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Autore: So_Vi_Potter    31/07/2023    2 recensioni
[...] Mi sforzai di tenere a mente i dettagli del castello mentre mi teletrasportavo. Improvvisamente smisi di girare e i miei piedi atterrarono bruscamente su una strada lastricata. Quando ritrovai l’equilibrio, aprii gli occhi. Esultai: finalmente ero arrivata al castello. [...]
Noi fantasmi non voliamo finché non superiamo l’esame e molto prima del volo c’è il teletrasporto, ovvero l’esame che continuavo a fallire.[...]
Genere: Comico, Malinconico, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Aprii gli occhi e mi ritrovai dentro ad un parco. Perché un parco? Dovevo arrivare al castello, perché ero in uno stupido parco? Provai a concentrarmi di nuovo sul castello: le sue torri oscure, le mura, la grande porta di legno… Sentii la solita sensazione di acqua fredda che fluiva nelle mie vene fantasma. Sì, sono un fantasma, e come tale dovrei essere in grado di teletrasportarmi correttamente. Chiusi gli occhi, visualizzando molto nitidamente il castello nella mia mente. Iniziai a vorticare su me stessa, dapprima lentamente, poi sempre più veloce. Mi sforzai di tenere a mente i dettagli del castello mentre mi teletrasportavo. Improvvisamente smisi di girare e i miei piedi atterrarono bruscamente su una strada lastricata. Quando ritrovai l’equilibrio, aprii gli occhi. Esultai: finalmente ero arrivata al castello. Avrei dovuto materializzarmi sull’altro lato della costruzione, ma ora non potevo far altro che arrivarci a piedi. Noi fantasmi non voliamo finché non superiamo l’esame e molto prima del volo c’è il teletrasporto, ovvero l’esame che continuavo a fallire. Vidi il mio insegnante in piedi davanti al portone d’ingresso, con un cronometro in mano, che mi guardava storto.

- A piedi arrivi, signorina? - mi disse, accigliato.

- Mi sono materializzata… in giardino… - risposi, senza fiato per gli innumerevoli teletrasporti. Il docente mi guardò, serio.

- Trentasette tentativi, Sophie, trentasette! Ti rendi conto?

Abbassai il capo, mortificata. Dovevo migliorare molto e l’esame di teletrasporto era solo la settimana dopo.

- Il limite di tentativi è sei, come ti ho ricordato almeno un milione di volte… Ma ora vai, completa l’esercitazione! - mi incitò. In ogni esercitazione dovevamo prima teletrasportarci da qualche parte e poi spaventare, rubare, commettere crimini di ogni tipo. Una cosa incredibilmente divertente.

Scattai, la gonna che svolazzava dietro di me. Trapassai la porta di corsa. Ricordi dolorosi mi tornarono alla memoria mentre sfrecciavo tra le sale e io li ricacciai indietro. Senza farmi vedere mi introdussi nella stanza da letto della figlia dei padroni, venticinquenne. Quatta quatta, le sfilai il braccialetto che più amava dal polso e feci per andarmene, quando improvvisamente, con voce dolce dolce, mi chiamò. Ricordai quel tono, l’ultima volta che l’aveva usato con me era stata quindici anni prima, con un pugnale nascosto dietro la schiena per ordine dei nostri genitori. Grazie a lei, ora avrò quindici anni per sempre. Le guardai con odio il bel visino baciato dalla luna, così simile al mio, solo che io ero albina, una figlia del diavolo. Per questo i miei avevano dato l’ordine di uccidermi. Per questo motivo e anche per un altro, il cui solo pensiero mi portava alle lacrime.

Mi riscossi da questi pensieri e tornai di corsa dal mio insegnante.

- Se tu facessi solo quattro tentativi prima di arrivare a destinazione, nel tempo ci staresti e ne avanzerebbe parecchio. Con trentasette tentativi, hai sforato di soli venti secondi.

Un sorriso illuminò il suo viso fantasma e io sorrisi a mia volta, con il fiatone per la lunga corsa. Aprii la mano e ammirai il bracciale rubato, che poi alla fine avevo solo recuperato. Era di oro bianco tempestato di diamanti e l’aveva rubato per me un ragazzo, ora anche lui nel mondo dei morti. Lo amavo e anche lui mi amava. Era povero in canna, ed era anche a causa sua che i miei genitori mi odiavano. Si era suicidato subito dopo essere venuto a sapere della mia morte, avvenuta (secondo il resoconto dei miei genitori) per soffocamento dopo che un boccone mi era andato di traverso. Solo i suicidi non diventano fantasmi e perciò io non avrei potuto mai più rivederlo.

Lacrime argentee mi scesero lungo il viso, mentre ricordavo quei tempi felici dove non m’importava di nulla, tranne che di lui… Strinsi al petto il bracciale, singhiozzando, e il mio insegnante mi cinse le spalle con un braccio. Lui era il padre che non avevo mai avuto e fu per questo che quando mi prese la mano e si avviò verso casa lo seguii, docile, senza accorgermi che stavo fluttuando a qualche centimetro da terra.

   
 
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