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Autore: Dreamer47    05/07/2023    1 recensioni
È il 2005.
Sam e Dean sono ancora all'oscuro dei piani di Azazel.
Le loro giornate sono intrise di mostri e di streghe, vogliono ancora trovare John ed uccidere l'assassino di Mary, quando una ragazza incontrata per caso entrerà a far parte della loro vita.
Hunters' legacies non è solamente la storia dei fratelli Winchester, ma anche quella di Abby Harrison, una giovane ragazza dal cuore spezzato e dal destino turbolento il cui unico scopo è la vendetta.
Insieme, riusciranno ad ottenere ciò che vogliono più di ogni altra cosa.
Genere: Erotico, Sentimentale, Sovrannaturale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Castiel, Dean Winchester, Nuovo personaggio, Sam Winchester
Note: AU, Soulmate!AU, What if? | Avvertimenti: Tematiche delicate, Violenza | Contesto: Più stagioni
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Hunters' legacies
Capitolo 82



Le mani di Abby tremavano mentre inseriva l'ennesimo campione sul vetrino del microscopio, dopo aver tentato per così tanto tempo di trovare una qualsiasi reazione che riprogrammasse le sue cellule e la facesse tornare umana: Dan aveva lasciato il laboratorio da qualche giorno per trascorrere dei giorni insieme ad Henry, dato che non lo vedeva da molto, e Abby non lo poteva di certo biasimare. 
Anche lei sarebbe scappata dai suoi figli, se avesse potuto. 
Mandò giù un grosso bicchiere colmo di sangue prima di avvicinarsi di nuovo alle lenti del microscopio ed osservare come si stessero comportando le cellule, mordendosi il labbro per il nervosismo.
Quando ciò che vide le fece capire di avere di nuovo sbagliato strada, Abby frantumò il suo secondo microscopio lanciandolo contro la parete con rabbia e nervosismo perché non era ancora riuscita a trovare ciò che facesse per lei. 
Sapeva che la strada sarebbe stata dura ed in salita, ma sperava di poter contare su un pizzico di fortuna. 
Strinse forte i pugni sul tavolo e chiuse gli occhi, serrando la mascella e trattenendo la voglia di urlare per la frustrazione.
Trasalí quando avvertí la presa delicata di una mano sul fianco sinistro e fece scattare lo sgabello, aprendo gli occhi e voltandosi nella direzione dell'uomo che la guardava con un'espressione consolatrice. "Non ti ho sentito arrivare. Da quant'è che sei qui?". 
Edward sorrise forzatamente e fece spallucce, sentendosi dispiaciuto per non parlare la sua stessa lingua scientifica e per non poterla aiutare con le ricerche, nonostante trascorreva le giornate a leggere dei grossi volumi sulle basi della biologia mentre Abby la metteva in pratica nel laboratorio. 
"Adesso che sei un vampiro pensavo che non potesse sfuggirti niente, invece scopro che non riesci ancora a percepire ciò che ti accade intorno quando sei concentrata". Edward le fece l'occhiolino e strinse la presa sul suo fianco, avvicinandosi ulteriormente per guardarla meglio in viso, insinuandosi fra le sue cosce. 
Quando la vide non riuscire neanche a sorridere alle sue battute e rimanere seria, Edward le sfiorò il viso con una mano intrappolandole il mento tra indice e pollice per impedirle di abbassarlo. "Dovresti uscire di qui per un po', rossa". 
Abby scosse la testa per dissenso, sospirando ed accennando un sorriso amaro. "No, non posso. Devo trovare una cura, non posso perdere tempo". 
"Si, ma devi riposare. Distrarti. Altrimenti non troverai un bel niente". 
Abby guardò nei suoi occhi nocciola così sicuri delle sue parole e avrebbe tanto voluto avere la sua stessa fiducia, ma la ragazza si limitò a rivolgergli lo sguardo di chi non potesse davvero capirla e sospirò. "Dovrai tenere fede al nostro accordo, Ed: se non troverò la cura, dovrai uccidermi. Lo hai promesso".
Il volto di Abby era contratto dalla disperazione e dalla rabbia, le labbra erano serrate e la sua espressione era quella di chi avrebbe perso le speranze di lì a poco. 
Edward strinse forte la mascella mentre ancora la guardava e sospirò rumorosamente, continuandola a tenere stretta a sé mentre provava la tremenda paura di perderla di nuovo.

Sistemò gli ultimi vestiti all'interno del suo borsone, piegandoli in maniera impeccabile ed ottimizzando gli spazi così come gli era stato insegnato durante il percorso di addestramento nei Marines.
Ancora ricordava le ore passate sul campo, gli allenamenti estenuanti, la sveglia presto ed il poco riposo.
Edward ricordava il sudore della fronte, il duro lavoro quando ancora fosse un semplice soldato e quanto si fosse impegnato nel corso degli anni per riuscire a diventare Sergente maggiore.
Il sangue versato, le migliaia di missioni a cui aveva preso parte, gli uomini persi, le armi imbracciate, le uccisioni.
Essere tornato dalla guerra con il PTSD, le notti in bianco a bere fino a collassare sul pavimento, le riunioni dei veterani a cui aveva partecipato per uscire dal girone in cui era precipitato.
Dopo tutto quel lavoro sulla sua vita, dopo più di una decade nei Marines ed una vita nella caccia, Edward adesso iniziava a credere di non aver mai avuto paura come in quell'esatto momento, mentre inseriva la sua maglietta pulita nera all'interno del suo borsone e le mani gli tremavano.
Aveva lasciato che Abby lo aspettasse all'interno della sua Jeep nel parcheggio del suo locale.
Le aveva espressamente chiesto di rimanere in auto, lasciando che credesse che fosse per l'incolumità dei clienti all'interno del locale e di Andrew, ma in realtà Edward aveva bisogno di qualche momento per respirare e trovare il coraggio necessario per riuscire a compiere quel viaggio insieme ad Abby.
Avevano lasciato il bunker da poco dopo che Abby avesse bevuto dal suo polso, l'aveva vista salutare la sua famiglia ed andare via insieme a lui.
L'aveva vista trattenere le lacrime e stringere la sua mano mentre Edward guidava verso il locale.
Ma la verità era che Edward provava la sua stessa paura, se non peggiore.
Sapeva di non riuscire a sopravvivere senza di lei, di non potere vivere sapendo che Abby fosse morta.
Dovevano trovare una cura, un modo per far si che tornasse umana.
Non poteva vederla morire per la seconda volta.
Scosse la testa e chiuse di scatto la cerniera del suo borsone, stringendo forte la mascella mentre cercava di allontanare quegli orribili pensieri dalla mente.
Se lo portò su una spalla e strinse forte la spallina del borsone, dirigendosi verso l'uscita della stanza da letto.
Entrò nel salotto del suo appartamento e si fermò sul posto, sgranando gli occhi e trattenendo il respiro qualche momento mentre osservava la figura di spalle di Abby che se ne stava in piedi, tenendo fra le mani un foglio.
La ragazza era così presa dalla lettura che neanche si accorse quando Edward entrò nel soggiorno, continuando a leggere le righe di quella lettera che portava il suo nome sulla busta.
Edward si schiarí la gola, guardandola quasi in cagnesco per non aver aspettato in auto rischiando la vita dei presenti al piano di sotto, ed Abby si voltò a guardarlo con aria sorpresa e quasi sconvolta, sollevando la lettera a mezz'aria per mostrargliela.
Non aveva bisogno di leggerla, per capire di che lettera si trattasse.
Era stato proprio Edward a scriverla, la sera in cui si era convinto ad eseguire il rituale per riportare Abby in vita, prima che Isobel lo interrompesse e lo eseguisse al posto suo.
Edward sospirò rumorosamente e fece spallucce, avanzando di qualche passo mentre sosteneva i suoi occhi azzurri così sconvolti probabilmente per come Edward le avesse scritto quanto profondamente e intensamente l'amasse, così tanto da rinunciare alla sua stessa vita pur di riportarla indietro.
Abby deglutí a fatica mentre guardava nei suoi occhi nocciola, continuando ad agitare la lettera. "Hai davvero lasciato il bar a Richard?".
"Certo che l'ho fatto: così avrà sempre un posto dove andare" si affrettò a rispondere Edward, sollevando un sopracciglio e facendo spallucce come se quella fosse la cosa più naturale a cui riuscisse a pensare; ma quando si accorse della sua aria sorpresa e ancora sconvolta, Edward lasciò andare il borsone e le si avvicinò con sopracciglia aggrottate. "Richard è anche mio figlio, Abby. Non dovresti stupirti se voglio dargli tutto ciò che ho e tenerlo al sicuro".
Abby accennò un sorriso amaro nella sua direzione mentre ancora sosteneva il suo sguardo sicuro di sé; sospirò appena perché doveva aspettarsi una mossa del genere da Edward.
Richard era suo figlio, lo aveva cresciuto esattamente come tale, dandogli più amore di qualsiasi altra persona e non lasciandolo mai da solo.
Edward c'era sempre stato e per Richard fu naturale chiamarlo distrattamente papà, e nessuno lo aveva mai corretto. Il legame fra Richard e Edward era ormai divenntato indissolubile.
Abby annuí posando la lettera sul tavolo da cui l'avesse pescata e sorrise un po' di più mentre rileggeva le frasi d'amore profondo che Edward le avesse dedicato.
Si avvicinò in silenzio mentre lo guardava negli occhi e deglutì a fatica, sentendo il cuore battere molto velocemente. "Mi dispiace non volevo leggerla, ma ero qui a cercarti e poi l'ho vista, c'era scritto il mio nome e.. quello che hai scritto..".
"Credevo di morire". Edward sciolse l'espressione arrabbiata con cui la stesse guardando e scosse la testa, sospirando rumorosamente mentre le si avvicinava di più e le prendeva il viso fra le mani. 
"Mi ami ancora nello stesso modo che ti ha portato a scrivere quella lettera? Nello stesso modo che ti ha spinto a decidere di morire eseguendo quel rituale per farmi tornare?".
Edward aggrottò le sopracciglia e la guardò con aria sospettosa, scrutando nei suoi occhi azzurri così limpidi e seri. "Ti amo di più di prima".
Abby accennò un sorriso udendo quelle parole e gli sfiorò il viso barbuto, sollevandosi sulle punte per raggiungere le sue labbra e baciarlo in modo casto con dolcezza. 
Quando pose fine a quel contatto, Abby tornò a guardarlo con un sorriso più ampio sul viso osservando ogni più piccolo particolare e si strinse di più a lui. "Allora devi promettermi che se io e Dan non troveremo una cura, mi ucciderai".
"Cosa?". Edward sgranò gli occhi e la guardò con aria confusa, credendo di aver udito male perché Abby non poteva davvero aver usato quelle parole con lui.
Ma lo sguardo della donna era serio e sicuro di sé, tanto che Edward mise un po' di distanza fra i loro volti per guardarla meglio sperando di aver sentito male.
Lasciò la presa sul suo viso e la scostò in modo arrabbiato, facendo qualche passo indietro e scuotendo la testa. "Ma come ti viene in mente di chiedermi una cosa del genere?".
Con rabbia e con i pugni stretti, Edward la superò velocemente muovendosi all'interno del suo salotto e scaricando a terra il borsone che ancora avesse in spalla.
Si avvicinò alla finestra e scosse la testa sentendosi furioso più che mai, non vedendo nemmeno le auto dei clienti che continuavano ad arrivare al locale.
Abby sospirò silenziosamente ed abbassò lo sguardo sul pavimento, sentendo gli occhi inumidirsi e credendo di aver davvero commesso un errore a chiedere proprio a Edward di procurarle la morte, nel caso in cui non fosse riuscita a trovare una cura.
Ma quando sollevando lo sguardo lo trovò di spalle, completamente immobile e palesemente infuriato, Abby riuscí a sentire il cuore di Edward battere nel petto.
Sentì la velocità con cui continuava a contrarsi e la donna aveva ormai imparato a distinguere gli stati d'animo associati.
Sapeva che Edward stesse soffrendo tanto quanto lei.
Sapeva che voleva aiutarla ancora una volta, che voleva averla tutta per sé ancora per un po'.
Che ciò che le stesse capitando non era giusto, specialmente adesso che Abby aveva finalmente capito che fosse lui l'uomo con cui voleva passare il resto della sua vita.
Il suo miglior amico, il suo confidente migliore, l'uomo che amava e per cui avrebbe fatto qualsiasi cosa.
Ma guardando il polso di Edward ancora fasciato nel punto in cui Abby aveva affondando i suoi denti per non lasciarsi morire, capì di preferire la morte e perdere tutto ciò che avesse, piuttosto che essere costretta a compiere un gesto simili di nuovo.
 "Se mi ami davvero, dovrai lasciarmi andare". 
Edward ricacciò indietro le lacrime e scosse la testa, riemergendo dai pensieri terribili in cui stesse affogando per l'ennesima volta e si voltò per incrociare i suoi occhi azzurri con rabbia ed osservando l'aria affranta con cui lo guardava, e ciò gli fece ancora più male.
Ma Abby fece dei passi avanti fino a raggiungerlo, afferrandogli le mani fra le sue mentre lo guardava con aria supplichevole e parlava con voce spezzata. "Non posso farlo da sola, ho bisogno di te. Ti prego Ed, promettimelo: promettimi che mi ucciderai prima che diventi un pericolo per la nostra famiglia, per i bambini. Non voglio diventare un mostro".
Davanti a quegli occhi azzurri arrossati per il pianto trattenuto, Edward sentì tutta la sua rabbia svanire dal suo corpo.
In fondo la capiva, anche lui avrebbe agito nello stesso modo al suo posto.
Ma dover uccidere Abby.. non riusciva neanche a pensarci.
Le si avvicinò e le prese il volto fra le mani, scuotendo la testa mentre pensava che non sarebbe mai stato capace di farle del male, di torcerle anche solamente un capello. 
"Se perderai il controllo e cercherai di fare del male si bambini. Se inizierai ad uccidere persone, se ci saranno spargimenti di sangue. Solamente se tutto ciò si verificherà, io.. ti ucciderò, promesso. Ma so che non sarà necessar-".
Abby si sollevò istantaneamente e lo zittí con un bacio, a cui Edward però non rispose e si limitò a stringerla più forte a sé, mentre guardava con occhi vitrei un punto indefinito davanti a sé.
Adesso non sarebbe più potuto tornare indietro.
Lo aveva promesso e quindi Edward sapeva che, presto o tardi, avrebbe dovuto tenere fede a quella promessa.


Edward sospirò e si avvicinò, carezzandole una guancia mentre guardava nei suoi occhi: ancora non riusciva a spiegarsi come Abby riuscisse a tirare fuori il meglio di lui in ogni circostanza, anche nella più tragica.
Accennò un sorriso amaro ed annuí in silenzio. "Io credo in te, Abby. So che puoi fare tutto e so che troverai questa dannata cura: è solo questione di tempo. E se non dovessi riuscirci, spero che continuerai a lottare per sopravvivere". 
La donna lo guardò con gli occhi lucidi ed il cuore in tumulto, scosse la testa ed abbassò brevemente il capo incapace di riuscire a sostenere il suo sguardo. "Non ti merito. Non merito il tuo amore. Dovrei mandarti via: sono diventata un mostro e rischi la vita ogni istante che passi con me. Potrei uccid-..". 
Le sue parole vennero interrotte dalle labbra di Edward che si posarono su di lei, interrompendo il suo discorso e baciandola con una dolcezza tale da spezzarle il cuore. 
Quando si guardarono negli occhi, Abby lo vide sorridere e sfiorarle il volto con un movimento convinto. 
Non sentí più la sete di sangue bruciarle nelle gola, nonostante sapesse che sapore avesse quello di Edward, che l'aveva nutrita e l'aveva salvata dalla morte, continuando a farlo giorno dopo giorno. 
Adesso sentiva solamente il più grande desiderio bruciante che avesse mai provato e la voglia crebbe così tanto dentro di lei, che si ritrovò schiacciata contro le sue labbra a baciarlo con avidità. 
Edward la strinse a sé, cercando di mantenere vigile la parte più razionale di sé perché sapeva che fosse pericoloso, eppure non riusciva a far altro che sentire la donna fra le sue braccia come la solita Abby. 
Strinse le sue mani attorno alle sue forti e massicce spalle per far scivolare meglio la pesante giacca sul pavimento e Edward la sollevò dalle cosce per farla sedere sul bancone del laboratorio, mentre continuava a baciarla con desiderio. 
Le sfiorò la pelle dei fianchi facendo scivolare le dita all'interno della sua maglietta e Abby come risposta a quel tocco si strinse più a lui, attorcigliando le gambe attorno al suo bacino; scese a baciarle il collo e Abby ansimò di piacere, intrecciando le dita ai suoi lunghi capelli ricci per prolungare quel contatto. 
Come avesse già fatto nelle lunghe notti che trascorsero insieme all'interno del laboratorio, Abby sarebbe andata fino in fondo senza pensarci due volte perché lo amava e lo desiderava troppo, se solo il timer di uno dei macchinari di analisi non avesse iniziato a suonare diffondendo la melodia nella stanza. 
Si voltò immediatamente verso la macchina, percependo Edward fermarsi dal baciarle la pelle e sospirò rumorosamente, incrociando i suoi occhi con aria dispiaciuta. 
Ma l'uomo le sorrise e le fece l'occhiolino con aria complice. 
"Va' a controllare, rossa". 
Stregata dai suoi occhi e dai sentimenti che provasse per lui, Abby gli sfiorò il volto con dolcezza e gli sorrise, perdendosi nei suoi occhi nocciola. "Dio, ti amo così tanto..".
Gli regalò un ultimo bacio lento e più casto, ma presto Abby scese dal bancone e sparí nella parte più lontana del laboratorio. 
La guardò allontanarsi con un sorriso sulle labbra e Edward sospirò di felicità, perché non si era ancora abituato a quelle manifestazioni di affetto di Abby.
Non era la prima volta in cui Abby gli dicesse apertamente ciò che provasse per lui, ma sentirglielo dire era sempre un momento unico e speciale. 
Si sedette sullo sgabello e si appoggiò con il gomito al bancone, mentre afferrava il taccuino su cui Abby aveva appuntato una serie di esperimenti che avesse fatto sui propri tessuti: erano tutti sbarrati con una x, tranne l'ultimo. 
Le idee della donna e di suo fratello erano finite, e Edward sapeva che ciò che si trovasse nel macchinario verso cui fosse sparita Abby dovesse essere il suo ultimo tentativo. 
Sperò con tutto se stesso che fosse la volta buona e che potesse trovare una cura perché sapeva che Abby non scherzasse quando diceva di preferire la morte, piuttosto che passare un'eternità da vampira. 
Stare lontano dai suoi figli la stava facendo impazzire e per quanto ci provasse, Edward sapeva di non poter reggere il confronto con Mary e Richard. 
Un forte rumore di vetri infranti lo distrasse dai suoi pensieri e Edward subito scese dallo sgabello e si diresse verso il punto in cui Abby era sparita: entrò nel laboratorio correndo e quasi impallidì quando la vide stesa a terra del tutto incosciente, vicina ad una siringa usata.
"Abby!". Sgranò gli occhi e corse nella sua direzione, chinandosi su di lei per sollevarla e prenderla fra le braccia, iniziando a colpirla con degli schiaffi sul viso per farla rinvenire. "Svegliati! Che cosa ti sei iniettata?". 
In preda all'agitazione le sfiorò il collo con due dita per sentire il battito e la scosse più forte quando non sentí il suo cuore pulsare.
"No, no, no! Non ti lascerò morire!". 
Edward la sdraiò nuovamente sul pavimento ed iniziò una manovra di rianimazione, pressandole il petto e soffiando aria nella sua bocca. 
Continuò per dei minuti molto lunghi che gli sembrarono infiniti mentre la paura e la rabbia scorrevano dentro le sue vene, ma Abby continuava ad avere nessuna reazione.
Per qualche istante si fermò e la osservò ancora incosciente, ma presto tornò a scuoterla con forza e le urlò più volte di svegliarsi, che non poteva fargli una cosa del genere. 
Fin quando un forte respiro lo fece sussultare, osservando Abby sedersi di scatto sul pavimento e sgranate gli occhi. 
La donna iniziò a tossire sempre più forte, fino a quando si liberò della presa dell'uomo per chinarsi di lato e vomitare: si liberò del sangue che avesse bevuto a pranzo, tenendosi con le mani sul pavimento, per poi pulirsi le labbra con la manica della sua felpa. 
Edward rimase così sconvolto da non riuscire a distogliere lo sguardo da Abby, che col fiato corto tornò a guardarlo con aria stanca. "Ma che cazzo è successo?".
Abby ansimò di dolore perché sentiva che qualcosa dentro di lei stesse cambiando, percependo il proprio sangue scorrere in maniera diversa. 
Si passò una mano sulla fronte madida di sudore e sospirò, guardandosi attorno con aria confusa. "Le cellule stavano rispondendo bene al mio esperimento, ho pensato che fosse il momento adatto per provare e..". 
"Hai pensato di provare?". Il tono di Edward era sicuramente un tono di rimprovero che avrebbe potuto far tremare persino i più scaltri, ma Abby si limitò a fare spallucce mentre guardava nei suoi occhi e si metteva più dritta con la schiena. "Mi hai fatto morire di paura! Ho pensato che fossi morta!". 
Abby vide il suo sguardo ancora spaventato all'idea di averla persa ed il modo in cui tenesse i pugni ancora stretti, così allungò una mano fino a sfiorarli sentendosi affranta per ciò che gli avesse fatto passare, non sono in quei mesi al laboratorio. "Mi dispiace, ma non potevo lasciarmi sfuggire questa occasione. Sto bene, davvero. È solo che..". 
La donna si morse il labbro continuando a guardarsi attorno con aria confusa, respirando più lentamente e drizzando le orecchie per udire meglio, ma scosse la testa e tornò a guardarlo con aria preoccupata. "Non li sento più, Ed.. i rumori esterni, il sangue che scorre nelle tue vene, il tuo cuore che batte".
Edward aggrottò le sopracciglia e la guardò con aria seria, non azzardandosi neanche ad accennare un sorriso e ad esultare prima di essere completamente sicuro. "Non hai neanche sete?".
Passò qualche istante a riflettere su quella domanda, lasciando scivolare lo sguardo sul collo di Edward che in quei mesi insieme aveva rappresentato per lei una vera e propria tentazione.
Ma adesso tutto ciò che sentiva mentre lo guardava, era il desiderio di appoggiarvi il viso per lasciarsi abbracciare.
Velocemente si sporse verso Edward, che rimase immobile davanti al suo scatto nella sua direzione, ed allungò le mani fino a prendere il coltellino svizzero che l'uomo portasse sempre attaccato alla sua cintura di cuoio.
Senza dire una parola Abby puntò la lama sul palmo della mano sinistra e fece pressione, procurandosi un lungo taglio che iniziò presto a sanguinare.
Rimasero entrambi con il fiato sospeso ad osservare quella ferita che si sarebbe dovuta rimarginare in pochi secondi. 
Ma così non fu ed Abby sgranò gli occhi e li puntò su Edward, che la guardò con sguardo incerto senza essere sicuro di aver davvero capito. "Non guarisce, Ed. La mia ferita non guarisce più!". 
Stordito da ciò che fosse accaduto in quei pochi minuti, Edward afferrò la sua mano e la portò più vicina al suo viso per osservare meglio che le ferite non si stessero rimarginando, e sgranò gli occhi. "Hai trovato la cura, Abby. Ce l'hai fatta!". 
Abby si sporse con convinzione verso di lui e lo baciò per qualche istante sentendosi felice come una bambina, e presto gli gettò le braccia al collo ridendo per la felicità. 
Edward ricambiò la stretta e se la portò più vicina, baciandole i capelli e ridendo insieme a lei, per poi baciarle le labbra in un modo tutt'altro che casto. 
 


Quando aveva varcato la soglia del bunker insieme a Edward, non aveva idea di cosa sarebbe accaduto da lì a breve: Abby ricordava di aver sentito le urla di Dean provenire dal corridoio, intimando a suo fratello di non sbarrargli la strada, e quando Abby e Edward si avvicinarono videro Dean estrarre la sua pistola e puntarla contro il suo stesso fratello mentre ancora teneva per un braccio un Jack molto debilitato e barcollante. 
Abby non ricordava di aver mai visto Dean così disperato e così stanco da tutta quella storia. Aveva lasciato scivolare il Nephilim a terra e con uno scatto fulmineo aveva colpito suo fratello con un pugno in pieno viso, così che Sam si spostasse mentre cadeva all'indietro.   
Tutto ciò che importava a Dean in quel momento, era solamente chiudere quella storia per sempre ed essere liberi, specialmente adesso che Amara era riuscita a portare Chuck nel bunker e si fosse decisa ad aiutarli.
Castiel e Anael si fecero avanti per bloccare la strada a Dean e a Jack, ma Dean non riusciva proprio a calmare quel fuoco che ardeva dentro di sé, così uscì dalla propria giacca la lama Angelica, puntandola verso i due angeli.  "Dean, che diavolo stai facendo?".
Quando udì la sua voce, Dean rimase rigido per qualche istante. 
Era passato tanto tempo, così tanto da aver iniziato a pensare che non l'avrebbe mai più vista.
Così si voltò nella sua direzione e sgranò gli occhi, deglutendo a fatica mentre Abby lo guardava con sguardo incerto e leggeva nei suoi occhi l'assoluta confusione ed una furia cieca che lo stesse divorando dall'interno. 
Dean fece scivolare lo sguardo sul suo volto roseo, sui suoi occhi preoccupati e poi sulle sua esile mano intrecciata a quella di Edward, focalizzandosi però sulla fasciatura che le avvolgeva le pelle: aggrottò le sopracciglia e la guardò con aria sorpresa, dischiudendo appena le labbra e sollevando le sopracciglia con sorpresa. "Hai trovato la cura, ragazzina". 
Abby sorrise più ampiamente ed annuí, lasciò il fianco di Edward e la sua mano, avvicinandosi velocemente al cacciatore per stringergli le braccia attorno al collo ed affondare il viso sul suo petto. 
Dean si affrettò ad avvolgerla fra le braccia con strinse forza, chiudendo gli occhi lucidi ed appoggiando il mento sulla sua testa; averla con sé e poterla toccare, poter sentire di nuovo il suo profumo rappresentava davvero tanto per lui.
Si sentì così tremendamente felice di rivederla dopo quei mesi di lontananza da non trovare la voglia di lasciarla andare, mentre la stringeva a sé ancora di più.
Abby sorrise contro il suo petto premendo la guancia sulla sua maglietta scura di cotone, per poi sollevare il capo fino ad incrociare il suo sguardo con un sorriso. 
Dopo tanto tempo Abby guardò nei suoi occhi verdi mentre ancora stringeva le braccia attorno al suo torace, e Dean le sfiorò la guancia con una mano sentendosi grato perché fosse ancora viva.
Ma presto vennero interrotti da un gemito di Jack che non si resse in piedi e scivolò a terra, tenendosi lo stomaco con entrambe le mani.
Abby sgranò gli occhi e guardò i due angeli e Sam, che nel frattempo si fosse alzato e lo avesse raggiunti pensando che la ragazza avesse avuto un tempismo formidabile. 
Il minore si avvicinò guardandola con aria felice di vederla finalmente sana e in salute, e le mise una mano sulla spalla con fare affettuoso. "Sono felice che tu stia bene, Abby. Ma non possiamo seguire il piano di Billie: vuole che Jack uccida Chuck, solamente per poter prendere il suo posto. Sarà un Dio peggiore di Chuck! Non possiamo permettere che accada". 
Lo sguardo di Dean divenne di nuovo glaciale, tanto che lasciò la presa sul corpo di Abby e si voltò verso il fratello, afferrando Jack da un braccio mentre ansimava. "No, dobbiamo chiudere questa storia adesso! Spostatevi! Dobbiamo fermarl-..". 
"Ciao figli miei!".
Una voce che ormai conoscevano fin troppo bene interruppe la loro breve discussione e tutti i presenti in quella direzione, notando Chuck avvicinarsi verso di loro con un sorriso compiaciuto; inserì il bottone centrale della sua giacca all'interno della corrispondente asola e li guardò con un sorriso compiaciuto sulle labbra sottili, sbattendo le palpebre un paio di volte per permettere loro di vedere di essere riuscito ad ottenere ciò che volesse di più: un occhio azzurro, un occhio nero.
Chuck li guardò ad uno ad uno e si mise più dritto con le spalle assumendo un atteggiamento autoritario e fiero, comunicando loro di aver appena assorbito sua sorella Amara e che niente avrebbe più potuto fermarlo.
 
  
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