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Autore: Stella Dark Star    11/08/2023    1 recensioni
“Mi chiamo Ryuguji Kan. Sono nata il 10 maggio 1990 a Shibuya, Tokyo. Mio fratello gemello Ken è nato sei minuti prima di me. Nostra madre era una prostituta. Ha dato me in adozione il giorno stesso della mia nascita... [] Ho scoperto di essere stata adottata quando ero in sesta elementare. [] Non me ne importava niente dell’adozione. L’unica cosa che desideravo era incontrare mio fratello, il mio unico legame di sangue.”
Kan, ragazza madre che rischia di vedersi portare via le figlie gemelle, con queste parole comincia a raccontare la propria storia, partendo dalla ricerca per ricongiungersi col fratello gemello Ken, la sua metà e unica àncora nella vita. Una sorta di diario personale ricco di esperienze, di emozioni, di amicizie profonde come quella con Kazutora e con Angry e altre complicate tipo Baji e Ryusei, della sua prima storia d'amore con Mikey e delle difficoltà della crescita che l'hanno condotta pian piano sull'orlo del baratro, ma con la speranza che per lei possa in qualche modo esserci un lieto fine.
Genere: Introspettivo, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Yaoi | Personaggi: Kazutora Hanemiya, Ken Ryuguji (Draken), Manjirou Sano, Nuovo personaggio, Shuji Hanma
Note: Lemon, Missing Moments, What if? | Avvertimenti: nessuno
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Chapter 19
[About Pain And Relashionships]
 
A guardarlo, chiunque avrebbe detto che si trattava di uno studente volenteroso, che già dai primi giorni di ritorno a scuola dopo le vacanze estive si stava impegnando nello studio e nei compiti per raggiungere ottimi risultati. Così suggeriva quel vocabolario di giapponese aperto sulla scrivania, quel foglio dalla scrittura fitta a matita, un secondo foglio per la brutta copia e la schiena ricurva di Baji, chino su di esso. Guardando meglio, si notavano i numerosi frammenti di gomma delle cancellature, sparpagliati sul ripiano, e la punta della matita quasi consumata. Baji batté il pugno sulla scrivania, poi prese il foglio per appallottolarlo e gettarlo all’indietro, e questo si scontrò su  un’anta dell’armadio prima di rotolare a terra. Il foglio rimasto, quello dalla calligrafia piccola e sicura, era l’ultima lettera da parte di Kazutora. Come sempre, per riuscire a leggerla bene aveva dovuto aiutarsi col vocabolario e riportare alcune diciture in hiragana che aggiungeva tra una riga e l’altra. Poi aveva tentato di rispondere, ma dopo quattro fogli accartocciati ancora non ci riusciva. No, il problema non era scrivere le parole, ma il contenuto stesso della risposta. La lettera di Kazutora lo aveva turbato. Le prime righe parlavano della sua imminente liberazione e del suo ritorno a casa, e quella parte lo aveva reso felice, gli aveva fatto ballare il cuore in un valzer. L’altra metà della lettera, invece, aveva assunto toni duri, aveva spezzato la danza per lasciare posto ad una pesante tristezza e agitazione. Una frase in particolare lo aveva devastato.
[Fino a quando apparterrai alla Toman e a Mikey, non voglio vederti.]
Proprio adesso che poteva contare sulle dita i giorni che lo separavano dalla sua liberazione, dal desiderio di rivederlo e di abbracciarlo e di stare con lui ogni giorno… Il suono del campanello gli entrò nella mente come un fulmine. Imprecò tra i denti. Ficcò la lettera dentro al vocabolario, che poi richiuse, e andò con passo rapido ad aprire.
“Scusa il ritardo, Baji-san! Ho finito le commissioni per mia madre!”
Chifuyu era sorridente come al solito, i suoi occhi sembravano brillare ogni volta che erano insieme e sulle sue guance si poteva scorgere un lieve rossore.
“Non ti sei ancora tolto la divisa scolastica?” Aggiunse incuriosito.
Ora che glielo aveva detto, in effetti era vero. Appena rincasato aveva trovato la lettera e si era subito piazzato in camera a leggerla, dimenticando di cambiarsi. Chifuyu invece si era cambiato e ora indossava una maglia oversize a macchie colorate e pantaloni blu di una tuta che un po’ somigliavano a quelli di scuola.
“Posso…entrare?”
Recepì il segnale con un certo ritardo, come se il suo cervello avesse problemi di connessione, quindi si ritrovò a fare dei gesti buffi con la mano per invitarlo in casa. Doveva riprendersi alla svelta o lo avrebbe insospettito.
Chifuyu lo precedette in camera da letto, come d’abitudine, e subito notò il disordine sulla scrivania. “Non dirmi che stavi studiando! Se continui così, dovrai comprare dei veri occhiali da vista e buttare quelli finti che usi adesso per fare figura a scuola!” Una battuta che gli venne naturale, pensando all’evoluzione di Baji come studente. Da ripetente, si era poi impegnato per colmare le lacune e adesso cominciava a prendere voti sufficientemente buoni, seppur il suo livello non fosse ancora di uno studente di seconda media. “Quante cancellature! Cosa stavi scrivendo?” Si chinò sul vocabolario, da cui faceva capolino l’orecchio di un foglio, ma ecco che si sentì spingere via con forza.
“Perché non ti fai i cazzi tuoi?”
Chifuyu lo capì già dal tono di voce, ma poi ne ebbe conferma guardando la sua espressione severa e si fece piccolo piccolo. “Scusa…”
Ormai era inutile fingere, non era proprio dell’umore per stare al gioco e divertirsi, anche se riconosceva che Chifuyu non ne aveva colpa. Distolse lo sguardo.
Da parte sua, Chifuyu gli si avvicinò e con prudenza gli sfiorò il braccio con le dita, tipo gattino che vorrebbe coccole dal padrone ma non è sicuro che sia il momento giusto. Lui non reagì, allora provò ad approcciarlo con un pizzico di decisione in più, avvicinando il viso al suo. Sentì il calore della sua pelle anche senza entrarci a contatto, sollevò leggermente il viso per sussurrargli all’orecchio. “Baji-san, ti va di…?”
Giusto. Stava dimenticando un dettaglio fondamentale. Era Chifuyu il suo ragazzo. Il sentimento nei confronti di Kazutora non avrebbe mai potuto realizzarsi, perché lui era etero e l’aveva respinto. E poi nella sua vita era arrivato Chifuyu, gli aveva mostrato gentilezza fin dal primo incontro, nonostante il travestimento da ‘secchione’, e dal quel momento gli era sempre stato accanto. Per correttezza nei suoi confronti doveva restargli fedele anche col pensiero. Gli afferrò il mento con la mano e lo guardò negli occhi, quegli occhi azzurro verde che lo ammiravano tanto e dove lui riusciva a specchiarsi quando erano insieme. Con Kazutora avrebbe trovato un modo di recuperare l’amicizia ma…c’erano altri momenti per pensarci. Chinò il capo, le lebbra si unirono a quelle di lui in un bacio profondo. Lo sentì emettere un piccolo mugolio di piacere, percepì le sue braccia intrecciarsi attorno al collo, in un gesto vagamente possessivo, come a ricordargli che si appartenevano l’un l’altro.
Presi dall’intensità delle effusioni, nessuno dei due si accorse del rumore proveniente dal telaio della finestra e tantomeno della figura piccola e scura dagli occhioni sgranati che guardava all’interno, desiderosa di entrare nella stanza.
*
 
Da un po’ di tempo Mikey aveva un’immagine impressa negli occhi, qualcosa che gli era di conforto nei momenti in cui soffriva o gli sembrava di impazzire e a cui faceva ricorso quotidianamente, in particolare da quando era ricominciata la scuola. Riguardava un episodio che, per assurdo,  era avvenuto dopo il fatidico pomeriggio in cui Kan gli aveva detto di volere una pausa come coppia. Alla fine di agosto, il Dottore che si era occupato di Draken gli aveva annunciato la data di dimissione dall’ospedale e la notizia si era sparsa rapidamente tra gli amici. Allora, per festeggiare il suo ultimo giorno nella piccola ma serena stanza che l’aveva ospitato per lungo tempo, Mikey ed Emma avevano deciso di presentarsi con un carnet di pasticcini, di loro iniziativa e senza farlo sapere al diretto interessato. La mattina, non molto presto, erano dunque entrati nella stanza e, di fronte a loro, si era presentata un’immagine che ancora oggi lui definiva come divina. Draken e Kan condividevano il letto, abbracciati e addormentati, col lenzuolo che li copriva fin sopra i fianchi, la testa di lei posata sulla spalla del fratello e una mano sul suo petto, mentre lui le cingeva le spalle col braccio, tenendola dolcemente stretta sé in un istinto naturale di protezione, e i raggi gialli del sole che filtravano da alcune fessure della tenda per spargersi di loro. Divino era l’aggettivo più indicato, per quell’abbraccio fraterno. E dopo un tempo non ben definito, Mikey aveva accennato un lieve sorriso e sussurrato alla sorella: “Le persone che amiamo di più al mondo!” Frase che lei aveva confermato. E dunque lui ricorreva a questa immagine per mantenere la calma quando più desiderava saltare addosso a Kan e farla sua e rivendicare il proprio diritto di fidanzato. O anche solo come intrattenimento durante le ore di lezione. A Draken era stato prescritto un periodo di riposo di due settimane prima di poter frequentare, quindi Mikey ne aveva approfittato per offrirsi da accompagnatore di Kan e avere così la scusa di passare del tempo con lei. E va sottolineato che, per uno come lui che normalmente veniva fatto scendere dal letto solo con le bombe, trovare la forza di alzarsi da solo e prepararsi per tempo era un’impresa per cui meritava minimo una statua accanto a quella di Hachiko davanti alla stazione di Shibuya! Ovviamente no, ma nella sua testa era così! Adesso che non poteva più baciare e toccare la sua ragazza, le giornate gli sembravano così piatte e prive di entusiasmo… Le conversazioni più o meno erano le stesse, comprese quelle fatte durante la pausa pranzo, però in un qualche modo niente era più come prima. Quel giorno, sulla strada del ritorno, pensò di tentare con una manovra astuta.
“Ehi, Kan! Perché non andiamo a divertirci da me?” La buttò lì, mentre camminavano in direzione della metro.
“Perché no? Magari possiamo fare qualche gioco!”
Lui si sporse su di lei, ammiccando. “Se servono un babydoll e delle manette pelose, va bene!”
Kan si fermò e gli lanciò un’occhiataccia. “Quale parte di ‘prendiamoci una pausa e restiamo amici’ non ti è chiara?”
“Eddai, ci sono molti amici che fanno sesso! Che problema c’è?”
“Il problema sei tu, Mikey. Dovresti utilizzare questo tempo per riflettere su che cosa vorresti dal nostro rapporto e invece ti comporti come sempre.”
Mikey divenne altrettanto serio. “Io so già cosa voglio, non darmi la colpa. Ma se vuoi saperlo, allora te lo dico.” Sollevò la mano e cominciò a numerare sulle dita le frasi che diceva. “Voglio stare con te giorno e notte. Fare sesso ogni volta che ci va. Vedere gli amici, andare in moto e occuparci della Toman fianco a fianco. E appena compirò vent’anni ti porterò all’altare e ti metterò un anello al dito.”
Quell’ultima frase la disse a voce un po’ più alta, senza badare alle persone che camminavano attorno e lo sentivano. Kan, invece, finse di non udirla.
“La pausa riguarda anche il mio ruolo nella Toman.”
“Tutto qua? Non dici niente sulle altre cose?”
“Quelle non meritano risposta.” E aggiunse a denti stretti. “Soprattutto mentre tutti stanno ascoltando, cazzo!” E riprese a camminare, lasciandolo indietro.
Alla stazione si salutarono, dovendo prendere treni differenti, e Kan raggiunse il centro massaggi come faceva ogni giorno. Prima fece una sosta nella sua stanza personale, giusto per cambiarsi e darsi una rinfrescata, poi bussò alla porta del fratello. Ad un suo consenso entrò e lo trovò seduto nel senso verticale del letto, con un peso nella mano destra per fare esercizio.
“Dimentico sempre che ti hanno tolto i punti e che non corri il rischio di farli saltare!” Scherzò, per poi sedersi accanto a lui.
Draken fece un mezzo sorriso e la rassicurò. “Con questo braccio non correrei rischi, comunque! Ma se può farti sentire meglio, l’altro lo uso ancora pochissimo!”
Se la cavava, niente da dire, e fortunatamente si rendeva conto dei proprio limiti e non faceva pazzie, essendo il primo a volere ritornare in forma nel modo giusto e coi tempi giusti. Inoltre lì era costantemente coccolato dalle ragazze che ci lavoravano e che, a dirla tutta, erano felicissime di calarsi nei panni di infermiere sexy per lui!
Draken le fece un cenno col capo. “Com’è andata oggi?”
Kan alzò le spalle. “Diciamo bene… Fino a quando Mikey non se ne è uscito con le sue solite fanfaronate…”
“E’ innamorato, non me la sento di giudicarlo!”
“Guarda che anche io lo amo!” Lo rimbeccò lei. “Ma vorrei che si impegnasse di più, invece di impuntarsi. Se andassimo a letto tornerebbe tutto come prima e ricomincerebbero anche le litigate e tutto il resto! E’ così difficile da capire?”
“Ehi non prendertela con me! Io lo so! Ma non posso fare a meno di provare pena per lui, ecco!” Lo disse ridacchiando, giusto per allentare la tensione che si era improvvisamente creata.
“Uff, lo so…” Posò la testa sulla sua spalla, costringendolo così a lasciare la presa del peso. In sintesi, fine dell’allenamento!
“La prossima settimana potrò andare a scuola anche io e in tre sarà più facile…”
“Mh… Lunedì sì, martedì credo che la salterò.”
“Perché?”
“Non te lo ricordi? E’ il giorno in cui verrà rilasciato Kazutora.”
“Ah sì…” Draken si fece pensieroso, cercava di non soffermarsi troppo su quell’argomento spinoso ed era stato lui a fare in modo che la notizia non giungesse alle orecchie di Mikey. Anche se presto sarebbe venuto a saperlo lo stesso, di sicuro. “Baji cos’ha intenzione di fare?”
Kan risollevò la testa e lo guardò, una nota di incertezza nella voce. “Ci dobbiamo incontrare per parlarne. Cioè, gli ho chiesto un incontro per messaggio e poi quando lo vedrò gli parlerò di cosa ho in mente. Sarebbe bello se partecipasse…”
“E’ anche il suo migliore amico, mi sorprenderei del contrario!”
Se avesse saputo della lettera che Baji aveva ricevuto, non ne sarebbe stato così sicuro.
*
 
Rannicchiato sul letto in posizione fetale. La parte inferiore del corpo denudata. Schizzi bianchi di sperma che colavano sulle natiche e sulla schiena. Le mani strette in grembo. I capelli scompigliati. Gli occhi stretti da cui scendevano lente lacrime calde. La stanza così silenziosa da apparire quasi irreale. Nella mente di Chifuyu apparivano dei flash di ciò che era accaduto pochi minuti prima, brevissimi scorci che si aprivano sul volto arrabbiato di Baji, mentre sul corpo sentiva pulsare tutti i punti che lui aveva stretto con forza, a cominciare dai polsi, poi le cosce…e il punto più doloroso di tutti, il più intimo. Una fitta interna gli mozzò il respiro, pochi secondi e poté riprendere fiato. Nei suoi occhi nacquero nuove lacrime.
Fino a quel momento era andato tutto bene, erano andati a scuola insieme, erano tornati a casa, avevano condiviso la solita porzione di Peyoung, avevano parlato del più e del meno… Poi Baji aveva detto di voler tornare nel suo appartamento a cambiarsi e che si sarebbero rivisti più tardi, il tutto con un’aria un po’ pensierosa che lo aveva incuriosito, ma non aveva fatto domande. Nel mentre anche lui ne aveva approfittato per cambiarsi e indossare pantaloncini comodi abbinati ad una t-shirt azzurra come un cielo limpido. Tutto a posto, fino a quando Baji non era tornato, era entrato in casa senza suonare il campanello e lo aveva raggiunto in camera. Arrabbiato.
“Baji-san… Cos’è successo?” Una domanda più che legittima.
Ne era seguito uno sfogo riguardante una visita di Kan e un litigio, con soggetto quell’amico di cui spesso gli aveva raccontato con sofferenza e sempre con una profonda tristezza in fondo agli occhi. Quel ragazzo che a breve sarebbe uscito dal riformatorio. Chifuyu lo aveva ascoltato, aveva annuito, ma più Baji andava avanti a parlare, più Chifuyu si sentiva geloso di quella figura che gli era stata accanto prima di conoscere lui.
“Baji-san, tu lo ami ancora?”
Si era sorpreso lui stesso di averlo chiesto. Non aveva ricevuto risposta, allora aveva insistito, si era fatto invadente, aveva manifestato la gelosia che provava senza riuscire a fermarsi. E quello era stato un grave errore. Non ricordava nemmeno che cosa aveva detto Baji dopo, ricordava solo il suo viso dall’espressione sarcastica. Era accaduto tutto così in fretta… L’aveva afferrato per i polsi e baciato con forza, poi l’aveva spinto sul letto e sfilato pantaloni e intimo. Lui aveva provato a ribellarsi senza riuscire ad ottenere risultati. Poi aveva sentito le dita di Baji toccarlo nella cavità anale, senza alcuna gentilezza, e andare sempre più in fondo, allargando il passaggio. All’improvviso un momento di sollievo, prima della penetrazione. Un atto rude e doloroso che gli aveva strappato delle grida e delle lacrime e che lo aveva fatto supplicare di smettere.
Poco dopo era tutto finito.
Si era rannicchiato, dolorante e in preda alla vergogna, e aveva sentito Baji dire qualcosa che però lui non aveva capito.
“Perché è accaduta una cosa così?” Chiese al vuoto della stanza o forse pregando con tutto il cuore che quelle parole giungessero in alto, ad una divinità che sapesse la risposta.
Baji tornò nella stanza con una bacinella in una mano, un tubetto di pomata nell’altra e un piccolo asciugamano appeso al braccio. Posò il tubetto sulla scrivania, quindi si sedette sul bordo del letto e si mise in grembo la bacinella, la quale conteneva acqua saponata e una spugnetta morbida azzurra. La strizzò un poco nella mano, senza dire nulla la passò delicatamente sulla pelle di Chifuyu, partendo dalla zona dove erano gli schizzi bianchi. Si faceva schifo da solo nel vedere quello spettacolo che lui stesso aveva creato. Non capiva cosa gli fosse passato per la testa, per reagire in un modo così cruento e spietato, ai danni del suo ragazzo. Immerse la spugnetta nell’acqua e di nuovo la strizzò per procedere con la pulizia di quel caro corpo che aveva stretto e penetrato con violenza… Di nuovo risciacquò la spugnetta e stavolta si dedicò con estrema cura alla cavità anale, arrossata e un po’ gonfia per il trattamento subìto. Sentì Chifuyu emettere un piccolo gemito di dolore, quando passò la spugnetta nel punto dove era più gonfio. Tremò per l’orrore che provava verso se stesso. Dopo un po’ terminò, mise la spugnetta dentro la bacinella e posò il tutto a terra, accanto al letto, quindi prese l’asciugamano e lo passò con tocco leggero per asciugare.
“Nel mobiletto del bagno ho trovato una pomata per il gonfiore. Se non dovesse bastare, domani ti accompagno in ospedale…”
Da Chifuyu non arrivò nessun segnale.
Spalmò con cura la pomata bianca e fresca, assicurandosi di abbondare dove la situazione era più critica, sperando che gli desse presto un po’ di sollievo.
“L’altro giorno…”
La voce di Chifuyu spezzò il silenzio, bassa e leggermente roca, e lui si fermò per ascoltare.
“L’altro giorno ho letto la lettera che avevi tentato di nascondere… Non volevo farmi gli affari tuoi, ma volevo sapere…”
Di certo non poteva rimproverarlo, dopo quanto accaduto, allora rimase in silenzio e attese che lui parlasse nuovamente.
“Non conosco i dettagli, ma ho capito che quel ragazzo ti sta facendo soffrire, Baji-san…” Chifuyu si tirò su un poco, puntellando il gomito sul materasso, e lo guardò con occhi sinceri e colmi di tristezza. “Voglio solo aiutarti. Ti prego, lasciamelo fare.” Una lacrima gli solcò il viso.
Baji si sentì tremare nuovamente e dovette deglutire un nodo alla gola per riuscire a rispondere. “Dovresti odiarmi per quello che ti ho fatto, dannazione!” Aveva la voce spezzata, si sentiva un miserabile.
“Come faccio a odiarti se ti amo così tanto?” Un singhiozzo gli salì dalla gola, assieme a nuove lacrime che gli bagnarono il viso.
“Non posso prometterti che avrò cura di te, lo capisci? Potrei perdere ancora la testa e sarai tu a pagarne le conseguenze!”
“Non mi importa! Voglio stare con te, Baji-san!”
E allora Baji si lasciò andare ad uno slancio di affetto e lo strinse a sé, avvolgendolo con un braccio. Non meritava tanta devozione, se ne rendeva conto perfettamente, ma purtroppo era anche consapevole che, fin che non fosse riuscito a sistemare le cose con Kazutora, non sarebbe stato più completamente lucido.
*
 
Aveva fatto bene a dire a sua madre di non venire a prenderlo, quel giorno. Dopo due anni rinchiuso in una cella, non voleva perdersi nemmeno un istante del mondo là fuori, specialmente in una giornata così bella, con un sole splendente di fine estate, i cui raggi ricadevano su di lui come volessero abbracciarlo. Camminando lungo il viottolo che portava all’uscita, respirò a pieni polmoni l’aria esterna, ne riconobbe le fragranze dell’erba e degli alberi come anche l’odore polveroso del ciottolato su cui stava camminando e perfino quello più chimico dell’asfalto della strada più avanti. In spalla aveva un borsone blu con dentro le cose di quegli ultimi giorni, mentre tutto il resto lo aveva già consegnato alla madre alle visite precedenti, giusto per portarsi avanti. Ancora pochi passi e oltrepassò la linea che segnava il termine di proprietà privata. Finalmente Kazutora era libero.
Non appena fece un passo in strada, il cancello alle sue spalle cominciò a scorrere per richiudersi, in metafora a quella parte della sua vita che si era chiusa definitivamente. Da quel momento avrebbe impiegato tutte le sue energie per un’unica cosa: la vendetta. Il pensiero che quel bastardo di Mikey avesse vissuto felice e spensierato gli faceva ribollire il sangue nelle vene, cazzo, mentre lui era stato rinchiuso fra solide mura e aveva visto il mondo solo attraverso sbarre d’acciaio per due lunghi anni. Il sentimento di odio che aveva covato nei suoi confronti era cresciuto a dismisura, come allevare una piccola pianta con cura per poi scoprire un bel giorno che è diventata alta tre metri ed è carnivora! Vedere Mikey masticato osso dopo osso da una pianta carnivora era un pensiero stimolante! Che fossero gli alberi all’altro lato della strada a suggerirgli l’idea? Quel bel verde rigoglioso che- Un momento. Sotto a quegli alberi c’era anche qualcos’altro, anzi, qualcuno che in un istante spazzò via dalla sua mente quei pensieri malvagi per lasciare il posto ad una ventata di serenità e di gioia.
“Kan…!” Pronunciò quel nome come una preghiera, mentre i suoi occhi si riempivano della bellezza dell’amica, dei suoi lunghi capelli del colore dell’oro al sole, dei suoi occhi grandi dalla linea armoniosa come quelli di un gatto, dalle sue labbra rosee e sorridenti…
“Kazutora!” Anche la sua voce uscì soffocata dalla commozione, osservando il suo migliore amico correrle incontro.
Il borsone cadde al suolo, lasciandogli le braccia completamente libere per abbracciare la sua migliore amica, la sua confidente, la sua forza, la sua amata…e subito le braccia si riempirono di lei, del suo tiepido calore, del corpo snello e adorabile, del suo shampoo alla camomilla, del suo vestito sbarazzino con la gonna un po’ corta.
“Mi sei mancato tantissimo!” Disse lei, con le lacrime che scendevano come perle dai suoi occhi.
“Anche tu! Non vedevo l’ora di abbracciarti! Il tempo non passava mai!” Se possibile la strinse ancora più forte, in un inconscio tentativo di riempire quegli anni in cui erano stati separati. “Le foto che mi spedivi le tenevo appese alla parete e ogni sera prima di dormire le guardavo per sentirmi meno solo… E avrò riletto le tue lettere un centinaio di volte!”
Parole affettuose che contribuirono ad aumentare le lacrime di Kan per un bel po’.
In un qualche modo riuscirono ad allentare l’abbraccio, Kan aveva il viso così arrossato e bagnato da sembrare una bambina, invece Kazutora era raggiante e brillava di luce propria. Lo stesso sentimento, due reazioni diverse.
“E questi?” Kan sfiorò con le dita le ciocche bionde che erano in cima alla capigliatura dell’amico.
“Ah, sì! Ho fatto crescere i capelli, visto? Te lo avevo promesso, dopo il disastro che avevo fatto quella volta!”
“Perché questo stile mi ricorda tanto la tua camicia preferita? Anzi, forse è più un casco di banane!” Uno scherzo azzeccato che però aveva del vero. La nuova capigliatura gli stava bene, ma aveva un che di sospetto conoscendo i suoi gusti strani.
Kazutora stette al gioco e rispose “Non ti posso nascondere niente!” ed entrambi scoppiarono a ridere, felici e complici come un tempo.
Dopo un po’ Kazutora recuperò il borsone e se lo rimise in spalla, e con Kan aggrappata all’altro braccio s’incamminarono per andare via di lì.
“Anche solo fare una passeggiata all’aperto con te è una cosa che mi è mancata tanto!” La buttò lì, alzando il viso per godersi meglio una folata di aria fresca.
“Ne faremo in continuazione, allora! Faremo tutto quello che vuoi, devi solo dirlo!”
“Anche mangiare un gelato super dolce e super kawaii a Shinjuku?”
Non ci fu bisogno di una risposta, il sorriso furbo di Kan bastò ampiamente! Il tempo di raggiungere la metro più vicina e in un battito di ciglia raggiunsero Shinjuku e, nello specifico, una via in particolare che abbondava di gelaterie artistiche. Ne scelsero una a caso fra quelle che avevano dei tavolini all’aperto con dei posti liberi per accomodarsi. Quel borsone era un po’ un impedimento, almeno stando seduti poteva posarlo a terra. Non dovettero neanche attendere tanto per l’ordinazione, la gente andava e veniva e le cameriere erano svelte e attente, perciò, in breve furono serviti e si ritrovarono ad ammirare a bocca aperta due creazioni deliziose, rispettivamente una coppa con base di gelato al cioccolato e top alla fragola a forma di maialino per lei e base di gelato alla crema con top di nocciola a forma di orsetto per lui.
“Kawaii!!!” Dissero all’unisono, prima che Kan estraesse la macchina fotografica dalla borsetta per scattare delle foto da aggiungere alla collezione.
Kazutora la osservò, accennando un sorriso, contento che la sua amica non fosse cambiata. “La porti sempre con te?”
“Non sempre! A volte uso il cellulare! Ma oggi era un giorno speciale e dovevo assolutamente averla!” Lo guardò con occhi che brillavano e agitò la macchina nella mano. “Dobbiamo festeggiare il giorno del tuo rilascio! Ancora di più adesso che ho visto quanto sei diventato bello!”
“Pff!” Kazutora non riuscì a trattenersi, si portò una mano alla bocca nel tentativo di non ridere, ma fu inutile e allora lasciò che quella risata gli uscisse dal petto. Era da due anni che non rideva così. “Una delle tante cose che mi piacciono di te è che non hai peli sulla lingua!”
Kan si morse un labbro, una piccola ruga espressiva si formò fra le sopracciglia. “Sto esagerando? Sei sempre stato carino, solo che…”
“Così ti piaccio di più! Ricevuto! Non preoccuparti, non mi offendo! Anzi, adesso che lo so, non mi taglierò più i capelli corti!”
Kan gli fece un cenno col capo, arrossendo leggermente, per poi tornare all’argomento antecedente. “Facciamoci delle foto coi gelati, così possiamo mangiarli! E dopo ce ne facciamo delle altre noi due! Magari anche mentre passeggiamo per il centro, voglio ritrarti ovunque!”
Detto fatto, la prima serie di foto furono di loro sullo sfondo e dei gelati in primo piano, un’attesa che valse davvero la pena, visto che poi affondarono i cucchiaini dal manico lungo e non si fermarono fino a quando non ripulirono le coppe!
Kan si lasciò andare sullo schienale e si portò orgogliosamente una mano allo stomaco. “Che buono! Di gelati ne ho mangiati parecchi assieme a Souya, ma in questa gelateria non c’ero ancora stata!”
Quel nome causò in Kazutora una piccola fitta di gelosia. “Souya? Quel tuo nuovo amico di cui mi raccontavi nelle lettere?”
“Sì! E’ adorabile! Vorrei fartelo conoscere! Non so se hai creduto a quello che ti ho scritto, ma ti assicuro che la sua espressione naturale è davvero incazzata, anche se in realtà lui è un cucciolo da coccolare! E’ un buon amico e non sai quante volte mi ha ascoltata e aiutata!”
Niente da stupirsi, Kan era quel tipo di ragazza che quando si affeziona lo fa fino in fondo e non ha problemi a tessere le lodi di chi ha a cuore. Solo che una volta quelle attenzioni erano rivolte a lui, mentre ora…era stato rimpiazzato?
Visto che non disse nulla, lei riprese a parlare, ma stavolta con tono più serio.
“A proposito di amici… Avevo chiesto a Kei di venire con me oggi, ma non è andata bene. Credo che preferisca incontrarti da solo. In fondo ha sofferto molto anche lui la tua mancanza…”
Kazutora alzò le spalle. “Se vuole vedermi, sa cosa deve fare. Se non lo fa vuol dire che non ne ha così tanta voglia.”
“Che intendi dire?”
“In una delle poche lettere che è riuscito a scrivermi…ah giusto, credevo che non avrebbe mai imparato a scrivere, quindi non me ne aspettavo nessuna, invece tu hai compiuto un miracolo. Comunque…mi ha scritto di quel Chifuyu. Hanno stretto amicizia e se l’è portato nella Toman come Vice. Complimenti.”
“Vedi…” Kan abbassò lo sguardo, erano entrati in un argomento che scottava. “Dopo che ti hanno arrestato sono cambiate moltissime cose nella Toman. Da un piccolo gruppo, è diventata una gang di un certo successo, composta da cinque squadre di circa dieci elementi ognuna. Be’ lo sai già, te ne ho parlato per lettera alcune volte.  Kei è a capo della prima squadra e…inizialmente c’era un altro ragazzo al suo fianco, poi ha nominato Chifuyu e da allora sono inseparabili. Ma non è come credi.” Rialzò lo sguardo e parlò chiaramente. “Loro due stanno insieme, come innamorati. Il suo migliore amico rimani tu, nessuno prenderà mai il tuo posto.”
“Tsk! Secondo me Baji ha preso il pacchetto completo! Io l’avevo respinto perché sono etero e lui ha trovato qualcuno a cui dare tutto! Ecco la verità.”
Kan scosse il capo. “Lo sai che non è vero. Lui tiene moltissimo a te. Prova a schioccare le dita e lui arriverà scodinzolando.”
Quella frase lo fece sorridere, pur trattandosi di un sorriso amaro. “Staremo a vedere…” Era davvero curioso di sapere cos’avrebbe fatto. Lui glielo aveva scritto chiaro e tondo, se Baji era ancora suo amico doveva dimostraglielo lasciando la Toman. Facile no?
*
 
Che Mikey era depresso si vedeva lontano un miglio, con quell’espressione mogia, gli occhi spenti, quel suo modo di stare seduto con la schiena poggiata alla struttura del letto che lo faceva somigliare tanto ad uno di quei cuscini ‘pouf’ deformati. E poi non aveva ancora toccato il dorayaki che lui stesso aveva portato. Draekn, al contrario, aveva già mangiato di gusto il suo, un piccolo regalo inaspettato da parte dall’amico. Dopo le lezioni ognuno era tornato a casa propria e dopo un po’ Mikey si era presentato alla sua porta con due dorayaki caldi. Non aveva capito il perché di quella visita, fino a quando a Mikey non era sfuggita la domanda “Kan non ti ha critto niente?” e allora era diventato tutto chiaro. Kan non aveva tenuto nascosto il fatto che quel giorno avrebbe saltato le lezioni per stare con Kazutora (salvo che ai suoi genitori, ovviamente). E dal momento in cui Mikey lo aveva saputo si era ridotto ad un pupazzo con lo sguardo fisso nel vuoto. Era probabile che, incapace di sopportare la situazione, avesse preferito andare da lui per ricercare il suo sostegno, ma senza dirlo a parole. Non doveva essere facile sapere che la ragazza che amava era corsa sorridente dalla persona che gli aveva ucciso il fratello. Vederlo ridotto così era una pena. Stava ancora pensando a che argomento tirare fuori per distrarlo, quando la porta si spalancò e comparve Kan.
I piedi piantati a terra sull’uscio, li squadrò entrambi con aria sorpresa, prima di riprendersi ed entrare. “Non sapevo fossi qui.” Disse rivolta a Mikey.
Lui finalmente alzò lo sguardo, adesso che era arrivata lei nei suoi occhi si era smosso qualcosa che lo fece apparire più umano. “Bentornata…”
Ci mise almeno tre secondi prima di biascicare un incerto: “Grazie…” Era evidentemente a disagio e stare in piedi di fronte a loro lo metteva ancora più in evidenza.
Draken si schiarì la voce. “Quindi, com’è andata con…?” Niente, la voce gli mancò proprio nel momento di pronunciare il nome, come se dirlo in presenza di Mikey fosse un reato.
“E’ stato…emozionante! Lui mi è corso incontro per abbracciarmi e io ho pianto un sacco!” Cominciò a raccontare lei, ritrovando il sorriso. “Poi ha proposto di andare a Shinjuku a mangiare un gelato! Le nostre coppe, oltre che buone erano anche bellissime! Ho fatto delle foto!” Mise mano alla borsetta per estrarre la macchina fotografica ma…
“Te la sei proprio spassata con l’assassino di mio fratello.”
Bastò quella frase di Mikey, detta con tono acido e a capo chino, a rovinare l’atmosfera completamente.
“Non me la sono spassata. Ero felice di rivederlo e riabbracciarlo dopo tanto tempo.” Puntualizzò Kan, con una certa fermezza.
A quel punto Mikey si alzò e, facendosi vicinissimo a lei, la guardò negli occhi. “Vorrei poter dire la stessa cosa di mio fratello. Invece lui non tornerà più perché adesso è un mucchietto di cenere.”
Draken provò a riprenderlo, ma la sua voce incerta lasciò intendere come la pensava al riguardo. “Ehi Mikey, non esagerare… Dai…”
Al contrario di lui, Kan si fece ancora più decisa. “Prima o poi dovrai convincerti che è stato un incidente. Per quanto tragico, è stato un INCIDENTE!”
Mikey sostenne il suo sguardo per qualche secondo, salvo poi scivolare via come un’anguilla abbozzando un “E’ ora di cena, torno a casa.” E lasciare la stanza senza voltarsi indietro.
Le uova erano sicuramente rotte, ma non ne era uscita una bella frittata.
Kan lasciò un lungo sospiro. “Perché non capisce?”
“Perché la sua perdita è stata troppo grande. Shinichiro era la sua figura di riferimento, il centro del suo mondo. E all’improvviso gli è stato sottratto.” Si alzò da terra anche lui e prese le mani di sua sorella, con affetto. “Se Kiyomasa…anzi no, restiamo sul generico. Se qualcuno avesse ucciso me e ti venisse detto di perdonarlo perché è stato un incidente, tu lo faresti?”
Le pupille di Kan si strinsero in reazione ad un’ipotesi così improvvisa che assomigliava tanto a quello che sarebbe davvero potuto accadere. La ferita infertagli da Kiyomasa l’aveva quasi ucciso, era vivo per miracolo. “…è diverso. Tu per me sei…”
“Importante? Insostituibile? Anche Shinichiro lo era per Mikey!”
“Mh…” Sul volto di lei scese un velo di tristezza. “Starò più attenta a quello che dico, allora.”
“Ottima idea! Ora raggiungilo e stagli vicino!”
Lei ci mise un attimo a percepire, ed ecco che sgranò gli occhi e starnazzò un “Che?”
“Non dico di correre, puoi raggiungerlo a casa sua! Gli farà piacere, ne sono certo!”
“Non hai visto come si è incazzato? Se mi rivede mi prende a calci!”
“Pfuh, figurati! Ti ricordo che è innamorato perso di te da quando era alto un metro!”
Kan sollevò un sopracciglio. “Aveva undici anni quando ci siamo conosciuti.”
“Allora facciamo un metro e cinque. Dieci quando era in punta di piedi.” Rispose con convinzione lui, senza battere ciglio. Tempo due secondi ed entrambi si ritrovarono a ridere.
“Ma che stai dicendo, scemo?”
“La verità!” In breve la risata si placò e lui si fece più dolce, sfiorandole il viso con la mano. “Fidati di me, vagli dietro. E sii paziente. Mh?”
Kan fece un cenno col capo. “D’accordo…” Si scambiarono un’occhiata di rassicurazione e anche lei lasciò la stanza.
Bene, adesso non gli restava che pensare a cosa mangiare, visto che era ora di cena e cominciava a sentire i morsi della fame. Raggiunse l’ingresso senza incrociare nessuno nei corridoi e lì, alla guardiola, trovò immancabilmente Masawei a leggere il giornale. Praticamente quell’uomo non faceva altro nella vita!
“Ehilà! Che ne dici di fare una pausa dal  duro lavoro e mettere qualcosa sotto i denti?”
L’uomo abbassò di scatto il giornale e lo guardò con occhi affilati come se volesse trapassarlo. “Duro lavoro? Mi prendi per il culo?”
Era raro sentirlo dire parolacce, ma quando succedeva era di una comicità unica, infatti Draken scoppiò a ridere, portandosi una mano all’addome. Per fortuna la ferita era in via di guarigione…
“Scherzavo! Però se ti va di mangiare qualcosa assieme, mi sta bene!”
Masawei ci rifletté un poco, ma alla fine posò il giornale e prese in mano il telefono. “Ordino cinese d’asporto? E’ da un bel pezzo che non lo mangiamo.”
“Andata!” Confermò lui, contento di stare in compagnia dell’uomo che gli aveva fatto da padre.
*
 
[Avevi ragione tu. Siamo riusciti a parlare senza litigare. E abbiamo cenato assieme al nonno e a Emma. Avevo proprio voglia di  stare un po’ col nonno! Ah volevo dirti che rimango qua a dormire. Mikey è ancora un po’ giù di corda sai… Ci vediamo domattina per la scuola! Buonanotte!]
Non appena Draken ebbe letto questo messaggio sul telefono, strinse il pugno e…diede giù di gomito, in segno di trionfo!
“Forza Mikey! Riconquistala! Faccio il tifo per te!” Disse tra sé, con un entusiasmo decisamente fuori dalle righe. E pensare che fin dall’inizio era stato geloso di lui e in molteplici occasioni lo avrebbe volentieri fatto a pezzi, invece adesso, alla luce degli ultimi avvenimenti, si era reso conto che voleva rivederli insieme e felici come un tempo. Era dura da ammettere, ma fra tutte le persone che conosceva, Mikey era quello migliore a cui affidare sua sorella. Una volta aveva preso in considerazione anche Mitsuya, un ragazzo d’oro, però tra lui e Kan non c’era mai stata una particolare alchimia.
[D’accordo. Buonanotte sorellina!]
Inviò il messaggio e ripose il telefono sul tavolino della stanza. Si può dire che quella sera andò a letto contento, senza minimamente immaginare che cosa lo aspettava il mattino seguente…
All’apparenza era una mattina normale e lui aveva solo il compito di svegliare Mikey e sistemargli i capelli, come aveva sempre fatto, assecondando la sua pigrizia. Afferrò la maniglia della porta e, quando l’aprì…
“Buongiorno! Giù dal letto tutti e du-” Si paralizzò, letteralmente, nel rendersi conto che in quella stanza c’era un sottofondo canoro che conosceva fin troppo bene, essendo nato e cresciuto in un bordello. Il problema era che, quel tipo di versi non li aveva mai sentiti dalla bocca di sua sorella. E l’occhio diede conferma all’orecchio, in quanto, allungando lo sguardo verso il letto, vide la sua adorata sorellina e il suo migliore amico/Comandante in pieno accoppiamento.
Trauma. Profondo.
Mikey si accorse della sua presenza, ma invece di fermarsi come avrebbe dettato il buonsenso, si limitò a lanciargli un’occhiata maligna da sotto la frangia madida e a cacciarlo con un prepotente “Non adesso, Ken-chin!” che parve tanto un ringhio.
Draken retrocedette e sbatté la porta, sconvolto, per poi accucciarsi di lato contro la parete. Che cazzo di situazione. Proprio lui che normalmente non esitava a rimetterlo in riga per contatti molto più tollerabili, solo per aver visto ‘quella scena’ si sentiva come un animaletto spaurito. Che gli prendeva al cervello? Perché non gli suggeriva frasi del tipo “Quel bastardo sta violando tua sorella, ammazzalo!”? Forse…era perché il cuore gli stava dicendo qualcos’altro, con una voce più forte? La porta si aprì, facendolo trasalire. Ne uscì Kan, tenendosi stretta al corpo una vestaglia corta in seta rosa, coi capelli completamente in subbuglio che però non nascosero il suo sorriso imbarazzato.
“Dieci minuti e sono pronta!” Gli disse, per poi correre verso casa.
Dopo una manciata di secondi ne uscì anche Mikey, con addosso i pantaloni ampi da teppista e la camicia di scuola aperta sul petto nudo. Con la mano si lisciò i capelli all’indietro, lasciando così scoperta la fronte. Ogni centimetro di pelle era così da sudata da luccicare, ma sul suo volto c’era un’evidente espressione soddisfatta, nonostante il mezzo sorriso di scuse. “Eravamo un po’ presi e non ci siamo accorti dell’ora!”
“Quindi tu e lei siete tornati…?”
Mikey distolse lo sguardo, con fare incerto. “Nnnno…non credo… Stanotte abbiamo solo dormito abbracciati, poi al risveglio ci è venuta voglia e l’abbiamo fatto… Tutto qua!” Terminò con un’alzata di spalle. Si sedette accanto a lui. “Pensavo mi avresti ucciso! Che succede?”
In effetti Draken in quel momento era incredibilmente tranquillo, per uno che aveva appena visto una scena del genere con la sua stessa sorella come protagonista.
“Senti Mikey, vorrei chiederti una cosa.”
“Sì?”
Draken lo guardò. “Cosa si prova a farlo con la persona che ami?”
Wow. Mikey si sarebbe aspettato tutto, tranne una domanda così.
“Be’ è…” Gli venne spontaneo sorridere. “Fantastico! Un’emozione così bella che non saprei come descriverla! Provando a farti un esempio… Quando sono dentro di lei non c’è nessun altro posto al mondo dove vorrei essere!”
Di nuovo si preparò ad una critica o una minaccia, invece guardando negli occhi dell’amico vide chiaramente un velo di tristezza, magari mescolato ad un accenno di invidia. Si sorprese di questa scoperta e si sentì in dovere di consolarlo. “Ken-chin, anche tu proverai la stessa cosa, un giorno! Anzi, per quanto mi riguarda avresti già potuto farlo! Se vuoi saltare addosso a mia sorella, hai il mio consenso! Emma non aspetta altro!”
A questo punto si aspettava un ringraziamento, visto che era la mattina delle novità! E il suo errore fu proprio questo. Mai abbassare la guardia! Nel giro di un istante, Draken riacquistò il suo tipo sangue freddo e lo guardò così male da fargli desiderare di tornare indietro nel tempo di mezzo minuto per tenere la lingua stretta fra i denti!
“Solo perché tu non sei riuscito a tenerlo nei pantaloni, non significa che io debba diventare un pervertito come te.” Sibilò Draken, peggio di un serpente.


Continua nel Capitolo 20: [Angel Wings]!
Ali bianche all'orizzonte!!!! ;) 
  
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