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Autore: Ghostclimber    13/08/2023    1 recensioni
Hanamichi è un Genio.
No, non il Genio del Basket, non questa volta.
Hanamichi è un Djinn.
Disgraziatamente, sarà Rukawa a liberarlo.
Genere: Sentimentale, Slice of life, Sovrannaturale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: Hanamichi Sakuragi, Kaede Rukawa
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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"YOUHEI PORCA DI UNA MALORA FAMMI USCIRE DI QUI!"

Erano ormai venti minuti che Hanamichi era rinchiuso nell'armadio delle scope in palestra, e cominciava ad essere intimorito.

Scomodo no, quella sensazione lo accompagnava dall'inizio, insieme al sospetto di avere il manico della paletta un po' troppo vicino al buco del culo, ma intimorito. Se lo avesse liberato qualcuno che non fosse Youhei, avrebbe avuto un certo numero di spiegazioni complicate da fornire.

Ricominciò a battere i pugni sulla porta e urlare; ormai aveva la voce arrochita.

Finalmente, uno spiraglio si aprì, proiettando una sottile lama di luce sul viso di Hanamichi: una lama che si allargava poco a poco.

"FINALMENTE, CAZ…" cominciò Hanamichi, ma la voce gli morì in gola.

Tra tutte le persone che potevano liberarlo, proprio lui. Cazzo, cazzo, cazzo.

"Che ci fai qui?" chiese Rukawa. La sua voce era come al solito pacata e profonda, forse venata da un filo microscopico di impalpabile curiosità.

"Io? Ah… niente di che, sai, uno scherzo del mio amico, mi ha chiuso qui pensando di essere spiritoso!" mentre fingeva di sganasciarsi dalle risate, ad Hanamichi sovvenne che c'era un piccolo cavillo che ancora poteva salvarlo. Se solo lui avesse inventato una balla qualunque, tipo che si era appostato per…

"Beh, adesso sei libero. Fuori dalle palle."

"Mai una gioia!" esclamò con trasporto Hanamichi, mentre l'antica sensazione di avere i polsi e parte degli avambracci coperti da fasce di metallo tornava a farsi viva al suono delle parole magiche: "Sei libero ora" e variazioni sul tema. Le uniche che davvero non gli avrebbero concesso via d'uscita. Libero un corno.

Rukawa, che si era fatto da parte per farlo passare, era immobile con una mano sull'anta dell'armadio. Il suo viso solitamente impassibile era distorto in una comica espressione di sorpresa e incredulità.

"Cosa… cazzo…?" chiese, in un filo di voce. Sakuragi sospirò.

"Sono un Genio," ammise.

"Così geniale che ti sei fatto chiudere in un armadio per le scope," commentò Rukawa, facendo schioccare le labbra sdegnoso.

"Non Genio in quel senso!" tuonò Hanamichi, e la sua voce echeggiò in maniera innaturale tra le pareti della palestra. Cercò un tono di voce normale: per una volta, Rukawa doveva restare, almeno per un paio di minuti.

"Sono un Genio nel senso che sono un Djinn. È un tipo di creatura sovrannaturale. Hai presente Aladdin?"

"Mi prendi per il culo?" in tutta risposta, Hanamichi sollevò le braccia a mostrare i polsi. Due alti bracciali di metallo glieli stringevano in una morsa perfetta, come se fossero disegnati apposta per lui.

"Questo è il simbolo della mia schiavitù," disse in tono piatto, "E ora, siccome mi hai liberato, ti spettano tre desideri. Le regole sono le solite, non posso creare l'amore, far morire o resuscitare persone. E non posso far crescere le mani ai ragni. Regola personale, questa, sono stati cinque minuti davvero ma davvero agghiaccianti."

"Mi prendi per il culo?" chiese di nuovo Rukawa.

"None… senti, hai tre desideri. Fatti un paio di conti, vedi se puoi sprecarne uno e chiedimi, che ne so, un camion di marshmallow."

"Non mi piacciono i marshmallow."

"Sei una bestia. Beh, senti, io resto…" Sakuragi si morse la lingua. Non gli andava di dire a Rukawa, cioè, Rukawa, che lui, Hanamichi, il Genio, sarebbe stato suo schiavo fino al compimento del terzo desiderio. C'è un limite a tutto, che diamine.

"Sì, insomma, se ti viene in mente qualcosa sai dove trovarmi. Se non mi vedi aguzza le orecchie, probabilmente sto urlando da qualche parte." Rukawa non rispose, quindi Hanamichi fece per allontanarsi. Non avrebbe potuto stargli chissà quanto lontano per un po', per quanto tempo dipendeva dalla velocità della Volpe nel decidersi, ma non era necessario stare proprio lì appiccicati.

"Beh, io… penso che andrò a sgranchirmi…"

"Voglio conoscere Michael Jordan," sbottò Rukawa.

"Che?"

"È il mio primo desiderio. Voglio conoscere Michael Jordan."

"Si può fare," rispose Hanamichi con calma, quasi intenerito dall'espressione di ardente aspettativa che illuminava il viso di Rukawa e gli colorava appena le guance.

Rukawa si voltò, come se si aspettasse di veder entrare il suo campione preferito dalla porta della palestra; Hanamichi gli posò una mano sul braccio e disse: "Non funziona proprio così. Non farti confondere dal Genio di Aladdin, sono un po' diverso. Tanto per cominciare, io non sono blu. Se mi vedi blu, chiama i soccorsi, grazie."

"Come faccio allora a sapere che mi stai dicendo la verità?" chiese Rukawa, irritato.

"Oh, io ti ho fatto un esempio, il camion di marshmallow era molto più facile come esecuzione." Rukawa ringhiò. Hanamichi sospirò e disse: "Dammi qualche giorno. Non posso teletrasportare qui una persona dall'America, razza di fenomeno." Rukawa non rispose. O forse, la stringa di insulti che mugugnò mentre si allontanava era da considerarsi come una risposta.

 

Le porte della palestra si aprirono, e Youhei chiamò: "Hanamichi, eccomi, ora ti libero, senti, mi serve che… oh."

"Troppo tardi," sottolineò Hanamichi, alzando i polsi.

"Merda," commentò Youhei, "Mi ha fermato la preside, se no avrei fatto molto più in fretta. Chi…?"

"Rukawa."

"Scusa."

"Ti scalo un desiderio dalla prossima," disse Hanamichi in tono lugubre.

 

*****

 

Hanamichi stava vagando nel nulla vicino alla spiaggia.

Non aveva la minima voglia di stare lì, soprattutto non in una giornata di marzo in cui la primavera sembrava essersi dimenticata il proprio mestiere, con un sole gelido che faceva dentro e fuori da una coltre di nuvole. Ma probabilmente, si disse, Rukawa era nei paraggi. E l'ispirazione di alzarsi e andare lì poteva essere dovuta dal fatto che il desiderio di Rukawa stava per realizzarsi, anche se due giorni sembravano un po' pochini. Insomma, MJ arrivava dall'America, così a occhio e croce doveva essere saltato su un aereo a caso per il Giappone ed era arrivato di gran carriera. Hanamichi sospirò: era da un sacco di tempo che nessuno gli chiedeva roba così grossa, poteva aver fatto qualche cazzata nella realizzazione. Sperò che tutto si risolvesse per il meglio: era già sfigato abbastanza anche senza una querela da parte di un giocatore dell'NBA.

Una folata di vento portò fino a lui il familiare rumore di un pallone da basket che rimbalza contro il terreno. Stancamente, Hanamichi si trascinò verso la fonte del suono e si fermò di fianco a un campetto da basket. Nascosto dalle siepi, rimase a fissare Rukawa; all'inizio, non lo mise nemmeno a fuoco, poi l'immagine della Volpe che si smarcava da avversari immaginari gli entrò nella mente. Era carino di brutto, si disse in tono quasi accademico, in fondo non poteva biasimare tutte le tipe che gli sbavavano dietro. Anche se forse era un po' riduttivo venerare una persona solo perché ha un bel faccino e si muove con eleganza. Insomma, quando sentiva Haruko parlare di Rukawa, si chiedeva spesso chi dei due fosse scemo col botto, se lui fosse accecato dall'invidia o se lei avesse le proverbiali fette di salame sugli occhi. Per qualche motivo, sospettava che Haruko parlasse del Rukawa immaginario che si era costruita nella mente, visto che quello vero le aveva rivolto la parola sì e no quattro volte. Difficile capire una persona con così pochi elementi, dopotutto.

Una voce calda e profonda ruppe il tranquillo rumore della risacca e del palleggio di Rukawa: "Excuse me!"

 

E accadde.

 

La palla scivolò dalle mani di Rukawa, che aprì la bocca e arrossì.

Nessun'altra reazione, zero al quoto, il ragazzo era una statua di sale.

"Questa gliela metto in conto…" bofonchiò Hanamichi, poi uscì dal cespuglio e in inglese stentato disse: "Hello! Pardon my friend, he's your fan. Do you need help?"

Parlando lentamente, forse intuendo che quel grosso giapponese coi capelli rossi non aveva buoni voti in inglese, Michael Jordan in persona spiegò che era in viaggio con la sua famiglia, e che sua figlia aveva sentito parlare di un passaggio a livello famoso dei film. Avevano preso un treno fino a Kanagawa per vederlo, ma poi si erano persi.

"We can take you there!" Hanamichi disse con convinzione. Conosceva quel passaggio a livello come le proprie tasche, ci passava ogni giorno per andare a scuola: non era lontano, ma arrivarci non era semplice.

Fischiò per riscuotere Rukawa dalla paralisi: "Rukawa! Prendi la palla e andiamo, dai, muoversi!" Rukawa obbedì, troppo sconvolto per fare altro.

La figlia di Jordan, Jasmine (nome perfetto per la situazione), attaccò subito bottone con Hanamichi, sotto lo sguardo attento della madre, che però sembrava non nutrire sospetti nei confronti di quel chiassoso ragazzone. La conversione con la bambina era facile da mantenere, soprattutto perché la piccola sembrava davvero parecchio logorroica e i fratelli continuavano a intervenire, e Hanamichi gettò un orecchio per vedere se Rukawa stava ancora facendo il giochetto del silenzio.

Pareva di no; lo sentì conversare amabilmente con Michael Jordan di basket, punteggi e rimbalzi e salcazzo cos'altro, e lo lasciò fare.

Jasmine si esaltò da matti a vedere il passaggio a livello di Kamakurokoko-Mae, cosa che intenerì moltissimo Hanamichi. Rukawa sorrise, non del tutto presente, mentre la famiglia scattava foto, di Jasmine da sola, poi tutti insieme con l'aiuto del Genio della Fotografia Hanamichi Sakuragi, infine Jasmine e il suo nuovo amico giapponese, che la sollevò su una spalla, ridendo.

"Mi piacerebbe molto fare due tiri con te, Kaede," disse Michael. Per un istante, Hanamichi credette che Rukawa sarebbe schiattato lì sul posto.

"Oh, eccoci qui," commentò la signora Juanita sorridendo, "Adesso partono a cercare un campo."

"Non c'è bisogno di cercare, il Genio ha la soluzione anche a questo!" esclamò Hanamichi, togliendosi dalla tasca un mazzo di chiavi, "Volpaccia, ricordami chi era di turno ieri per le pulizie?" chiese, in giapponese.

"Daisuki yo," rispose Rukawa di getto, "Let's go to our school, we have the keys!"

Mentre si spostavano di quel paio di isolati verso lo Shohoku, Hanamichi riemerse da uno stordimento in cui non sapeva di essere piombato e disse: "Spero che non vi stiamo distruggendo i piani della giornata."

"No problem, Hanamichi," rispose Juanita, "Michael diventa comunque un orso brontolone se non gioca per qualche giorno."

"Giochi anche tu, Hanamichi?" chiese Michael, "Kaede dice che siete compagni di squadra."

"Per oggi passo, magari vi tengo i punti. Non voglio che quella Volpaccia lì mi mangi vivo perché gli sottraggo il suo idolo per sette secondi!" Michael rise.

"Quindi tu non sei mio fan?"

"Ogni essere umano del pianeta è suo fan, His Airness. Io mi vanterò di aver reagito mentre Rukawa diventava una statua. Eh, a volte non avere una dignità porta i suoi frutti!" Michael si girò verso Rukawa e disse: "Avevi ragione, Kaede, è Dennis fatto e sputato, anche di carattere!" Rukawa annuì meccanicamente, ma Hanamichi non poté fare a meno di notare che era arrossito un po'.

 

Lo one on one andò alla grande.

Hanamichi segnò punti sbagliati da un lato e dall'altro per far divertire i bambini e innervosire Rukawa, poi finalmente Michael raggiunse i venticinque punti stabiliti per la vittoria.

"Hai talento, Kaede, davvero," disse, alzando un braccio per stringergli la mano, "Ricordati però che non sei solo in campo durante la partita. Si vede che sei abituato a contare solo su te stesso e…" Hanamichi non rimase ad ascoltare il resto della filippica. Entrò nell'ufficio di Anzai e recuperò una vecchia macchina Polaroid che avevano usato qualche volta, poi tornò in palestra.

Rukawa stava ringraziando profusamente Michael per la partitella, per l'opportunità e per i consigli.

Hanamichi alzò la macchina fotografica: "Questa Volpe demente non avrà mai il coraggio, quindi lo chiedo io. Posso farvi una foto insieme?" Michael acconsentì con gentilezza, poi insistette per farne una con entrambi e se ne fece lasciare una copia. Senza che Hanamichi lo chiedesse, firmò entrambe le foto.

Raggiunsero tutti insieme la stazione più vicina, e Rukawa diede loro indicazioni su come muoversi per raggiungere un ristorante probabilmente strafigo che Hanamichi non aveva mai sentito nominare.

Si salutarono dal finestrino con la mano mentre il treno partiva, poi Hanamichi si voltò verso Rukawa: "Ora mi credi?" non ci fu risposta.

Rukawa lo ghermì per il giaccone e lo trascinò in un vicolo cieco, dietro a un cassonetto, poi lo abbracciò come se volesse frantumare le costole.

Preso alla sprovvista, Hanamichi cercò di non soffocare e gli batté le mani sulla schiena.

"Ti credo," bofonchiò Rukawa, la faccia affondata nella sciarpa di Hanamichi. Ci urlò dentro, già che c'era, e Hanamichi ridacchiò piano.

 

Venti minuti più tardi, tanto ci volle perché Rukawa si ricomponesse, camminavano lentamente verso lo Shohoku. Un Rukawa insolitamente chiacchierone rivelò ad Hanamichi che avevano parlato anche di lui, e di quanto fosse un rimbalzista di talento, e di come il suo gioco ricordasse quello di Dennis Rodman.

Hanamichi aveva una strana sensazione, che riuscì a isolare solo quando intravide un ragazzo di passaggio che si complimentava con la ragazza al suo fianco per il vestito che indossava, una roba assolutamente orrenda. Si sentì sprofondare il cuore dalla bocca dello stomaco fin giù alle viscere.

Arrivati all'ormai storico passaggio a livello, Rukawa disse: "Io vado di là."

"Io invece qui giro. Ci vediamo a scuola, eh? Pensa al prossimo desiderio, mi raccomando, e non addormentarti per strada!"

Il passaggio a livello cominciò a scampanellare, segno che l'asta stava per scendere.

"Aspetti con me?" chiese Rukawa, che avrebbe dovuto attendere prima di attraversare.

"Mi spiace, ma devo proprio andare," rispose Hanamichi. Si scambiarono un ultimo cenno di saluto, poi Hanamichi si incamminò.

Non aveva fatto tre passi, quando si fermò: meglio prima che poi, si disse, mentre lo stomaco gli si riempiva di piombo fuso.

"Ah, Volpe?"

"Nh?"

"Non confondere la gratitudine con l'amore."

Senza attendere una risposta, Hanamichi si allontanò.





E rieccomi di nuovo qui con le boiate che mi vengono in mente quando mischio il sottofondo costante di Slam Dunk nella mia mente, un film con Tilda Swinton e un buon vino.
Spero vi piaccia, battete un colpo se avete gradito e a presto con il secondo desiderio della Volpaccia!
XOXO

   
 
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