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Autore: mcpano_tomo    07/08/2023    0 recensioni
“È tutto finito.
È tutto finito, lo è davvero, ma... è come se non fosse veramente così. C'è questa sensazione che qualcosa non è andata per il verso giusto, c'è una nota muta in quella sinfonia perfetta che avevano intrecciato tutti insieme, un silenzio che stride nelle orecchie di Midoriya fino a farlo diventare paranoico.
Cosa c'è che non va?
All for one è stato sconfitto, il pianto di Shigaraki tomura ascoltato e accuratamente salvato, e tutto è finito nella gloriosa vittoria degli eroi.
O... forse no?
Alla fine, i morti rimangono morti anche dopo una vittoria, anche dopo una sconfitta.”
[ BakuDeku ] [ angst ] [ spoiler allert! cap. 363 ]
Genere: Angst, Drammatico, Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: Izuku Midoriya, Katsuki Bakugou
Note: What if? | Avvertimenti: Spoiler!
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"[...] corre per i sottili 

cammini del sangue 

fino a precipitarsi

 come un garofano notturno, 

fino a essere e non essere 

che un lampo nell'ombra."

 

🎞🎞🎞

 

Allerta Spoiler del manga

cap. 363.

 

🎞🎞🎞

 

È tutto finito. 

È tutto finito, lo è davvero, ma... è come se non fosse veramente così. C'è questa sensazione che qualcosa non è andata per il verso giusto, c'è una nota muta in quella sinfonia perfetta che avevano intrecciato tutti insieme, un silenzio che stride nelle orecchie di Midoriya fino a farlo diventare paranoico. 

Cosa c'è che non va? 

All for one è stato sconfitto, il pianto di Shigaraki tomura ascoltato e accuratamente salvato, e tutto è finito nella gloriosa vittoria degli eroi. 

O... forse no? 

Alla fine, i morti rimangono morti anche dopo una vittoria, anche dopo una sconfitta. 

La professoressa Midnight non tornerà indietro solo perché gli eroi hanno vinto oggi, come Himiko Toga rimarrà l'eroina di Ochaco Uraraka: il cattivo che verrà ricordato per il suo animo propenso al sacrificio per coloro che ama. 

Dabi, attualmente in coma farmacologico, non è detto che tornerà a casa dalla sua famiglia che, per contro, continuerà ad aspettarlo, aspettarlo, aspettarlo per un'ultima cena a base di soba fredda tutti insieme. 

L'ultima sera con la mamma, l'ultimo allenamento al monte sekoto, l'ultimo sfogo con Natsu, l'unica risata condivisa con Shoto, l'ultima chiacchierata con Fuyumi. Saranno sempre pronti ad aspettarlo, ma la consapevolezza che potrebbe non accadere mai lacera il loro petto ricucito da quel filo intessuto di speranza dall'ultima sua frase "vorrei odiarvi per non avermi mai fatto sentire parte di voi, vorrei una vendetta tale da farmi stare meglio, ma la realtà è che non ci riesco... Toya è davvero un bel nome, alla fine."

Si sveglierà mai? 

E se non si svegliasse? 

Non ci sarebbe attimo di realizzazione che regga, perché quella speranza di mangiare insieme per l'ultima volta si sgretolerebbe nell'esatto istante in cui il suo cuore si dovesse fermare. E non ci sarebbe modo di ricucire quella sanguinante ferita, profonda e sporca, piena di dolore e lacrime, perché i morti alla fine rimangono cadaveri nonostante la speranza di un ritorno, di una preghiera urlata al cielo notturno, di un pianto disperato condiviso con il silenzio. 

I morti non sapranno mai se quello per cui hanno combattuto ne sia valsa la pena o meno, se quello in cui credevano verrà ereditato da qualcun altro, se i loro sogni portati avanti da quella fiamma creduta inestinguibile che, per un misero momento, si era totalmente consumata dall'odio. 

I morti rimangono morti. 
 

E quindi, alla fine, lo nota. 
 

Pieno di ferite, stanco di lottare contro il simbolo del male, logorato dall'interno da quel pianto estenuante che l'ha tormentato, esausto da questa battaglia, nulla toglie ad Izuku Midoriya il diritto di avvicinarsi a lui e, disperato, piangere sopra quel corpo ormai glaciale come la morte che l'ha avvolto.


Ricordo ancora la prima volta che ci siamo incontrati, un venti aprile come un altro, con un po' di nuvole ma un sole caldo che sfiorava la pelle di chi passeggiava per le strade.

Sai, fino a quel giorno non avevo mai dato peso a quel giorno uguale a tanti altri ma, dopo averti conosciuto, è diventato, nel tempo, così importante da essere sempre nei miei pensieri in diverse forme, con diverse emozioni, con diversi ricordi. 

Era il tuo compleanno, il venti aprile. 

E quel giorno di troppi anni fa tu compivi 3 anni, eri uno bambino come un altro del mio vicinato conosciuto per caso in quel locale dove tutta la tua famiglia festeggiava te, mentre tu eri più interessato a giocare con il tuo nuovissimo regalo: un pupazzo di All Might. 

Ti venni a parlare, ricordi? 

Eri così assonnato, avevi un occhio quasi che ti si chiudeva da solo mentre mi ascoltavi parlare e parlare di quel super eroe, e poi dicesti un "stai zitto" seguito da un "e comunque All Might è il mio super eroe preferito."

Ricordo tutto quello che venne prima del tuo quirk, perché sono quei pezzi di memoria così indelebili in me perché troppo potenti, genuini, sinceri, dettati solo dai sentimenti da poter semplicemente dimenticare. 

Ma anche dopo la manifestazione della tua unicità, dopo la tua incombente indole menefreghista, maleducata e maledettamente aggressiva nei miei confronti, io continuai a volerti bene. 

Ti volevo bene davvero. 

Asilo, elementari, medie. 

Non importava quanto tu mi odiassi, quanto tu mi disprezzassi. Io ti ammiravo e ti guardavo ogni volta come se davanti a me ci fosse All Might in carne ed ossa, e se tu me ne avessi potuto dare l'occasione, prima di infliggermi quella paura matta e patologica nei tuoi confronti, te l'avrei detto. 

Una, due, tre volte. Non importa quanto questo avrebbe potuto aumentare il tuo ego, te lo avrei ripetuto solo per soddisfare la mia coscienza che non stava mai zitta. Mi sentivo quasi in obbligo a dirtelo, dovevo farlo, sentivo di doverlo fare.

Ricordo la prima volta insieme durante una giornata di pioggia torrenziale, che la odiavi. La odiavi come la paura di perdere, la odiavi perché ti rendeva debole, la odiavi. Ma quella pioggia andava per le lunghe e non potevi rimanere lì e ricordo che ti arrendesti ad essa e iniziasti a camminare. 

Non so tu, ma io ricordo di come, nonostante fossi totalmente terrorizzato da te, presi un mio quaderno e te lo posizionai un po' sopra la testa per nessuna ragione apparente, con l'unico obiettivo in mente di non farti bagnare. Non potevi neanche farmi esplodere in aria per colpa della pioggia, ma mi insultasti anche quella volta. 

Ricordo tutto.

Ricordo quell'unica volta in cui le nostre famiglie decisero di andare in campeggio e già tu mi odiavi: eravamo in quinta elementare ma tu eri già così grande, eri già molto più avanti di qualunque altro bambino e io, come sempre, ti ammiravo. 

Ti ammiravo davvero; quella paura viscerale non si era insidiata in me ancora, non temevo che tu potessi farmi male o, peggio, odiarmi davvero come dicevi. Pensavo solo che tu stessi scherzando, quindi ero felice di passare del tempo accanto a te, e lo ero ancora di più quando tua mamma ci propose di fare una piccola escursione, solo noi due. E tu, anche se riluttante, dissi che andava bene. 

Ci perdemmo quella volta, ricordi anche tu? Avevamo trovato una pietra aguzza e in ogni tronco e pietra che trovavamo incidevamo K-D per ricordarci della strada e mi chiedo se, dopo tanti anni, quelle iscrizioni esistano ancora e rivelano al mondo il nostro legame, ma forse non avrò mai il coraggio di andarle a vedere senza di te al mio fianco. 

Ricordo anche quando questo sentimento, che ora mi sta squarciando e logorando, è diventato di più. Fu quella volta, ricordi? 

È stato l'anno scorso, quando scaricasti metà di quel macigno che non ti permetteva di respirare correttamente sulle mie, di spalle, attraverso un pianto che arrivò dritto al mio sensibile animo.

Mi ricordai di quel tuo cuore buono e capii allora di amarti. Di amarti davvero, di amarti in maniera soffocante, sbagliatamente selvaggia e di capire che l'amore eri tu. 

E fu come un veleno, uno di quelli per cui non esiste rimedio, uno di quelli che si infila nella tua anima e ti stordisce con il suo odore e hanno gli occhi più sinceri che abbia mai visto: a questo tipo di veleni, a questo tipo d'amore non esiste cura, nessuna. 

Nessuno mi aveva mai avvertito che l'amore ti divora senza pietà, che ti soffoca in quel modo; nessuno mi aveva avvertito che ha radici di carne e stritola e vuole senza alcun freno: solo un'occhiata ancora, l'orlo di un sorriso, un battito di cuore. 

Ricordo tutto quello che ho sognato avremmo potuto essere, sai? 

Ricordo di quando mi hai chiamato con il mio nome e per un attimo quella morsa d'amore ha fatto meno male, per un attimo sono riuscito a respirare, per un attimo sono riuscito ad ascoltare il battito del tuo cuore che era veloce, frenetico, imbattibile. 

E dopo, amarti è stato più facile. 

Sognare con te è stato possibile. 

E spero che ti ricorderai di quando siamo rimasti soli in vasca, perchè è lì che è iniziato il mio vero sogno. Non quello di essere un hero, non quello di salvare le persone, non quello di diventare il simbolo della pace. 

Solo il sogno di poterti amare e dire che anche tu mi ami. 

Perché io ti amo, tu ti ricordi? Ti ricordi che mi hai detto che mi ami? 

Ricordo che mi hai chiamato per nome quando stavo per uscire e mi hai guardato con quegli occhi: quegli occhi pentiti, sinceri, pieni di dolore, forse luccicavano un po' di aspettativa e ti sentii dire "promettimi che vincerai." 

E io non capii. 

Non capii veramente. 
 

"Voglio fare il bagno con te anche la prossima settimana, Izuku." 

 

E io non ti dissi niente, nel silenzio compresi la tua sofferenza e condivisi con te la mia,"ti amo, Katsuki."

Fu naturale. Non ebbi quella paura logorante che avevo provato fino a qualche attimo prima. L'avevo visto come un semplice avvenire delle cose. 

Perché tutti abbiamo bisogno di una mano che prenda la nostra quando arriva il buio, di uno sguardo che ci faccia sentire al sicuro il anche quando il mondo fa paura, quando la terra trema sotto i nostri piedi e tutto intorno sembra cedere e crollare. Abbiamo bisogno di riconoscerci negli occhi di qualcuno che ci guardi senza giudicarci, qualcuno che ci abbracci tutte le volte che arriva il freddo, che ci ritrovi tutte le volte che ci perdiamo.

E per me eri tu, quella persona. 

E per me sei stato tu, questa persona. 

Per me è il tuo ricordo che mi baci e mi sussurri anche "anche io, nerd" e io che ti chiedo di tornare da me, di non morire per nulla al mondo, di non osare provarci e tu che ridi, ridi amabilmente sulle mie labbra e mi baci ancora, "non ho alcuna intenzione di morire, non ora che ho qualcuno che aspetta il mio ritorno." 

E ora è solo così che ora posso ricordati, potrò solo parlare di te come la persona più importate della mia vita con un sorriso nostalgico pieno di rimpianti, piano di lacrime amare, tagli nascosti mai cicatrizzati perché i morti, alla fine, rimangono morti. 

Non è vero, Kacchan?

   
 
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