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Autore: Pat9015    18/08/2023    1 recensioni
Quattro mesi dopo gli eventi raccontati in Life is Strange: Kairos, Max e Chloe sono tornate nella rinata Arcadia Bay e cercano di andare avanti con la loro vita, riprendendo finalmente una apparente normalità. Dal giorno del tribunale, ultima volta in cui aveva usato i suoi poteri, Max soffre continuamente di emicranie che le causano anche visioni e sbalzi d'umore, che peggiorano fino a un esito tremendo: sta morendo. Questa crisi sembra risolversi con l'arrivo di uno sconosciuto in città che pare conoscere molto bene le ragazze e il potere di Max e le persuade a seguirlo in una ultima, finale avventura: per salvare la vita di Max è necessario che lei ripari ai danni involontari che ha causato manipolando il tempo. Danni che sono molto più profondi e complessi di quello che sembra, che potrebbero cambiarla come donna o distruggerla definitivamente e cancellare la sua esistenza.
In un modo o nell'altro, tutto quello che era iniziato con una visione un anno prima dovrà finire.
Genere: Introspettivo | Stato: in corso
Tipo di coppia: Shoujo-ai | Personaggi: Chloe Price, Kate Marsh, Mark Jefferson, Max Caulfield, Nuovo personaggio
Note: Otherverse | Avvertimenti: Violenza
Capitoli:
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Life Is Strange:
Aion
 
A fanfiction by Patrick Bianchi
 
 
 
 
 
 
 
 
 
NOTA DELL’AUTORE
 
Essendo il seguito della mia precedente fanfiction Life is Strange: Kairos, questa storia è per forza legata a quest’ultima  (nel caso non l’abbiate letta, allora, vi sconsiglio di proseguire) e possiede quindi richiami e legami più diretti con essa che con il gioco Life is Strange ( da cui, ovviamente, Kairos era logicamente più legato). Compariranno comunque richiami e citazioni ai giochi, tutti quanti, escluso Life is Strange: True Colours dato che, nel momento che sto scrivendo questa storia, è stato da poco annunciato e anche se non so quando verrà pubblicato il primo capitolo, penso che questo avverrà comunque molto prima o molto dopo della data di rilascio del nuovo gioco. Rinnovo comunque le avvertenze che scrissi nella precedente fanfiction, ovvero, che la seguente é scritta interamente in italiano, perciò, per cause di forza maggiore dovute all’impossibilità di un adattamento linguistico dello slang della costa ovest statunitense, ho dovuto riformulare in un contesto più possibile similare e, soprattutto, vicino alla parlata e alle esclamazioni tipiche dei personaggi che siamo abituati a conoscere. Perciò, il tanto adorato ‘Hella’ di Chloe Price, non comparirà, ma si è cercato di darne ‘forma’ a livello di dialogo. ‘Hella’ è, molto vagamente, traducibile come ‘stra-‘ oppure ’dannatamente’ e così via; quindi, ci saranno tipiche esclamazioni di esagerazione in questa direzione, per sostituire quel termine.
Similarmente, l’espressione ‘Are you cereal??’  di Max, storpiatura della frase inglese ‘Are you serious??’ che significa banalmente ‘ Ma sei serio? /Ma dici sul serio?’  e altre esclamazioni di sorpresa sia positiva che negativa, verranno lasciate con un banale ‘Cereali!’  o addirittura non tradotte, oppure servirà semplicemente per accentuare una disapprovazione forte, magari in sostituzione di una parolaccia. L’obiettivo, perciò, è cercare di lasciare le personalità di Max e Chloe, quanto più simili a quelle che conosciamo, soprattutto nella forma del dialogo, non dissacrando né dissociandosi troppo dalla loro psiche e, soprattutto, dalla loro unicità caratteriale.
Le canzoni, i testi e gli autori citati sono reali, lasciando quindi una sorta di colonna sonora da accompagnamento, nel caso vogliate ricercarli e ascoltarli. Brano che mi ha particolarmente accompagnato nella stesura di questo racconto e che ho eletto a ‘colonna sonora’ è certamente Birds  degli Imagine Dragons. Ve ne sono molte altre ma le elencherò nei ringraziamenti finali. Ci tenevo ad anticipare questo brano in particolare perché credo si sposi benissimo con la narrazione nel suo insieme e possa magari accompagnare anche voi, prima che vi cimentiate nella lettura.
I luoghi menzionati sono quasi tutti reali, quelli inventati verranno segnalati con note a piè pagina. Eventuali errori o differenze a livello geografico e/o descrittivo di alcune aree, luoghi pubblici e strade sono voluti per via di un adattamento a fine narrativo.
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
Aion (αἰών; dall'arcaico αἰϝών, aiwón)
indica nella lingua greca antica la "forza vitale", la "durata", l'"eternità"
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
‘Molte cose compie Moira, che adempie, e Aion, il figlio di Chronos…..’
Euripide, Eraclidi
 
 
 
"Secondo Aion soltanto il passato e il futuro insistono e sussistono nel tempo. Invece di un presente che riassorbe il passato e il futuro, un futuro e un passato che dividono ad ogni istante il presente, che lo suddividono all'infinito in passato e futuro, nei due sensi contemporaneamente. O meglio è l'istante senza spessore e senza estensione che suddivide ogni presente in passato e futuro, invece di presenti vasti e spessi che comprendono gli uni rispetto agli altri il futuro e il passato"
Gilles Delezue
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
Comprese, ovunque si trovasse in quel momento, che la sua esistenza era appesa a un minuscolo filo trasparente.
Stava raggiungendo la completezza di sé e, al tempo stesso, la difficile ammissione che era dura affrontare tutto ciò che albergava nella sua coscienza: rabbia, gelosia, invidia, senso di colpa e inquietudine.
Si sentiva debole.
Si sentiva stanca.
Intorno a lei v’era solo buio, silenzio immortale e frammenti di tempo.
Doveva proseguire.
Non era ancora finita. Presto, la sua vita sarebbe stata serena oppure sarebbe stata cancellata assieme a tutto ciò che amava e le restava.
Cercò il coraggio dentro di sé e sollevò la testa, che pesava come un’incudine d’acciaio.
Una mano comparve e una voce maschile l’accompagnò
“E’ ora di andare. Coraggio.”
Annuì e si apprestò ad affrontare una nuova realtà da distruggere.
O accettare di essere distrutta lei stessa.
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
Prologo
Oblio
 
 
Arcadia Bay sonnecchiava nella placida mattina di fine Novembre. Benché fosse ancora abbondantemente autunno, sferzava un’aria tipicamente invernale al punto tale da promettere neve a breve.
Sul suo viso scoperto, la brezza mattutina era pari al rasoio. Si strinse ancora di più nel suo cappotto nero pesante e nella sciarpa di lana, anch’essa nera.
Si maledisse per essere comparso in un punto così vago e distante da dove era diretto, ma il suo pessimo e insistente lato poetico aveva preteso di vedere l’oceano; perciò, si era concesso uno sguardo del nuovo porto di Arcadia, interamente ricostruito solo pochi mesi prima, in cui le navi erano ormai un lontano ricordo. Poche erano le imbarcazioni da pesca ormeggiate in quel momento e ancora meno era quelle che ora viaggiavano per mare, in cerca di fortuna. Quell’area aveva abbandonato le sue origini, abbracciando una nuova economia che andava a imporsi con una velocità superiore al ripopolamento della piccola cittadina, adeguandosi molto di più al nuovo capitalismo.
La nostalgia, comunque, non muore così facilmente, pertanto i vecchi pescatori persistevano, con ferocia, sperando di non venire dimenticati o spazzati via: erano sopravvissuti al tornado e alla distruzione, avrebbero resistito anche al cambiamento. Si sperava, ovviamente, che altri avrebbero preso il loro posto in un futuro prossimo.
Con questa premessa, aveva scelto il porto, venendo perciò accolto da un grigio e freddo ambiente ostile, con una lieve foschia che emergeva dalle onde.
Bah, che stronzata!
Ora gelava di brutto. L’oceano Pacifico non era clemente con la poesia.
Strinse le spalle e decise di percorrere a piedi il tratto che lo separava verso la sua destinazione, ovvero la nuova area residenziale, sorta nella zona nord, verso il faro, in cui aveva preso in affitto per qualche giorno, un appartamento in città ma notando l’ora decise che era meglio prima sostare per la colazione e solo successivamente dirigersi verso la sua destinazione, in attesa che il proprietario venisse a consegnarli le chiavi e a ripetere le solite frasi di circostanza, raccomandazioni trite e ritrite per i nuovi e occasionali affittuari. Non ebbe dubbi su dove dirigersi ed essendo molto vicino, s’incamminò verso il Two Whales Diner.
La città si presentava benissimo, su questo non v’era alcun dubbio: fresca di ricostruzione, era tornata alla vita solo da pochi mesi e già si stava ripopolando alla grande. Anche se non vide molte auto mentre si incamminava verso la sua destinazione, probabilmente anche per l’orario, aveva avuto modo di informarsi nelle sue due precedenti apparizioni in città, notando un nutrito numero di ex abitanti che erano tornati volentieri nella loro città natale, qualche nuovo residente e molte attività che si apprestavano a riaprire i battenti e sancire la definitiva rinascita economica del centro abitato. Aveva anche visto di sfuggita la nuova piazza comunale, un quadrato con un piccolo giardino ben curato a cui, al centro, era presente un rialzo di marmo, in attesa di una eventuale scultura. Il nuovo palazzo comunale era in stile coloniale e nel resto della piazza vi si erano stabiliti piccoli negozi e attività vecchie e nuove. Non visitò molto altro di Arcadia, concentrandosi più che altro su dove prendere un piccolo appartamento in affitto e capire il momento migliore per agire. Purtroppo, l’imprevedibilità del tempo aveva portato a realizzare il tutto in estremo ritardo secondo la sua tabella di marcia. Sperava solo che la situazione non fosse peggiorata. Finalmente, dopo qualche minuto di pellegrinaggio e di guance gelate, arrivò a destinazione. Al Diner vide già una nutrita presenza di clientela. Mattinieri come lui, ma per diverse ragioni.
Entrò nel locale e si godette il tepore per un paio di istanti, prima di adagiarsi al bancone. Osservò velocemente la struttura e notò che, per quanto avessero cercato di ricostruirla simile alla sua precedente vita, vi erano troppi particolari che sottolineavano che era una struttura pressoché nuova di zecca. Mentre finiva di sistemarsi in bilico sullo sgabello al centro del bancone, arrivò una ragazza giovane, sulla ventina, con lunghi capelli biondo platino. La divisa era dello stesso colore di quella a cui era abituato e che aveva visto tante volte da ragazzo, ma più moderna e ancora profumata di nuovo. La targhetta recitava ‘Clementine’.
“Oh my Darling…” cominciò a canticchiare, ma la ragazza non parve cogliere. Si limitò a sorridere e chiese che volesse ordinare
“Un caffè bollente e un pezzo di torta. Quella che preferisci: mi fido della cucina della casa.”
Altro sorriso di cortesia.
Dieci secondi netti dopo, la sua colazione era davanti a lui.
Se la gustò con calma e ammise a sé stesso che era davvero sorprendente come un tornado EF6 non avesse saputo spazzare via l’abilità culinaria del Two Whales, nonostante il cambio di personale.
Consumò con gioia fino all’ultima briciola e si scolò il caffè. Rifletté velocemente su quante probabilità c’erano che tutto andasse per il meglio, ma scrollò via dalla mente quei pensieri. Si era imposto di non pensare negativo: aveva analizzato tutto, pianificato tutto e scelto la corretta strada per agire. Tutto si sarebbe sistemato. Era in ritardo, ma non nel momento sbagliato. Solo in ritardo.
Mentre pagava, una ragazza alta, magra e dai capelli blu comparve alle sue spalle, arrivando trafelata e infilandosi sotto l’apertura del bancone
“Scusa Clem. Sono in ritardo di una decina di minuti. Quella fottuta sveglia a forma di rana ha deciso di scaricare le batterie stanotte.”
Clementine sorrise e le disse di non preoccuparsi
“Tutto tranquillo, capo.  Potevi arrivare anche con più calma.”
“Figurati. Non voglio lasciarti sola, lo sai.” rispose la ragazza turchina, prima di sparire negli spogliatoi per appoggiare la sua giacca.
La immaginava diversa, anche se l’aveva già vista di sfuggita qualche mese fa. La voce, specialmente, lo sorprese. Gli sfuggì un sorriso a mezza bocca: era come incontrare di nascosto una celebrità, più o meno.
Ma avrebbe avuto tempo per presentarsi. Ora aveva un appartamento da prendere!
Pagò e lasciò dieci dollari di mancia (più del conto totale!) e, ignorando i ringraziamenti sinceri di Clementine, uscì di nuovo al gelo.
Percorse un quarto d’ora tutto in direzione nord, arrivando a Sunset Road, zona completamente nuova e costruita da zero. Un signorotto sulla cinquantina, tarchiato e con vivaci occhietti scuri, lo stava aspettando davanti al complesso di appartamenti
“Oh, buongiorno! Sono appena arrivato anche io. Venga che le mostro la casa e le spiego due cose. Ha deciso poi quanto si fermerà?”
“No, non ancora.” rispose
“Oh, nessun problema. Per ora sono liberissimi quasi tutti e può restare quanto le pare. È qui per lavoro?”
Sorrise.
“Una specie.”
   
 
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