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Autore: LadyPalma    16/07/2023    3 recensioni
Modern!AU Alicent, maestra di trent'anni, ha deciso che vuole avere un bambino; il fratello del marito della sua migliore amica, il misterioso e spietato avvocato Larys Strong, risulta essere per qualche motivo il candidato perfetto per il progetto. Nessun sentimento, nessun coinvolgimento, soltanto uno scambio di favori. Cosa può andare storto?
(Avvertimento non-con nel passato, con riguardo a Viserys).
Genere: Commedia, Hurt/Comfort, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Slash | Personaggi: Alicent Hightower, Harwin Strong, Larys Strong, Otto Hightower, Rhaenyra Targaryen
Note: Lemon | Avvertimenti: Non-con, Tematiche delicate
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Granchi per colazione 
– Parte 4 –


 

 

Quando apre la porta di casa e si ritrova davanti Alicent, la sua espressione di fastidio si dissolve e lui entra subito in modalità allarme. Per quanto adesso si incontrino anche senza preavviso e, anzi, sia frequente per entrambi trovarsi a casa dell'altro senza invito (e spesso anche senza scuse), Larys percepisce che quella visita non è normale. Non che ci vogliano particolari capacità osservative questa volta: lei è visibilmente scossa, respira in modo affannoso, i suoi occhi sono lucidi e il sangue esce copioso dalle pellicine delle sue dita.

"Alicent, che succede? Il bambino…?"

Lei si limita a scuotere la testa per far capire che no, il bambino non c'entra nulla e sta bene. "Scusami" riesce a dire dopo aver preso qualche altro frenetico respiro, "mi dispiace se ti sto disturbando… ed è tardi… e–"

Larys sente qualcosa di indefinibile opprimergli il petto. Quella visione – Alicent che trema, che soffre – lo fa stare fisicamente male. Povera piccola Alicent, sempre così gentile da mettersi a chiedere scusa anche in una situazione del genere, da preoccuparsi prima degli altri (di non disturbare, come se lei potesse essere mai un fastidio per lui) che di se stessa. E lui sente la responsabilità di fare qualcosa, di aiutarla, di… proteggerla. Con uno scatto talmente repentino da farlo quasi sbilanciare, si scosta dalla porta per farla entrare e poi la conduce fino al divano dove la fa sedere.

"Stai avendo un attacco di panico" le dice con calma, sedendosi accanto a lei e afferrandole entrambe le mani, e poi la invita a respirare, contando a dire il vero anche un po' a caso.

Inspira, espira, inspira, espira, inspira, espira, inspira, espira. Lo dice forse per un tempo infinito, finché non sente il ritmo del suo respiro farsi regolare, mentre con un fazzoletto le ferma e le pulisce il sangue sulle mani. Non ha idea di cosa fare, non si è neanche mai posto il problema di dover tranquillizzare qualcuno, ma in qualche modo il suo metodo improvvisato funziona. 

"Che succede?" torna a chiederle, allora, ed è un sussurro, quasi per paura di farla agitare di nuovo.

Ma Alicent apre gli occhi e lo guarda, mostrandogli i begli occhi scuri asciutti. "Ho rivisto mio padre per dirgli del bambino, e ovviamente abbiamo litigato come al solito; davvero non capisco come riesca a farmi innervosire così tanto ancora…" Si ferma per fare un sospiro seccato, ma poi accenna un sorriso amaro nel rendersi conto che sta per torturarsi le mani di nuovo, solo che Larys gliele afferra prima che possa farlo. "Non volevo tornare a casa da sola, avevo bisogno di qualcuno e… Non sapevo dove altro andare".

Da chi altro andare, non lo dice, ma lui lo capisce lo stesso. Larys fa risalire lentamente le sue mani su tutta la lunghezza delle sue braccia e poi le ferma sulle spalle, trattenendole senza forza. "Devi venire sempre da me" replica, e se risulta possessivo con quel devi invece di un puoi non se ne accorge neppure, "voglio che tu ti senta libera di venire qui da me per qualsiasi cosa, in qualsiasi momento".

Lei non dice niente, ma dentro di sé gli crede, come crede a quel devi che più che dichiarazione di possesso a lei appare soltanto come rifugio, come casa. Così, inizia semplicemente a raccontare, di getto, lo svolgimento degli eventi della serata, e poi torna indietro, giusto per ripescare alcune briciole orientative del loro attuale rapporto burrascoso. Gli parla di come lei sia cresciuta in un ambiente fortemente religioso (anche se lui già lo sapeva), di come sia stato suo padre a imporle di fatto la relazione con Viserys Targaryen (lo sospettava), di come si incontrino di rado, ma comunque lui non perda occasione per rinfacciarle quel mancato matrimonio e per suggerirle dei nuovi possibili "partiti" tra le sue amicizie altolocate (non ne aveva idea).

"Sai qual è la cosa buffa, però? Che verte volte penso lui abbia ragione" conclude, al termine del suo racconto, "in fondo, dopo Viserys, non sono riuscita mai ad avere una relazione con qualcuno, e insomma anche per avere questo bambino io ho dovuto chiederti di–"

Larys si irrigidisce appena, lei può sentirlo perché è appoggiata con la testa sulla sua spalla.

"Oh, Alicent" esclama, e c'è una nota di fastidio nella sua voce, "non crederai ancora davvero che si è trattato soltanto di un favore?"

Lei solleva la testa e, mettendogli due dita sotto il mente, lo costringe a incrociare il suo sguardo. Cos'altro è stato, allora? È la tacita domanda che nessuno dei due osa porsi, ma che non è mai stato solo un accordo ormai lo sanno entrambi. Se da lui lei avesse voluto solo i geni necessari alla riproduzione, allora non lo cercherebbe ancora; se da lei lui avesse voluto solo del piacere sessuale, allora non si preoccuperebbe di tutto il resto. Definire, però, è pericoloso, per questo si accontentano di dire ciò che non sono. Non uno scambio di favori: non più, forse non lo sono stati mai. 

"Qualsiasi uomo al mondo vorrebbe stare con te, e considererebbe un privilegio darti un bambino" continua lui, invece, e non c'è dubbio dal modo in cui la guarda che quelle parole non sono vuota retorica. "Lì fuori c'è una fila di uomini che sarebbe pronto ad amarti e tra questi qualcuno sicuramente sarebbe capace di farlo nel modo in cui meriti".

Si guardano negli occhi e i pensieri corrono senza tramutarsi in parole. Non potrebbe esserci qualcuno anche qui dentro? Non potresti amarmi tu? Alicent scuote appena la testa come per scacciare quel pensiero e silenzia quelle domande scomode facendo unire le loro labbra. È un bacio dolce, lento, come se le bocche si stessero esplorando per la prima volta, ma allo stesso tempo c'è tutta l'esperienza e la conoscenza reciproca che rendono l'incastro tra le loro lingue e le loro labbra perfetto. Si baciano a lungo come fossero due adolescenti, e quando si separano restano a guardarsi ancora un po' senza parlare, quasi per paura di spezzare quello strano incantesimo. Poi, lui la fa stendere sul divano, con le gambe poggiate sulle proprie e le sfila le scarpe, iniziando a massaggiarle con una certa abilità i piedi nudi, leggermente gonfi e doloranti. Alicent si lascia andare a quel tocco piacevole, poi all'improvviso ridacchia appena.

"Cosa c'è di divertente?" 

"Stavo solo pensando che qualche anno fa Rhaenyra si era messa in testa che tu avessi un feticismo per i piedi, ed è orribile da dire lo so, considerando, insomma, la tua malformazione ma…"

"Oh, per i tuoi piedi potrei avere un feticismo, in effetti".

Alicent adesso ride apertamente, mentre pian piano inizia a ridacchiare anche lui. Ed è con quella strana ninna nanna che lei finisce per addormentarsi. Lui, invece, non dorme, ma resta ugualmente seduto senza muoversi, nella inusuale ma spontanea premura di non spostarle le gambe per non svegliarla. Nel buio del salotto, in quello scomodo silenzioso dormiveglia, lascia i pensieri frullare su un nuovo piano e, poi, le dita scorrere sulla rubrica del suo telefono, fino a fermarsi sul numero della sua rivela per eccellenza in tribunale, la procuratrice distrettuale Mysaria White. È tarda notte, ormai, ma le scrive comunque senza curarsi dell'orario, immaginandosi la giovane avvocatessa rotolarsi tra le lenzuola con la sua ultima segretaria, Talya qualcosa. Quante voci si riesce a raccogliere nel proprio ambiente se ci si impegna appena un poco a indagare… ma non è questa la voce che gli interessa al momento.

Ricordi la soffiata sul caso Martell? Tempo di ripagare il debito. Dammi tutto quello che hai sul dottor Otto Hightower.

Una ventina di minuti dopo, una ironica emoji con un bacio precede un file di venti pagine. Gli basta una scrollata veloce per rendersi conto, con un ghigno, che lì c'è tutto quello che gli serve – e forse anche di più.

 

*

 

La mattina dopo, quando Larys riapre gli occhi, si ritrova ancora seduto sul divano ma con un plaid addosso che la sera prima non c'era. Alicent è già in piedi, la sente canticchiare dalla cucina, come sente il rumore dei fornelli accesi e l'odore del caffé: il sorriso che gli affiora sulla labbra è francamente ridicolo, anche se non fa molto per nasconderlo quando si affaccia sulla porta, non se lei gli mostra il sorriso più radioso del mondo. Fanno colazione insieme, scambiando poche parole e sprofondando nel confortevole silenzio della costruzione di un'abitudine.

"Cinque chiamare perse da mio padre" dice d'un tratto lei con una smorfia infastidita, prendendo in mano il suo telefonino, "e tre messaggi di Rhaenyra, vuole sapere perché non mi ha trovata a casa ieri sera".

Larys continua a mangiare, lasciandole un'occhiata quasi distratta. "Cosa pensi di fare?"

"Con Rhaenyra? Le dirò che, dopo la cena di mio padre, mi sono fermata da Joanna per distrarmi".

"Mh, posso immaginare la gioia di Rhaenyra, gelosa com'è assolderà probabilmente una qualche sacerdotessa di Asshai per eliminare la tua nuova amichetta" replica lui con ironia, per poi assumere un'espressione più seria. "A dire il vero, però, mi stavo riferendo a tuo padre, non potrai certo evitarlo per sempre".

Alicent emette un suono che è a metà tra uno sbuffo e una risatina vuota. "Ah, non posso? Peccato, era proprio quello il mio piano". Scuote la testa e se la prende per qualche istante tra le mani, il tempo di far temere a Larys che stia per cadere in una nuova crisi di panico. Invece, quando solleva di nuovo lo sguardo appare tranquilla. "Non potrò dirgli di un'inseminazione artificiale, è fuori questione, gli prenderebbe un infarto, come lo è l'ipotesi che io sia rimasta incinta da un rapporto occasionale. Mi inventerò di avere una relazione, da tempo, magari con un militare, così potrò giustificare il fatto che lui non lo incontrerà mai, potrebbe funzionare".

Larys finge di considerare la situazione proposta. "Sì, potrebbe" dice in tono vago, e poi aggiunge quasi in modo casuale: "oppure potresti presentare me. Non guardarmi così, pensaci, sarebbe la soluzione migliore. Tuo padre avrebbe una risposta concreta alla sua domanda, e tu potresti smettere di evitarlo. Non sono il genero ideale, me ne rendo conto, ma credimi so essere persuasivo. Sarebbe più semplice di tutta la bugia che vuoi imbastire".

Alicent trattiene un sorriso incredulo. In effetti sarebbe una bugia anche quella, stanno mentendo da sempre, su tutto – ed è quasi assurdo che, mentre Rhaenyra e Harwin sanno che tra loro due sta succedendo molto meno, adesso la proposta è di far credere a Otto che tra loro sta succedendo molto più. Ma la verità sta nel mezzo, e non la conoscono neanche loro due. Sarebbe più da facile da spiegare (un fidanzato finto in carne e ossa, di buona famiglia e con una posizione sociale accettabile, proprio come vuole suo padre), questo è certo, eppure…

"Perché?"

Larys appare confuso, e forse lo è davvero. "Perché cosa?"

"Perché vorresti imbastire una simile sceneggiata? Tu che ci guadagni?" Non importa quanti passi possono fare, resta uno scambio di favori, e lei non può fare a meno di porsi sulla difensiva. Subito dopo, però, alleggerisce il peso dell'accusa. "Voglio dire, dubito che tu voglia così disperatamente conoscere mio padre".

"Ci guadagno che se Otto Hightower non ti metterà più inutili pressioni allora tu, speranzosamente, non avrai più attacchi di panico, non fanno bene al bambino. Mi sembra logico, non ti pare?"

Alicent annuisce piano e non ha più obiezioni, perché in effetti sembra tutto abbastanza razionale e comodo, se non che…

"Tranquilla, Alicent" le dice, leggendole nella mente anche questa volta, "sono discretamente bravo a recitare, pensa che al liceo ho persino interpretato Shylock nella rappresentazione finale dell'ultimo anno".

 

*

 

Alicent non ha bisogno di ulteriori convincimenti: la colonna dei pro è decisamente più densa di quella dei contro, e il ruolo da recitare non sembra essere così difficile, dopotutto. Così, dopo aver mandato un laconico invito via messaggio a Otto Hightower quella stessa mattina, non c'è voluto molto per ottenere una risposta affermativa, e adesso, appena tre giorni dopo, Alicent e Larys sono in piedi davanti alla porta di casa di lei ad accoglierlo per un pranzo. Una replica più intima e soprattutto più controllata dell'incontro al ristorante.

"Salve, signor Hightower, è un grande piacere conoscerla. Sono Larys Strong" si presenta nel tono più affabile possibile, insieme a una stretta di mano vigorosa che, nella sua idea, vorrebbe bilanciare la palese malformazione al piede. Perché sì, è stata notata subito, con uno sguardo volutamente insistente.

Finalmente, Otto solleva gli occhi dal bastone, e ricambia con una leggera riluttanza la stretta, anche se un cenno di curiosità gli anima lo sguardo alla menzione del nome. "Strong" ripete, con un lampo di riconoscimento, ma i pensieri di Larys che già si preparano a parlare delle sue attività da avvocato si interrompono bruscamente alla successiva aggiunta: "Devi essere il figlio di Lyonel, quello che non ha sposato Rhaenyra Targaryen, presumo".

"Conosce mio padre?"

"I medici finiscono per conoscersi tutti e noi abbiamo frequentato la stessa università alla Cittadella, non che fossimo propriamente amici" e lo dice con un tono talmente acido da intendere che fossero, piuttosto, i rivali della vita.

Larys, che alla menzione del padre si è impercettibilmente teso, adesso torna a rilassarsi e accenna un sorriso. "Deduco che mio padre non le piaccia molto: abbiamo già la prima cosa un comune, vede?"

Alicent sceglie di introdursi in quel momento, prendendo la mano libera di Larys nella sua, lanciando appena uno sguardo a suo padre. "Bene, direi che possiamo pranzare adesso. Papà, spero che ti piacciano i granchi, temo proprio di non ricordarlo".

 

*

 

La recita scolastica (come la chiamano tra loro entrambi per depotenziare il suo implicito significato) è, a tutti gli effetti, impeccabile. Forse perché il copione è stato scritto ormai da tempo e le prove sono state effettuate, in fondo, ogni singolo giorno durante quella gravidanza. Si tengono per mano, si chiamano amore e tesoro, e Larys non perde occasione per stamparle un bacio sulle labbra o per sfiorarle il pancione con amorevolezza – e tutto questo non provoca curiosamente in nessuno dei due alcun imbarazzo; è, del resto, soltanto l'estremizzazione di quanto avviene già normalmente tra loro, senza pubblico, a porte chiuse. Buona parte del pranzo trascorre in brevi conversazioni banali e superficiali (iniziate da Alicent), commenti sulla qualità del cibo (offerti e richiesti da Larys), tentativi più o meno schivati di interrogatorio (effettuati da Otto). Ma, se la messa in scena di Alicent e Larys è riuscita fin troppo bene, e la conoscenza tra Larys e Otto si assesta su una reciproca diffidenza, la tensione reale che si avverte come una nuvola carica di pioggia è data tutta dal rapporto tra padre e figlia.

Quando pensi di andare in maternità? Non che il tuo lavoro sia così poi faticoso, d'altronde.

Spero che Larys abbia una casa più adatta dove abitare, questa non mi è mai piaciuta, te l'ho sempre detto che è stata una pessima scelta trasferirti in questa parte della città.

Hai già parlato con un septon per il battesimo? Certo, sarà difficile trovare un septon che si rispetti che decida di battezzare il figlio di una coppia che vive ancora nel peccato.

Anche se a fatica, Alicent incassa abilmente ogni colpo, più o meno esplicito, e soltanto le pellicine strappate delle mani sono il segnale involontario per mostrare il proprio disagio a Larys. L'unico commento che la fa esplodere – e succede quando ormai il pasto è finito, e tutto ciò che rimane sono i granchi nel piatto di Otto – non riguarda né il lavoro, né la casa, né la religione. 

"Avrai saputo di Viserys, mia cara" esordisce il medico con casualità, approfittando di un riferimento alla lontana alla politica per introdurre quel nome, "ha annunciato le nozze imminenti con una delle figlie dell'imprenditore Baratheon, lei si chiama Cassiopea, o forse Cassandra, qualcosa di simile. Ha mai pensato che potresti esserci tu adesso al suo posto?"

"Preferisco pensare ad altre cose" risponde Alicent sbrigativamente, facendo per alzarsi in piedi, pronta a sparecchiare.

"Eppure dovresti pensarci" continua Otto, fingendo di non capire l'antifona, "a quest'ora potresti essere la donna più ricca e importante della città, non avresti bisogno di fare la maestrina e avresti potuto avere un figlio da un uomo come Viserys che–"

Il rumore dei piatti sbattuti con forza sul tavolo anticipano la furia della giovane donna. "Tu non sai niente della mia relazione con Viserys, non te ne è mai importato di chiedere e ora vieni a dirmi che…" Si interrompe per prendere un paio di respiri, la rabbia talmente forte da andate quasi in iperventilazione. "Non vorrei mai avere un figlio da Viserys, e io non ti permetto neanche di paragonarlo a Larys. Quindi ti ripeto, papà: preferisco pensare ad altre cose".

Otto ha la decenza di restare in silenzio e poi di abbassare lo sguardo,  mentre Alicent riporta le mani sui piatti. Tuttavia, prima che possa sollevarli, Larys le blocca con delicatezza un polso. "Amore, perché non vai a rinfrescarti qualche minuto in bagno? Noi ti aspetteremo qui senza problemi" e calca sulla parola amore non tanto per mantenere la sceneggiata quanto per marcare il territorio, per mostrare che lui è lì e Alicent non è più sola, e indifesa, e malleabile come suo padre l'ha sempre vista finora.

Lei lancia uno sguardo dubbioso tra i due uomini, poi, però, a un nuovo silenzioso incoraggiamento di Larys, annuisce appena e si allontana, lasciandoli soli. Proprio il momento che Larys stava aspettando da tutto il pranzo, e il suo compiacimento deve essere palese a sufficienza da essere notato – notato da un altro uomo che come lui è maestro del celare le emozioni, perlomeno.

"Allora, cosa succederà ora? Proverai a fare il cavaliere senza macchia e picchiarmi con il tuo bastone per difendere la tua bella?" gli domanda ironicamente, alludendo una volta di più, per mera provocazione, alla sua disabilità fisica.

Ma Larys, batte con enfasi le palpebre e assume un'espressione innocente. "Devo averle dato l'impressione sbagliata, le sembro davvero un uomo aggressivo? Niente affatto, niente affatto, aborro la violenza fisica. Perché, infatti, utilizzare le mani quando si possono usare altre armi come le parole, o meglio ancora nomi. Nomi, per esempio, come Hodor Winters, Hoyster Tully, il giovane Jojen Reed…"

Alla menzione di quei nomi estremamente famigliari, tutto il colore sembra svanire dal volto già pallido per natura di Otto, ma non per questo Larys tace.

"Devo forse continuare? Avrei altri cinque o forse sei nomi del genere, nomi che hanno come minimo comune denominatore il fatto di essere stati pazienti suoi tra l'estate del 2014 e la primavera del 2015 e che, fatalmente, sono morti tutti sotto i ferri. Una tragica fatalità, non è vero?".

La voce di Otto è una strana fusione tra un ringhio e un sibilo. "Che cosa vuoi da me?"

Larys, in maniera inaspettata, ridacchia leggermente, con l'allegria del gatto che gioca con il topo – e che lo tiene stretto tra gli artigli. "Oh, non essere così precipitoso, Otto! Posso darti del tu e chiamarti per nome, giusto?"

"No".

"Allora posso chiamarti direttamente papà? Mi sembra un po' eccessivo, ma se lo preferisci–"

"Ascolta, piccolo subdolo storpio, preferirei che non mi chiamassi proprio e che mi dicessi cosa accidenti vuoi da me".

"Anche Alicent preferirebbe non essere infastidita costantemente da suo padre, ma non sempre possiamo ottenere tutto ciò che vogliamo purtroppo".  L'uomo più giovane fa una lunga pausa, che usa per rubare dal piatto dell'altro un pezzo di granchio e metterselo in bocca. "Che spreco dare cose preziose a chi non sa apprezzarle, non credi?" 

Poi, dopo essersi pulito accuratamente le dita con il tovagliolo di stoffa, si porta una mano sotto l'elegante giacca grigio scuro che indossa e tira fuori un foglio arrotolato in stile pergamena. Otto glielo prende di mano quasi strappandoglielo e, dopo un rapido sguardo alla lista messa per iscritto dei suoi possibili capi di imputazione, lo ripiega posandolo sul tavolo senza però restituirlo. Cosa quell'uomo che ha davanti vuole adesso è chiaro: uno scambio di favori che si traduce in un non dare fastidio ad Alicent e io non darò fastidio a te.

"Alicent è mia figlia" dice come ultima difesa, ma in un tono che suona più debole di quanto vorrebbe.

E tanto debole suona la sua difesa, quanto forte risulta invece l'improvvisa eco – eguale e contraria – di Larys.

"Alicent è la mia fidanzata".

E il modo in cui lo dice, il suo sguardo mentre lo dice, rende a Otto impossibile non credere al nuovo stato delle cose. Perfino Larys stesso ci crede.

Non parlano più, perché Alicent torna proprio in quel momento, ma mentre il pranzo volge al termine, si beve il caffé e si intavolano gli ultimi tentativi di conversazione, Otto sembra aver preso la sua decisione. È appena più loquace, e appena meno ostile. Rivolge domande a Larys (ma curiosamente nessuna più ad Alicent) sul suo lavoro e sulla sua vita, ma il suo interrogatorio, adesso, appare quasi il sano interesse di un padre premuroso. E quando, alla fine, si preparare per andare via, si spinge fino a fare una carezza affettuosa al volto di sua figlia e a stringere la mano a quello che crede essere il suo compagno, lanciandogli un'occhiata che è a tutti gli effetti un misto tra odio e rispetto.

Non appena la porta si chiude alle sue spalle, Alicent si lascia andare un sospiro e una leggera risata di puro sollievo. La differenza nell'atteggiamento di Otto non è stata eclatante ma lei non ha potuto fare a meno di registrarla e di notare precisamente il momento di inizio.

"Che cosa hai detto a mio padre per farlo ammorbidire così tanto?" 

L'ho minacciato di far venire a galla tutti i suoi sporchi segretucci di malasanità.

Ti ho chiamata la mia fidanzata e per un momento l'ho inteso davvero.

Gli ho fatto capire con le cattive che deve lasciarti stare e non infastiditi più.

Larys scuote la mano in aria come per scacciare una mosca e tira fuori il sorriso più affabile che riesce a fare. "Magari ha scoperto che dopotutto gli vado a genio".

Alicent ride, semplicemente ride, e la sua risata è così genuina e libera che Larys sente di nuovo quell'indecifrabile peso insopprimibile sul petto, ed è così bella che si chiede perché mai qualcuno – perfino lui – dovrebbe volere da lei qualcosa in più di quella risata. 

   
 
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