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Autore: Valerie    15/08/2023    1 recensioni
Eleonora non riusciva a capacitarsi di come fosse possibile che le camicie dell’uomo che lei stava fissando senza ritegno da almeno dieci minuti semplicemente non esplodessero nel mal contenere tutta la muscolatura strabordante che si portava addosso.
Erano le dieci del mattino, era arrivata in ufficio da appena un’ora e già si era distratta una dozzina di volte dalla mole di lavoro che avrebbe dovuto sbrigare entro la pausa pranzo.
Il suo capo non le facilitava le cose.
Tanto bello quanto odioso, Gabriele La Torre era la persona più detestabile che Eleonora avesse mai conosciuto.
Genere: Introspettivo, Romantico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago
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CAPITOLO 3




Quando venne presentata a Giovanni Ferrera e alla sua bellissima figlia Veronica, Eleonora era contrarietà e disappunto dalla testa ai piedi. Perché quella donna, su per giù della sua stessa età, doveva necessariamente essere tutta curve e avere un vitino da vespa così invidiabile? Aveva dei capelli lunghi di un castano chiaro, acconciati in dei boccoli dall’effetto naturale, degli occhi verdi incantevoli e un amabilissimo profilo perfetto. Sembrava una ninfa dei boschi appena uscita con grazia ed eleganza dalle acque di uno stagno incantato.
Quando gli altri furono entrati nella sala riunioni, prima di raggiungerli, El si guardò appena nella vetrata a specchio che si trovava di fronte: il riflesso le restituiva l’immagine di una donna di statura media, con dei comunissimi capelli castani, dal fisico non molto asciutto, vestita con una camicetta blu elettrico e un paio di pantaloni color panna con taglio a palazzo che le fasciavano la vita mettendo in leggera evidenza le manigliette dei fianchi.
Quanto avrebbe voluto tornare a Roma, infilarsi il pigiamone di Stitch, chiudersi in camera a guardare Orgoglio e Pregiudizio e mangiare vagonate di patatine e Mikado al cioccolato fondente.
Durante la riunione, si accorse, la cosa che più la infastidiva era, in modo del tutto irragionevole, come gli sguardi palesemente lascivi che la donna lanciava in direzione del suo capo interferissero con la sua concentrazione, rischiando di farle perdere punti salienti da trascrivere per il verbale.
-Signor La Torre- esordì il direttore della Cotton Style ad incontro concluso -Mia figlia ed io saremmo molto lieti di poterla invitare a cena, questa sera. Sul nostro yacht attraccato al club nautico di Genova si terrà uno dei tanti party che mia moglie ama organizzare per inaugurare l’inizio dell’estate- spiegò, passando un braccio intorno alla vita della figlia, quasi a voler porre l’attenzione su di lei.
“A Genova?” si ritrovò a chiedersi Eleonora stupita, alzando impercettibilmente il sopracciglio “Ci vogliono almeno due ore di macchina per arrivare lì da Milano.”
-Con il nostro elicottero impiegheremmo circa quaranta minuti- aggiunse in modo civettuolo la signorina Ferrera guardandola dritta in volto, inclinando la testa di lato e facendo ondeggiare in modo ipnotico tutti quei boccoli.
“Oh, certo! L’elicottero!” la stenografa si mise mentalmente una mano sulla fronte: come aveva fatto a non pensarci prima?
-Sarei molto felice di partecipare- rispose asciutto ma sorridente il suo capo.
Eleonora cercò di decifrarne il reale umore guardandolo di sottecchi, ma con scarsi risultati. Sembrava solo sorrisi e cortesia. Che fosse un copione di circostanza da sfoderare all’occasione giusta? La cosa la incuriosiva più di quanto avrebbe voluto.
I tre si salutarono cordialmente con il proposito di rivedersi la sera stessa, mentre Eleonora si era limitata a chinare il capo in cenno di saluto. D’altronde non era lei l’addetta alle pubbliche relazioni, ringraziando il cielo.
-Tosti, riferisca a Valeri che abbiamo appuntamento sta sera alle 19.00 nella hall dell’albergo- le disse l’uomo voltandosi leggermente verso di lei, appena usciti dalla sala riunioni.
La ragazza rimase interdetta per qualche secondo.
-Mi scusi, capo- esordì poi -Credo che l’invito fosse rivolto solo a lei- precisò, anche se in modo goffo e incerto.
Le era proprio sembrato che Ferrera stesse facendo a lui un invito esclusivo, e non si riferiva solo al party sullo yacht…
Non le risultava affatto difficile immaginare decine di finali diversi di serata a luci rosse fra il suo capo e la bellissima figlia di papà.
-Non ha nessuna importanza- rispose lui fermando improvvisamente la sua camminata e girandosi completamente a guardarla.
Eleonora quasi non gli sbatté contro.
Dio solo sapeva cosa sarebbe successo se lo avesse fatto davvero.
Fortunatamente, il suo lento andamento le permise di rimanere ad una minima distanza di sicurezza.
Alzò lo sguardo su di lui: la osservava dall’alto in basso. 
Stettero così pochi secondi, ma abbastanza perché la ragazza iniziasse a sentirsi fastidiosamente a disagio. Che diavolo di problemi aveva quel tizio?
Cercò di sostenere il suo sguardo senza cedere alla tentazione di scatenare la libera reazione della sua mimica facciale, quando lo vide alzare l’angolo destro della bocca in quello che sembrava un ghigno.
-C’è qualcosa che la fa ridere?- gli chiese con disappunto. 
Magari poteva darglielo quel tanto agognato pugno. Sembrava proprio l’occasione giusta.
-No- le disse allontanandosi finalmente da lei -Ma la smetta di alzare continuamente quel sopracciglio. Si nota anche quando lei è convinta di no- 
Eleonora strabuzzò gli occhi, imbarazzata.
Sul momento non seppe perché, ma, nonostante il profondo fastidio, si sentì invasa da una strana sensazione di calore. Come se venisse avvolta in una calda e morbida coperta.
Qualsiasi motivo imputabile alla consapevolezza che quell’uomo l’avesse guardata con intenzionalità tanto da notare un certo dettaglio veniva, dalla sua coscienza, beceramente respinto senza possibilità di ricorso.









-Non esiste!- urlò Eleonora in faccia all’amico una volta che lui fu tornato in albergo.
-El, mi dispiashe, dabbero- rispose lui tamponandosi il naso rosso dall’irritazione.
Lo aveva lasciato a malapena qualche ora prima in perfetta salute e lo ritrovava ora in stato febbricitante e pieno di muco.
-Se tu non vieni, non vado neanche io- sentenziò lei incrociando le braccia al petto e lasciandosi cadere a peso morto sulla poltrona al lato del letto.
La stanza di Frank, posta accanto a quella di El, era pressappoco come la sua. Solo i mobili erano disposti in modo leggermente diverso.
Francesco alzò gli occhi al cielo.
-Inventerò una scusa- continuò a straparlare lei.
-Do- rispose lui, con quella che doveva essere una pallida imitazione di un ‘no’, prima di soffiarsi il naso nell’ardua impresa di liberarlo un po’.
-Non fare la ragazzina- riprese a dirle in modo più perentorio e guardandola serio -Ricordati che non è solo una questione di piacere- fece una pausa.
-Uno: si tratta di lavoro. Due: sei sicuramente in grado di gestire un’antipatia. Non c’è bisogno di fare tutte queste manfrine, ogni santa volta! Tre: smettila di sentirti sempre in difetto. Sarai sicuramente circondata da ricconi con la puzza sotto il naso, belli o brutti che siano, ma tu te ne andrai in giro a spalle dritte perché non vali un micron meno di loro- 
Quel discorso, nonostante il pesante raffreddore gli desse una nota un po’ buffa, aveva tutta l’aria di essere un rimprovero.
Eleonora non disse nulla mentre puntava lo sguardo sui propri piedi.
-El…- la richiamò l’amico con tono più dolce soppesando il suo silenzio.
Non era realmente arrabbiato, solo un po’ infastidito da quel continuo sminuire gli altri, figlio legittimo dello sminuire sé stessa fino all’osso. 
-No- lo fermò subito lei guardandolo finalmente negli occhi -Hai ragione-  disse -Sto in silenzio solo perché mi sento mortificata. Non dalle tue parole- si affrettò a dire notando il rammarico sul viso dell’amico – Ma perché mi rendo conto che mi sto comportando come una sciocca…- fece una pausa.
Era come se avesse fatto una doccia fredda improvvisa. Le parole di Frank avevano lavato via buona parte delle sue sciocche recriminazioni nei confronti del mondo, o quantomeno le avevano fatto fare luce su di esse. 
Si sentiva proprio come una bambina, imbronciata e offesa di fronte ad un dispetto, pronta a vendicarsi alla prima occasione. 
Certo, le bruciava sentirsi così in errore, non poteva negarlo, ma non poteva neanche dar torto all’amico. 
Forse, Gabriele La Torre era solo un buon capro espiatorio. 
È che lei ambiva davvero ad essere vista dalla gente. 
Non avrebbe mai potuto immaginare di arrivare ad essere così schiava dell’opinione altrui, ma ad un certo punto della vita si era ritrovata ansiosa di sentirsi desiderata da qualcuno. Da qualcuno che a lei piacesse davvero.
Ma aveva osato a malapena posare gli occhi su quell’uomo, che lui l’aveva trattata in un modo inspiegabile.
La cosa, a discapito della reazione orgogliosa che aveva ostentato, l’aveva ferita.
-Vorrei solo che arrivasse il mio momento- disse poi con voce bassa e tremolante.
-Allora vai e prenditi La Torre- rispose il ragazzo dal terribile raffreddore in modo serafico. Lo disse con una tale ovvietà che Eleonora scoppiò, nonostante l’intensità del momento, in una fragorosa risata.
-No, Frank, questo è davvero impossibile- gli disse raccogliendo con l’indice della mano destra una lacrima in bilico su alcune ciglia.
-El, tu non vedi quello che vedo io- fece lui con l’aria di uno che la sa lunga.
A quel punto, Eleonora si accese di curiosità.
-La Torre ti guarda spesso quando non te ne accorgi- le spiegò -Non te l’ho mai detto perché volevo studiare bene la situazione ed evitare di dare adito a false speranze. Non sto parlando di qualche episodio sporadico- precisò notando l’espressione scettica dell’amica.
-Posso assicurarti che è successo numerose volte- fece una pausa che contribuì a creare una leggera suspense.
-Lo fa quando sei concentrata a scrivere al computer, ad esempio, o quando, con le braccia piene di faldoni, passi davanti alle vetrate del suo ufficio- 
Curvò gli angoli della bocca in un sorriso portando alla mente alcune immagini ad Eleonora inaccessibili.
-Mi fa ridere, perché mette su un espressione noncurante, indifferente, come se posasse casualmente gli occhi su di te ma, sono pronto a giocarmi il giradischi, non è affatto così-
-Non ti separeresti mai dal tuo amato giradischi, neanche per tutto l’oro del mondo!- esclamò stupita la ragazza.
-No, infatti!- rispose lui con decisione. 
Eleonora stette qualche secondo a fissare l’amico, investita per la seconda volta in poco tempo da quella piacevole sensazione di calore
Forse era arrivato il momento di vuotare il sacco. 
C’erano cose che il suo migliore amico doveva proprio sapere e lei aveva bisogno di ridefinire i contorni di quella situazione, prima di ritrovarsi con la testa sottosopra e il cuore esposto a terribili pericoli.
-Frank- esordì d’un tratto -Devo raccontarti una cosa- 








 
   
 
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