squadra di malvagi (l'Esercito del Silenzio) che sta progettando di distruggere il pianeta. C'è qualcosa che però non vi sarà sicuramente chiaro in quanto frutto della mia immaginazione, ma non temete: in uno dei prossimi capitoli, non so ancora quale, vi verrà spiegato il suo significato. ;-)

Avvertimento numero 3: il capitolo si ricollegherà direttamente all'episodio 106 "Le due guerriere", quasi tutti i dialoghi sono stati ripresi dal doppiaggio italiano, ma qualcosa che in Italia è stato modificato o velatamente censurato, l'ho ripreso dalla doppiaggio originale.

Finiti gli avvertimenti non mi resta che augurarvi buona lettura!! =D

Ringrazio coloro che stanno leggendo la storia, che l'hanno inserita tra le seguite, tra le preferite e/o che recensiscono i vari capitoli.

10.


Il castello sta crollando sotto i colpi del vento che non fa altro che far divampare l'incendio che sta uccidendo tutti i suoi abitanti. Haruka cerca una via di fuga. Quel castello, punta di diamante del virtuosismo dell'architettura, sta crollando impietoso uccidendo tutti coloro che fino a poco tempo fa aveva protetto come una madre amorevole. Le punte decorative delle sue mura si staccano e come enormi schegge colpiscono tutta la gente che tenta di scappare, ma con scarsi risultati: il vento è così forte che le persone devono utilizzare tutte le proprie forze per poter avanzare controvento, ma inesorabilmente vengono spinte sempre più vicine al castello. I più deboli tentano di aggrapparsi a qualsiasi cosa pur di non essere spazzati via, ma molti non riescono a mantenere la presa salda e vengono sollevati dal vento. La scena è raccapricciante: la gente viene schiacciata dai blocchi di cemento che cadono crudelmente su di essa; altre persone vengono sbattute violentemente contro le mura del castello; anche i bambini finiscono vittime di quelle punte che li trapassano da parte a parte o scaraventati con forza inaudita contro le mura della fortezza. Haruka resta come paralizzata davanti a una scena così apocalittica. Ad un certo punto sente la terra tremare sotto i propri piedi, tutti, uomini, donne e bambini, urlano in preda allo spavento per quanto sta avvenendo. Un rumore sordo accompagna le scosse della terra e finalmente Haruka si riprende dallo shock iniziale e decide di scappare. Una donna con un orecchio sanguinante viene spinta dal vento che ora soffia dalla parte opposta e Haruka mentre la vede scivolare contro la propria volontà verso un fiume impetuoso vede da lontano un bambino piangere sul corpo della madre colpita a morte da uno stendardo del palazzo sollevato e scagliato addosso alla sventurata. Non può lasciarlo solo perciò si avvicina, gli mette una mano sulla spalla chiamandolo: “Ehi, piccolo, vieni con me” quello si volta e il suo volto è sfigurato a causa del fuoco. Haruka ha un sussulto e in quello stesso momento un forte rumore sordo attira la sua attenzione nuovamente sul castello. Sotto le scosse del terremoto le torri cedono e crollano su se' stesse mietendo un sacco di vittime. Le urla degli abitanti si fanno ancora più forti e angoscianti e mentre alcuni schiacciati solo in parte dalle macerie chiedono aiuto ai passanti che non li degnano di uno sguardo, intento ognuno a mettere in salvo se' stesso, il vento ora inizia a sollevare la terra spaccandola e formando numerose crepe che si allargano, trasformandosi in buie voragini che risucchiano persone e cose. L'orrido era lì, nella profondità della terra. Haruka, che si sente salva per miracolo, monta in sella alla sua moto e scappa veloce verso le colline di quel posto. Come ci sia arrivata non lo sa: fino ad un attimo prima stava correndo sulla pista con la sua monoposto, il tempo di un cambio gomme ed era a cavallo della sua moto davanti a quel castello che improvvisamente aveva iniziato ad essere preda di fiamme già altissime. Era stato angosciante vedere come il terrore aveva preso possesso di un luogo sereno e pacifico come quello. E' tutt'ora angosciante vedere quell'impietoso spettacolo di un'esistenza millenaria che viene spazzata via dalla furia omicida della natura che si sta abbattendo su tutto ciò che fino a poco prima era appartenuto a quel regno. Una figura bionda con i capelli lunghi, biondi e sottili scende dal cielo. “Mamma!” esclama Haruka nel riconoscere la madre.

Haruka, cosa sta succedendo al mio castello?”

Non lo so, mammina. Un attimo prima era in piedi e adesso sta crollando tutto.”

Haruka...” sua madre è così triste.

Mamma, non volevo che ciò accadesse. Avrei difeso il castello come se fossi stata tu e invece non ho potuto salvare te e non ho neanche potuto salvare il castello che ti avevo dedicato.” Haruka si porta una mano agli occhi per asciugarsi le lacrime e quando le allontana nota che i suoi guanti da moto si sono trasformati in guanti bianchi... sporchi di sangue. “Di chi è questo sangue??” esclama spaventata.

Sono le macchie di sangue delle persone che tu hai ucciso, Uranus!” così esclamando sua mamma perdendo consistenza si trasforma in una figura con vaghe sembianze umane, ma senza forma. Gli occhi luccicanti emanano la stessa malvagità ridente della bocca. In mezzo a quella che sembrerebbe essere la fronte di quell'ombra inquietante si forma una sorta di stella a quattro punte. Dalla bocca non esce più il dolce suono della voce di sua mamma, ma una voce malvagia: “Tutte le persone che sono morte a causa tua. Le vite che hai sacrificato per non rinunciare ai tuoi sogni di piccolo meccanico!”

Come osa quell'essere mostruoso e ignorante a definire il suo talento per le macchine e le moto un sogno da piccolo meccanico??“Sta zitto, mostro!” le urla lei. Improvvisamente la terra trema, ma non è un terremoto, guarda verso il castello e dal mare un'onda di una portata mai vista prima si sta elevando al cielo. Haruka accende il motore e scappa con la sua moto per la salita che porta in montagna. Per quanto sfrutti al massimo la potenza del motore, quell'onda gigantesca è troppo grande e potente e la raggiunge in fretta. Haruka si volta e vedendola si prepara al peggio quando una ragazza avvolta in una fascio di luce verde ferma le acque e mette a tacere la potente risata diabolica di un uomo che aveva iniziato a ridere alle parole di quella macchia scura amorfa.

Ciao, Sailor Uranus” ancora quel nome! Perchè tutti in quel dannato posto la chiamavano con un nome latino che ricordava quello del pianeta Urano?

Chi sei tu?” chiede ad alta voce Haruka spaventata da tutti gli avvenimenti appena vissuti e da quello tsunami altissimo che però resta alle spalle della ragazza che a mezz'aria si è posta tra l'onda e lei.


Haruka si svegliò di soprassalto. Il suo incubo non l'aveva risparmiata nemmeno quella notte. Eppure c'era qualcosa di diverso. C'era qualcosa legato alla realtà, come se fantasia e ricordi si fossero uniti. Ancora una volta però non erano suoi ricordi. Lei in vita sua non aveva mai visto quel castello e non aveva mai indossato eleganti guanti bianchi come quelli! Si alzò dal letto e si affacciò alla finestra. La luna calante era di tre quarti e poteva ancora illuminare la sala con la sua luce debole. Michiru era sempre presente. Era una delle poche costanti oltre al castello, all'incendio e allo tsunami. Costante era anche il messaggio che le portava. Come faceva ad intervenire nei suoi sogni era un mistero per lei. Era davvero chi diceva di essere e fra i suoi super poteri c'era anche la possibilità di interagire con le persone nel loro sonno? Come diceva di chiamarsi? Sailor Tritone? Haruka sorrise debolmente a quella battuta mentale. Avrebbe continuato a fare quei sogni terribili per tutta la vita? Erano ormai più di sei mesi che andava avanti con quella storia, svegliandosi sempre nel cuore della notte.

Svegliandosi sempre con l'angoscia.

Con le immagini, i rumori e le grida terrificanti ancora così vividi, pur nella veglia.

Cercò di pensare ad altro spostando i suoi pensieri su Michiru... Erano passati solo tre giorni, non l'aveva ancora sentita e avrebbe tanto voluto chiamarla lei, ma aveva una tattica ben precisa in mente ed era più che ferma nel suo proposito nel non farsi sentire. Anche se era ancora dell'idea di volere Michiru, avrebbe aspettato pazientemente che fosse l'altra a farsi sentire. Aveva capito che quella era l'unica tattica che forse sarebbe servita per far cedere la violinista: nascondersi e farsi desiderare. Un pochino le faceva strano, in genere lei adocchiava la "preda" e non si ritirava mai indietro nonostante gli sfortunati risultati, ma Michiru non era come le altre ragazze che se paragonate a lei diventavano tutte ragazzine. Era così facile ottenere un sorriso da loro: due moine e due complimenti e cadevano all'istante. Non che poi le sue “conquiste” si potessero definire un particolare successo dal momento che a parte qualche bacetto innocente a qualche ragazza non era ancora riuscita a far decollare alcuna relazione. Come tornavano a casa infatti le ragazzine dicevano tutto ai genitori i quali le mettevano subito in guardia. I più pacati dicevano loro che non dovevano dar peso alla cosa: era una fase che poteva capitare quella di scambiare una grande amicizia o stima per un piccolo amore; quelli più guardinghi le allontanavano subito additando Haruka come una traviata. Come se le avesse obbligate quando in realtà le erano bastati la sua bellezza, qualche complimento superficiale e qualche contatto fisico che alla fine si concludeva con baci stampi più che ben accetti da parte delle loro pargole, molte delle quali, ne era abbastanza certa, avrebbero gradito non passare nemmeno per quel gradino e passare direttamente ai baci più seri. Era lei che non voleva: se per tanti versi infatti era maschile, per altri restava pur sempre una ragazza. Non era mai stata una di quelle che fin da bambine si divertivano a giocare a fare le mamme o le mogliettine, una di quelle bambine e ragazzine che sognavano il giorno del loro matrimonio pregustando già quello che doveva essere il giorno più bello della loro vita. Non era mai stata una principessa nel castello. Anzi, trovava estremamente noiosi i film romantici: le sembravano tutti uguali, tutti patetici allo stesso modo, prevedibili dall'inizio alla fine. Era certamente preferibile un bel film drammatico o di guerra: lì sì che potevano nascondersi diversi colpi di scena. Eppure in quel cuore rude che si ritrovava c'era del sentimentalismo: le piacevano le storie di amori tormentati o anche quelle di guerra o avventura con il tema del romanticismo solo a fare da sfondo. Chissà se le piacevano perchè li sentiva più vicini a se' stessa? D'altronde non aveva mai avuto fretta di innamorarsi (al contrario di tante amiche che avevano iniziato a dichiararsi innamorate perse già a tredici anni), preferiva dedicarsi ai suoi hobby, le moto e le macchine in particolar modo. Tanto anche quando ci provava con le ragazze i suoi erano tutti successi a metà, conquiste che finivano sempre male. Forse era anche per quello che dava un valore particolare al primo vero bacio. Non l'avrebbe dato a una cottarella passeggera, ma solo alla persona della quale si sarebbe innamorata. Fino ad allora non sapeva cosa fosse l'amore e neanche sapeva a che età si sarebbe innamorata per davvero. Le sue amiche non erano un buon paragone: in America tutti i ragazzi tendevano a voler avere quante più esperienze possibili; in Giappone invece erano tutti estremamente contenuti, raramente si vedevano le coppie baciarsi in pubblico. A quindici anni certo che anche lei avrebbe voluto sperimentare, ma non a caso come facevano le sue compagne in America: dava troppo valore a quel bacio che non avrebbe sprecato con una ragazzina che non riteneva alla sua altezza. Prima di trasferirsi in Giappone non sapeva ancora bene chi avrebbe voluto al suo fianco: sicuramente non una ragazzina ancora immatura e senza carattere. Avrebbe saputo aspettare pazientemente, trovando altri interessi nel frattempo.

Finchè non la vide al termine di quella gara atletica che non avrebbe scordato facilmente, il primo giorno in cui sentì per la prima volta quel nome a cui continuavano a ricorrere i suoi pensieri: Michiru Kaioh. Bella, elegante e composta fin nel ridere; troppo intelligente e introversa per cedere ad alcuni complimenti superficiali. Non era una meta facilmente raggiungibile. D'altra parte anche lei aveva perso tempo cercando di sfuggirle, senza capire che da come si conobbero la ragazza era riuscita a introfularsi nella sua mente anche da sveglia, oltre che nel sonno. Non era stato difficile tutto sommato capire che si era innamorata, per quanto all'inizio le sembrasse quasi impossibile conoscendola così da poco tempo. Eppure più si conoscevano più le sembrava che la loro conoscenza affondasse radici in tempi più remoti a quelli reali. Forse era anche per quello che nonostante le prime razionali opposizioni presto capì che era inutile ostinarsi nel voler scappare o nel non accettare i suoi sentimenti. Il più era riuscire a capire come far cedere Michiru e adesso non le restava che aspettare che la ragazza si piegasse alla lontananza forzata e si rendesse conto di cosa voleva veramente.

Restò accanto alla finestra ancora per molto prima di tornare a letto, ma senza riuscire a riaddormentarsi.



Haruka e Michiru dopo l'ultima uscita a cena si sentirono al telefono solo una volta. Fu Michiru a chiamare Haruka, ma la ragazza non sembrava particolarmente propensa a chiacchierare.

Messi da parte gli studi, per l'inizio delle vacanze estive Haruka aveva iniziato a dedicarsi totalmente alle gare, mettendo volontariamente da parte Michiru. Negarsi era l'unico modo per far capire a Michiru se lei le mancava oppure no e nel caso in cui Michiru si fosse trovata nella situazione di trovarsi bene senza le sue “strane” inclinazioni se ne sarebbe fatta una ragione.



Michiru iniziò a ragionare sui propri sentimenti. Chiusa in quella scuola senza poter contare più su nessuno ne' all'interno ne' all'esterno di essa, aveva iniziato a sentirsi ancora più sola. La solitudine, fidata compagna, stranamente le stava però facendo strani giochi portandola a ripensare di continuo al saluto di Haruka dell'ultima volta. Ogni volta che si ritrovava da sola i suoi pensieri la riportavano sempre ad Haruka. Sembrava che anche il tempo, suo fidato alleato di sempre, le stesse girando le spalle: presentandole il conto del suo continuo temporeggiare.

-A quante persone hai spezzato il cuore, Michiru-San? … Elza, Takahishi-Kun, me.- Continuava a ripensare a quella domanda di Haruka che non era a conoscenza del quarto nome: Hiroshi-Kun. Tutti in cerca di entrare nelle sue grazie, come se si trattasse di una principessa capricciosa e lei che non sapeva chi scegliere. Il volere dei suoi genitori o il suo cuore? E il suo cuore per chi propendeva? Possibile che si fosse innamorata di Haruka? Ma se fino a due settimane prima era in camera in conflitto tra l'accettare il bacio di Elza e respingerla... Bacio che infine rifiutò nel momento in cui le apparve per la prima volta il flashback della sua vita sentimentale precedente e che l'aveva riportata per un breve attimo su Nettuno, ai tempi del Regno Argentato, in compagnia della Principessa di Urano che le dichiarava che sarebbero rimaste insieme per sempre. Michiru arrossì lievemente. Che la Principessa avesse avuto il potere di prevedere il futuro e sapesse già che nonostante la morte o per quante volte si sarebbero reincarnate si sarebbero sempre ritrovate? Possibile che tutti gli sforzi di quell'ultimo anno servirono solo per farle aspettare il vero amore? Ma davvero poteva credere che a quindici anni avesse trovato il vero amore in una ragazza che conosceva da due mesi appena? La stessa che millenni prima le aveva detto che avrebbero infranto tutte le regole e si sarebbero riviste ancora per poter vivere l'amore che, anche all'epoca, era nato contro ogni aspettativa. Tra tutti gli abitanti di Urano e Nettuno di chi si erano innamorate le due principesse obbligate a restare nei propri rispettivi pianeti? L'una dell'altra, forse provando fin da subito una simpatia o una forte emozione, nelle rare occasioni in cui erano state convocate insieme presso il palazzo della Regina. Come l'emozione che era scaturita solo guardandosi negli occhi la prima volta che si videro fuori pista.

Ogni domanda trovava ora una risposta lampante.

Tutto iniziava ad assumere senso: il primo forte battito del cuore vedendo Haruka sulla pista e riconoscendone la guerriera dei venti; l'emozione fuori controllo nel vederla da vicino e il conseguente rifiuto di rivedersi per posare per lei che le scatenò quel pianto improvviso, in apparenza privo di senso; l'invito, quasi pregandola, di restare a casa sua; la voglia di vederla e la felicità provata ogni volta che si dovevano vedere... Ma non poteva essere... Si conoscevano da così poco tempo! Due mesi costituiti anche di diversi mordi e fuggi. Com'era possibile? Che potesse essere successo con Elza ci poteva anche stare condividendo il collegio, gli stessi spazi comuni, ore intere ogni giorno: Elza era l'unica che la conosceva per come era davvero ed era l'unica che l'apprezzava lì dentro non perchè figlia del famoso Masami Kaioh, ma perchè era semplicemente Michiru. Haruka tanti risvolti del suo carattere non li conosceva, così come lei ancora non poteva dire di conoscere bene Haruka. Come poteva quindi dirsi innamorata di una persona che aveva iniziato a vedere regolarmente fuori da scuola solo da un mese?

L'amore non ha ragione” le venne in mente una frase che sentì molte volte. Forse era vero: potevano esserci vari motivi per cui le persone potevano piacersi tra di loro, ma non c'era un perchè con una persona si voleva costruire un'amicizia e invece con un'altra una solida relazione.

-Sono sicura che se fossi un ragazzo non ti ostineresti tanto a respingermi.- Era tutto così vero. Più di una volta si era ritrovata a guardare i ritratti di Haruka immaginando quanto sarebbe stato tutto semplice e bello se fosse stata un ragazzo. Probabilmente avrebbe un po' civettato anche con Haruka e prima o poi si sarebbe arresa, accettando la sua proposta di diventare la sua ragazza. Se la loro relazione avesse superato un anno avrebbe presentato Haruka ai suoi genitori che non sarebbero stati pienamente d'accordo dal momento che non proveniva da una famiglia prestigiosa come la loro, ma si sarebbero infine messi il cuore in pace dato che comunque proveniva da una famiglia più che benestante ed era un bravo ragazzo. Invece tutto questo non si sarebbe mai avverato dal momento che Haruka era una donna. Maschile sì, certo, ma pur sempre di sesso femminile e per quanto di buona famiglia, brava, intelligente e talentuosa potesse essere niente di tutto ciò avrebbe potuto far accettare ai due coniugi che loro figlia fosse omosessuale. Quanto le faceva strana quella parola riferita a se' stessa... Non aveva mai preso in considerazione che proprio a lei potesse capitare di essere attratta dalle ragazze. Era vero, non aveva mai avuto particolare interesse per i maschi, nemmeno da bambina se si escludeva una piccola simpatia avuta per un amico ai tempi dell'asilo, ma lei non aveva mai dato peso alla cosa. Sapeva di essere ancora giovane e che era presto per essere veramente innamorata di qualcuno. I dubbi arrivarono con Elza, ma anche lì provò a dissuadersi da certi pensieri in tutti i modi possibili, arrivando addirittura a voler pensare che fosse solo una fase adolescenziale. Adesso però non poteva più dire che fosse solo una parentesi se stava a combattere contro i sentimenti che provava anche per Haruka, se il suo cuore batteva più forte ogni volta che ripensava alla sua bocca appoggiata sulla sua fronte e se i suoi pensieri la portarono svariate volte a pensare come sarebbe stato ad avere la sua bocca appoggiata sulla propria. Tanto sicura nella sua missione, tanto incerta sul da farsi nella sua vita privata... Eppure non poteva più indugiare.

Il tempo le stava dicendo che era arrivato il momento di fare i conti con se' stessa: aveva quindici anni, stava tenendo in ballo tre persone diverse (se si escludeva il povero Sasuke, eliminato due settimane prima), tutto sommato compiacendosi delle attenzioni ricevute da ciascuna di esse, ma senza decidere chi scegliere. Da una parte il beniamino di suo padre che le avrebbe offerto una vita sociale ed economica in discesa; dall'altra un'aspirante atleta per la quale però a causa della lontananza i suoi sentimenti si stavano velocemente assopendo, facendosi invece vincere dai tentativi di corteggiamento, per gradi sempre più arditi, dell'aspirante pilota. La scelta per l'atleta o per il pilota però, al di là del fatto che per il momento non le potevano garantire alcuna stabilità economica -cosa che le interessava molto relativamente potendosi mantenere da sola grazie al proprio talento poliedrico-, non le avrebbe mai rassicurato un futuro felice e sereno. Tutti, almeno negli ambienti in cui viveva, l'avrebbero guardata male, pensando che si trattasse di una ragazza malata. Inclusi i suoi genitori che sicuramente l'avrebbero cacciata di casa.

Passati i primi giorni dovette però accantonare i suoi ragionamenti: il mare aveva iniziato a portare messaggi inquietanti dicendole che avrebbe dovuto intensificare la ricerca del portatore del demone dell'Esercito del Silenzio. Ogni giorno che passava si faceva sempre più forte, ma nonostante ciò non riusciva a localizzarlo con precisione. Aveva solo capito in quale quartiere si trovava, ma non sapeva chi fosse la persona dal cuore puro che era stata presa di mira.


                    ***                    ***                     ***


Il giorno della gara era arrivato. Haruka vinse e passò in testa alla classifica. Se avesse chiuso la stagione in quella posizione avrebbe guadagnato notorietà e sponsor. Gli sponsor le avrebbero permesso di prender posto alla scuderia migliore della sua categoria e quella era il trampolino di lancio per la Formula 2: l'anticamera della Formula Uno.

Dopo aver festeggiato con i meccanici e i fan andò ai box. Purtroppo quel giorno così felice dal punto di vista professionale, fu triste da quello affettivo: suo papà aveva avuto un caso urgente in ospedale e non era potuto partire e anche sua madre dal momento che lavorava con lui; Kameda aveva giurato che ci sarebbe stato, ma non l'aveva visto; intravide soltanto Michiru quando scese in pista, ma posteggiata la monoposto non la vide più tra gli spalti. Le gare delle macchine erano così noiose per lei? Andava ad assistere solo Elza e lei non era all'altezza della ragazza brasiliana? Lasciata da parte l'euforia della vittoria quella era stata una giornata piuttosto deludente: teneva a poche persone, tra quelle ne aveva scelte quattro per andarla a vedere e nessuna di loro si presentò. Eccezion fatta per Michiru che però non era riuscita a reggere la corsa fino alla fine.

Era ormai tardo pomeriggio, in pista e nei box non c'era più nessuno. Come aveva fatto a rimanere l'ultima ad andarsene tra tante persone che lavoravano per le monoposto? Forse si era intrattenuta più del dovuto con i fan e gli intervistatori. Però era bello avere dei fan e ricevere tanti complimenti da parte di gente che era sicurissima che l'anno successivo sarebbe passata di categoria. Fra quelle persone anche un gruppettino di belle ragazze che, senza troppi pudori, l'avevano presa sotto braccio sperando di fare colpo e magari di essere pure invitate a casa sua. Certo lei le aveva incoraggiate con i suoi giochi di sguardi e battuttine allusive, ma di portarle veramente a casa non se ne parlava proprio. Forse non sapevano neanche che era una ragazza!

Entrò nei box e vide un ragazzo mingherlino inginocchiato a terra.

Si accorse subito che non stava bene affatto. Avvicinandosi riconobbe in lui Kameda! E lei che credeva che non fosse andato a vederla! Cosa ci faceva però il ragazzo in quel posto riservato solo ai membri del team della sua scuderia?

-C'è qualcosa che non va?

Aveva una mano sulla pancia e gemeva di dolore. -Aiuto...- disse a fatica.

La risposta di Kameda la preoccupò per cui corse in suo soccorso: -Ma che hai? Ti sei fatto male?- Gli mise una mano sulla schiena per fargli sapere che lei era lì e per comprendere le sue condizioni

Lui allungò una mano verso di lei, mentre senza riuscire ad alzare la testa disse: -Devi aiutarmi...- non finì la frase, urlando di dolore nello stesso momento in cui improvvisamente un grosso mostro informe uscì dalla sua schiena facendo istintivamente arretrare il pilota di diversi passi.

Haruka rimase esterrefatta: non credeva ai suoi occhi! Davvero quello che stava accadendo era reale? Il mostro era altissimo, sembrava quasi composto da diverse masse rosse, aveva i denti aguzzi e produceva degli striduli versi spaventosi. Non c'era tempo per pensare! Doveva mettersi in salvo, per cui prese la prima cosa che trovò a portata di mano pensando che quello potesse aiutarla a colpire quell'essere spaventoso. Nello stesso momento in cui pensò di colpirlo, subito le venne in mente il volto di Kameda che le chiedeva di aiutarlo, non di ammazzarlo. Quel pensiero la distrasse e il mostro la colpì. Haruka con la spranga di ferro che teneva in mano riuscì soltanto a difendersi dalla bocca dai denti appuntiti. Quell'asta l'aiutò a pararsi dal colpo, ma il mostro riuscì a far cadere a terra la bionda e a strapparle la sbarra dalla sua mano gettandola poi lontano. Quello che stava vivendo le stava rivelando che per quanto si ostinasse a negarlo, il suo sogno davvero non era altro che una profezia. Sebbene non ci fossero uragani, maremoti imminenti e centinaia di persone che scappavano, si trovava ora lì, da sola e totalmente indifesa contro un gigantesco essere disgustoso che non l'avrebbe mai lasciata uscire viva da quel box. Era giunta la fine e stavolta non c'era Michiru che calando dal cielo come un angelo giungeva per salvarla; ne' lei poteva svegliarsi. Il mostro si avventò su di lei, ma un vento forte invase il box e una luce abbagliante si frappose fra lei e il mostro. All'interno del fascio luminoso si materializzò uno strano oggetto che sembrava quasi uno scettro. Haruka non capì ne' come fosse potuto spuntare fuori dal nulla, ne' a cosa gli servisse, ma... “Piuttosto che niente...” allungò incerta la mano per afferarlo quando una voce la bloccò: -Noooo! Ferma!- Come allontanò la mano dallo scettro, la luce svanì mentre quello cadde a terra producendo un rumore metallico.

Si girò dalla parte della voce e vide Michiru, agguerrita e appoggiata allo stipite della saracinesca con le braccia incrociate. -Non toccare quello scettro. Se lo stringi anche solo una volta la tua vita cambierà completamente e non tornerai più quella di prima.- sembrava sicura di sè e delle sue parole, come se parlasse per esperienza personale.

Haruka la guardò spiazzata. Era una situazione così irreale!

Michiru tirò fuori dalla tasca della sua gonna scolastica un altro scettro simile a quello comparso poco prima. La ragazza urlò: -Potere di Nettuno, vieni a me!- e una luce più grande di quella di prima e quasi acceccante illuminò il box. Haruka si riparò gli occhi con una mano mentre intravedeva una strana evoluzione della figura di Michiru. Pochi secondi dopo la luce svanì e lei rimase totalmente a bocca aperta alla mirabile visione: finalmente vide la guerriera dei suoi incubi in carne ed ossa. Stivaletti blu con tacchi alti a spillo; gambe lunghe e snelle (non credeva che Michiru avesse delle gambe così belle); gonna vertiginosa; guanti bianchi; un completo alla marinara al quanto sexy (ma forse quello dipendeva da chi lo vestiva); un elegante collarino che forse serviva per proteggere la gola dagli attacchi nemici; una tiara in testa che faceva sembrare Michiru una principessa agguerrita; un leggero trucco a rendere il tutto ancora più piacente. “Ma a che diavolo sto pensando??” si rimproverò appena si accorse delle sue constatazioni sull'aspetto di Michiru che da giovane scolaretta si era trasformata in una tosta guerriera che sembrava anche più grande della sua età. Le sue constatazioni durarono ben poco però perchè come sparì la luce della guerriera di fronte a lei, il mostro riacquistò capacità di muoversi e rivolse il suo attacco proprio verso Michiru trasformata che però lo scansò facilmente, facendolo sbattere contro la scansia degli attrezzi da meccanico che gli crollò addosso.

Haruka vedendo la scena non potè contenere la rabbia e dopo essere corsa subito in direzione del mostro disse a Michiru: -Ma che hai fatto? Quel mostro prima era un essere umano! Potresti anche averlo ucciso, lo sai? Ma a te questo non interessa!- Il suo amico Kameda, buono come nessun'altro, sempre accondiscendente e disponibile... Michiru non l'aveva conosciuto e quindi forse non dava valore alla sua vita come lei, ma Haruka non poteva credere che fosse morto!

Nonostante ciò Michiru non fece una piega spiegando seria: -Il silenzio sta per calare sul mondo. Dovevo distruggere quel mostro perchè non facesse delle altre vittime.

Vista dal vivo faceva anche più paura che nei suoi sogni: sembrava un automa programmato per uccidere senza provare alcuna pietà o compassione per la persona della quale si era impossessato quell'essere disgustoso. -Anche a costo di sacrificare delle vite?

-Sì, proprio così. La missione importa più di qualsiasi altra cosa.

-Non ti credevo così spreg...- non fece in tempo a finire la sua frase che il rumore alle sue spalle la fece voltare di scatto. Il mostro era ancora vivo e prima ancora che lei potesse realizzarlo si trovò avvolta dalla braccia di Michiru che con forza la spostò da lui che la stava per attaccare. Rimase spiazzata sia per il fatto che quell'orribile mostro fosse ancora vivo e vigoroso, sia per l'improvviso e stretto abbraccio con l'unica persona che finora ad allora aveva quasi sempre rifuggito ogni tipo di contatto fisico. Sentì forte la stretta di Michiru che non calò nemmeno in seguito al grido di dolore per il colpo infertole dal nemico.

Con un altro verso stridulo il mostro si preparò ad attaccare nuovamente, ma la ragazza invocò un -Maremoto di Nettuno!- che le permise di ritrovarsi fra le mani un'enorme sfera verde luminosa che scagliata contro il nemico, come un'enorme onda lo travolse e lo polverizzò nel giro di pochi secondi. Al suo posto ricomparve Kameda che cadde a terra. Anche Michiru si lasciò cadere a terra perdendo conoscenza.

Haruka prima corse verso di lui, constatando con sollievo che era ancora vivo e illeso, sebbene privo di sensi, lo mise per cui seduto con le spalle al muro. Poi si diresse verso Michiru.

Quando la giovane guerriera si risvegliò la prima cosa che chiese fu sapere che fine avesse fatto il mostro.

-E' sparito, il ragazzino ha ripreso le sue sembianze e sta bene.- rispose rassicurandola il pilota mentre la teneva fra le sue braccia.

Michiru sapeva già che quella battaglia sarebbe stata più difficile da combattere rispetto alle altre. Era vero, lo scontro si era risolto nel giro di breve, ma la potenza del nemico era nettamente superiore a quella dei precedenti. Restando da sola non sarebbe sopravvissuta allo scontro successivo senza scagliare in pieno il suo Maremoto di Nettuno che però avrebbe potuto portare a conseguenze ben più gravi per il portatore del demone. Per cui la vittoria di poco prima non riusciva affatto a rallegrarla: -Avrei anche potuto fargli del male. Sai, prima o poi finirò per uccidere qualcuno. Io non sono una persona spietata, ma in fondo ho scelto io di essere una guerriera, quindi non ho nessun diritto di lamentarmi...

-Ma si può sapere per quale motivo hai cercato di proteggermi?- Michiru che fino a poco prima del nuovo attacco del mostro sembrava una persona che non dava peso alla vita degli altri, era stata pronta a metterla subito al riparo prendendo così il colpo che era destinato al pilota. Chi era dunque? Un'assassina o un'eroina? Haruka guardò il suo braccio ferito e sanguinante: -Ma guarda...- le prese una mano guantata e le alzò così il braccio -Con un braccio così malridotto non potrai più suonare il violino.

Michiru quel punto sentì che stava per avere un crollo emotivo, ma era la prima volta che poteva condividere i suoi pensieri al termine di uno scontro. -Vedi, quando ti ho chiesto di posare per me era una scusa per poter avvicinarti: sapevo che i nostri destini erano comuni e che tu avevi le mie stesse visioni e i miei stessi incubi. Quando ho seguito le tue gare ho intuito che avevi la stoffa della guerriera. Sapevo che in te avrei trovato più di una sorella, una grande alleata per la mia grande battaglia e ho ammirato subito il tuo carattere indipendente. Sei sempre così decisa, forte, sai quello che vuoi.

-Ma non è vero! Io sono piena di dubbi! Non so quale sia la mia strada e cerco sempre di fuggire dal mio destino!- Michiru le stava finalmente svelando i suoi pensieri perciò si sentì di poterla contraddire. Anche se la piaceva ostentare una sicurezza che non aveva, tutta la sua vita era fatta di incertezze e talvolta di contraddizioni: le piaceva restare in Giappone, ma al tempo stesso le mancava casa sua in America; aveva quindici anni e ancora non si era decisa a quale categoria di corse dedicarsi; voleva scappare da Michiru e aveva finito per innamorarsene. Questi erano solo alcuni esempi che le vennero in mente in un primo momento.

-So molte cose su di te, più cose sapevo di te e più fantasticavo di poter essere così in confidenza da andare in macchina con te lungo la costa. Tu eri l'unica persona che non avrei voluto coinvolgere facendole prendere la mia strada perchè sono certa che sei una persona in gamba. So quanto gli incubi sulla fine del mondo possono averti turbata e disorientata, ma credimi, non ti devi sentire in colpa. Capire che finalmente avevo trovato la compagna della missione e che saresti stata proprio tu a combattere con me, mi ha resa felice perchè non ero più sola.- Non le sembrava vero: poteva finalmente essere libera di aprire il suo cuore ed esprimere le sue paure e speranze. Aveva combattuto per un anno da sola, auto medicandosi quando necessario e tenendo tutto dentro di sè, senza far parola a nessuno: nemmeno con Elza. Non le sembrava vero ora di poter condividere il peso della sua identità segreta e della missione con qualcun altro. Questo stesso pensiero fece però salire a Michiru le lacrime agli occhi. -Sono un'egoista. Tu ancora non sai il terribile destino che ci aspetta. Ah, mi dispiace... Scusami, non so che cosa sto dicendo, non avrei dovuto dirti queste cose...-

Haruka ascoltò tutto il discorso di Michiru, sorpresa di venire a conoscenza per la prima volta di tutto quello che la violinista pensava e celava dentro di sè. Era la prima confessione a cuore aperto che le aveva fatto e le lacrime che le aveva mostrato le avevano fatto capire che non stava mentendo e che a lei ci teneva veramente tanto. Non l'aveva inseguita solo per rovinarle la vita, ne' era una squilibrata che necessitava di uno psicanalista per guarire. Haruka si girò a guardare lo scettro per terra. Come aveva potuto ignorare per tanto tempo il suo messaggio, credendo sempre di più che tutto quello che le diceva Michiru fosse solo frutto della sua immaginazione? Quanti mostri come quello di quel giorno aveva dovuto affrontare? Quante volte era stata colpita brutalmente, tornando a casa da sola, forse barcollante, senza nessuno che la potesse sostenere? Di quale missione stesse parlando Michiru non ne era a conoscenza, ma sicuramente doveva trattarsi di qualcosa molto più grande delle sue capacità. Come aveva potuto tenere custodito quel grande segreto per tanto tempo? Riportò lo sguardo su Michiru che aveva di nuovo perso i sensi, mentre guardò nuovamente il suo braccio. Come aveva potuto darle dell'egoista se pur di difendere le altre persone era disposta anche a mettere a repentaglio la sua carriera come violinista o anche solo come nuotatrice? Per la prima volta si rese conto di essere stata lei l'unica egoista della situazione: pur di non rinunciare ai suoi sogni stava rischiando di far perdere la vita a Michiru. Riguardò lo scettro. Michiru stava solo cercando un'alleata e lei non solo non l'aveva ascoltata e quindi non l'aveva aiutata combattendo con lei, ma le era pure stata d'intralcio. Molto probabilmente non si sarebbe ridotta il braccio in quello stato se avessero combatutto insieme. Si sentiva in colpa e perciò capì che non avrebbe più permesso a nessuno, mostro o umano che fosse, di poter ridurre la ragazza in quello stato. Non senza prima essersi battuto contro di lei. Giro nuovamente la testa in direzione di Michiru e stringendola un po' di più le mormorò: -Da adesso ci sarò io con te. Per sempre...- e così dicendo appoggiò la testa sulla sua, sperando di essere all'altezza della missione di cui Michiru le aveva continuamente accennato per tutto quel tempo.


  
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