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Autore: pampa98    17/07/2023    0 recensioni
[Questa storia partecipa al “Torneo Tremaghi - Multifandom Edition” indetto sul gruppo Facebook L’angolo di Madama Rosmerta]
Il Torneo Tremaghi torna a Hogwarts e per l'occasione tre valorosi studenti – Aegon Targaryen, Jacaerys Velaryon e Joffrey Lonmouth – dovranno formare una squadra per tenere alto il nome della loro scuola.
~ Aegon/Jace, Joffrey/Laenor, Aemond/Luke. ~
Genere: Generale, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Aegon II Targaryen, Altri, Jacaerys Velaryon, Joffrey Lonmouth
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
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Capitolo 8

Jacaerys Strong: tra illusione e realtà



 

Jacaerys sollevò di nuovo la pergamena davanti ai suoi occhi, nella vana ipotesi che vi fosse apparso improvvisamente qualcosa sopra. Ancora bianco – ancora nessun indizio sulla Terza Prova.

“Anch’io ho scoperto cos’avrei affrontato il giorno stesso della sfida e nessuno se ne è preoccupato!” aveva commentato Joffrey, senza nascondere il suo disappunto per quella che considerava un’agitazione eccessiva. 

Jacaerys concordava con lui, anche se solo in parte: quella pergamena era comparsa nella divisa di Aegon dopo il superamento della sua Prova, e per quale motivo sarebbe successo se non per dare un indizio all’ultimo Campione? 

«Se non è apparso niente finora, dubito succederà proprio stanotte.»

Jacaerys sospirò, ripiegando la pergamena prima di sdraiarsi nel letto accanto a quello di Cregan. 

«Lo so» rispose con un sospiro. Rimase a fissare il soffitto, picchiettando distrattamente le dita sulla sua pancia. «Non… Non credi che sia strano, però?» chiese poi, voltandosi verso di lui. «Perché hanno ricevuto quella pergamena, se non serviva a niente?»

Cregan si strinse nelle spalle.

«Forse ti sarà utile durante la Prova» disse, riproponendo la stessa idea che aveva esposto quando era stato chiaro che quel foglio vuoto era e vuoto sarebbe rimasto. «Dopotutto, la scorsa volta Aegon non ha usato la pergamena per distrarre i Chizpurfle?»

Jacaerys rise. Adesso che il suo fidanzato era al sicuro, fuori dalle tubature di Hogwarts, poteva ripensare ad alcuni momenti di quella giornata con maggior serenità. 

«Non hai tutti i torti» concordò, «e, in effetti, Aegon aveva affrontato la Prova praticamente senza indizi.»

«Per sua scelta – alquanto idiota, se mi permetti.»

Jacaerys gli scoccò un’occhiata obliqua, che non provocò alcuna reazione in Cregan. Sapeva di non doversi lamentare, dopotutto lui e Aegon si sopportavano – quest’ultimo aveva anche smesso di avvinghiarsi a lui ogni volta che il Prefetto era nei paraggi – e, in fondo, non poteva nemmeno biasimarlo per ritenere il suo ragazzo uno scansafatiche. 

«Comunque, adesso credo sia meglio che ti riposi» disse poi Cregan, rivolgendogli un sorriso. «Domani avrai bisogno di essere in forze.»

Jacaerys annuì – e avvertì l’agitazione tornare a crescere dentro di sé. Era sempre stato un bravo studente, aveva tutte le conoscenze necessarie a superare la sua sfida, qualunque essa fosse, ma affrontare l’ignoto lo faceva comunque tremare.

Avrebbe voluto che Aegon fosse lì, ma Rhaenys era stata molto chiara dopo la Seconda Prova: tutti gli studenti devono essere nel loro dormitorio dopo il coprifuoco, indipendentemente dalla Casa del partner, pena la decurtazione di dieci punti ciascuno e, nel loro caso specifico, del rischio di squalifica dal Torneo. 

“Odio dover invitare al rispetto delle regole, ma, per esperienza, devo informarvi che non è così semplice sfuggire agli occhi della Preside” aveva detto loro Joffrey, dopo che Aegon si era lamentato per l’ingiustizia che stavano subendo. 

Jacaerys sospirò. Aveva accettato senza troppi problemi quella limitazione – forse perché tanto in camera sua quanto in quella di Aegon c’erano delle presenze poco entusiaste verso la loro rinnovata relazione – ma in quel momento la sentiva gravare sul suo petto come un macigno. 

Prese un profondo respiro, cercando di calmarsi. 

Aegon sarebbe stato al suo fianco il giorno seguente ed era quella la cosa più importante.

 

~

 

«Sei pronto, vero? Ti ricordo che questa è l’ultima sfida, l’ultima occasione che abbiamo per vincere questo Torneo e riempirci di gloria. Qualunque cosa ti capiterà davanti, saprai affrontarla, quindi va’ tranquillo, d’accordo? E se non ci riuscirai, vedi comunque di…»

Aegon non resistette più. 

Gli scagliò un Languelingua, incurante del fatto che fossero a pochi metri dalla Preside e dagli emissari del Ministero, e che accanto a lui ci fosse il fidanzatino di Joffrey. A ogni parola che diceva, aveva visto la maschera di sicurezza di Jace creparsi sempre di più e voleva evitare che il ragazzo avesse un crollo davanti a tutta la loro famiglia.

Joffrey si portò le mani alla gola, cercando invano di parlare. Gli scagliò un’occhiata truce, poi si rivolse a Laenor, facendogli cenno di colpire Aegon – probabilmente con qualche Fattura molto dolorosa.

L’uomo sospirò.

«Non posso biasimarti» gli disse, prima di prendere Joffrey sottobraccio e portarlo via.

Quando furono abbastanza lontani, Jace mormorò un “Grazie”, abbozzando un sorriso.

Aegon gli portò un braccio intorno alle spalle, stringendolo a sé.

«Era il minimo. Va meglio adesso?»

Jace annuì. Abbassò lo sguardo, stringendo la bacchetta tra le mani sudate.

«Sono pronto» disse, forse più a se stesso che a lui. «Avrei preferito avere almeno un’idea di cosa affronterò, ma so che me la caverò comunque.»

«Ben detto» lo incoraggiò Rhaenyra, rivolgendogli un sorriso affettuoso che il figlio ricambiò.

«A tutti i Campioni di quest’oggi.» La voce di Rhaenys si sollevò dal palco posto di fronte alla Foresta Proibita, richiamando l’attenzione dei presenti. «Per favore, raggiungete ciascuno il membro del Ministero che vi è stato assegnato.»

«Solo il Campione?» chiese Joffrey, che li aveva nuovamente raggiunti. «Noi no?»

«No, signor Lonmouth» rispose Rhaenys, «perché quest’oggi il Campione affronterà la sua sfida in solitaria.»

«Quindi noi dovremo usare di nuovo degli Specchi Gemelli per comunicare con lui?» domandò Aegon. Aveva temuto che la Prova di Jace potesse essere simile alla sua e l’idea di non poter sapere con esattezza cosa gli stava accadendo lo metteva in agitazione. 

La Preside sospirò, probabilmente infastidita dalle loro interruzioni, e Cregan Stark le venne in soccorso.

«Gli altri si sono già posizionati» disse, avvicinandosi a Jace. «Vai anche tu. Vedrai che Velaryon ti spiegherà tutto quanto.»

Il ragazzo annuì. Strinse un’ultima volta la mano di Aegon, sorridendogli, e raggiunse Tyland Lannister. Il Serpeverde notò solo in quel momento che i tre uomini schierati davanti al palco avevano ciascuno una spilla con lo stemma di una delle scuole in gara.

«Jace è bravo a fare le scelte giuste.» Aegon sussultò, sentendo la voce di Helaena accanto a lui. «E, comunque, le illusioni non uccidono.»

Gli sorrise, forse pensando seriamente di avergli detto qualcosa di confortante – peccato che lui non ci avesse capito niente.

«Tu la sai tradurre?» chiese, voltandosi verso Aemond.

Lui fece un cenno con la testa in direzione del palco.

«Ascolta le regole della Prova.»

Proprio in quel momento, infatti, Rhaenys aveva iniziato a parlare.

«Siamo infine giunti all’ultima giornata di questo lungo Torneo. Finora le Prove sono sempre state affrontate in squadra e ogni membro del gruppo ha contribuito al risultato finale. Quest’oggi, però, saranno solo le scelte individuali a decretare il vincitore.»

«Quindi Jace sarà davvero solo?» mormorò Luke.

Harwin gli posò una mano sulla spalla, cercando di confortarlo, anche se sembrava più preoccupato di lui.

«All’inizio della Prova» continuò Rhaenys, «dovrete bere una Pozione che vi terrà addormentati fino al termine delle dodici ore della sfida – o, in alternativa, fino a quando uno di voi non solleverà la Coppa Tremaghi. È stata posizionata al centro della Foresta Proibita e voi dovrete trovare il modo di raggiungerla.»

«Di nuovo una passeggiata?» mormorò Joffrey, incrociando le braccia sul petto. «Perché solo io ho rischiato davvero la pelle?»

«Mi permetto di darvi un piccolo consiglio» concluse Rhaenys, guardando i tre Campioni uno a uno. «Scegliete con saggezza il percorso da seguire. Ciò che accadrà nell’illusione non avrà ripercussioni sul vostro corpo, ma non posso darvi la stessa garanzia circa la vostra salute mentale.»

Aegon aggrottò le sopracciglia, voltandosi verso Helaena. Era un caso il commento di poco prima oppure…?

Rhaenys attirò di nuovo la sua attenzione, spiegando che i Campioni avrebbero iniziato la Prova a cinque minuti di distanza, in base alla classifica parziale. Jace, dunque, sarebbe stato il primo insieme al Campione di Durmstrang.

«Accomodatevi» disse Rhaenys. «Anche le vostre famiglie e i vostri compagni possono raggiungervi.»

Tyland Lannister si fece da parte, rivelando alle sue spalle un semplice letto a una piazza. Jace ci si sedette sopra guardingo e rivolse loro un sorriso forzato mentre lo raggiungevano.

«Sei pronto, tesoro?» gli chiese Rhaenyra, posandogli una mano sulla spalla.

Jace annuì, poi abbassò lo sguardo, torcendosi le mani.

«Non sembra tanto difficile, no?» disse. «Anche se sarò da solo.»

«Questa non l’ho proprio capita» intervenne Harwin. «Anche Aegon praticamente non ha avuto aiuti, quindi che senso ha esattamente che siate una squadra?»

Aegon si voltò verso Rhaenys, che stava parlando con gli uomini del Ministero – probabilmente le stavano consegnando le Pozioni. 

Non aveva senso che Jace dovesse essere da solo. E se avesse avuto bisogno di consigli su come muoversi? A quanto ricordava, lui era entrato nella Foresta Proibita solo una volta, senza però addentrarsi più di tanto. Era un ottimo mago, questo non lo metteva in dubbio, ma trovava comunque frustrante la consapevolezza di non potergli stare accanto. 

«Non stai cercando di incenerire mia madre con lo sguardo, vero?» gli domandò Laenor.

Aegon sbuffò, distogliendo la sua attenzione da Rhaenys.

«Questo Torneo diventa più assurdo a ogni Prova.» Si avvicinò a Jace, abbassandosi per sussurrargli all’orecchio: «E se ci dividessimo la Pozione e io entrassi con te?»

Jace rise, e anche se l’obiettivo di Aegon non era stato quello, fu felice di udire quel suono.

«Non credo si possa fare.»

«Perché no? La prendi e poi ti bacio. Sembrerà un incidente. Certo, dovrai ricordarti di non ingoiare, il che potrebbe non essere facile per…»

«Aegon!» Jace divenne paonazzo e stavolta fu lui a ridacchiare. 

«Certi dettagli potreste tenerli solo per voi?» commentò Aemond, lanciando un’occhiata di disgusto a entrambi. 

Accanto a lui, Luke era diventato quasi della stessa tonalità del fratello, ma nemmeno quell’informazione intima su di lui era riuscita a diminuire la sua agitazione. Difatti abbracciò subito Jace, che ricambiò con forza il gesto.

«Luke, tuo fratello non sta andando in guerra» lo richiamò Rhaenyra, con un sorriso affettuoso in volto. 

«Già» disse Harwin, avvicinandosi ai due ragazzi, «vedrete che andrà tutto bene.»

Entrambi annuirono – e, appena Luke si fece da parte, fu Harwin ad abbracciare Jace. Rhaenyra roteò gli occhi al cielo, scuotendo la testa, mentre Alicent sorrise di fronte a quella manifestazione di affetto.

«È bello vedere quanto lo ama.» 

Quel commento giunse fino alle orecchie di Aegon, che focalizzò tutta la sua attenzione su ciò che Jace avrebbe dovuto affrontare per non pensare a quanto fosse invidioso del suo rapporto col padre.

«Sei tranquillo?» Daeron, che aveva avuto un permesso speciale per unirsi alla sua famiglia quel giorno, si avvicinò a lui con un sorriso in volto. Nonostante la sua giovane età, era anche il più maturo tra i suoi fratelli – nonché l’unico che non gli provocava una costante emicrania. 

«La trovo una Prova stupida, ma Jace vuole seguire le regole alla lettera. Mi dovrò adattare.»

«Sono sicuro che se la caverà. Se tutto quello che mi hai raccontato è vero, è un ragazzo in gamba. Non avrà difficoltà.»

Aegon annuì, arrossendo leggermente. Forse durante le vacanza di Natale si era lasciato sfuggire qualche commento sul suo ragazzo e nelle lettere che inviava a Daeron parlava spesso di Jace – ma non così tanto!

«Sì, se non soffoca prima» commentò Joffrey Strong, che si era attaccato a suo fratello da quando era arrivato. Forse davvero gli Strong erano geneticamente attratti dai Targaryen.

«Papà, sei imbarazzante. Lascialo andare» disse, avvicinandosi ai due ancora abbracciati. 

«Joffrey!» lo riprese Jace, ma il ragazzino si limitò ad alzare le spalle.

«Volevo farti gli auguri anch’io» spiegò.

«Giusto, hai ragione.» Harwin passò una mano tra i capelli del figlio minore, lanciando un’ultima occhiata a Jace prima di allontanarsi.

Jace sorrise verso suo fratello e allargò le braccia, invitandolo ad abbracciarlo a sua volta.

«Non stai per morire, Jace, non c’è bisogno di tutte queste smancerie. Buona fortuna, ci vediamo stasera.»

Detto ciò, tornò sui suoi passi, unendosi nuovamente a Daeron e iniziando a raccontargli della scopa che aveva chiesto per il suo compleanno. 

Aegon, vedendo quella scena, non potè fare a meno di ridersela sotto i baffi.

«Sta’ zitto!» lo attaccò Jace, che sicuramente non aveva apprezzato la freddezza di suo fratello. 

Aegon si avvicinò a lui, sedendosi al suo fianco, e gli circondò le spalle con il braccio destro.

«Coraggio, lo sai che è diventato un piccolo stronzetto» gli disse. «Immagino sia colpa del nome.»

«Quale nome?» chiese Joffrey Lonmouth, prendendo posto accanto a Jace. Lui e Aegon si scambiarono un’occhiata, decidendo tacitamente che non era il momento adatto per iniziare una discussione con il loro compagno.

«Certo che è triste pensare che questa è l’ultima Prova e noi due non solo non parteciperemo, ma non potremo nemmeno vederla.»

«Devo concordare» disse Aegon. «È un’immensa cazzata.» Pronunciò quelle parole a voce alta, ma vennero nascoste alle orecchie degli organizzatori del Torneo dal rombo del cannone che annunciò l’inizio della sfida.

Tyland Lannister si avvicinò a loro insieme a Rhaenys e porse a Jace la Pozione che avrebbe dovuto bere. Aveva un colore rosato che fece storcere il naso sia ad Aegon che a Joffrey.

«Buona fortuna, Jacaerys» gli disse la preside. Poi, rivolgendosi ai Serpeverde: «Per favore, adesso lasciate che si metta comodo. Voi due lo supporterete da qui.»

Aegon scattò in piedi, sentendo un barlume di speranza brillare in lui.

«Allora possiamo aiutarlo in qualche modo? Che possiamo fare?»

«Tenergli la mano e fargli sentire il vostro sostegno.»

«Quindi, in parole povere, non possiamo fare niente» commentò Joffrey, alzandosi a sua volta. 

Aegon sbuffò, ma la mano di Jace stretta alla sua lo fece desistere dal dire qualcosa che avrebbe potuto metterlo nei guai.

«Andrà bene» gli disse il Grifondoro. «Sapere che sarai al mio fianco è già di grande aiuto.»

Aegon si avvicinò a lui, catturandogli le labbra in un lungo bacio. 

«Non vedo l’ora di riaverti qui con me» gli disse.

«Forse dovrebbe bere la pozione adesso» suggerì Helaena. 

Jace annuì. Guardò un’ultima volta tutti i presenti, che si erano radunati attorno al letto, e rivolse loro un sorriso prima di bere quello strano liquido. A giudicare dall’espressione che fece, il sapore non doveva essere molto migliore dell’aspetto.

«Come ti senti?» gli chiese Aegon.

«Normale, credo.»

«Vedrai che farà effetto a momenti.» Helaena si frappose tra di loro e abbracciò Jace.

«Il momento degli auguri è passato, stupida!»

Si avvicinò per allontanarla dal suo ragazzo, ma lei lo aveva preceduto ed era già tornata a posizionarsi vicino a loro madre. 

«Non chiamarla “stupida”» lo rimproverò Jace, facendogli emettere uno sbuffo infastidito.

«Ti sembra questo il momento per le prediche?» sbottò.

«Hai ragione, scusa.»

Fece appena in tempo a pronunciare l’ultima parola, prima che i suoi occhi si chiudessero e perdesse conoscenza. Aegon riuscì a trattenerlo, evitandogli di cadere in avanti e lo fece adagiare sul letto. 

Sbuffò, passandosi una mano sul viso. L’ultima cosa che avevano fatto prima che Jace iniziasse quell’assurda prova era discutere: grandioso!

Si sedette accanto a lui, stringendogli una mano tra le sue – e sperò di riaverlo presto accanto a sé. 

 

~

 

Aprì gli occhi, scontrandosi con il cielo limpido sopra di sé. Sbatté le palpebre, sorpreso di essere ancora sveglio: forse la pozione aveva bisogno di un po’ di tempo per fare effetto. Si voltò in cerca del viso di Aegon – voleva salutarlo a dovere prima dell’inizio della Prova – ma intorno a lui non c’era nessuno.

Si tirò su a sedere, guardandosi intorno spaesato. Si rese conto solo in quel momento di essere sdraiato a terra e che la Foresta Proibita, che prima aveva visto dall’esterno, adesso lo circondava.

La Prova era iniziata.

Jacaerys prese un profondo respiro, che rilasciò insieme a tutti i suoi timori. Si alzò in piedi ed estrasse immediatamente la bacchetta. Per sicurezza, si tastò le tasche della divisa nel caso ci fosse qualche sorpresa, ma non trovò niente: avrebbe avuto solo la magia e il suo senso dell’orientamento ad accompagnarlo.

«Perché sei così nervoso? Non dirmi che il più bravo della classe ha paura di qualche albero.»

Jacaerys sussultò al suono di quelle parole, provenienti dalle sue spalle. Era uno degli altri Campioni? No, la voce gli era sembrata molto giovane, da bambino. Si voltò – e l’immagine che apparve di fronte ai suoi occhi lo confuse ancora di più.

C’era davvero un bambino, un piccolo Serpeverde dagli occhi viola e i capelli biondo argentato che gli scendevano fino alle spalle. Aveva un’aria familiare – tremendamente.

«Ae-Aemond?» mormorò. Era identico all’Aemond che aveva conosciuto durante i primi anni di scuola, quando aveva ancora entrambi gli occhi e poteva chiamarlo amico – ma quel bambino era cresciuto e la sua versione adulta l’aveva vista pochi minuti prima.

«Adesso non ti ricordi nemmeno più di me?» lo sbeffeggiò il ragazzino – con un tono e un atteggiamento che lo fecero somigliare ancora di più ad Aemond. «Già, non dovrebbe sorprendermi. Mi hai buttato via appena non ti sono più piaciuto.»

Jacaerys si irrigidì di fronte a quelle accuse. Era stato Aemond ad allontanarsi da lui, nonostante i suoi tentativi di legare. Se voleva incolpare qualcuno per il modo in cui il loro rapporto era degenerato, doveva accusare solo se stesso. 

«Che c’è, non ti ricordi più come si parla?» lo sbeffeggiò ancora.

«Si può sapere che vuoi? Come fai a…» Jacaerys scosse la testa, imponendosi di stare calmo. «Sei tu la Prova, dunque?» chiese, stringendo la presa sulla bacchetta nel caso in cui ciò che aveva davanti a sé avesse deciso di attaccarlo.

Aemond spostò lo sguardo sulla sua mano destra, sollevando un angolo della bocca in un sorriso triste.

«Vuoi attaccarmi di nuovo, Jace?» disse, e lo sguardo che gli rivolse gli strinse il cuore. I suoi occhi erano pieni di delusione e accusa, e Jacaerys si sentì colpevole – di averlo escluso, di non aver combattuto di più per la loro amicizia.

Non è stata solo colpa mia, si ripeté. 

«Rispondi alla mia domanda» intimò, ma anziché alzare la bacchetta la ritrasse. Forse la sfida consisteva nel riappacificarsi con qualcuno che aveva ferito, anche se non capiva perché dovesse farlo con la versione bambina di Aemond.

«No, non sono io. La tua Prova consiste nel trovare la Coppa Tremaghi. Non hai ascoltato il discorso della preside?»

«Certo che l’ho ascoltato! Ma allora si può sapere cosa sei tu?»

«Un tuo vecchio amico» rispose, con un sorrisetto beffardo. «Non sei felice di avere un po’ di compagnia?»

Jacaerys si passò una mano sul volto. Che razza di scherzo era quello? Se non doveva affrontare la Prova da solo, perché non aveva con sé uno dei suoi compagni o qualcuno che davvero era suo amico? Anche l’Aemond adulto gli sarebbe andato bene.

«A tal proposito, non pensi che dovresti iniziare la ricerca?» disse Aemond. «Non voglio deluderti, ma sappi che non arriverà mammina con la Coppa pronta per te.»

Jacaerys strinse i pugni, sforzandosi di non rispondere a tono – o peggio. Su una cosa, però, doveva dargli ragione: aveva perso fin troppo tempo con lui. 

Non gli piaceva l’idea di dargli le spalle, ma il centro della Foresta era dietro di lui e non poté fare altro che voltarsi e incamminarsi, sperando di riuscire a liberarsi di quella presenza il prima possibile.

 

 

Era entrato nella Foresta Proibita solo al suo terzo anno, quando lui e Aegon avevano condiviso una punizione per essersi passati un esame di Pozioni, ma mai così in profondità. 

Provava a immaginare la strada da percorrere, cercando di memorizzare ogni bivio o albero particolare nel caso in cui si fosse perso, e contemporaneamente teneva le orecchie bene aperte per non incappare in qualche pericolo. Non aveva difficoltà a svolgere più azioni insieme – anche se sarebbe stato più semplice senza la vocetta di Aemond che continuava a canzonarlo e mettere in dubbio le sue scelte.

«Io te lo dico, così non arrivi da nessuna parte» commentò dopo che Jacaerys aveva svoltato per un altro bivio, addentrandosi ancora di più nella boscaglia. «Ma, in fondo, perché dovresti dare retta a me? Tu sei tanto superiore, così perfetto e intelligente. Come potrei mai io dare consigli a te

«Chiudi il becco una buona volta!» sbottò, voltandosi verso di lui – e inciampando in una radice rialzata.

Cadde a terra, imprecando tra i denti, mentre il piccolo Aemond rideva soddisfatto. Jacaerys strinse i pugni – quanto avrebbe voluto farli impattare sulla sua stupida faccia! – e sentì qualcosa di appiccicoso sui polpastrelli. Si portò la mano davanti agli occhi per capire cosa fosse: un liquido argentato gli imbrattava le dita e, abbassando lo sguardo, notò che una scia dello stesso colore si allungava per qualche metro davanti a lui.

«Povera bestia» mormorò Aemond, che sembrava aver già individuato l’origine di quel liquido. Quando anche Jacaerys la scoprì, scattò in piedi, osservando la scena allibito.

Poco distante da loro, un unicorno era sdraiato a terra con una ferita sul fianco mentre un’Acromantula la sovrastava nel tentativo di succhiare il suo sangue. L’animale scalciava, anche se debolmente, e Jacaerys sperò che non si trattasse solo di un riflesso post-mortem. 

Credeva che gli unicorni fossero creature mitologiche, ormai estinte da anni come i draghi, eppure in quel momento ne aveva uno davanti agli occhi. 

Il sogno di molti maghi si stava avverando, nella forma di un terribile incubo.

Uccidere e nutrirsi del sangue di un unicorno era un’atrocità anche per un essere come l’Acromantula. E Jacaerys non poteva restare lì a guardare.

Strinse la presa sulla bacchetta e si avvicinò alle due creature.

«Che stai facendo?» domandò Aemond. «Il centro della Foresta è di qua.»

«Lo so, ma quell’unicorno ha bisogno di aiuto!»

Aemond sbatté le palpebre, fissandolo con uno sguardo che non trasmetteva alcuna emozione. La sua capacità di nascondere i propri sentimenti era uno degli aspetti che Jacaerys più odiava di lui.

«Capisco» annuì infine, sempre con la stessa espressione. «Non puoi abbandonare qualcuno che è in difficoltà – a meno che non si muova su due sole gambe.»

Jacaerys si irrigidì. Non sapeva cosa fosse esattamente, ma di certo quello spettro conosceva Aemond e i loro trascorsi, altrimenti non avrebbe saputo come centrare così bene tutti i suoi sensi di colpa.

Non è il vero Aemond. Vuole solo distrarti.

Si voltò, tornando a concentrarsi sull’unica questione importante in quel momento. Puntò la bacchetta contro l’Acromantula, che ancora non si era accorta della sua presenza, e scagliò il suo incantesimo.

«Arania Exumai!»

La creatura venne scaraventata via dalla sua vittima, sparendo dietro gli alberi. Jacaerys si avvicinò guardingo, tenendo la bacchetta puntata nella direzione in cui era scomparsa l’Acromantula. Vedendo che sembrava tutto tranquillo, si inginocchiò davanti all’unicorno e tirò un sospiro di sollievo constatando che respirava ancora. La ferita sul suo fianco non sembrava troppo profonda, ma dubitava che il povero animale sarebbe sopravvissuto a lungo senza cure. 

Spostò lo sguardo sul suo muso e si accorse che lo stava guardando. Jacaerys non era un esperto di unicorni, ma non gli sembrava che fosse arrabbiato o spaventato. Probabilmente, però, era solo troppo stanco per preoccuparsi di quell’umano che gli si era avvicinato.

«Andrà tutto bene» gli disse, sperando che dal suo tono e dai suoi gesti trasparisse il suo sincero desiderio di aiutarlo.

Sollevò la bacchetta sopra il suo corpo e, pregando che quell’Incantesimo avesse effetto anche sulle Creature Magiche, recitò la formula. Lentamente, vide la ferita farsi sempre più piccola fino a ridursi a una semplice cicatrice.

Jacaerys sorrise di fronte a quell’immagine. E il suo sorriso si fece ancora più ampio quando vide l’unicorno iniziare a muoversi per rimettersi in piedi. 

Clap. Clap. Clap.

«Congratulazioni» disse Aemond, battendo le mani. «L’eroe del giorno! Un vero peccato che tu non conoscessi certi Incantesimi quando eravamo più giovani.»

Appena pronunciò quelle parole, il suo volto mutò. Il suo viso si sporcò di terra e sul lato sinistro comparve un’orrenda ferita che gli attraversava l’occhio. 

Jacaerys deglutì a vuoto. 

«Non potrei guarirti nemmeno adesso» rispose.

«Hai ragione, ma avresti potuto salvarmi, come hai fatto con quell’unicorno. Il tuo fratellino era sicuramente più gestibile di un’Acromantula.»

Jacaerys strinse i pugni. Odiava il tono pieno di accusa e risentimento con cui gli si stava rivolgendo e con cui parlava anche di Luke. Suo fratello aveva subito cercato di scusarsi, ma non era stato ascoltato.

L’hai costretto a saldare il suo debito, prima di riammetterlo nella tua vita.

«Ma, in fondo, è più onorevole salvare un animale sacro che un Serpeverde» continuò Aemond. «Hai mai provato a immaginare uno scenario diverso, Sanguemarcio

Jacaerys non ci vide più.

«Sì, ci ho provato» rispose, avvicinandosi a lui. L’unico aspetto positivo di quell’Aemond era che lo sovrastava con facilità. «Per esempio, sono sicuro che tu avresti ancora il tuo dannatissimo occhio se non avessi cercato di uccidermi!»

Sapeva cos’aveva perso Aemond quel giorno – e sì, ne era stato dispiaciuto – ma ciò che più lo aveva ferito, oltre agli insulti, era stata la luce verde che aveva visto brillare dalla bacchetta del ragazzo contro il suo volto. 

Se Luke non fosse intervenuto, adesso lui sarebbe morto. 

Un’ombra di tristezza passò sul volto del Serpeverde, ma fu solo un momento.

«Non ti avrei ucciso» mormorò.

«Davvero? Mi spiace infrangere i tuoi sogni, ma l’Anatema che Uccide produce un unico risultato.»

Aemond strinse la palpebra.

«Almeno io non attacco usando sporchi trucchetti» disse, ritrovando la sua rabbia.

Jacaerys scosse la testa. Perché perdeva tempo a parlare con lui? Quel ragazzino era convinto di essere dalla parte della ragione ed era sordo a ogni errore che aveva commesso. 

Non è il vero Aemond, si ripeté. 

«Altri però lo fanno» continuò, incrociando le mani dietro la schiena. «Infatti, trovo sia stupido voltare le spalle a un nemico.»

«Su questo posso concordare.»

«Allora perché lo stai facendo?»

Jacaerys sbatté le palpebre, confuso. 

Stava per rispondere che lui gli era di fronte, quando si ritrovò schiacciato a terra e avvertì un dolore lancinante alla spalla sinistra. L’Acromantula si era ripresa ed era andata a cercare vendetta – e, probabilmente, anche un altro spuntino.

Jacaerys si dimenò, ma la Creatura era troppo grande per lui. Fortunatamente aveva ancora la bacchetta in mano e, puntandola alla cieca dietro di lui, lanciò un altro Arania Exumai. Colpì il ragno di striscio, ma fu sufficiente perché si staccasse da lui, permettendogli di rialzarsi in piedi.

«Io ci ho provato ad avvisarti» disse Aemond, facendo spallucce.

Jacaerys fu tentato di offrirlo all’Acromantula, così da liberarsi di due problemi in un colpo solo, ma non poteva lasciarsi distrarre da lui un’altra volta. Attaccò nuovamente il ragno, scagliandolo lontano da lì. Anche quando scomparve alla sua vista, continuò a scagliare Incantesimi per essere certo che stesse il più lontano possibile e solo allora iniziò a correre verso il centro della Foresta. 

Aegon gli aveva detto che, durante la sua Prova, sia i Chizpurfle che l’Avvincino, una volta sconfitti, non si erano più fatti vedere, e lui sperava che quella regola valesse anche nel suo caso.

La spalla iniziò a bruciargli sempre di più e lui si rese conto con orrore che non aveva alcun antidoto con sé. Quanto tempo impiegava il veleno dell’Acromantula a fare effetto? Sperava almeno più di dieci ore, anche se gli sembrava un’utopia. Rhaenys aveva detto che niente di ciò che sarebbe accaduto nell’illusione avrebbe avuto effetto sul corpo reale, ma questo non significava che non lo avrebbe avuto su quello illusorio. E se il veleno lo avesse fatto svenire, riportandolo alla realtà prima di aver trovato la Coppa Tremaghi? Avrebbero perso il Torneo per un suo stupido errore di distrazione.

No, non poteva permetterselo. Doveva raggiungere il centro della Foresta e sollevare la Coppa – subito.

 

 

«L’Acromantula dovremmo averla seminata ormai. Peccato per l’unicorno, non credo ci capiterà mai più l’occasione di vederne uno, sarebbe stato bello stare in sua compagnia un altro po’. Ehi, non ti va bene nemmeno questo argomento di conversazione?»

Il ragno non lo aveva seguito, ma Aemond purtroppo sì. Tra la stanchezza, il veleno che gli circolava in corpo e la sua vocetta petulante, Jacaerys era certo che presto sarebbe impazzito.

Avrebbe voluto parlare con Aegon in quel momento. Se erano una squadra, perché diamine doveva affrontare tutta quella Prova da solo? Una volta uscito da lì, avrebbe fatto un bel discorsetto con sua nonna. 

«Guarda che bel cielo» disse Aemond, accanto a lui. «Quel rossore credi indichi che il Sole sta tramontando?»

Jacaerys sollevò la testa di scatto e imprecò – per il dolore che quel movimento repentino gli aveva causato e per la constatazione che era il tramonto. Com’era possibile? Credeva non fossero passate più di un paio d’ore da quando aveva iniziato la Prova.

«Hai tempo fino alle dieci di sera per trovare la Coppa, giusto?»

«Sì» rispose a denti stretti, accelerando il passo per quanto possibile.

«Allora mi sa che devi sbrigarti.»

«Cosa ti sembra che stia fac-»

Un’ombra improvvisa si palesò davanti a lui, insieme a un acuto cinguettio. Jacaerys sollevò lo sguardo, trovandosi davanti a un ampio masso, sulla cui sommità vide della palle gialle. Fece qualche passo indietro, guardandosi meglio attorno. 

La prateria in cui erano finiti era piena di massi, tutti piuttosto alti, che ospitavano nidi di uccelli – Golden Snidget, a giudicare dalla forma e dal colore dorato.

«Sembrano boccini» commentò Aemond, confermando i suoi dubbi. «Questo è interessante. Cosa pensi di fare?»

Jacaerys si guardò intorno: pochi metri davanti a lui la Foresta proseguiva, diventando sempre più fitta man mano che si avvicinava al centro, e l’unico ostacolo sul suo percorso erano quei nidi di Snidget – che si trovavano molto in alto, dove lui non li avrebbe disturbati. 

Sapeva che, con tutte le angherie subite dai Maghi, quegli uccelli non erano particolarmente amichevoli nei loro confronti, ma non erano nemmeno Creature aggressive. Lui aveva solo bisogno di camminare su quel prato. Gli sarebbero bastati pochi minuti e gli Snidget non lo avrebbero più visto. 

Prese un profondo respiro e ripose la bacchetta all’interno della sua divisa. Ferito e disarmato, non poteva certo rappresentare una minaccia.

«Non sai che i Golden Snidget sono molto protettivi verso i loro territori?» disse Aemond. «So che non ti importa di chi ritieni inferiore a te, ma quei poveri animali hanno già sofferto molto a causa della tua specie.»

Jacaerys si voltò verso di lui, stringendo i pugni.

«Devo solo camminare, e le loro nidiate sono troppo in alto perché quest’azione possa metterle in pericolo.»

«Se lo dici tu» rispose con un’alzata di spalle.

Jacaerys aggrottò le sopracciglia. Lo spettro aveva di nuovo il suo aspetto iniziale, perciò non gli era difficile guardarlo, e infatti si ritrovò a fissarlo per cercare di cogliere in lui qualche avvertimento. Prima, dopotutto, aveva notato l’Acromantula che stava per attaccarlo. Che sapesse che anche quei piccoli Snidget gli avrebbero causato problemi?

«Se sai qualcosa di utile su questo territorio e i suoi abitanti, ti sarei grato se me lo dicessi» gli disse, voltandosi completamente verso di lui.

Aemond sgranò gli occhi, portandosi le mani al petto, in un'esagerata ostentazione di stupore. 

«Tu saresti grato a me? Oh, quanto mi onori! Mai avrei immaginato che sarebbe arrivato il giorno…»

Jacaerys gli diede le spalle e iniziò a camminare. Si sentì uno stupido per aver cercato consigli da quell’agglomerato di sarcasmo e vittimismo che, al di fuori dell’aspetto, non aveva poi molto a che fare con Aemond.

Il fratello di Aegon non era così.

Non lo era mai stato.

Le gambe di Jacaerys si inchiodarono al suolo, mentre la consapevolezza di tutti gli atteggiamenti sbagliati che aveva avuto nei suoi confronti si faceva strada dentro di lui. La sua compagnia gli piaceva, ma avendo sempre avuto un debole per Aegon, non si era fatto scrupoli a seguirlo nei suoi stupidi scherzi. Scherzi che, per Aemond, erano sempre stati qualcosa di più grave – ma lui si era rifiutato di ascoltare e quando il bambino aveva iniziato a rispondere con la stessa moneta, Jacaerys gli aveva voltato le spalle.

E non si era mai scusato per quello.

Sentì un’improvvisa folata di vento colpirlo sulla guancia destra, provocandogli un graffio. Si voltò, cercando di capire cosa fosse successo, ma non vide niente. Sentì solo un altro colpo e poi un altro e un altro ancora. Qualcosa che non riusciva a identificare lo stava attaccando, provocandogli tante, piccole e fastidiose ferite. 

A un tratto, scorse una scia di giallo intorno a sé – e capì.

Si era distratto, mostrandosi agli Snidget che dovevano averlo scambiato per un cacciatore ed erano scattati sulla difensiva.

«Fermi!» gridò, cercando di coprirsi il volto con le mani. «Devo solo raggiungere… l’altro lato del prato, non… non voglio farvi del male!»

«Non parlano la tua lingua, genio.»

Jacaerys imprecò, mandandolo al diavolo. Era colpa sua se si era distratto, di nuovo

Estrasse la bacchetta, pensando di lanciare un Protego che gli permettesse di proseguire indisturbato, ma riuscì solo a sollevarla a mezz’aria. La velocità degli Snidget non gli dava tregua e, quando vide uno di loro attaccarsi alla sua bacchetta con il becco, capì che non avrebbe potuto fare niente contro di loro.

«Posso suggerire una ritirata?» disse Aemond, che era rimasto in disparte a osservare la scena indisturbato.

Suo malgrado, Jacaerys dovette dargli ascolto. Staccò lo Snidget dalla sua bacchetta e iniziò a indietreggiare. Più si allontanava dai massi che ospitavano i loro nidi, più quelle Creature scemavano, smettendo di attaccarlo. Solo quando giunse al limitare opposto della prateria, da dove era partito, gli Snidget lo lasciarono libero di proseguire il suo percorso. 

Jacaerys, pieno di ferite in tutto il corpo, alzò lo sguardo verso il cielo: non era ancora calata la sera, dunque quantomeno non aveva perso troppo tempo con quegli uccelli. 

«Fossi in te, mi darei una mossa» commentò Aemond. «La notte è sempre più vicina.»

 

 

E li colse nel fitto della Foresta, costringendo Jacaerys a usare Lumos per orientarsi in mezzo agli alberi. Ormai doveva essere in prossimità del centro – o forse si era allontanato senza rendersene conto e adesso si trovava dal lato opposto. 

Si era curato le ferite più profonde, non volendo perdere troppo tempo, ma stava iniziando a temere di essersi infettato i piccoli tagli che gli ricoprivano il corpo. E, ovviamente, il veleno dell’Acromantula in circolo non era d’aiuto. Si sentiva spossato e il suo stomaco aveva anche preso a brontolare insistentemente. 

Di quel passo, non avrebbe mai raggiunto la Coppa Tremaghi.

Si accasciò a terra, appoggiato al tronco di un albero, e prese un profondo respiro. Doveva raggiungere il centro della foresta. Se anche non fosse riuscito ad arrivarci per primo, quantomeno era suo dovere provarci. Ne valeva degli sforzi fatti dai suoi compagni di squadra, che avevano lottato senza mai arrendersi e che gli avevano permesso di arrivare a un passo dalla vetta. 

«Ti arrendi, dunque?» gli chiese Aemond, fermandosi davanti a lui.

«No. Faccio solo una pausa.»

«Se la ritieni una buona idea…»

Jacaerys sbuffò, ma non gli rispose. Quelle poche forze che aveva le doveva concentrare sul suo obiettivo. Non poteva più permettersi distrazioni.

Fu percorso da un brivido di freddo. Non sembrava il clima tipico di una serata di fine giugno – ma forse era la sua debilitazione a fargli percepire un clima più rigido. 

Si guardò intorno, scoprendo con piacere che quella zona era piena di rami secchi. Li Appellò a sé, usandoli per costruirsi un piccolo fuoco con cui scaldarsi.

Pochi minuti, si disse. Riprendo fiato, mi scaldo e concludo la Prova.

«Ti rendi conto che mancherà, a voler essere ottimisti, mezz’ora alla fine della gara?» esclamò Aemond, che si era comunque seduto accanto a lui. «Non mi sembra il momento adatto per fare un campeggio.»

«Non è un campeggio. Ho bisogno di riprendere fiato, tutto qui.»

Jacaerys imprecò tra i denti per avergli dato ascolto. Aemond aveva sempre avuto un vantaggio su di lui: sapeva come fargli perdere il controllo. Non doveva permetterglielo, tanto più che quello non era Aemond.

Doveva sollevare la Coppa anche per togliersi dai piedi quella seccatura. 

Nonostante il calore del fuoco, Jacaerys continuava a sentire freddo. Il suo corpo aveva infine perso contro il veleno dell’Acromantula? Però non si sentiva più debole fisicamente. 

Era… strano. 

Si alzò in piedi e in quel momento, attraverso le fronde degli alberi, vide qualcosa che sperava di non dover affrontare in un momento del genere. 

Tre Dissennatori, che lentamente si facevano avanti aumentando di numero a ogni secondo, lo stavano circondando.

Jacaerys strinse la bacchetta tra le mani, puntandola contro il primo trio, e scagliò l’Incanto Patronus. La sua fenice fluttuò verso di loro, ma era piuttosto piccola e venne spazzata via in un attimo.

«Ma come?» esclamò Aemond. «Tu, con la tua bella vita piena di amici e di successi, non riesci a evocare un Patronus decente?»

Jacaerys strinse le palpebre, cercando di focalizzarsi su un ricordo felice. Pensò alla prima volta che aveva volato su una scopa insieme a suo padre, quando aveva scoperto quanto fosse elettrizzante librarsi in cielo. Nonostante ciò, però, il suo Incantesimo produsse un effetto anche peggiore del precedente – forse perché, insieme agli incoraggiamenti di Harwin, aveva sentito anche le risate dei Serpeverde quando si era mostrato incapace di richiamare la scopa al primo tentativo, cosa che, invece, ai suoi fratelli era riuscita senza difficoltà.

Sentiva sempre più freddo e aveva come la sensazione che il tempo avesse preso a correre, avvicinandosi sempre di più allo scadere della Prova.

Non avrebbe raggiunto la Coppa Tremaghi.

Non avrebbe esultato per la vittoria con i suoi compagni.

«Onestamente? Sono sorpreso. E anche un po’ deluso, in realtà. Pensavo fossi più forte di così.»

Jacaerys strinse i pugni. Tentò nuovamente di richiamare alla mente ricordi felici, magari qualcosa che riguardasse Aegon – ma tutto ciò a cui riuscì a pensare furono gli ultimi anni fatti di sguardi assenti e commenti sprezzanti, causati in parte dall’attacco di Aemond contro lui e Luke. 

Se solo quello stupido ragazzino fosse rimasto al suo posto. 

Se non fosse mai esistito.

Si voltò verso lo spettro, stringendo la bacchetta tra le dita. Era stato lui a fargli perdere tutto quel tempo e a provocargli le ferite che lo avevano rallentato. Era lui il motivo per cui non sarebbe riuscito a terminare la sua Prova.

«Ti ho voluto bene, un tempo» disse Aemond, alzando lo sguardo verso di lui. E Jacaerys ebbe la terribile sensazione che il ragazzino avesse capito quali fossero le sue intenzioni.

Indietreggiò, scuotendo la testa. Cosa voleva fare? Stava davvero pensando di attaccare un bambino indifeso? 

Il freddo attorno a lui si fece sempre più pungente e Jacaerys non ricordava nemmeno più che aspetto avesse la felicità. Sollevò lo sguardo verso i Dissennatori, sempre più vicini, e si chiese se davvero il loro bacio fosse così terribile come raccontavano.

Fu in quel momento che lo vide. 

A pochi passi da lui, un unicorno lo stava osservando immobile. Jacaerys strinse le palpebre, cercando di capire se fosse reale o solo un’illusione della sua mente sfinita. 

«Lo vedi anche tu?» chiese ad Aemond.

«L’unicorno che hai salvato prima? Sì.»

Jacaerys annuì. Provò ad avvicinarsi alla Creatura, ma le sue gambe erano di piombo e anche solo l’idea di provare a muoverle gli appariva irrealizzabile. Inoltre, ormai il tempo doveva essere prossimo alla scadenza: qualunque cosa avesse fatto, non sarebbe riuscito a completare la Prova.

«Se fai del bene, ti torna del bene.» La voce di Aemond gli giunse ovattata, come se gli stesse parlando dal lato opposto della foresta. «O, almeno, questo è ciò che dice mia sorella.»

La menzione a Helaena lo ridestò dal suo improvviso torpore.

“Gli unicorni sono degli amplificatori.”

Ricordò che, appena prima di ritrovarsi nella Foresta Proibita, la Corvonero lo aveva abbracciato e gli aveva sussurrato quelle parole. Non aveva avuto il tempo di soffermarsi sul loro significato – e probabilmente non lo avrebbe mai fatto se non si fosse trovato di fronte a un vero unicorno. 

Puntò lo sguardo sull’animale, che era ancora fermo nella sua posizione, ed ebbe l’impressione che il macigno che sentiva gravare su di sé si alleggerisse.

C’era ancora tempo. C’era ancora una possibilità.

E lui aveva ancora abbastanza forze per vincere quel Torneo.

Si incamminò verso l’unicorno – e il suo rinnovato vigore attirò l’attenzione dei Dissennatori, che strinsero la loro morsa attorno a lui. Si ritrovò ancora una volta a dubitare delle sue capacità, ma decise che doveva comunque tentare. 

«Expecto Patronum.»

La fenice, scaturita dalla sua bacchetta mentre pensava alla proposta di Aegon di affrontare la Prova insieme, era più grande della precedente e gli permise di allontanare i Dissennatori abbastanza perché potesse riprendere il cammino e raggiungere finalmente l’unicorno. 

Istintivamente, posò una mano sul suo collo, cercando un appiglio che lo aiutasse a restare in piedi. L’animale si lasciò toccare senza mostrare segni di disagio e il calore della sua pelle fluì attraverso le dita di Jacaerys, liberandolo dal freddo causato dai Dissennatori. 

Tutti i ricordi felici che sembravano averlo abbandonato riemersero nella sua mente e lui riuscì a visualizzarli con estrema chiarezza. Chiuse le palpebre, lasciando che i volti di Aegon, Luke, Harwin, Rhaenyra, Laenor, Cregan, Joffrey, Helaena e anche Aemond scorressero davanti ai suoi occhi.

«Expecto Patronum!»

La fenice che comparve si librò fiera nell’aria, grande quanto i Dissennatori, e volò attraverso ognuno di loro, mettendolo in fuga. Il suo Incantesimo non era mai stato così potente – e fu solo quando l’unicorno si allontanò, tornando ad addentrarsi nella foresta, che Jacaerys si rese conto di aver tenuto la mano sinistra sulla creatura fino a quel momento. 

Helaena aveva avuto ragione, tanto per cambiare.

Quando anche l’ultimo Dissennatore svanì dalla sua vista, Jacaerys avvertì il tiepido clima estivo tornare ad avvolgerlo. Emise un lungo sospiro di sollievo: aveva seriamente creduto di dover assaggiare il bacio dei Dissennatori, esperienza che, a mente lucida, era deciso a non sperimentare mai.

Alzò lo sguardo verso Aemond, che come sempre aveva osservato lo scontro in silenzio e adesso stava guardando un punto alle sue spalle.

Temendo l’insorgere di una nuova minaccia, Jacaerys si voltò – e quasi non credette ai suoi occhi. Davanti a lui, la strada si apriva in un unico sentiero che conduceva dritto a una colonna, sulla cui cima era posta la Coppa Tremaghi.

Era a un passo dalla meta.

«Non te lo meriti» disse Aemond. In un battito di ciglia, Jacaerys se lo ritrovò davanti agli occhi, unico ostacolo tra lui e la vittoria. «Non sei arrivato qui con le tue sole forze. Contro quei Dissennatori, eri disposto ad arrenderti, a discapito dei sacrifici fatti dai tuoi compagni.»

«Sì, hai ragione» rispose, ma non si sentiva in colpa. Anche Aegon gli aveva raccontato di aver pensato di mollare durante la sua Prova, ma non l’aveva fatto – ed era quella la cosa più importante. 

Aemond sembrò sorpreso dalla sua risposta.

«Tutto qui? Non cerchi nemmeno di giustificarti?»

Jacaerys scosse la testa. 

«Non ce n’è bisogno. Sì, ho avuto molti momenti di debolezza oggi, ma li ho superati. E, in parte, lo devo anche a te.» Si accovacciò davanti a lui, in modo da guardarlo dritto negli occhi. «Aemond, mi dispiace molto per…»

«No.» Il bambino si scostò, evitando la mano che Jacaerys aveva cercato di posargli sulla spalla. «Dillo a qualcuno a cui interessa.»

Jacaerys sbatté le palpebre. Giusto, stava facendo di nuovo lo stesso errore: lui non era Aemond.

Si alzò e lo oltrepassò senza più degnarlo di uno sguardo. Si sarebbe scusato con chi di dovere, una volta tornato a casa.

Raggiunse la colonna in pochi passi e, senza permettersi altre distrazioni, sollevò le braccia e afferrò i manici della Coppa Tremaghi.

 

 

Aprì gli occhi su un cielo stellato colmo di musica e applausi.

«Ottimo lavoro, figliolo» disse Harwin, sorridendogli fiero, mentre Aegon lo abbracciava – o, almeno, Jacaerys immaginò che i capelli biondi che si ritrovò in faccia fossero i suoi. 

Si sentiva un po’ frastornato e, per un momento, temette di essere ancora all’interno della Foresta Proibita e che loro fossero un’altra prova da dover superare; ma il freddo metallo tra le sue dita gli confermò che era tutto vero.

«Aegon, lascialo respirare» lo rimproverò Alicent, cercando di staccarlo da lui. 

Il ragazzo mugugnò qualcosa in risposta, anche se non sembrava il suo solito borbottio infastidito: non stava uscendo nessuna parola dalle sue labbra.

Jacaerys si tirò su e osservò attentamente il suo ragazzo, notando che aveva qualcosa di strano alla bocca.

«Stai bene?» gli chiese, prendendogli il volto tra le mani. «Che è successo?»

«Abbiamo dovuto farlo stare zitto per evitare che vi facesse squalificare» spiegò Helaena. «Ma ora penso che siate fuori pericolo.»

Estrasse la bacchetta e lanciò un Finite Incantatem verso suo fratello, che si massaggiò la mandibola emettendo uno sbuffo.

«Alla buon’ora!» esclamò. Poi si voltò verso Jacaerys, abbassando lo sguardo, mortificato. «Non devi preoccuparti per me, io sono solo un idiota. Tu, piuttosto, stai bene?»

Jacaerys sorrise. Si sporse verso di lui e lo baciò, stringendolo a sé per avere la conferma definitiva che tutto quello era reale.

«Ti amo» sussurrò sulle sue labbra.

Aegon si lasciò sfuggire una risatina.

«Non pensavo che qualche ora lontano da me ti facesse quest’effetto. Forse dovremmo farlo più spesso.»

«Senza la parte delle Acromantule e dei Dissennatori, se ne può parlare.»

Aegon sgranò gli occhi.

«Cos’hai detto? C’erano… Hai dovuto affrontare quella roba?»

Jacaerys annuì, pentendosi all’istante di averglielo detto perché lo vide scattare in piedi, pronto a urlare contro gli emissari del Ministero.

«Lo abbiamo dovuto zittire proprio per questo» gli spiegò Luke, che si era arrampicato sul letto per sedersi accanto a lui. «Il tuo sonno non è stato molto tranquillo, ti agitavi spesso ma non dicevi una parola. La nonna ha detto che era tutto a posto, ma era difficile crederle.»

Jacaerys abbassò lo sguardo. Non avrebbe voluto far preoccupare la sua famiglia e, forse, avrebbe potuto evitarlo se fosse stato più forte. Si era fatto distrarre così spesso durante tutta la Prova che si chiese se davvero la vittoria non l’avrebbe meritata qualcun altro. 

«Tanto per curiosità» disse Joffrey, spostando lo sguardo su tutti loro. «Sono l’unico ad aver notato che Jace è tornato con la Coppa Tremaghi?»

«No, signor Lonmouth. Lo abbiamo notato tutti.» Rhaenys si avvicinò a Jace, accompagnata da Tyland Lannister e gli altri uomini del Ministero. Sorrise al ragazzo, che ricambiò il gesto. «Se volete seguirmi, è tempo di annunciare i vincitori di questo Torneo.»

«Naturalmente vogliamo» disse Joffrey, aggiustandosi la cravatta soddisfatto.

Jacaerys scattò in piedi, tenendo la Coppa tra le mani. Quando spostò lo sguardo verso Aegon, notò Aemond accanto a lui. Ripensò allo spettro che lo aveva accompagnato durante tutta la Prova e alle accuse – in parte veritiere – che gli aveva rivolto. Non era certo che esistesse davvero la possibilità di ricucire il loro legame, ma adesso Jacaerys sapeva di volerci almeno provare.

«Spero non ti dia fastidio la mia presenza qui.» 

La voce profonda di Aemond lo riscosse dai suoi pensieri. Doveva averlo fissato per tutto il tempo, facendo scaturire in lui quella sensazione errata.

«Niente affatto» rispose, avvicinandosi e rivolgendogli poi un sorriso. «Anzi, mi fa piacere che tu sia qui. E… E credo che Luke sia fortunato ad averti.»

Aemond inarcò un sopracciglio, mentre Aegon gli si avvicinò, posandogli una mano sulla fronte.

«Che ti hanno fatto in quella foresta?» chiese, preoccupato. 

Jacaerys gli prese la mano, intrecciando le loro dita insieme.

«Ho avuto modo di riflettere su alcune cose, tutto qui. Tranquillo, continuo a preferire te» aggiunse poi sottovoce.

«Quello mi sembra il minimo!»

«Piccioncini!» Joffrey sventolò una mano verso di loro, invitandoli a raggiungerlo sotto il palco. «Servirebbe la Coppa.»

Jacaerys osservò l’oggetto che brillava nella sua mano destra, stringendo la presa sul manico per essere certo di non starlo sognando. Dopo tutti quei mesi di ansie e fatiche, avevano davvero vinto.

«Posso dire che non sono affatto dispiaciuto che questo Torneo sia finito?» mormorò Aegon.

«Siamo in due.» Poi gli sorrise, accarezzandogli il dorso della mano con il pollice. «Ma sono felice che abbiamo partecipato.»

Non ebbe bisogno di specificare il perché di quell’affermazione. Aegon lo baciò e Jacaerys si lasciò avvolgere dalle sue labbra, incurante del mondo intorno a loro.

Il Torneo Tremaghi era terminato, ma la loro storia era solo all’inizio.



 



Note: intanto ringrazio chiunque sia arrivato a leggere fin qui ❤ Il capitolo mi è uscito molto lungo (e ho anche tagliato delle parti 🙃) e penso non sia il migliore di questa storia, ma il tempo per consegnare era agli sgoccioli e non sarei riuscita a modificarlo ulteriormente 🙈
La parte finale con l'unicorno non so se abbia senso, è un po' fusa con gli Amplificatori di Shadow and Bone, ma visto che viene spesso usato per creare delle bacchette ho pensato che la sua sola vicinanza potesse aumentare il potere di Jace.
Non so quando, ma pubblicherò anche un epilogo (in cui devo far vedere Daemon, principalmente 🙈) prima di spuntare la casella Completa di questa storia. EDIT: mi sarebbe piaciuto scrivere un epilogo, ma in questi mesi non ho avuto idee né tempo per mettermici e, comunque, non ci sarebbe stato niente di particolare in quel capitolo. Dunque, la storia è completa così 😊
Colgo l'occasione per ringraziare chiunque l'abbia seguita e commentata e, soprattutto, Bluebell e L'Angolo di Madama Rosmerta per aver indetto questo Torneo 💙


 


 
   
 
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