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Autore: fiore di pesco    29/07/2023    6 recensioni
Erika è una donna di trent'anni che nella sua vita ha messo la carriera davanti a qualsiasi altra cosa.
Resta coinvolta in un incidente d'auto e si risveglia su un treno dall'aspetto insolito: è composto da un unico vagone che non ha né un inizio né una fine, ogni cabina ha un aspetto diverso dalle altre, alcune sono illuminate, altre sono spente e dai finestrini non si scorge il paesaggio esterno, bensì un cielo stellato.
I passeggeri le riveleranno chi sono e il triste motivo per il quale si trovano lì... la priorità è fuggire e trarre in salvo i suoi amici, ma come?
Una storia che unisce scenari reali a soprannaturali, onirici, viaggi e fatti storici. Adatto a chi apprezza la lore pagana, il mistero e l'investigazione.
Genere: Mistero, Sovrannaturale, Thriller | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Capitolo 1, L’impatto

L’orologio a muro posto sulla parete opposta alla mia scrivania segna le 18:45 di mercoledì 24 aprile 2018.

Mi trovo a Zurigo, nel mio ufficio.

Ultimamente c’è un forte maltempo e la primavera è la più umida degli ultimi tre anni, con piogge continue e intense che si interrompono giusto qualche ora al giorno per poi riprendere più forti di prima. Per me non fa differenza, non avrei tempo per uscire a godermi parchi e spazi aperti nemmeno se volessi.

Sono ancora a lavoro, in realtà dovrei aver chiuso già da mezz’ora, ma dovevo finire di calcolare degli interessi in maturazione su delle obbligazioni che un cliente ha affidato alla nostra fiduciaria e non potevo rimandare.

Suona il telefono interno dell’ufficio. Vedo che si tratta della postazione di Marko, quindi alzo la cornetta. “Dimmi”

Sento che esita un secondo, non so perché questo ragazzo è sempre così timido quando ha a che fare con me, però alla fine trova il coraggio “Prima ho fatto fare uno swap al conto degli Eichmann, così che non dovessero pagare le commissioni intragiornaliere, però ho visto che anche se l’ho richiesto per le 16, in realtà gli hanno addebitato ancora 28 franchi sul conto… non avevamo tempo per swappare entro le 17 senza costi aggiuntivi?”

Non mi serve tempo per riflettere e rispondo “Sì, ma scommetto che hai parlato con quel cannaiolo di Spinetti, che sicuramente si sarà dimenticato di farlo in tempo e sperava che il suo errore passasse in sordina. Domani chiamalo e fatti stornare l’operazione e rimborsare l’importo a spese della loro banca.”

“Sì… è vero… ho parlato con Spinetti… va bene, allora faccio io?”

Oddio… quanto deve durare ancora questa conversazione? Marko non avrebbe dovuto nemmeno chiamarmi, avrebbe dovuto tirare fuori gli attributi e l’indomani chiamare da solo la banca e farsi risarcire l’importo sottratto ingiustamente. Come può pensare di diventare un bravo gestore patrimoniale se ad ogni problemuccio mi si attacca alla sottana? “Sì, pensaci tu domani. Buona serata, vai a casa che è tardi.”

“Tu non vai a casa…?”

Alzo gli occhi al soffitto “No, devo ancora finire di registrare gli ultimi costi di gestione estranea sul conto economico della KilKian AG, siamo ancora ben lontani dal bilancio e gli avevamo promesso che lo avremmo finito entro metà giugno senza chiedere proroghe. Buona serata.” Stavolta attacco, così da evitarmi altre lagne sul fatto che sono cambiata, quando stavo con Lukas ero più socievole, perché non esco a prendere una birra con tutti al Sieben dopo il lavoro… lasciatemi in pace!

Sento una vibrazione anomala provenire dal cassetto della mia scrivania, impiego qualche secondo prima di realizzare che si tratta del mio cellulare privato: chi è che mi cerca alle 19? È successo qualcosa? È un numero privato che non riconosco, non è salvato. Spero solo che non sia una di quelle dannate compagnie di assicurazioni sanitarie private che vogliono convincerti a cambiare cassa malati a tutti i costi…

“Pronto?”

“Erika! Erika, mi senti?!” le urla di mia nonna mi stordiscono e d’istinto allontano il cellulare dall’orecchio.

“Nonna, non urlare che ti sento! Dimmi, cosa c’è?”

“Sono cinque settimane che non ti vedo! Come stai? Hai mangiato?”

Anche se sono truccata, i polpastrelli della mia mano destra vanno immediatamente a massaggiare le palpebre chiuse “Nonna sono a lavoro, devi dirmi qualcosa di importante?”

“Sì!”

“… e allora parla! Cosa è successo?”

“Vieni a cena qui venerdì sera? Oggi è martedì… tra due giorni è giovedì…”

“Nonna, oggi è mercoledì. Comunque no, non posso, ho da fare” tra me e me penso che venerdì dovrebbe parlare la BCE per alzare i tassi d’interesse e so già che l’Euro quasi sicuramente perderà valore e di conseguenza sarà una giornata da dimenticare. Continuo “Nonna ora ti lascio che devo andare, ti voglio bene, buona serata.”

Dopo qualche convenevole riesco a chiudere la chiamata, torno a concentrarmi sul mio lavoro e passano così almeno un altro paio d’ore. Me ne rendo conto solo perché perfino la mia luce da scrivania è diventata troppo flebile e sono costretta ad accendere quella centrale della stanza per vedere tutte le carte disposte sulla scrivania.

D’istinto guardo il telefono: mi stupisco di non vedere nessuna notifica da parte di social network, nemmeno di messaggistica. Fino ad un anno fa sarebbe stato decisamente diverso. Avrei trovato notifiche ai commenti lasciati alle foto su Facebook e Instagram, le chat di almeno cinque amiche e amici diversi su WhatsApp, e sicuramente almeno un messaggio sarebbe appartenuto a lui.

Chiaramente non è più così. Cerco di tornare a concentrarmi sulle obbligazioni ma il pensiero torna sempre a Lukas. Lukas con cui avevo fatto tanti viaggi, che quasi ogni giorno tornava a casa con un pensierino per me, un cioccolatino, un cartoncino di latte all’ovomaltina, una rosa rossa, una confezione di caramelle aspre che io adoro… entrava in casa, quasi sempre io mi trovavo in cucina per preparare la cena e lui mi abbracciava da dietro e poi mi sventolava davanti il premio della giornata, con un’unica giustificazione “ho pensato a te…”.

Adesso nessuno pensa a me. Mentre lo realizzo, sento che l’aria sembra diventare pesante da respirare, avverto una sensazione di peso sul petto. Meglio andare a casa, struccarsi, farsi una bella doccia e poi, a letto! Guardo l’orario per l’ultima volta, sono le 20:53. Arriverò a casa per le 21:20 circa… che importa? Nessuno mi sta aspettando lì. Sbuffo per la monotonia di questi pensieri intrusivi sul depresso andante che mi fanno compagnia da diversi mesi.

Prendo le chiavi del mio Carrera, borsa e cellulare e mi dirigo al parcheggio sotterraneo. Le luci si accendono in automatico, questo vuol dire che è oltre mezz’ora che nessuno varca le soglie del parcheggio, che infatti è quasi completamente vuoto, ad eccezione dell’auto di Mikaela che è lì da tre settimane: deve aver avuto un guasto o che so io, non le ho chiesto mai cosa fosse successo, non mi interessa.

Salgo in auto, parto, apro la sbarra d’uscita con il mio pass e mi immetto sulle corsie lente della città di Zurigo. La pioggia comincia a bagnarmi il parabrezza e attivo le spazzole, che fanno un rumore un po’ strascicato. Dovrei andare a farle cambiare, non tergono più bene… che palle quest’auto, è sempre dal meccanico.

Qui è tutto 20-30 km/h, uno strazio. Non so nemmeno perché ho acquistato quest’auto… sì, in realtà lo so. Durante la specialistica in Finanza e Contabilità frequentavo sempre un sacco di persone facoltose, tutti cercavano di ingraziarseli perché avrebbe fatto la differenza tra un’ottima posizione lavorativa e non. Avevano tutti bei completi in tinta unita da almeno 2'000 chf (1800€ nel 2018), camicie bianche, gemelli d’oro o di platino, auto costose, ville maestose… io avevo una Clio del 2007 tutta scassata. Quanti viaggi avevamo fatto io e Lukas sulla Clio, invece adesso mi ritrovo al volante di un’auto da 600 cavalli il cui rombo a volte è assordante e che in realtà non mi piace affatto, ma che segnala chiaramente il mio status quando entro in un parcheggio e mi chiedono le chiavi per alloggiarla. Grigio metallizzato poi, che non mi piace nemmeno. Però mi aveva permesso di essere notata da quei banchieri e fiduciari commercialisti la cui residenza era a Dubai per pagare meno tasse in Svizzera e che mi avevano portata ad ottenere un posto di rilievo nella fiduciaria per cui lavoro, permettendomi uno stipendio mensile a quattro zeri.

Non come quello di Carmen, la mia compagna di corso con cui ho legato tantissimo per i primi anni. Lei si ostinava a restare integra nelle proprie posizioni, caparbia ad ottenere il massimo senza bisogno di chiedere un aiutino a nessuno. Ricordo di essermi sentita giudicata quando incrociai il suo sguardo dietro alla vetrina del ristorante Schmetterling, dove mi vide a pranzo con il direttore della Kantonalbank di cui mi aveva sempre parlato con disprezzo e che in fondo anche io malgiudicavo, ma che dovevo tenermi buono se volevo un lavoretto presso la sua filiale e accaparrarmi i diritti su quel pacchetto obbligazionario che concedeva il 5% di interessi. Lei era convinta che avrebbe potuto anche regalarle col 50%, a lei non interessava: non avrebbe mai fatto affari con uno che tradiva la moglie, aveva allontanato il figlio omosessuale e da giovane era stato condannato (senza dover fare galera, aveva pagato denaro sonante) per riciclaggio di denaro con la criminalità organizzata. A me invece non importava e facevo buon viso a cattivo gioco.

Tempo dopo ne parlammo e lei mi disse chiaramente che stavo sbagliando e che certa gente ti inquina l’anima, più la frequenti e più la tua morale si corrompe, non hanno etica e venderebbero anche la madre se solo il prezzo offerto fosse più elevato dell’eventuale eredità che la stessa potrebbe fornirgli alla sua morte.

Le dissi che così non sarebbe finita da nessuna parte, tanto studio e tanta fatica per poi andare a fare la contabile in quale studio commercialista di terza categoria per guadagnare uno stipendio di merda che a malapena ti avrebbe consentito di pagare l’affitto e la cassa malati, figurarsi comprare una casa! Lei scosse la testa delusa e se ne andò.

Adesso che sono passati due anni da allora mi manca la sua voce, le sue battute, il suo sorriso quando raggiungevamo un altro livello della specialistica e andavamo fuori a cena all’italiano. Così come mi manca terribilmente la voce di Lukas…

La sensazione di oppressione sul petto è diventata più forte. Non vedo l’ora di uscire da questa dannata città per andare in periferia, dove ho acquistato una villetta in una bella zona residenziale con i giardini curati e un bel vicinato. Questi continui semafori e divieti stanno peggiorando la situazione, per fortuna tra poco potrò andare a 70 l’ora e l’attenzione per la guida mi distrarrà dalla mia coscienza.

Un ultimo semaforo rosso prima della strada cantonale… allungo la mano verso la borsa per prendere il lorazepam. Sento che di quel passo l’attacco di panico sarebbe arrivato molto presto, tanto ormai sono quasi a casa, fa niente se prendo una compressa sublinguale ora, non mi verrà sonno finché non sarò entrata nel vialetto.

Nel mentre che mi allungo verso la borsa vedo che la luce riflessa sul parabrezza è diventata verde, dallo specchietto retrovisore noto che dietro di me c’è uno col Maserati rosso che comincia a sgasare per indicarmi che devo partire… che stress, metto il piede sull’acceleratore e continuo ad allungarmi verso la borsa. Non sono abbastanza veloce evidentemente, perché il tizio in Maserati comincia a sfanalare per dirmi di andare più veloce o farmi da parte per farlo passare. Accelero, che diamine, non mi rompere le balle!

Ho bisogno del lorazepam quanto prima. Faccio una curva troppo zelante, la borsa scivola dal sedile del passeggero e cade sul tappetino di fronte, cazzo! Ok, adesso davanti a me c’è un rettilineo, è questione di un attimo, devo essere veloce, prendere la borsa, il farmaco e tirarmi su, ho qualche secondo di tempo anche se sono stanca e ogni volta che mi abbasso e comprimo il busto mi sento molto peggio. Decido di agire, mi abbasso, allungo il braccio destro e per istinto distendo anche le gambe nel tentativo di afferrare la borsa, non mi rendo conto che così facendo ho schiacciato l’acceleratore.

Riesco a sentire l’impatto.

Tutto diventa buio.

___________________________________

Buongiorno a tutti, questa storia è ispirata ad un sogno che feci nel 2019.

In seguito ad un incubo, invece di svegliarmi, capitai in un altro sogno e da lì cominciò una vera e propria trama che qui ho romanzato, a cui ho ripensato per diversi anni. La mia fantasia non è molto sviluppata, quindi una storia così elaborata mi impressionò dato che fu come vivere il sogno di qualcun altro.

Questo capitolo è il prologo, è abbastanza corto secondo i miei standard (più avanti la lunghezza sarà praticamente raddoppiata, se cominciate questa storia fatelo con lo stesso spirito con cui iniziereste un romanzo), ma spero che abbia attirato la vostra attenzione e vogliate scusare eventuali errori di forma.

Il mio personaggio non è simpatico e non intende esserlo, perché parla di un cammino di introspezione e riscatto, ed evolverà man mano che la trama procede.

Spero che apprezziate questa avventura come l’ho gradita io, ditemi cosa ne pensate in caso abbiate idee, notiate errori o difetti, non fatevi problemi a dirmelo.

Buon viaggio!

  
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