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Autore: _the_unforgiven_    26/07/2023    0 recensioni

V e Johnny, Johnny e V.
Una collezione di momenti sparsi, verso il finale della storia: di gelosia, di amore e di cosa ce ne fa sentire degni.
Ha luogo dopo gli eventi di "closer", con qualche riferimento a quella storia.

Johnny Silverhand / Fem!V
Genere: Introspettivo, Malinconico, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: V
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'believe in me as i believe in you'
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(senza aver paura / di non ritrovarci mai)


 

Il Red Dirt non è un locale piccolo, ma così stipato di gente è soffocante. Dopo il concerto, l'aria si è fatta così spessa che V non riesce a respirare.

Non ha fatto in tempo a tornare del tutto in sé che Kerry Eurodyne è già sparito fra la folla, lasciandola seduta al bancone con una pistola fra le mani.

Una debolezza strisciante le si avvinghia addosso; le annebbia la vista.

V si addossa al bancone, la fronte premuta sulle mani.

Quasi rimpiange di essere già tornata in sé; se Johnny avesse tenuto il timone ancora un per un po', forse avrebbe potuto risvegliarsi nel proprio letto, nel silenzio fresco del proprio appartamento.

Ma a quanto pare, tutti hanno una gran fretta di scaricarla, stasera.

Il giramento di testa si trasforma in nausea.
V si impone respiri profondi.

Johnny sceglie proprio quel momento per comparirle davanti.

"V, come ti senti?"

Uno schifo sarebbe la risposta sincera; ma quando V alza gli occhi su di lui, Johnny sembra così vivo da poterlo toccare.

Come se fosse appena sceso dal palco, ha addosso un velo brillante di sudore, il petto sollevato da un affanno leggero; e ha tutta la pura gioia dell'esibizione a illuminargli gli occhi.

Occhi che adesso sono fissi su di lei, con una sollecitudine tanto scoperta e disarmante che V se ne sente mordere come da filo spinato.

Così tiene la bocca chiusa, ignorando un improvviso fiotto di amarezza.

"Non posso credere che quel coglione di Kerry ti abbia lasciato così," mormora Johnny, chinandosi appena su di lei.
V serra le labbra.

"Immagino avesse molta fretta," replica; la sua voce è roca come se avesse ingoiato benzina.
Heh.
A quanto pare, Johnny ha cantato.

"Probabilmente starà scrivendo una nuova canzone già in questo momento" sogghigna lui. Il suo sorriso sardonico ha una sfumatura di tenerezza.

V per un momento si sente chiudere la gola.

Perché gli hai dato la tua chitarra? vorrebbe chiedere; ed è stupido, e V sa che è stupido; e sa già anche la risposta, e la detesta.

Così cerca di non dire quello che vorrebbe dire, e si sforza di spremere dal petto una risata.

"Non è quello che volevi? Farlo sentire meglio?"

"Non così tanto meglio," ribatte Johnny, con un sorriso complice; V riesce quasi a sentirselo addosso come un contatto fisico, come una mano tesa ad attirarla più vicino.

La riempie di languore e di rabbia.

Come osi farlo mentre dici addio.

V concentra tutti i propri sforzi nel dissimulare, scoprendo i denti in un sogghigno.

"Johnny, non lasciarmi mai più!" squittisce, con la voce in falsetto che usa specificamente per sfotterlo; la sua voce da groupie.  "Non posso vivere senza di te!"

Merda, merda, merda.
La sua voce ha tremato.

"...qualcosa del genere funzionerebbe alla grande," risponde Johnny piano.

Bugiardo.

V si alza di scatto. Ignora l'immediato capogiro che minaccia di mandarla a terra.

"Spero che adesso abbiamo chiuso, con gli ultimi desideri," mormora, con più freddezza di quanta ne senta. La sua stessa voce sembra non appartenerle, è ovattata da un fruscio di elettricità statica.

V si morde l'interno della guancia.

Non perderà i sensi.

Sente che Johnny la sta studiando e lei non ha più le forze di nascondere l'amarezza, così la lascia scorrere, lascia che si invelenisca in rabbia.
La usa per sostenersi. Per rimanere in piedi.

Sai dove puoi ficcarteli, i tuoi addii?
Dio, come fai a startene lì tranquillo mentre ti prepari a sparire, sorridente come un santone del cazzo. Quanto cazzo sei stronzo.

"...Forse." risponde Johnny cautamente. "Adesso puoi fare quello che vuoi."

"Andiamo a parlare ad Hanako, e in fretta," ribatte V, solo per il gusto di vedere un guizzo di fastidio sulla faccia di lui.

Il ronzio nelle orecchie si è fatto quasi insopportabile. Vede a macchie.
Ma V riesce comunque a mettere un piede davanti all'altro e uscire dal Red Dirt.
Da sola.

 


Johnny odia ammettere quanto tutto questo gli sia familiare.

Mentre guarda le insegne luminose sfrecciare via, al metaforico posto del passeggero sulla moto di V, non ha altra scelta che starsene seduto col proprio malessere.
Non sa se a farlo incazzare sia questo senso di dèja-vu; o piuttosto il fatto che, nonostante tutto, questo silenzio gli fa male.

Proprio mentre gli sembrava di star mettendo un po' d'ordine nel proprio casino. Cazzo.

Gli occhi di V fissano la strada con una concentrazione rabbiosa.
Da come taglia il traffico senza badare ai semafori, sembrerebbe stia già volando dritta all'Embers; ma Johnny sa che non è così.

Lo sa da ben prima che imbocchino la familiare strada verso l'appartamento nel megaedificio H10 (casa, dice una parte di lui che in questo momento vorrebbe prendere a schiaffi); prima che V scenda dalla moto con passo vacillante.

Giorno dopo giorno si fa sempre più magra.
I suoi occhi bruciano febbrili in un profilo affilato come quello di un uccello.

Johnny ha un desiderio disperato di una sigaretta.
Si sforza di evocare lo scatto dell'accendino fra le dita, la nicotina nei polmoni, i lunghi respiri lenti. Poi V tossisce e Johnny impreca sottovoce, scacciando dalla propria mente il fantasma del tabacco.

...La loro fine sta arrivando; che lo vogliano oppure no.

Aspettare renderà soltanto più probabile che lei muoia in uno sbocco di sangue o con una pallottola in testa.
Johnny lo sa; lo sanno entrambi.

Eppure, entrando in ascensore V sfoglia nervosamente i messaggi sull'holophone; il tempo di arrivare all'ottavo piano e ha già accettato due nuovi incarichi.

Tch.

Con un certo sforzo, Johnny tiene per sé i propri commenti. Tanto, quella testa di cazzo di V non ascolta.

Senza contare che adesso sta palesemente facendo finta di non vederlo, chiusa in se stessa come un'ostrica. E la cosa più frustrante di tutte, è che Johnny non sa il perché.

Non è la prima volta che gli riservano il trattamento del silenzio.
Figuriamoci.

Alt ne aveva fatto una forma d'arte; imperturbabile, riusciva a creare attorno a sé un vuoto quasi lunare, in cui né la vista né la voce di Johnny bastavano a raggiungerla.

Ogni tanto ci provava anche Rogue, nonostante il suo stile fosse piuttosto l'assalto frontale. Si trincerava in se stessa, ma la sua irritazione continuava a spandersi attorno come il brontolio di un temporale.

V lo aveva fatto spesso, soprattutto nei primi tempi, quando si sforzava di chiuderlo fuori dalla propria mente. Meno ci riusciva e più si arrabbiava.

Ormai non succede più; litigare con lui le piace troppo.
Johnny lo sa, anche se lei non glie lo ha mai detto.

Il punto è che in tutte queste situazioni, di solito Johnny sa benissimo che cosa ha fatto scattare la gabbia di silenzio.
Spesso e volentieri si tratta di qualcosa che ha combinato lui.

Ma non ha fatto niente, stavolta; no?

"Dicevo sul serio, prima." avanza a titolo esplorativo. "Niente più richieste di controllo."

V stringe i denti ma continua a non degnarlo di uno sguardo, mentre getta gli abiti che ha addosso nella lavatrice.

"...o di fare altre cose assurde per me," aggiunge Johnny; e questo sembra addirittura peggiorare le cose, perché V chiude l'oblò con un gesto rabbioso e gli pianta addosso due occhi acuminati.

"Vuoi che smettiamo anche di parlare, già che ci siamo?" sibila.
Lo oltrepassa con uno scalpiccio di piedi nudi e sparisce dentro l'armeria. "Puoi già cominciare a fingerti morto, se vuoi."

"Sono morto, V-"

"VAFFANCULO!"

Ed ecco che tutta la precaria calma di Johnny se ne va nel cesso, incenerita in un istantaneo afflusso di rabbia; ma al diavolo il karma e al diavolo la diplomazia, l'adrenalina gli dà la sveglia come una striscia di coca.

"Fanculo a te, V, e congratulazioni per aver portato così in alto il livello della discussione!"

"Non c'è nessuna discussione!" sbotta lei da dentro la cabina dell'armeria.

...Sembra una replica dell'ultima volta che hanno litigato.
Non hanno imparato proprio un cazzo di niente.

Johnny si materializza sulla porta, scoprendo i denti.
"Quindi che facciamo, V?", ringhia, piantando le mani sugli stipiti come per impedirle il passo, perché vuole che lo guardi in faccia, mentre china il viso su di lei. "Di nuovo gli omegabloccanti?"

E sa di aver colpito un nervo scoperto, perché lei trasalisce come se l'avessero schiaffeggiata; e sì, adesso lo guarda, V lo guarda con occhi come ali spezzate.
Poi china la testa e le cadono le mani lungo i fianchi, mentre sussurra, mentre si strappa dal petto le parole, "Non è giusto."

La rabbia di Johnny si estingue rapida come è scoppiata. Si torce su se stessa, stringendoglisi al collo come una corda; gli soffoca in gola le risposte una ad una.

Ne abbiamo già parlato,

e

niente di tutto questo è giusto,

e

lo sapevamo fin dall'inizio.

Tutte cose che sanno, anche se non le hanno mai dette (anche se non le hanno confessate se non in sogno).

A uscirgli dalle labbra però è soltanto, "È ora che ci fai pace, V," piano e quasi con tono di scuse; "sto morendo."

Lei si ritrae di scatto; scrolla la testa con un movimento secco.
"No. Questo non sei tu," mormora come a se stessa, "questo non è da te."

Abbiamo già affrontato tutto questo, ci siamo già passati, vorrebbe dirle Johnny; improvvisamente si sente così stanco.
Non ha la forza di lottare ancora con lei.

Quanto sarebbe più facile, se anche lei ricordasse quello che è successo nei bizzarri sogni lucidi di solo pochi giorni fa.
Sarebbe possibile mostrarglielo?

Quello che hanno fatto, quello che si sono detti.

Sarebbe giusto mostrarglielo?

Me l'hai promesso, V.

...Che senso ha questo supplizio di Sisifo?

"Lo sai. Succederà, che lo accettiamo o meno," risponde alla fine Johnny con voce atona. "Quel che ne pensiamo tu e io non ha importanza."

"E invece sì, coglione!!!" insorge V, alzando su di lui uno sguardo di fuoco. "Importa!" 
Lo guarda spalancando le braccia, le dita sottili. "Importa a me! Perché tu non -" gli occhi le si riempiono di lacrime.
"Ah, cazzo," geme. "...Perché devi morire per colpa mia?!"

...alla fine di tutto, non c'è niente che Johnny possa dire o fare.

China la testa; forse è vero, probabilmente questo non è da lui; e forse è davvero per via del biochip.

Ma non gli importa.
È la verità.
Che per questa ragazzina è deciso a morire; e morirà contento.

Un attimo dopo, il barcollare di V è tutto l'avvertimento che gli è dato prima di vederla perdere i sensi.

Istintivamente Johnny si proietta in avanti 

un attimo dopo, tiene V fra le proprie braccia.
 


 

La debolezza che aveva continuato a insidiarla per ore, girandole lenta attorno come un avvoltoio, le è balzata addosso all'improvviso.

Per un lungo istante, V è vagamente consapevole di cadere; ma è così lontano, come se stesse succedendo a qualcun altro.

Tutto a un tratto è circondata da un odore che conosce. È qualcosa che la conforta, e insieme le fa venire voglia di piangere.
V non ha la forza di aprire gli occhi; così abbandona le membra fattesi pesantissime, e si lascia soccombere alla vertigine.

...Qualche momento dopo, il buio si illumina di una risata familiare.

"...Dobbiamo smetterla di incontrarci così."

È il suono della sua voce.
V apre gli occhi, ed è la spalla di Johnny a sostenerle il capo. Ha la sua mano affondata fra i capelli. V tiene il naso premuto sul suo collo; può sentire il battito del suo cuore contro il proprio petto.

Il cuore di Johnny batte profondo e regolare.

Vivo.

Senza ancora poter sollevare il capo, V si ritrova a sorridere.

"Stiamo sognando..?" gracchia.

Johnny ha un piccolo sobbalzo; la stringe a sé appena un po' più forte. V gli si abbandona con un sospiro.

"...non lo so," le risponde infine. "Probabilmente."

V tace per un momento, mentre a poco a poco riprende conoscenza.
Si trovano ancora nell'armeria; Johnny è seduto a terra con la schiena contro la porta. Nella stanzetta minuscola c'è a malapena lo spazio per le sue lunghe gambe.

V gli sta a cavalcioni, abbandonata sul suo petto. Grava su Johnny con tutto il proprio peso, ma non le importa, perché lui la tiene stretta, cingendole la vita; e V solleva lentamente le braccia, che sente ancora goffe e pesanti, sulle sue spalle, intorno al suo collo.
Il gesto suscita dalla gola di Johnny un singulto lieve che le chiude gli occhi; ed è allora che, come all'aprirsi di un sipario, nella mente di V si dispiega tutto il ricordo di ciò che è accaduto, nelle notti in cui Johnny si era smarrito nel suo subconscio. 

Ricorda come si sono cercati.
Ricorda come si sono ritrovati.

È strano.
Somiglia al ricordare d'improvviso qualcosa successo durante una sbornia, o ritrovare una memoria d'infanzia rimasta a lungo sopita.

Oppure a un sogno.

V si sente arrossire retroattivamente, rendendosi conto che Johnny sa; (...come se avesse mai potuto non accorgersene; come se dentro V, a volte, l'amore non soffocasse ogni altro sentimento).

È per quell'amore che gli ha promesso di lottare.
V darebbe qualsiasi cosa per poter pretendere da lui lo stesso giuramento.

"Johnny?"

"Mh?"

"Questa volta, non lasciare che me ne dimentichi," sussurra sulla sua spalla.

Una espirazione improvvisa; e V finalmente trova la forza per cercare il suo sguardo.

Gli occhi di Johnny sprofondano nei suoi come se la stessero aspettando.
Sono cerchiati di stanchezza.
Sono così belli.

"Hey, V." la saluta sommessamente.

"Hey, Johnny."

Per tanto tempo V ha sentito di non avere scelta.

Sempre in fuga, sempre vittima delle circostanze, in un tunnel fatto da una scelta obbligata dopo l'altra.
Fino al disastro del Konpeki Plaza e al biochip.
Fino a quella che sembrava la trappola definitiva, innescata direttamente dentro di lei.
L'unica prigione da cui è impossibile fuggire.

Eppure, la persona che ha trovato dentro la stessa prigione ora è tutto ciò che desidera.

Piano, pianissimo, V avvicina il viso a quello di Johnny; può sentirlo trattenere il fiato.
È la cosa che più assomiglia al sentirsi invincibili.

V è arrivata dal non avere scelta a scegliere lui, al di sopra di tutto.
E in questo, è libera.

Inclina appena il capo, sfiorando con il naso i suoi capelli; socchiudendo gli occhi, posa le labbra sulla sua fronte, sui suoi graffi (come te li sei fatti?); si ferma sul suo zigomo con un bacio così lieve che, (come noi), appena sembra esistere.

Quante volte ha desiderato di poterlo baciare?
...quante altre ha desiderato di prenderlo a schiaffi?
V ride silenziosamente.

"Cosa?" le giunge roca la voce di Johnny, così vicina che V la sente nelle costole.

"...Sembra che il trucco per riuscire a toccarti sia di litigare furiosamente, e poi dormire subito dopo."

"Hmm. Come una combo di tasti..? Comando rapido ctrl+J+V?"

"...non so di che cosa stai parlando, ma ti fa sembrare anziano."

"Sei tu che sei un girino."

V sorride, tempia contro tempia.

Lo ama come non è mai stata in grado di amare nessuno.

"...Scusa," sussurra. "Non ti sto rendendo le cose facili."

E poi Johnny la bacia.

È struggente come una vecchia canzone d'amore.

Fra le sue braccia, V è minuscola e leggera come un uccellino. Le sue labbra sono ciliegie.

E hanno già fatto l'amore in passato, si conoscono dentro e fuori come nessun altro al mondo; ma Johnny sorprende se stesso per primo con un bacio pieno di tenerezza, delicato e lento come le cose fra di loro non sono mai.

Un bacio in cui Johnny indugia come per chiedere permesso, sulle labbra di V come in punta di piedi.

Anche per questo, forse, quando lei ricambia il bacio con uno spasimo ardente, l'irruenza con cui reclama la sua bocca lo stordisce come alcol puro.

V lo bacia come per prendere possesso di lui e Johnny la stringe come se V potesse scivolargli fra le dita. Ha bisogno di ubriacarsi del suo odore, bruciare del suo fuoco.

Non è fatta d'altro questa figlia del deserto, fuoco e aria, fiamme nei suoi occhi, vento i suoi capelli, e come un incendio niente la ferma, nessuno sa afferrarla.
Un treno in corsa su una lama di rasoio.
Un uccello che può sopravvivere solamente in volo.

Sotto le sue mani, la schiena di V è un fremito caldo; si inarca seguendo l'affanno dei respiri.
Johnny fa scorrere le dita dalla sua nuca giù fra le scapole nude, e con un gemito V getta indietro la testa, le sopracciglia dolorosamente curve, le labbra incapaci di trattenere il travaglio del fiato.

Nel suo abbandono lascia indifeso il collo e Johnny non può resistere; preme la lingua, i denti sulla gola palpitante, cerca il punto dove la pelle è più delicata e succhia, segna V dove tutti possano vederla.
Con un lungo lamento di gatta, V gli si arrende.

Solo per lui, si fa preda.
Solo per lui, soccombe a un desiderio senza speranza, a un bisogno senza pietà; così fuse insieme, le loro emozioni non permettono più distinzione. Desiderio rapace, arrendevolezza e sottomissione, famelico possesso dilagano come inchiostro su un foglio di carta bagnata.

Le mani sottili di V si fanno strada sulla pelle di Johnny, si aggrappano a lui afferrandosi alla sua schiena, alle sue spalle; le sue gambe si serrano intorno alla sua vita e Johnny si lascia sfuggire un basso ringhio, che si trasmette come vibrazione affamata dritto alla gola di V.

Johnny scopre i denti, senza gentilezza fa scorrere i canini sulla pelle delicata del suo collo, cerca dove fa più male e morde.
Sente V andare in pezzi fra le proprie braccia.

Con un singhiozzo simile al pianto, il respiro di lei si infrange in cento piccolissimi ansiti, e Johnny li beve avidamente dalla sua bocca; i fianchi di V sono onde, marea invincibile che lo annienta, lo chiama.

"Aspetta," raspa Johnny.
È una supplica.
È un ordine; V si ferma, ansando come un cane, aprendo su di lui due occhi liquidi che ardono come fuoco bianco.

Johnny vorrebbe fermare il tempo, assaporare ogni fremito, poterli raccogliere centuplicati dallo scorrere dentro le vene di V come in un alambicco.

Fermare il tempo, poterla guardare mentre ansima come se ogni respiro appartenesse a lui.

Fermare il tempo e poter restare, semplicemente restare così.

"Com'era?" sussurra lei, con un sorriso che danza su lame di coltello. "Johnny, non lasciarmi più..?"

V.

"...non posso vivere senza di te," finisce di recitare Johnny, con voce strozzata.

Non farmi questo, V.

Le prende il volto fra le mani, e lei intreccia le dita fra le sue, inclina la testa per baciargli i polsi.

"...hai detto che chiederlo sarebbe bastato," mormora sul palmo della sua mano.

Il respiro di Johnny diventa un affondo di coltello.

"V,"; non c'è niente che non farei per te

e

c'è almeno un proiettile da cui posso salvarti

e

fino ad allora, finché sarò con te, finché-

"...lo so," sussurra lei mordendosi la guancia. Johnny può sentire il sapore del sangue sulla propria lingua.

Poi V alza su di lui due occhi immensi. "Ma io proverò a chiedertelo ancora. Chissà..?" sorride, mentre due grosse lacrime le scivolano sulle guance. "Forse la prossima volta sarà quella buona."

Johnny china la testa sul suo petto.

Farsi a pezzi, fare l'amore.
Parlare, ridere, urlare, senza smettere di stringersi, senza smettere di ferirsi.

Hanno mai davvero fatto altro, in tutto questo tempo..?
 


Il giorno dopo, V si sveglia bruscamente allo squillo dell'holophone.

Prima ancora di capire cosa stia succedendo ha già aperto la comunicazione, in un gesto puramente automatico per far tacere la suoneria; per fortuna, dall'altra parte c'è Misty.

"Ciao, V," la saluta con voce sollevata. Poi si sofferma qualche momento a osservarla dal piccolo schermo olografico. "Uhm. Tutto bene?"

V è raggomitolata in un nido di cuscini e lenzuola avvoltolate; l'holophone dichiara che è mezzogiorno, ma la stanza è ancora immersa nell'oscurità, e V si trova a strizzare gli occhi nella scarsa luce proiettata dall'ologramma.
Cerca comunque di mettere insieme un sorriso. "Sto bene", gracchia, sperando di suonare rassicurante; anche se la sua voce è ancora più roca di ieri. "Ho solo fatto tardi. Un concerto."

"Mmh," replica Misty, il cui sguardo è più penetrante di quanto dovrebbe uno schermo da pochi pollici dovrebbe rendere possibile. "E hai lasciato di nuovo che Johnny..?" chiede in tono attentamente casuale, facendo un gesto vago verso il proprio collo.

La mano di V scatta automaticamente a coprirle la gola, mentre un fiotto di calore le invade le guance.
Annuisce frettolosamente, mentre l'attenzione di Misty assume la fissità di un raggio laser. "...Ed è qui con noi, in questo momento?"

"...Misty, ti prego, non la seduta spiritica," ridacchia V, abbassando gli occhi; ma solo allora ha modo di accorgersi che Johnny è effettivamente lì, disteso sul letto accanto a lei.

Sembra dormire profondamente, seminudo fra le lenzuola come se si fosse addormentato insieme a V.

Lo stupore la lascia per un istante a bocca aperta.
È la prima volta che succede.

Quasi senza volere, V allunga una mano per sfiorargli la spalla. Per un breve attimo le sembra di percepirne il calore, prima che le sue dita lo attraversino come uno spettro, e le labbra di V prendano una piega amara. 

"...e di' un po'," indaga Misty, studiando le sue espressioni come se stesse esaminando carte particolarmente interessanti.
"...lo hai sognato ancora?"

...Sì; e V si rende conto solo in quel momento di ricordare ancora, e ricordare tutto.

...ma anche, no; perché non si è trattato solamente di sogni.

Non quando li hanno vissuti insieme; non quando quello che è successo, per V cambia tutto.
Per lei; per loro.

Che cosa importa, se non fa parte della realtà del resto del mondo?

V si tocca di nuovo il collo, e in qualche modo impossibile sa che lo troverà ornato di screziature livide, del segno dei morsi di Johnny; e fa del proprio meglio per tenere a bada l'emozione che sente traboccare.

"Si direbbe che abbia un talento come incubus," osserva Misty alzando un sopracciglio. "Non so cosa comporti questo per la tua corteccia frontale, V, ma direi che segna un progresso nella vostra relazione."

V nasconde l'imbarazzo dietro una risata. "Non so se parlerei di progressi," replica, passandosi una mano fra i capelli. "Forse stiamo solo girando in tondo."
Mentre ripensa alle confessioni, alle promesse fatte e a quelle mancate, si copre gli occhi. "Alcune cose credo non le supereremo mai veramente."

Misty non fa domande; si limita a restare in silenzio per un lungo momento.
"Il destino si muove a spirale, V", sospira infine. "Le cose non si ripetono mai uguali davvero. Anche quando ci sembra che nulla cambi, tutto continua a scorrere."

V torna a posare gli occhi sulla figura addormentata al proprio fianco. 

Le interferenze azzurre mandano riflessi bluastri sui capelli di Johnny, ondeggiano dolcemente sulla sua schiena, al ritmo lento del suo respiro. 

"...E il destino; quello può cambiare?" si ritrova a chiedere V con voce alterata, senza riuscire a spostare lo sguardo. 

In quel momento Johnny si muove nel sonno, il viso ancora affondato tra i cuscini; apre un occhio su V; e, lentamente, sorride.

Con un impeto di feroce amore, V non può fare a meno di ricambiare.

"Io credo, V," giunge piano la voce di Misty, "che ciò che conta è che nessun destino possa cambiare voi."
 



 

 

NdA of course, la volta successiva in cui V chiederà a Johnny di restare sarà su quel ponte oltre il Blackwall. Sssh, non mi parlate, non voglio saperlo 8'')

   
 
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