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Autore: Shainareth    13/08/2023    2 recensioni
[Gundam SEED Destiny] «Va bene, tenetevi pure i vostri segreti», commentò la loro amica, intenerita da quello scambio di battute. Per un attimo le sembrò di essere tornata ai vecchi tempi, giorni orribilmente bui, certo, ma pregni comunque di nostalgici ricordi che adesso, a distanza di anni, la facevano comunque sorridere. «Vi lascio soli a rivangare il passato», aggiunse poi, facendo per alzarsi in piedi. Athrun la precedette e le scostò la sedia per aiutarla. «Mi ha fatto davvero piacere rivedervi, ma vi avverto: è assai probabile che qualcuno possa avervi rubato delle foto e che domani troviate qualche articolo di quart’ordine sulle testate giornalistiche.»
One shot collegata alla precedente Pettegolezzi.
Genere: Commedia, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Athrun Zala, Cagalli Yula Athha, Miriallia Haww
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Attenzione: per comprendere appieno la shot, vi conviene leggere prima l'altra mia Pettegolezzi.





GRANCHI


 
Manco a dirlo, li avevano riconosciuti non appena avevano messo piede nel locale. Vagamente a disagio per le conseguenze che quell’uscita pubblica avrebbe potuto comportare, Athrun strinse le labbra in un’espressione preoccupata. Al suo fianco, Cagalli regalava invece sorrisi a chiunque le rivolgesse la parola. In realtà lei era stata riconosciuta solo in un secondo momento, tanto erano abituati i più a vederla con il completo da politico; quella sera, però, era stata di parola e aveva indossato un abito, non troppo appariscente, ma abbastanza elegante da renderla molto femminile. Si era persino acconciata i capelli. Quando l’aveva vista, Athrun era rimasto quasi senza parole. Non tanto per la bellezza della ragazza, dal momento che forse era il solo a conoscerne ogni sfumatura, quanto per la sorpresa: quanto tempo era passato, dall’ultima volta che l’aveva vista concedersi quel lusso? Il pensiero che lo avesse fatto per uscire con lui lo inorgogliva molto.
   Temendo troppi sguardi indiscreti, avevano prenotato un salottino privato e solo dopo che furono accomodati al tavolo si concessero un sospiro di sollievo. Era assurdo che non potessero godere di un minimo di riservatezza, ma Athrun comprese che probabilmente questo era un altro dei motivi per cui Cagalli evitava non soltanto uscite pubbliche in generale, quanto soprattutto quelle in compagnia.
   «Ci avranno comunque fotografati», commentò con una certa tensione nel tono della voce, guardandosi attorno e trovando comunque quel posto abbastanza intimo.
   «Rilassati», disse lei, cominciando a dare uno sguardo al menù che avevano appena portato. «Se avessi sposato Lacus, ti saresti trovato lo stesso al centro dei riflettori.» Dapprima Athrun corrucciò la fronte a quel pensiero, poiché per l’ex idol in realtà non aveva mai provato nulla di più di una sincera simpatia; poi però gli venne spontaneo inarcare un sopracciglio, domandandosi in che termini dovesse interpretare l’osservazione della compagna.
   La loro relazione era a un punto fermo già da diversi mesi. Avevano rotto? Erano semplicemente in pausa? Cagalli non lo aveva specificato e Athrun non lo aveva chiesto. Si era limitato ad accettare quello stato dei fatti, consapevole che, in effetti, non si poteva fare diversamente. Orb aveva subito troppi danni, durante le due guerre. L’ultima, in particolare, aveva minato in modo pesante la sua reputazione di Stato neutrale. Athrun sapeva che Cagalli se ne riteneva responsabile e pertanto aveva quasi annullato se stessa per ripristinare l’ordine delle cose, cercando così di recuperare la linea di governo che aveva ereditato dal compianto Uzumi Nara Athha. Comunque stessero le cose, il giovane aveva deciso di rispettare quella sua decisione e di aspettarla. Dopotutto, non avrebbe potuto fare altrimenti: era stato il primo ad allontanarsi da lei, seppur credendo di fare del bene, e non c’era verso che ora lui le mettesse fretta. Né c’era pericolo che potesse essere distratto da qualcun’altra: non sapeva bene come fosse successo, ma quella ragazzina scatenata che aveva incontrato circa quattro anni prima l’aveva come incatenato a sé con chissà quale prodigioso incantesimo.
   In realtà Athrun sapeva perfettamente di quale malia era stata capace la giovane donna che aveva di fronte: nel bel mezzo di una guerra, fra rabbia e disperazione, era stata l’unica in grado di farlo ridere. Inoltre, le doveva la vita. Letteralmente.
   Quando si accorse dello sguardo di lui, che sembrava essersi imbambolato ad osservarla con la stessa espressione innamorata di un tempo, Cagalli arrossì. «Che c’è?» domandò quasi seccata, cercando in quel modo di nascondere un imbarazzo che non sapeva spiegarsi. O forse sì.
   Non aveva allontanato Athrun da sé perché aveva smesso di amarlo, tutt’altro. Lo aveva fatto per paura che lui potesse tornare a sentirsi messo in secondo piano, come probabilmente era accaduto poco prima dell’inizio del secondo, recente conflitto. Orb aveva la priorità, Cagalli non poteva né voleva esimersi dalle proprie responsabilità di Emiro Delegato. Sapeva anche che lui lo aveva capito. Di più, rispetto al passato, le era venuto incontro e, anzi, si era persino deciso ad affiancarla in quella ricostruzione: la pace, la tolleranza, il rispetto per il prossimo erano sempre stati il sogno di entrambi, pertanto lavorare insieme affinché diventasse realtà era di fondamentale importanza.
   «Nulla», rispose il giovane, distogliendo infine lo sguardo e prendendo anche lui il menù. «Stavo solo ripensando al nostro primo incontro.»
   Cagalli sorrise. «A cosa, in particolare?»
   Lui si strinse nelle spalle. «A quanto eri dannatamente carina.»
   Quel disgraziato era un maestro nel farla arrossire, pensò la ragazza, ricordando a quanto imbarazzo aveva provato la prima volta che si erano conosciuti. Se lo avessero raccontato a terzi, probabilmente avrebbero finito per diventare lo zimbello di molti per il resto dei loro giorni.
   Fece per aprire bocca, ma il ritorno del maître la mise a tacere. L’uomo si avvicinò discretamente a loro, facendo sapere che c’era una giornalista che desiderava vedere il Delegato Athha. I due giovani si scambiarono un’occhiata esasperata e Athrun fu sul punto di rispondere che non intendevano essere disturbati in quella loro cena d’affari – così avevano preferito lasciar credere – per alcun motivo, quando da dietro la tenda che separava il salottino dal resto del ristorante si affacciò un viso conosciuto: Miriallia Haw.
   Un sorriso spontaneo nacque sulle labbra dei due e subito le accordarono il permesso di entrare. «Non vi ruberò molto tempo, ve lo prometto», cominciò lei, dopo averli salutati con il solito affetto. «Per tranquillizzarvi, vi dico anche che non sono qui in veste di giornalista, ma di amica. Vi ho visti entrare e volevo assolutamente rendere omaggio al nostro amato Delegato.»
   «Nessuna foto scandalistica da mandare alla stampa?» la prese in giro Athrun, invitandola a sedere con loro.
   «Ammiraglio», rimbeccò prontamente lei, «sono una fotoreporter seria, non una cacciatrice di gossip.» Ne risero insieme e poi aggiunse: «Volevo solo farvi un saluto e complimentarvi con voi per questa uscita pubblica: sono felice che abbiate superato i vostri dissapori.»
   Cagalli aggrottò la fronte. «Quali dissapori?»
   «Avevamo litigato?» volle sincerarsi Athrun, fissandola tra il serio e il faceto.
   «Mh. Non mi risulta», rispose il Delegato, rendendogli pan per focaccia. «Se così fosse stato, probabilmente ti saresti ritrovato menomato.»
   L’altro inarcò le sopracciglia scure, mentre Miriallia scoppiava a ridere. «Addirittura?»
   «Ricordati con chi hai a che fare.»
   «È vero», convenne la fotografa. «Mi ricordo di un terremoto di ragazzina che non stava mai ferma e che si buttava sempre nella mischia.»
   Athrun annuì. «Ne stavamo giustappunto parlando poco fa. Del nostro primo incontro, intendo.»
   «Sul serio? In effetti non mi avete mai raccontato com’è che vi siete conosciuti.»
   I due si scambiarono un altro sguardo, questa volta a metà fra il divertimento e l’imbarazzo. «Meglio non entrare nei dettagli», disse il giovane, accendendo la curiosità dell’amica.
   «Sono così scabrosi?» volle sapere lei, pregustando già un racconto pregno di grasse risate.
   Cagalli si grattò uno zigomo. «Ricordi quando mi persi su quell’isola dell’Oceano Indiano e passaste ore e ore a cercarmi a vuoto?» Miriallia annuì, poggiando i gomiti sul tavolo e sporgendosi nella sua direzione con morboso interesse. «Anche Athrun capitò lì.»
   «Non è che ci capitai», precisò lui, spiegando il tovagliolo con fare quasi stizzito. «Mi ci facesti precipitare tu
   Agitando una mano per aria come a voler dare scarsa importanza alla cosa, Cagalli continuò: «Beh, finii per diventare sua prigioniera.»
   Stupita da quella rivelazione, Miriallia sgranò gli occhi. «Mi avevi sparato contro», tornò a parlare Athrun, difendendo il proprio onore. «Eri un potenziale nemico, quindi pericolosa.»
   «Puoi dirlo forte», annuì il Delegato, tutta impettita. «Peccato che lui fosse più forte e addestrato di me», sospirò poi, con una smorfia.
   «E com’è che dopo la lasciasti libera?» incalzò la reporter, sempre più interessata alla cosa.
   Athrun prese fiato e lanciò un’occhiata alla sua compagna di naufragio. «Non azzardarti a raccontare la versione breve», lo minacciò lei, rossa in viso, temendo che tirasse in ballo granchietti impertinenti, magliette alzate oltre la soglia del pudore, biancheria intima e contatti fin troppo ravvicinati.
   L’Ammiraglio alzò le mani in segno di resa. «Sono un gentiluomo, quindi dirò solamente che mi resi subito conto che la mia prigioniera non era affatto pericolosa e che, anzi, era solo una gattina selvatica molto spaventata.»
   «Questo non è vero!» contestò Cagalli, quasi battendo una mano sul tavolo per lo sdegno.
   «Vuoi che entri nei dettagli?» la provocò l’altro. In risposta ricevette un insulto che fece ridere Miriallia.
   «Va bene, tenetevi pure i vostri segreti», commentò la loro amica, intenerita da quello scambio di battute. Per un attimo le sembrò di essere tornata ai vecchi tempi, giorni orribilmente bui, certo, ma pregni comunque di nostalgici ricordi che adesso, a distanza di anni, la facevano comunque sorridere. «Vi lascio soli a rivangare il passato», aggiunse poi, facendo per alzarsi in piedi. Athrun la precedette e le scostò la sedia per aiutarla. «Mi ha fatto davvero piacere rivedervi, ma vi avverto: è assai probabile che qualcuno possa avervi rubato delle foto e che domani troviate qualche articolo di quart’ordine sulle testate giornalistiche.»
   «Non me ne curo», rispose il giovane, indomito. «Mi preoccupo piuttosto della posizione di Cagalli.»
   «Dovresti pensare a te, invece», disse lei, mettendosi in piedi per salutare a dovere Miriallia. «Negli uffici del Parlamento girano strane voci al riguardo.»
   Colto alla sprovvista da quella notizia, Athrun domandò: «Che voci?» Cagalli glielo rivelò e Miriallia scoppiò di nuovo a ridere, mentre il giovane rimaneva attonito a fissare il vuoto. «Santo cielo…» mormorò, non sapendo bene che tipo di sentimento provare al riguardo. «È per questo che mi hai invitato a cena fuori?»
   Fu allora che Miriallia comprese e, da brava carogna, espresse la propria opinione. «In questo modo, non solo ha difeso la tua dignità di maschio, per di più ha anche marcato il territorio.»
   «Non ho fatto nulla di tutto questo!» sbottò Cagalli, tornando ad arrossire e ricevendo in cambio uno sguardo sornione da parte dell’amica.
   «Certo. Va bene», l’accontentò quella prendendola palesemente per i fondelli, mentre già si portava verso l’uscita.
   «Questo è oltraggio a pubblico ufficiale», rimbeccò l’altra, per pura vendetta.
   «Ricordati di dirlo a lui, quando stasera ti saluterà sotto casa», fu tutto ciò che ottenne in risposta, prima che la reporter scomparisse alla loro vista.
   Un’imprecazione colorita accompagnò la sua uscita e Athrun, pur rosso in viso quanto lei, non riuscì a trattenersi dal sorridere. Cagalli tornò a sedersi con malagrazia e si schiarì la voce, evitando accuratamente di guardarlo in volto e riprendendo in mano il menù. «Non darle retta.»
   «Giammai», la rassicurò il giovane, fissandola di nuovo con tenerezza.
   «Toh, guarda», esclamò subito dopo lei, quasi ridendo. Era destino, pensò fra sé, allungando la lista delle pietanze in direzione del suo accompagnatore. «C’è anche il granchio.»
   «Allora è d’obbligo ordinarlo», decise Athrun, prendendole la mano nella propria nella speranza che lei non si divincolasse. Non lo fece e, anzi, strinse le dita alle sue, tornando a incrociare i suoi occhi e a sorridergli, consapevoli di essersi finalmente ritrovati.












Temo di aver ripreso il via. Armatevi di pazienza, ché fino a gennaio sarà lunga e la fantasia vola.
Grazie come sempre a chi legge e chi commenta. Grazie soprattutto alle mie fide compagne di sclero Tynuccia e Atlantislux.
Buona domenica!
Shainareth
 
  
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