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Autore: Longriffiths    19/08/2023    1 recensioni
«Si calmi, signor Alighieri, non siamo qui per farle del male, anzi, vogliamo aiutarla, crediamo che sia la persona giusta.» iniziò l’angelo.
«Il mio nome è Aziraphale, lui è Crowley, non si faccia impressionare, è sempre stato un po’ scorbutico.» disse con onestà.
«Ma dove sono?! Cosa volete?!» Aziraphale poteva essere gentile quanto voleva, ma era chiaro che chiunque al posto di Dante sarebbe stato spaventato.
«Te l’avevo detto che questa non era una buona idea..» sussurrò Aziraphale a Crowley.
«Beh è chiaro, se mi presssenti così!» Il demone sottolineò irritato.
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Il demone Crowley divorò trentadue canti in una mezz’ora. Questo perché ritenne sempre più complicato passare al verso successivo senza affogare nelle proprie nere e amare lacrime.
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CHI meglio di loro, CHI se non il nostro angelo e il nostro demone, avrebbero mai potuto portare La Divina Commedia tra gli uomini? Ma perché proprio Dante fu il prescelto, e soprattutto perché era Crowley stavolta, quello a cui l'illuminazione divina apparve per portare a compimento quell'opera?
Non era una questione di Letteratura, né di esseri umani. Il demone detestava i libri. Un po' meno gli umani.
Ma L'Angelo, a quale sentimento corrispondeva per lui?
Genere: Angst, Comico, Storico | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Aziraphale/Azraphel, Crowley
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
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Questa storia è un capitolo -privo del Bonus- della LongFic -scritta sempre da Noi- "Nata tra le stelle, attraverso le ere dell'umanità" https://efpfanfic.net/viewstory.php?sid=4060336&i=1 

Abbiamo voluto renderla una OS, perché ci siamo rese conto che era troppo bella e significativa, per essere immersa soltanto in una serie di capitoli. Leggendola singolarmente non toglie niente alla storia originale da cui deriva, MA, leggendo anche quella, ci si rende conto che Aziraphale e Crowley hanno già vissuto circa Cinquemila anni sulla Terra, e quindi, sarà possibile comprendere il modo in cui i due sono arrivati a questo punto della Storia. La Long è un viaggio nei secoli e nella loro amicizia, e questo capitolo invece, precede avvenimenti altrettanto importanti che racconteremo in seguito. Ovviamente la strada sino al 2019 è ancora lunga.
Buona Lettura!

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                                                                L’amor che move il sole, e l’altre stelle.


Ortigia/Firenze, 1289 d.C; 

 

Aziraphale si concesse diversi anni per riprendersi da quello che era stato forse il secolo più stressante e buio vissuto. Passava le giornate a mangiare, bere qualche bicchiere, farsi persino bagni al mare, dormire sull’amaca, scrivere, leggere, fare passeggiate.. e ogni tanto ripensava al discorso del demone, sperando avesse gradito il suo dono. Riprese il suo normale peso, le occhiaie scomparvero, riuscì a riprendere il sonno regolarmente, nonostante alcune notti facesse degli incubi. 

Quando Aziraphale si svegliava nel cuore della notte, sognando i suoi momenti tra donne e bambini malati dell’epoca, per calmarsi ripensava a quella notte in cui osservò le stelle con Crowley ad Atene.. quei momenti sembravano essere gli unici che riuscissero a calmarlo e, talvolta, gli sembrava di udire la voce del demone. “Non aver paura, è tutto finito, Aziraphale”, e allora l’angelo riusciva a riprendere sonno.

 

Stava mangiando un po’ d’uva, quando apparve la fidata colomba  sul davanzale della finestra, e Aziraphale lesse il messaggio. 

 

"Firenze. Devi venire qui. Tra una settimana partiremo per Pisa. Alzati dalla tua amaca e raggiungimi subito."

 

Di certo molto breve e con carattere d’urgenza..
Firenze, città promettente, ma l’angelo venne a sapere della lotta fra guelfi e ghibellini, come se non bastassero già tutti i conflitti presenti in Occidente. Firenze era di parte guelfa, ma si trattava solamente di pretesti per altre lotte di potere, a prescindere se prendessero le parti del Papa o dell’Imperatore. Firenze era in forte espansione, Aziraphale pensò alle “Arti Maggiori”, ossia l’élite del mondo degli affari.. che, a quanto aveva capito, era indissolubilmente legata alla vita politica della città. Poteva sicuramente imparare molto sull’arte e il commercio in quel centro. L’angelo aveva già sentito parlare del famoso Giotto, il pittore che sembrò aver “mutato” il percorso dell’arte stessa, un suo Crocifisso fu realizzato nella Chiesa di Santa Maria Novella proprio quell’anno.. l’angelo era molto curioso di vederlo.

 

Aziraphale iniziò a prepararsi, non sapeva perché, ma si sentiva piuttosto agitato ed entusiasta: si lavò con i suoi olii, usò un buon profumo di lavanda e si pettinò la chioma riccia e bionda (che si era fatto crescere un po’, non aveva tagliato i capelli per diversi anni). Indossò un abito in stoffa blu e argento, con le calze e un mantello, tipico dello stile di Firenze del tempo, il berretto era ricamato con delle perle e una piccola piuma. 

 

Arrivato a Firenze si guardò intorno per cercare il demone, destando l’attenzione di diversi passanti, forse era troppo ben vestito, forse era davvero bello ma non riusciva a rendersene conto, dato che l’opinione verso sé stesso rimaneva sempre immutata, non riusciva mai a notare come le persone lo guardassero. Che città meravigliosa, quella Firenze, Aziraphale sentiva che sarebbe diventata sempre più bella.

Per la prima ed ultima volta in vita sua, il demone Crowley si sentì spinto da una forza più grande. Una forza innata, una chiamata alla quale non poté sottrarsi.
Le reali motivazioni però le avrebbe scoperte soltanto ventidue anni più tardi, ma adesso era irrilevante.
Per anni si era stabilito a Firenze, ed aveva osservato da lontano la nascita, la crescita, la formazione e l’erudizione del padre della letteratura Italiana, il Sommo Poeta; Dante Alighieri.
Il demone non aveva mai conosciuto un tale individuo, capace di trasmettergli le sensazioni che provava ogni qualvolta i suoi occhi si posavano sul giovane scrittore, dai mille vocaboli, dall’animo nobile, dalla sopraffina padronanza dell’arte della poesia. Suoi erano i versi che rapivano l’animo nero di Crowley, suo era il merito per il quale avrebbe compreso che il tormento più grande non era essere stato come lui Esiliato, ma essere di fatto come lui lontano da ciò che move il sole e l’altre stelle, l’amore. Un amore che il demone non sapeva ancora di covare da lungo tempo.
Crowley aveva vissuto proteggendo e affiancando nell’ombra il ragazzo nella sua vita, persino durante gli studi a Bologna, persino durante la promessa al casato con la futura sposa Gemma, perfino durante il momento in cui si era realmente innamorato della nobildonna fiorentina Beatrice Portinari.
Nessuna città lo aveva fatto sentire nel posto giusto al momento giusto prima di Firenze a quel tempo. Crowley sentiva visceralmente una sorta di connessione primitiva, un’attrazione, un magnetismo soprannaturale.
Molte delle opere a quel tempo erano state soltanto iniziate, e non ancora neanche pubblicate, ma Crowley seppe, leggendole in segreto, che aveva trovato la soluzione. La soluzione di tutto. Erano colme di un’inenarrabile beltà, un lessico così ricco e tanto passionale da lasciare esterrefatti.

Quel pomeriggio s’incontrò con l’angelo in una piccola piazzetta. I suoi abiti erano più popolani di ciò che era il suo solito, questo perché il giovane era nato in una umile famiglia in un umile luogo, e doveva mescolarsi bene passando inosservato. Crowley credeva fermamente che Dante fosse l’unico essere umano in grado di descrivere in modo che gli uomini potessero comprendere, la vera essenza dell’Aldilà, da cui provenivano i due. Era convinto che Dante potesse rimescolare la corruzione e rimettere in riga il marciume che il Cristianesimo profanava, mettendo in evidenza vizi e virtù. Che potesse ristabilire ordine tra le persone, così da ridare ad Aziraphale un motivo per essere un angelo.
«Ti dico che è lui, angelo. Lui può farlo. Lui può cambiare le cose.» la luce negli occhi di Crowley era quasi visibile anche sotto le lenti. Ogni tratto del suo volto brillava al sol narrargli delle bellezze che aveva visto provenire dalla mente di Dante. La sua voce quasi tremava.
«Ha deciso di prendere parte all’assalto al Castello di Caprona. Devo andare con lui, e tu devi essere lì. Non posso rischiare di perderlo.» 

Aziraphale vide l'eccitazione di Crowley, l'entusiasmo e la luce nei suoi occhi, ma faticò a capire.

«Aiuterei volentieri, ma sarebbe fantastico sapere di chi stiamo parlando.. cosa è successo?» 

Crowley aveva parlato di un "lui" da proteggere, tuttavia il demone non era mai un granché nell'essere chiaro nelle spiegazioni, cambiare quali cose, poi?
«Immagina una persona, angelo, un umano soltanto che riuscirebbe a far innamorare chiunque di sé senza neanche conoscerlo, soltanto leggendolo. Quello è lui. E credimi, lui è quello che fa al caso nostro. Guardati intorno, l’umanità sembra aver perso il senso della spiritualità, della vita e delle cose, e sei stato tu a dirlo, no? Possiamo farglielo riconquistare. Dante è il diamante della nostra corona, io lo so.»

«Stai parlando con un esperto di letteratura e testi.. certo gli stai dando delle qualità davvero sbalorditive, non ti ho mai visto parlare così di un letterato. Ci sono opere già pubblicate? Sono curioso.»

Aziraphale ora era sicuramente incuriosito, Crowley che parlava di letteratura e versi? Questa era bella, sapeva fosse appassionato di astri e stelle, oltre che a donne, uomini e fondi di bottiglie, ma mai lo vide leggere dei versi.
 

Il demone aveva seguito la stesura di quelle che in futuro sarebbero divenute le sue opere più illustri, quelle revisionate nel corso dei secoli a venire da esponenti illustri nella letteratura mondiale, quelle che al sol leggerle tutta l’essenza di cui erano composti tremava, quella dinanzi al quale qualsiasi filosofo si sarebbe inchinato. 

«E’ giovane, angelo. Ha soltanto vent’anni. Posso farti.. sbirciare qualcosa che ho rubato, ma tu mi devi sssoltanto prendere alla lettera. Tu adesssso dammi la tua parola
E Crowley mostrò all’angelo alcuni dei canti di lì a poco denominati danteschi scribacchiati sul retro di un foglio universitario. E attese paziente mentre lui leggeva la dolcezza e la profondità dei suoi abbozzi, provando l’impulso di mangiucchiarsi le unghie.
«Allora?!» 

Crowley era davvero su di giri, e Aziraphale lesse quelle parole e si prese dei momenti per "viverle". L'angelo aveva seguito l'evolversi della letteratura fino ad arrivare all'uso del volgare, ai trovatori e ai romanzi cortesi, le opere teologiche, il Cantico delle Creature, le agiografie… ma niente, niente poteva paragonarsi a quelle parole, a quel modo di esprimersi di quel misterioso giovane di nome Dante. 

 

"Ne li occhi porta la mia donna Amore, per che si fa gentil ciò ch’ella mira; ov’ella passa, ogn’om ver lei si gira, e cui saluta fa tremar lo core.."

 

Queste erano le parole scarabocchiate, insieme ad altri versi, e penetrarono nel cuore dell'angelo come una luce che si fa spazio tra le fessure dell'antro buio di una caverna. A quel punto il volto di Aziraphale si fece serio, così come la sua voce, e si rivolse al demone.

«Ti aiuterò, voglio conoscerlo.» disse semplicemente, rileggendo ancora quei versi.. era strano per l'angelo leggere poesie d'amore, una parte di lui sembrava comprenderle, ma un angelo può davvero capire il significato dell'amore umano?
Il demone allora parve essersi liberato di un monte che gli pesava sul petto. I suoi tratti s’ammorbidirono e un sorriso elettrizzato si dipinse sulle labbra.
«Non è il momento. Lo faremo presto, angelo. Adesso lui ha delle faccende importanti da sbrigare. Ce ne staremo buoni, accovacciati sulla cima di una torre vegliando su di lui in battaglia. Non nascerà un altro umano così, io lo sento da dentro le ali.» 


E così fu, per otto lunghi giorni. Quell’agosto, l’esercito della lega guelfa di Toscana sostenitrice del papato e delle autonomie locali combatté valorosamente contro le truppe ghibelline di Pisa sostenitrici dell’Imperatore, per il possesso di Caprona. Alla piazzaforte Pisana, Dante fu uno dei duecento cavalieri e quasi duemila pedoni della milizia fiorentina. L’impresa era compiuta, e Aziraphale e Crowley non fecero altro che esimerlo dai danni del combattimento. L’epilogo era stato tutto merito loro. Il demone non poté che mostrarsi compiaciuto. Dante ora poté fare ritorno in patria, ove pochissimo tempo tempo convolò a nozze con Gemma Donati. Chiese la sua mano per poco più di duecento fiorini, e l’angelo e il demone nel frattempo, non fecero granché altro che visionare le brillanti creazioni del ragazzo, mentre Crowley descriveva ogni giorno al suo collega, tutta la vita del giovane fino a quel momento.

Crowley gli aveva inoltre esposto il suo piano. Avrebbero, in segreto e ben nascosti, rivelato a Dante i segreti delle loro origini. Gli avrebbero narrato del Paradiso, dei cerchi celesti, e dell’Inferno e dei gironi e delle bolge, e del modo in cui i beati e i dannati erano condannati e privilegiati a vivere il resto delle loro esistenze. Tutto perché egli potesse racchiuderlo, come solo e soltanto lui era degno ed in grado di fare, in un’opera letteraria, che forse, forse, avrebbe mostrato agli uomini e all’umanità intera, che cosa toccava loro nel momento in cui imboccavano uno dei due sentieri del libero arbitrio che Dio aveva dato loro dopo che Crowley aveva generato il peccato originale.
I due esseri ultraterreni avevano provato e riprovato nel corso del tempo, ma erano sì innamorati e facenti parte della Terra e di tutte le meraviglie che ospitava, ma ancora e sempre troppo distanti dagli uomini perché loro potessero ascoltarli. Serviva un loro simile, un autentico essere umano, forgiato però dell’intelletto e della capacità che soltanto un angelo e un demone possedevano. E quell’uomo era Dante.

E poi, Crowley non sopportava l’idea che Aziraphale si struggesse tanto come aveva fatto in quel secolo del Basso Medioevo, in cui sporcizia spirituale e materiale infettava gli uomini e la Chiesa al punto da perdere speranze nelle creature di Dio, incolpandosi di imperizia, di negligenza. Non stava né in cielo e né in terra. Sperava solo che in quel modo, avrebbe potuto dargli una nuova ragione di essere se stesso, così come Crowley lo aveva conosciuto e apprezzato.
Il demone non sapeva esattamente chi, o cosa, gli avesse suggerito proprio ora, proprio con lui quell’opportunità. Era certo spinto da quel preciso obiettivo, ma per tutti gli anni di vicinanza all’umano, dal primo momento che lo aveva visto nascere, per caso, aveva sentito che era quella la via da intraprendere. 


 

Aziraphale avrebbe pensato di tutto, ma non che si sarebbe ritrovato a proteggere un poeta insieme a Crowley. Stavano passando così tanto tempo insieme che non ricordava l'ultima volta che era accaduto.. ma l'angelo era felice, avevano un obiettivo comune, ed era bello vedere Crowley battersi tanto per della buona letteratura, anzi, più di semplice poesia, Crowley voleva mandare un messaggio importante, Aziraphale lo aveva capito. 

Proteggere Dante non fu difficile, non per un demone e un angelo, sembrava un ragazzo affabile, forse un po' riservato e strambo, ma decisamente talentuoso.

Dato che per la prima volta, Aziraphale e Crowley si erano stabiliti in una città per rimanerci diverso tempo, l'angelo si attivò subito per cercare delle sistemazioni. Voleva dormire e mangiare bene, inoltre avere le sue comodità. Trovò due graziose abitazioni appena ai limiti della città, esattamente adiacenti: diventarono gli alloggi temporanei del demone e dell'angelo. Letti grandi, tavoli, armadi, bauli e una piccola area verde esterna, semplicemente perfette. Aziraphale era davvero felice, non sapeva perché, forse per l'importanza di Dante? Forse perché, per la prima volta dopo.. tutta la loro esistenza, vivevano vicini, e non c'era più lo spazio infinito di terra e cielo che li aveva allontanati.

Era come se, in qualche modo, non fossero mai stati separati.
Ma la cosa che colpì di più l'angelo fu assistere al suo amore "impossibile" per Beatrice, quasi gli si spezzò il cuore.. raramente aveva assistito a un sentimento così forte, quasi spirituale, totalizzante. 

«Povero Dante.. vorrei aiutarlo ma non posso, poi è sposato. Però mi dispiace vederlo così, deve essere dura.» commentò un giorno l'angelo, osservandoli dal tetto di un edificio.

«Io posssso aiutarlo benissimo invece.» alluse Crowley all’adulterio, peccato in cui parecchio si era dilettato in passato, sgranchendosi le nocche delle mani come un pianista in procinto di creare una meraviglia musicale.
Non poté però influenzare il poeta, perché sempre e comunque bloccato dall’intervento celeste del biondo.
«In guerra e in amore tutto è concesso, angelo. E lui la ama, dovresti appoggiare il sentimento!» era il monito ricorrente del demone Crowley, che ogni santa volta riceveva in risposta quello dell’angelo, un'occhiataccia che avrebbe spaventato Satana in persona.


Aziraphale e Crowley non fecero che nascondersi. Nessuno oltrepassava più di un certo limite che confinava il rifugio che si erano scelti per soggiornare quegli anni a Firenze, nell’attesa che il momento giusto arrivasse. Avevano a lungo e dettagliatamente discusso su che cosa raccontagli, quanto precisi essere, quando e come palesarsi a lui per far sì che egli credesse loro. Quanto del loro potere mostragli, se necessario. Avrebbero tentato il tutto e per tutto, e al più presto.
O almeno, lo credettero.
Dante crebbe professionalmente. Non molto tempo dopo seguì la politica fino ad esserne parte, e con essa la medicina, iscritto infatti alla corporazione di medici e speziali del posto. Con lui, Aziraphale e Crowley imparavano.
I due prendevano in prestito tutto ciò che il pensatore scriveva, dalle critiche della condizione degradata di quel tempo alle Rime, piccole opere che come le restanti altre vedevano utilizzato il simbolismo, lo stile novo, e l’amore come spiritualmente concepito, essendo il suo vero amore platonico.
E più Crowley leggeva, più il suo cuore batteva, quei versi gli penetravano la pelle sino ad insediarsi in lui come acqua nella terra.
Talvolta gli era complicato non interrompere la lettura, specie quando parafrasava quei versi in compagnia dell’angelo. Qualcosa stava accadendo nel suo io interiore, qualcosa stava crescendo, sbocciando. E gli faceva male, perché mancava sempre qualcos’altro che non riusciva a trovare. Era come un labirinto senza uscita, ma con sempre più cunicoli.

Ciò che segnò il poeta per sempre però, fu la tragica e inaspettata morte della sua amata Beatrice nel 1293. Dante ne fu devastato, e doveva tenersi tutto quanto all’interno per non destare sospetti nella propria quotidianità matrimoniale e genitoriale, perché si, aveva avuto dei figli.
Bambini che Crowley e Aziraphale controllavano personalmente, e da loro si che si facevano vedere.

Tuttavia, alla morte di Beatrice, l’angelo poté ammettere di non aver mai visto un uomo soffrire in quel modo per amore.. era la prima volta, era un tipo di dolore diverso, un dolore dell’anima, ma l’anima non poteva essere guarita né da medicina né da altro, Aziraphale non poteva fare nulla, se non sperare che gli passasse presto.. come si sentiva il poeta? Cosa provava? L’angelo se lo chiedeva, era nella sua natura interessarsi e rimanere affascinato dall’amore umano, se una parte di lui avrebbe voluto provarlo, dall’altra ne temeva le conseguenze e le sofferenze, proprio come era capitato a Dante. Certo era che in quel periodo, mentre Dante scriveva e soffriva per la morte di Beatrice, Crowley era diverso dal solito, più silenzioso, più riflessivo, non era da lui essere così, probabilmente anche il demone rimase colpito da quel dolore?

Dante somatizzava in silenzio, il suo tormento veniva covato in seno come serpi, e veniva dissipato soltanto quando la sua penna incontrava il foglio. I versi erano sempre più disperati, sempre più passionali, sempre più struggenti, belli al punto che una notte Crowley, a ripensarci, pianse silenziosamente:

 

Morte, che fai piacere a questa donna,

per pietà innanzi che tu mi discigli,

va da lei, fatti dire

perchè m’avvien che la luce di quigli

che mi fan tristo, mi sia così tolta:

se per altrui ella fosse ricolta,

falmi sentire, e trarra’mi d’errore,

e assai finirò con men dolore.

 

L’amore descritto da Dante non era umano né onirico, era qualcosa che andava oltre, nel mezzo, nello spirito e nella quintessenza. Era qualcosa che non esisteva tra le genti.
Era uno strazio così confortante che dimostrava che anche nel tormento era possibile sentire il tocco della persona amata così da sperare nella morte come riunione eterna, era qualcosa che faceva desiderare di provarlo.

E le problematiche non terminarono certo lì.
Due anni più tardi, i guelfi si spaccarono tra bianchi e neri. Dante si diceva parte dei primi, ed aveva iniziato a partecipare a diverse missioni e spedizioni politiche, lasciando il tempo che trovava alle sue opere. Era diventato un uomo di pace, di Provvidenza e di fermezza tali che nel 1300 fu nominato priore.
Aveva solo trent’anni. Solo trent'anni quando la peggiore delle cose accadde.

I due dovevano pazientare.

Non poterono nulla contro il colpo di stato dei guelfi neri. Non poterono nulla, poiché non era loro indicato interferire con le lotte umane, e perché Dante non era a Firenze quando le truppe assediarono la città.
Dante fu con loro grande dispiacere e delusione, accusato inguistamente di abusare del proprio potere, di promettere ad altri denaro o servizi a favore di informazioni contro lo stato. Da quel momento in poi, fu esiliato, e Crowley per la prima volta sentì il cuore spezzarsi a metà.
Successivamente le dannate lotte interne nella fazione guelfa e nella città stessa, non portarono altro che problematiche per Dante.
Aziraphale si sentì impotente, come si sentiva impotente mentre assisteva alle tante guerre umane nel corso dei secoli. Quando Dante fu mandato in esilio, Aziraphale strinse la manica della veste di Crowley, con volto triste e preoccupato.

Furono anni decisamente movimentati, ma quella “missione” stava appassionando sempre di più l’angelo, che più leggeva i versi di quell’uomo, più ne rimaneva estasiato. Era da tantissimo tempo che non mostrava i suoi poteri ad un umano, ma lui e il demone si erano ormai messi d’accordo su tutto, e l’angelo ne era davvero entusiasta. 

«Adesso.. aspettiamo?» chiese.
«Adesso aspettiamo. Di nuovo.»

Dovettero muoversi con cautela. Era complicato seguire il giovane e la propria famiglia, essergli accanto pur tenendosi occulti alla società -per non rischiare d’essere visti e riconosciuti-, e a loro in prima persona. Dante si batté pubblicamente con rigore per contrastare le accuse, e non abbandonò la propria rettitudine morale neanche davanti alle offerte che ricevette per restare in patria, poiché pattuendo i termini avrebbe implicitamente ammesso le colpe che non aveva, e lui non era una persona di questo genere.
Il miracolo non cessò d’esistere, ma i due inviati sulla terra dovettero intensificarlo durante la seconda condanna di Dante, la confisca dei suoi beni e morte al rogo. Per cui, il loro viaggio assieme incominciò.

Crowley lamentava costantemente la situazione, in molti frangenti si trovò con le mani legate, soltanto per quieto vivere e perché Aziraphale, lo capiva, faceva tanto per evitare che egli interferisse con gli eventi. Ma la rabbia e il disappunto del demone erano forti, tali che il primo anno d’esilio nel settentrione italiano fu intriso di difficoltà, eventi che Crowley definiva assai poco carinamente seccature, in un volgare che era ben diverso dal lessico dantesco.
Molte furono le città che li videro rifugiati, e neanche la lontananza impedì a Dante di scrivere e di pubblicare molte opere. Non fu facile assistere all’esilio di Dante, se si segue una persona per tanto tempo.. sembrava di conoscerla, sembrava quasi un “amico”, pur non avendoci mai parlato prima. Tuttavia era arrivato il momento.


Nel 1307, Parigi fu la clandestina casa del Poeta, e di rimando, anche dei due.
E fu allora, una notte di maggio, che i due scelsero di presentarsi dinanzi all’umano dalle mille risorse.
quale città più romantica se non proprio Parigi? Luogo ideale per compiere il loro mandato.
Non potevano stare nella casa che condivideva con la famiglia, per cui di notte, Crowley lo raccolse dal proprio letto senza che si destasse miracolosamente, e lo portò nella nuova casa dell’angelo, abitazione come a Firenze, adiacente alla propria. Il demone accomodò Dante su una piccola poltroncina. e ora i due stavano dinanzi a lui. A braccia conserte, Crowley parlò.
«Dai, sveglialo. E’ inutile aspettare ancora.»

L’angelo era di certo un po’ agitato quella notte, mentre aspettava che Crowley portasse lì Dante, per l’occasione aveva sistemato e pulito tutto. Il demone arrivò col poeta, e dopo una vita intera.. ci avrebbero parlato, finalmente, certo Aziraphale non approvò molto il metodo del “rapimento”, ma d’altra parte non potevano fare altro. 

«D’accordo.. lo sveglio.» L’angelo, con la delicatezza di cui era capace, ridestò il poeta dal suo torpore, e gli rivolse un sorriso rassicurante, tuttavia - come immaginava - Dante fu piuttosto allarmato. 

«Si calmi, signor Alighieri, non siamo qui per farle del male, anzi, vogliamo aiutarla, crediamo che sia la persona giusta.» iniziò l’angelo.
«Il mio nome è Aziraphale, lui è Crowley, non si faccia impressionare, è sempre stato un po’ scorbutico.» disse con onestà l’angelo.

«Ma dove sono?! Cosa volete?!» Aziraphale poteva essere gentile quanto voleva, ma era chiaro che chiunque al posto di Dante sarebbe stato spaventato.

«Te l’avevo detto che questa non era una buona idea..» sussurrò Aziraphale a Crowley.

«Beh è chiaro, se mi presssenti così!» Il demone sottolineò irritato, e si rivolse poi al padre della letteratura italiana.

«Sssenti, vorrei davvero darti il tempo di metabolizzare ma ormai sono dieci anni che temporeggiamo. Quindi accogli l’ospitalità e ascolta.» Crowley indicò un té e delle brioches che, sotto ordine dell’angelo era stato costretto a cercare. Al meglio che possiamo, aveva detto, e quindi le migliori della città. L’espressione sul viso di Dante era impareggiabile, e Crowley si stava nel profondo divertendo moltissimo, ma non era il momento di ridere di lui. Adesso avevano del lavoro da fare. Crowley si accomodò su una poltrona, con l’incavo del ginocchio sul bracciolo. La veste nera che ricopriva il corpo sino ai piedi, così come quella bianca dell’angelo. Le stesse vesti, lo stesso aspetto che avevano quando si rincontrarono sul muro dell’Eden. Il demone aveva lasciato che fosse Aziraphale a rassicurarlo, anche se dovettero ricorrere a un piccolo miracolo anti panico, per così dire, quantomeno per farsi ascoltare senza che urlasse o cercasse di fuggire. 

«Mio caro, carissimo poeta, sono un grande ammiratore dei tuoi versi. Sei l’unico degno del compito che ti stiamo proponendo. Lascia che ti spieghi il perché di tutto questo..» e Aziraphale iniziò a illustrare a Dante il loro obiettivo, essendo un po’ nervoso finì con lo spazzolare via il cibo che - in teoria - aveva fatto prendere a Crowley per il poeta. Dante sembrava molto confuso e non era nemmeno molto convinto dell’identità delle due creature celesti, molti umani erano piuttosto restii a credere alle parole, più inclini ai fatti, alle prove concrete. 

«Beh immagino dovremo dare qualche dimostrazione.. qualche idea, Crowley?» chiese al demone, ma Aziraphale iniziò già di sua volontà a parlare molte lingue diverse, eppure esse potevano essere studiate, non era poi così impossibile. Aziraphale allora provò a raccontargli degli avvenimenti storici vissuti in prima persona secoli prima, ma Dante rimase accigliato. Chiunque poteva inventarsi due storielle se era uno studioso di storia, no? L’angelo sbuffò, finché non gli venne un’illuminazione. 

«E va bene, mio caro scettico amico, un essere umano potrebbe fare questo?» e così l’angelo.. cambiò improvvisamente aspetto e sesso. Diventò una donna.

 

«Convinto ora, mio caro?» la voce di Aziraphale era ancora più soave di prima, i capelli argentati raccolti in una crocchia, una collana di perle, un  vestito totalmente bianco ricamato, la pelle candida e gli occhi azzurri, seppure le forme del viso erano molto simili alla sua versione più “maschile”. 

Dante rimase scioccato. E così come lui, il demone Crowley, che si sporse dalla sedia sgranando i serpentini occhi gialli. 

«Davvero?! Veramente, Aziraphale?» la visione a cui stava assistendo la creatura infernale era delle più divine mai concepite. Non esisteva al mondo e non sarebbe mai esistita una fanciulla tanto candida e quasi sirenesca, oltre che serafica. Crowley arricciò la bocca in una espressione di approvazione e di ammirazione, battendo le mani.. ma senza essere troppo coinvolto, anche se a lungo avrebbe sognato quell’aspetto. Poi, si alzò dalla poltrona, e si parò dinanzi a Dante con le braccia incrociate sotto il petto. Duro in volto, ad occhi chiusi, si trasmutò nella propria forma demoniaca. Squame nere alla luce cangianti in cremisi lungo tutta la pelle al posto delle lentiggini che aveva nel suo involucro umano, il naso assottigliato e le orbite completamente bronzee, le pupille aghiformi molto più sottili. Un rettile antropomorfo, lunghe corna che ascendevano sino a formare un arco che discendeva poi all’indietro, e le ali nere spiegate. Crowley parlò con voce inumana, dalla doppia cacofonia.
«Che vuoi farmi fare per convincerti, possederti? Posso farlo, ma sarebbe doloroso.» 

 

Aziraphale si sistemò la veste, doveva ammettere che si sentiva bene in quella forma. L’angelo era preso a sorridere amabilmente a Dante quando Crowley si mostrò.. in tutto il suo essere demoniaco, certo se Aziraphale lo trovava affascinante, non era lo stesso per Dante che era decisamente spaventato. 

E allora l’angelo gli si parò davanti, frapponendosi tra Crowley e Dante, la chioma argentata ondeggiò sul naso del rettile. 

«Lui scherza, mio caro! So che può sembrare spaventoso ma Crowley non ti farebbe mai del male, anzi, è grande fan delle tue opere, non mi stupirei se lo vedessimo piagnucolare come un angioletto mentre legge i tuoi versi. Noi siamo.. amici? Sì, più o meno.. non volevo arrivare a questo ma era necessario per dimostrarti chi siamo.» disse Aziraphale con dolcezza, faticando a definire effettivamente il rapporto che c’era tra loro. Mantenere quella forma femminile forse era l’ideale per tranquillizzare Dante, era risaputo che le donne fossero più rassicuranti degli uomini. Aziraphale allora si inginocchiò, così che il suo viso arrivasse all’altezza di quello di Dante, mentre si sciolse la crocchia, lasciando che la chioma argentata le ricadesse sulle spalle.
«Te ne prego, ascoltaci, fallo per me, Dante Alighieri, e ti prometto che sarai l’artefice della più grande opera che il mondo abbia mai visto.»
Un po’ angelicamente e candidamente seducente? Sì, Aziraphale ne era capace, quando era necessario tirava fuori dei lati di sé che di rado mostrava, gli occhi erano luminosi come due fari nella notte, quasi dorati, e Dante, gradualmente, cadde sotto il suo incantesimo, perdendo i sensi. 

«Oh cielo.. ho esagerato? Insomma non posso averlo ucciso! Sono stata solo un po’ dolce, volevo tranquillizzarlo.. potevi evitarle le corna, sai!» disse Aziraphale giocherellando ansiosamente con la sua collana di perle, la sua chioma sembrò quasi fluttuare nell’aria.

 «Per Satana maledetto, angelo, tirati sù!» il demone si sporse oltre la chioma bionda, e si avvicinò al poeta incosciente, ad un soffio dal suo naso. Gli mise tre dita della mano destra dalle lunghe unghie nere su una spalla, e lo scosse un paio di volte.
«Hmpff, credo che tu lo abbia steso. Era necesssario lo sguardo da luce edenica?!» Crowley allora prese il mento di Dante sollevandogli la testa, e picchiò su una guancia forse più forte del necessario, a intervalli regolari molto vicini l’uno all'altro. Aziraphale sbuffò, insomma non era abituato all’effetto che aveva quella forma sugli uomini. Quando poi Crowley continuò a parlare..
«Vuoi sssvegliarti, porco il D…….» Il demone Crowley in un impeto d’esasperazione, bestemmiò.

L’angelo saltò per aria e strillò, come solo la sua forma femminile angelica sapeva strillare.

«PER L’AMOR DI DIO CROWLEY! NON ESSERE BLASFEMO!» urlò l’angelo, la chioma argentata sembrava seguire il suo umore e si agitò anch’essa nell’aria.

Il demone in questione strinse i denti e serrò gli occhi; quasi svenne anch'egli tanto era penetrante l'offesa dell'angelo. Portò le mani alle orecchie per non crollare in terra stordito, e poi alzò una mano in segno di scuse, tornando ad avere il consueto aspetto.

«Va bene, va bene, ho capito! Mea culpa, angelo, d'accordo?!?» E mentre i due a vicenda si guardavano in malo modo, Dante rinvenne.

«Alla buon'ora. Non abbiamo tutta la notte e credo ci voglia almeno qualche ora, solo per cominciare!»
 

Dante sembrò aver finalmente realizzato la portanza della situazione in cui era incappato, e non appena riprese possesso delle facoltà mentali, fu lui a inginocchiarsi e tenere con le mani il bordo delle vesti delle creature, e pianse un fiume di lacrime.

«Ve ne prego, oh creature Empiree che stanotte mi mostrate i vostri volti, ve ne prego.. la mia Beatrice.. lei dov'è? Lei come sta?» 

Crowley allora si passò una mano in faccia, espirando gravemente.

«E ovviamente lui pensa alle grazie di Beatrice, prima.» 

Aziraphale si commosse a quella domanda, ma appena sentì parlare Crowley, gli diede una spinta con l’anca per allontanarlo. 

«Demone senza cuore! Spostati!» e Aziraphale sorrise al giovane Dante, allargando le braccia come quando si prega Dio. 

«Caro Dante.. Beatrice è in Paradiso, in mezzo alla luce, al calore di Dio, non preoccuparti per lei. Una creatura tanto divina non potrebbe mai stare in mezzo a dei demoni brutti e sciocchi come questo qui presente. So quanto amore provavi per lei, mio caro, mi dispiace per la tua perdita, ma sentiti in pace, perché lei lo è.» Dante sembrò estasiato, e Crowley guardò l'angelo riservandogli un'infantile smorfia canzonatoria.

«Si si, tutto molto toccante. Per la cronaca, io ho cercato di tentarla a stare con te, ma l’angelo qui me lo proibiva.» 

L’angelo gli lanciò un’occhiata fulminea, aggrottando le sopracciglia. 

«Non è così che funziona! Dante è un uomo sposato! Mio caro, farsi tentare da un demone non è.. la cosa giusta, Beatrice è felice, questo conta. Non è la felicità della persona amata la cosa a cui teniamo di più?» parlò Aziraphale, l’angelo che si era fatto tentare con il cibo, con il vino e che per primo aveva fatto delle tentazioni. 

«E chi ti dice che non sarebbe stata felice anche lei di starci un po’ sotto le vesti?» Il demone alzò un sopracciglio. Per un attimo parve quasi che Dante non ci fosse, nel loro piccolo battibecco. Parlavano come se non fossero ascoltati, dall’oggetto poi dei presunti peccati, prima di tutto del desiderio.
«Però di una cosa posso.. dire che l’angelo qui non ha torto, Dante. Incappare nelle tentazioni e cedervi è una condanna eterna, e ogni profana soddisfazione provata in vita ha la sua analoga punizione dall’altro lato. Adesso apri bene le orecchie, ti porto all’Inferno.» 

E così cominciò quella lunga e fantastica avventura. I tre sedettero, e parlarono per molte ore. Parecchie erano le domande del profeta, che si era da tempo calmato e curiosamente interessato a quella piccola e segreta interazione. Comprese di essere stato osservato per tutta la vita, e si sentì lusingato e al contempo intimidito del compito che gli era stato affidato.
Crowley incominciò dalla Grande Guerra, gli narrò di come la Caduta del Drago sulle colline di Megiddo vicino Gerusalemme aveva spaccato la terra non ancora popolata dagli uomini, cinquemila anni addietro circa. Gli narrò di come in un luogo non tangibile si fosse formata la residenza di demoni e dannati, della gerarchia, e della struttura di quel luogo di tormenta che non aveva alcuna pietà.
Gli narrò chi risiedesse al suo interno. Di quali vizi capitali venivano sentenziati gli imputati, dei nove Cerchi e delle rispettive bolge, che dividevano i peccatori più gravi da quelli più lievi. I più gravi sempre più vicini a Lucifero, a Satana, il quale battito delle ali generava un vento gelido che ghiacciava l’ultimo cerchio.
E da lì, ogni notte, ogni singola notte le creature prelevavano il poeta dal suo letto, e dedicavano a lui il tempo per espletargli, senza dimenticarsi di niente, i segreti e i misteri che regnavano l’Aldilà. 

Le notti divennero mesi, che divennero anni. Dante chiedeva, egli era affamato di conoscenza, e timoroso della verità, esattamente il riflesso di Aziraphale e Crowley. E il demone gli narrava di quale illustre storico era zeppo l’Inferno e perché, dai Papi a Ulisse, da Cleopatra a Lancillotto. Gli disse del modo in cui Satana nella Giudecca masticava all’infinito Giuda, Bruto e Cassio, i traditori più celebri e importanti della storia, del modo in cui sputava le loro spoglie che si ricomponevano, e li masticava ancora per il resto dell’eternità.

Era crudo, era reale, e i sentimenti che provava nel descriverglielo talvolta colpivano anche il suo stesso animo. Gli descrisse la Legge del Contrappasso, le condanne dei peccatori. Di come i lussuriosi fossero trasportati da una bufera, di come i golosi fossero squartati dal Cerbero immersi in un mare di lerciume, o di come i violenti a seconda della gravità fossero immersi in un lago di sangue bollente, o sotto una pioggia di fuoco, o mutati in vegetali. Di come i seduttori fossero frustati a sangue.
E Dante apprendeva, si inorridiva, piangeva e domandava. E loro gli rispondevano. 

 

La notte del primo incontro però, dopo che i due miracolarono Dante perché svenisse nuovamente, e lo riportarono nel proprio letto accanto a Gemma, nella casa dell’angelo poi un patto fu stipulato. Uno dei tanti, tra i due.
«Lasciamogli credere che stesse avendo una visione, che stesse sognando. Non rispondiamo se ci chiama. E’ troppo pericoloso, se solo si venisse a sapere ciò che abbiamo fatto..»  

«Nessuno lo saprà. Rilassati.» Crowley camminò quasi strisciando, fino a che non raccolse una succosa mela rossa dal cestino sul tavolo, e la addentò. Poi, mentre masticava, la offrì all'angelo senza parole, semplicemente allungandogli il frutto con il viso contorto in un'espressione beffarda.

Aziraphale indossava una lunga veste blu, si sedette sulla panchina quando vide il demone allungargli la mela. Ovviamente gli lanciò un'occhiataccia, raccolse la mela.. e gliela lanciò addosso, più precisamente in testa.
«Stupido!» gli disse, e Crowley ridacchiò.

«Tu lo sai vero, angelo, che la cara Beatrice è all'inferno? Non è stata battezzata.» gli disse con un tono sottile, l'aria gongolante di chi si stava trattenendo dal ridere da molte ore. Aziraphale allora lo guardò sorpreso, incredulo e anche un po' indignato. 

«Oh povera cara..» disse l'angelo portandosi una mano sulla bocca, non credeva che Beatrice potesse essere davvero all'inferno. 

«Gongolati pure, sei insopportabile oggi, Crowley.» sbuffò l'angelo accavallando le gambe con sdegno.

 


 

Dante era di certo un uomo curioso,. Chiedeva quanto e come venisse stabilito il confine tra vizio e virtù, qual era la linea che separava un grave peccato da uno lieve. Aziraphale però lo fu allo stesso modo, ascoltando i racconti di Crowley sull'inferno.. sembrava davvero un posto terrificante, come riusciva Crowley a stare lì? L'angelo si sentì triste per il destino che gli era toccato, fermamente convinto che il demone non meritasse di cadere. 

Ma Aziraphale fu l'unico angelo a battersi per fermare quella caduta, tutti gli altri angeli erano concordi.. ma chi avrebbe mai dato ascolto ad un Principato? Non poteva fare di più, eppure Aziraphale, per un momento, si sentì in colpa durante l'ascolto di quei racconti. 

L'angelo passò dopo diversi anni a raccontare il Paradiso, spiegando i vari ranghi degli angeli, e quando Dante chiese se il suo rango (il Principato) fosse davvero così basso, Aziraphale si sentì un po' risentito.

«Beh, ho avuto compiti molto importanti.. e poi non interrompermi, giovanotto!» gli disse, e Dante si ammutolì. 

Spiegò come il Paradiso fosse un luogo immateriale, etereo, diviso in Nove Cieli; i primi sette prendeono il nome dai corpi celesti del Sistema solare, il tutto contenuto nell'Empireo, luogo della presenza fisica di Dio. Non molto diverso dalle intuizioni avute da Aristotele e Claudio Tolomeo.
 

Aziraphale era un buon narratore, inoltre il suo aspetto sembrava decisamente adatto a quel tipo di compito. 

Tuttavia, Aziraphale era preoccupato per Dante, e per il suo destino.. così una sera, gli chiese se se la sentiva di confessare i propri peccati e ottenere la sua Benedizione. E così Dante fece, e Aziraphale luminoso prese il suo volto tra le mani e gli baciò la fronte. 

 

Gli anni in compagnia di Aziraphale e Crowley furono lunghi e intensi. 

Le due creature dal canto loro, non si lasciarono mai. Quattordici anni interi trascorsi assieme, nel compiere quella missione sacra e indispensabile: illustrare agli uomini la via. Crowley non credette nemmeno per un attimo di star andando contro la propria chiesa, di essere un traditore. Avrebbe sempre tentato gli uomini e loro si sarebbero sempre fatti tentare. Ma ciò non era l'importante, in realtà voleva solo e soltanto rendere Aziraphale di nuovo entusiasta del proprio lavoro. 

Nel 1315 a Dante fu offerto di riconoscere le colpe dell'Esilio e di pagare una somma di denaro in cambio del rimpatrio, ma egli si disse offeso, e rifiutò, con grande soddisfazione di entrambi i suoi nuovi amici immaginari

 

Il Poeta nel frattempo pubblicò molte opere, e tutte sembravano essere più belle dalla precedente. L'Italia intera iniziava a riconoscere il suo valore.

Dante si impegnò negli anni nella stesura della Comedia, così aveva chiamato la sua più celebre opera, in canti endecasillabi.

E più tempo passava, più smetteva di chiedere. Semplicemente ascoltava, elaborava, ed inventava. Si era perfino inventato il Purgatorio, con enorme sorpresa, interesse e sbigottimento delle due creature suoi mentori.

«Secondo me inizia a fare uso di oppio, angelo. Gli abbiamo stravolto la testa.» 

Ma Dante aveva concepito quel regno intermediario come analogia della vita terrena, nella quale le anime potessero redimersi prima di andare finalmente in Paradiso, ed aveva attinto da ciò che aveva ascoltato negli anni.
«Molto ingegnoso..» commentò Aziraphale quando lesse le invenzioni e i cambiamenti di Dante, anche se alcune parti chiaramente non le aveva ben comprese, ma dopotutto era un umano, tuttavia il Purgatorio era.. quasi una forma di "rassicurazione" per gli uomini, ossia che puoi scontare delle pene e accedere al Paradiso, non tutto deve essere nero e bianco, c'è una possibilità di salvezza.. purtroppo l'Angelo sapeva fin troppo bene che non era così. 

 

Aziraphale e Crowley leggevano nascostamente le elaborazioni di ogni singolo capitolo, e ne erano affascinati così come il poeta era affascinato da loro e dalla loro e dalle loro storie. 

Dante nel tempo crebbe anche coscienziosamente, fu come se il cammino in cui i due lo avevano trascinato gli avesse instaurato delle consapevolezze nuove, come se tutti i suoi reconditi peccati fossero emersi e lo avessero reso un uomo differente, più maturo, più determinato. Talmente libero da ogni colpa, che quando le due creature una notte gli confessarono che Beatrice non era beata, egli internalizzò con filosofia, nonostante il dispiacere.
Il Poeta era come calato in trance quando li ascoltava, con una mano sotto il mento e gli occhi vispi e luminosi. Chiedeva, eccome se chiedeva.

 

Soltanto una notte non fecero visita al Poeta. Una notte in cui per l'ennesima volta dovettero cambiare città. 

I due, quella sera, erano lontani. Un momento di riposo, credettero, avrebbe giovato a tutti. 

 

Finalmente una pausa dopo anni di spiegazioni incessanti, letteratura e scrittura, anche per Aziraphale.. passò molto tempo a scrivere sul proprio diario di Dante e di ciò che stava venendo fuori. 

Aziraphale voleva realizzare un piccolo desiderio, da appassionato di romanzi cortesi voleva regalarsi una serata in cui poter interpretare la fanciulla dei tanti romanzi letti, e stare in mezzo agli umani. 

Voleva passeggiare con Crowley, dopotutto non conosceva nessun altro.. e sentiva di non volere nessun altro accanto a sé per quella serata. 

Aziraphale indossò un lungo vestito tutto azzurro, dei guanti bianchi, la chioma raccolta in una crocchia, una collana di perle e un piccolo velo trasparente come coprispalle. L'angelo uscì e subito si lasciò accarezzare dall'aria fresca della sera, di certo la Toscana era una regione che dava dei panorami davvero belli. 

«Crowley! Pensavo non venissi! Ho deciso di rimanere in questa forma ancora un po', sono tutti molto più gentili e mi regalano un sacco di cose, per esempio questo coprispalle mi è stato donato da un sarto!» disse Aziraphale volteggiando su se stessa per mostrare quel piccolo miracolo sartoriale fiorentino. 

«Andiamo, facciamo un giro!» gli disse l'angelo sorridente ed entusiasta, prendendolo sottobraccio per avviarsi.
«Bello..» annuì il demone, incredulo del fatto che Aziraphale dopo tanto tempo passato tra gli umani non si rendesse ancora veramente conto delle cose, eppure avesse comunque la sottigliezza di fingersi sorpreso della sua presenza lì quando glielo aveva praticamente, in maniera molto pacata da perfetta signorina, imposto.
Non era male però, passeggiare e godersi una sera diversa, fuori dalle vesti sataniche.

Crowley aveva i capelli corti e molto ricci, un copricapo da sera e una mantella verde smeraldo sopra l’abito popolare nero. Aziraphale era molto diverso quella sera, sembrava più tranquillo. Tranquilla. Sia mai avesse sbagliato il pronome, quando aveva deciso di mostrarsi così in pubblico, era legge. Quel contatto era un salva apparenze, dopotutto non erano obbligati a passeggiare distanziati per paura di essere scoperti a confabulare, loro due rivali, dal momento che l’angelo era praticamente irriconoscibile se non dal demone stesso. Quindi, Crowley le fece da appoggio senza stringere come un perfetto gentiluomo, e insieme passeggiarono. Gli occhi del demone da sotto le lenti scure non abbandonavano le gote rosa sulla pelle alabastro della dama. Da anni ormai era disturbato da un fastidio interiore, che non lo abbandonava mai se non quando i due erano in compagnia. Forse si disse, si erano talmente abituati alla presenza l’uno dell’altro che era semplicemente il rigetto della solitudine passata. Ma non poteva essere così in quanto quel malessere era cominciato dal momento della nascita di Dante, e loro due erano separati.
Ma più Aziraphale gli stava accanto e più i tormenti svanivano. Adesso per esempio mentre conversavano a braccetto, era leggero come quando era in volo.

In lontananza una musica crebbe sino a solleticare i loro timpani. Poi, il suono di strumenti tipici delle feste popolari, e i canti delle persone. Stavano festeggiando qualcosa, probabilmente qualche santo o qualche ricorrenza come il raccolto. Fatto stava che non appena apparirono nel campo visivo dei partecipanti alla festa, un uomo si avvicinò loro in abiti tipici, e si levò il berretto dinanzi la signora con un inchino, rivolgendosi poi a Crowley.
«Orsù, lor signori vogliono unirsi alle danze?» e così dicendo, due damigelle infilarono una fascia di stoffa in pendant con quelle di tutti sulle loro teste in modo che cadesse loro monospalla.
«Non credo di conoscere il ballo tipico. E tu angelo? Se non erro voi non ballate.»
Aziraphale si rivolse a Crowley entusiasta
«Sì, gli angeli non ballano, ma io sono speciale.» sussurrò vicino al demone, strizzando l’occhio poco dopo.
«Oh, che romantico dar dell’angelo alla propria moglie!»  Crowley sgranò gli occhi.
«Oh no, no. Lei non–» 

Ma passeggiare con il demone fu più piacevole di quanto pensasse, forse si stava abituando troppo alla quotidianità della vita terrestre.. o meglio, della vita con Crowley. Aziraphale fu subito attirata dalla musica, l’aveva sempre amata, sin dai tempi dell’antica Grecia. Sapeva che in Italia andavano molto di moda le festività cittadine e locali, ma non ne aveva mai vista una dal vivo. Quando vide avvicinarsi quelle persone, l’angelo ne fu felice. 

Quando si sentì definita come “moglie” di Crowley, l’angelo rise di gusto, una risata cristallina che coinvolse in automatico anche gli umani presenti. «Oh sapete, mio marito sa essere noioso a volte.. io mi unisco alle danze!» e così Aziraphale seguì l’uomo e le damigelle verso la piazzetta, osservò i movimenti e iniziò a danzare.. probabilmente non si era mai sentita così leggera, così in pace, come in quel momento; ballare era bellissimo, era come avere una strana elettricità addosso che coinvolgeva ogni parte del corpo. 

«Oh avanti, marito mio, unisciti a noi!» esclamò Aziraphale divertito, mentre danzava con diversi gentiluomini a turno, tutti erano incantati dall’angelo, sembrava quasi fluttuare, più che ballare, le luci dei fuochi e della luna rendevano il tutto degno di un romanzo, proprio come desiderava Aziraphale.

 

Il demone aveva sempre reputato l'angelo imprevedibile. E quello era di per certo uno dei momenti in cui ne era più convinto. Aziraphale senza rendersi neanche conto dell’effetto che aveva sulle genti, era ormai padrone della sera.
Non si rendeva conto, il demone supponeva, che qualsiasi male sarebbe stato sempre un po’ meno male, quando c’era lui. Non volle perdersi quell’immagine né ci provava a lasciare il posto in disparte, a qualche metro dalla folla in cui era, poiché lì in mezzo nel danzare si sarebbe perso il modo in cui sorrideva, e il modo in cui lo stesso facevano le persone ogni qualvolta incontravano il suo sguardo ceruleo. Quella sera era grigio, una bellissima sfumatura di grigio che conteneva parti parallele di un mondo che amava e di un mondo che aveva imparato a soffrire, una cosa che il demone gli invidiava. E poi, si sentiva stranamente felice. Non lo interruppe, non si immischiò, se ne restò semplicemente lì a guardare desiderando per un attimo che non finisse mai.

Durante la danza, Aziraphale dimenticò tutto, dimenticò di essere un angelo, dimenticò l’ultimo secolo vissuto nella sofferenza, dimenticò che Crowley fosse un demone.. per quella sera si sentì semplicemente una dama che amava danzare, un’umana che si godeva la vita. Nulla di più, nulla di meno, ed era tutto perfetto, era come aveva sognato. Il tempo passò e Aziraphale volteggiava insieme alle genti, scambiava due chiacchere, rideva.. finché non salutò tutti per ritirarsi. 

«Vi ringrazio tutti, buonanotte!» e Aziraphale li salutò con un elegante inchino, per poi tornare da Crowley che, con suo dispiacere, non si era unito alle danze. I capelli argentati erano un po’ spettinati per il movimento e aveva un po’ di fiatone, ma il suo volto era più felice che mai.
«Oh Crowley, mi gira ancora la testa, com’è bello danzare!» disse Aziraphale aggrappandosi alle sue spalle. «Noioso demone che non ti sei unito a me!» disse scuotendolo un po’, e rise di nuovo, certo era anche colpa del bicchiere abbondante di vino rosso che gli avevano offerto, quella sera sembrava renderlo ancora più allegro.  

«Forse è meglio tornare.. andiamo.» gli disse agitando il coprispalle davanti al suo naso. 

«Sssì, forse è meglio davvero.» Crowley sbuffò divertito, e insieme trovarono alloggi per la notte. Non avevano certo bisogno di dormire nonostante fosse una delle attività favorite del demone, e forse in tempi in cui la movida notturna incoraggiata dalla modernità dei tempi sarebbe prosperata, avrebbero vissuto la notte, ma non era certo possibile nel Basso Medioevo.

Due anni trascorsero.
Dante, stabilito assieme alla famiglia e ai suoi fidati prodotti della sua mente a Verona, non demorse malgrado le oppressioni sociali. Ed anzi, riuscì a radunare un vasto gruppo di allievi tra cui il giovane Iacopo figlio suo, con cui leggeva e discuteva le proprie opere. Quando i canti dell’Infero e del Purgatorio furono nero su bianco, i due esseri soprannaturali iniziarono a vedere il barlume di luce che stavano coltivando da ormai trent’anni. Il primo essere umano a commentare l’opera fu proprio suo figlio, e nel leggere e rileggere quel capolavoro, Crowley peccò innumerevoli volte di compiacenza, d’orgoglio. Era così fiero di lui, e del lavoro svolto con l’angelo. Ormai, i tre erano come degli strani, ineffabili e improbabili amici, che godevano del silenzio e del consiglio della notte per compiere una missione esemplare. Quello fu il periodo più bello della sua vita finora.
Ma tutte le cose belle, specie se di mezzo c’erano gli umani, prima o poi finivano.
Negli ultimi tre anni vissero a Ravenna, fino ad una fredda notte di settembre quando il poeta lasciò quel mondo da esiliato, ma in pace, e non senza aver stilato anche tutto il Paradiso.

 

Quando Dante venne a mancare, Aziraphale non riuscì a non versare qualche lacrima dorata per il poeta.. un uomo che avevano seguito, protetto e indirizzato per tutti quegli anni, un uomo che sembrava aver unito ancora di più un angelo e un demone, impresa a dir poco divina. Perché anche se Aziraphale non ci pensava o non lo ammetteva, grazie a Dante Crowley e l’angelo avevano rafforzato il loro legame vivendo vicini e diventando fautori dell’opera letteraria che avrebbe stregato il mondo intero.
Poco dopo la morte del Sommo Poeta, Aziraphale fu richiamato in Paradiso. Soliti compiti e doveri burocratici, allora, l’angelo salutò di buon grado il demone, tornò alla sua forma maschile originaria e salì. Gabriele, come suo solito, ammonì l’angelo per aver trascorso troppo tempo sulla terra, così dopo essersi sorbito il solito richiamo, cercò subito Dante Alighieri.. doveva essere in Paradiso, per forza. 

Girovagò tra nell’etereo, nella materia celeste, finché non lo trovò, e il volto di Aziraphale si commosse. 

«Dante! Se passa un angelo fai finta di non conoscermi.. è meglio così.» gli sussurrò Aziraphale, e Dante lo salutò.

«Allora, come ti sembra?» chiese Aziraphale al poeta, indicando intorno a sé.

«Non ho parole per spiegarlo, angelo Aziraphale, è ancora meglio. Andava al di là della mia comprensione durante la stesura.. non credo di aver dato giustizia al Paradiso.» confessò il poeta preoccupato.

«Ti sbagli Dante, hai fatto un lavoro straordinario, grazie a te.. forse l’umanità si avvicinerà ancora di più a Dio, forse i miei sforzi varranno qualcosa.» disse l’angelo sorridendogli e agitando le ali.

«Grazie, Aziraphale. Mi sembra di capire.. che non avevi l’autorizzazione di mostrarti a me con i tuoi poteri, sbaglio?» l’angelo cambiò espressione, angosciato.

«Sssh, ti prego Dante, parla a bassa voce.. l’abbiamo fatto per un bene superiore.» Dante sorrise. 

«Lo so, e vi ringrazio dal profondo del mio cuore.. davvero, lo dica al signor.. lei-sa-chi. Gli chieda se può salutarmi Beatrice..» e Aziraphale annuì affabile.

«Certamente, Dante, goditi il Paradiso. E se gli angeli che cantano ti danno fastidio, prova a parlarne con il responsabile. A volte noi angeli facciamo un po’ troppo rumore con quelle trombe.» gli disse salutandolo con una risatina, prima di volare via alleggerito e contento di vedere Dante nel suo amato Paradiso.  

 

Crowley e Aziraphale non furono in grado di leggere l’opera intera fino a quando egli non spirò. Per quanto provassero a miracolare le pagine. Fu come se l’opera stessa volesse essere letta per intero soltanto quando il poeta avrebbe rotto il legame con la vita terrena. Ed era proprio così. Una forza importante circondava quel pezzo mancante, un potere più forte del loro, una volontà indistruttibile. Questo perché celava la soluzione ad un mistero impenetrabile, tale fino a quando il demone Crowley non fosse stato pronto a scoprire, ad accettare, a soffrire.

Una notte, finalmente, le pagine del Paradiso apparvero al demone. Come fosse stato il compimento di un miracolo sospeso. Il demone era in lutto, ma ciò non gli impedì di alzarsi dal letto non appena l’opera si materializzò sul suo comodino. Accese una candela, sorpreso. Ebbe il convulso istinto di svegliare Aziraphale, di chiamarlo, eppure non lo fece.
Afferrò quei fogli gialli adornati dalla scrittura perfetta del poeta, e con un groppo in gola, cominciò a leggere.

Paradiso,
Canto I.

La gloria di colui che tutto move
per l’universo penetra, e risplende
in una parte più e meno altrove.

Nel ciel che più de la sua luce prende
fu’ io, e vidi cose che ridire
né sa né può chi di là sù discende;

 

 

 Il demone Crowley divorò trentadue canti in una sola mezz’ora. Questo perché ritenne sempre più complicato passare al verso successivo senza affogare nelle proprie nere e amare lacrime.
Il Paradiso era ancor più bello, descritto così. Crowley era presente quando Aziraphale glielo descrisse. Aveva nelle orecchie il melodico suono della voce dell’angelo, e dinanzi agli occhi i tratti del suo viso ed ogni movimento. Il modo in cui si emozionava, il modo in cui sorrideva, il modo in cui brillava anche se erano alla fioca luce di una lampada quasi morta, ma lo scintillio dei suoi occhi bastava a illuminare la città intera e la perduta anima dannata del demone, e il cuore di Dante, che piangeva con l’angelo.

Il loro amore era uguale e contrario, si rese conto Crowley. Aziraphale esprimeva un amore verso Dio che Dante concepiva ma non comprendeva, e Dante professava un amore verso Beatrice che Aziraphale comprendeva, ma non concepiva.
Entrambi cercavano la stessa cosa.
Entrambi provavano la stessa cosa.
Entrambi descrivevano questo sentimento come qualcosa che non apparteneva alla terra, come qualcosa che non si creava e che non si distruggeva, come qualcosa che vinceva il tempo e lo spazio, una certezza che resisteva e fioriva in ogni momento, che non li lasciava mai.
E Beatrice per Dante in quella commedia, lesse il demone, era la guida della vita. Era lei quella che lo spingeva a essere migliore anche se nell’essenza di carne era incline alla tentazione, e alla dannazione, perché debole e vulnerabile e sottomesso volontariamente e con ogni fibra del suo spirito a quella donna che era la sua ragione di vita.
Lei era ciò che gli faceva desiderare di non essere un peccatore non per se stesso, ma per essere degno di lei.
Così come lui, un demone che non poteva amare, desiderava farlo non per se stesso, non per la redenzione, non per la beatitudine.
Ma solo e soltanto per un attimo insieme liberi da tutti, lui e l’angelo. Liberi dalle catene dalle fazioni, liberi dagli schieramenti e dalle regole.

Le dolci e delicate parole che Aziraphale aveva usato per descrivere il luogo empireo erano quelle di una madre che bacia suo figlio, e Crowley seppe di non avere memoria migliore del Paradiso di quella che Dante aveva rappresentato leggendo Aziraphale e la sua essenza.
Mai luce gli era sembrava più forte. E nessuno meglio di lui sapeva che era verità, perché puoi conoscere la luce soltanto dopo aver visto il buio. E Crowley lo aveva visto e lo aveva dimenticato, quando leggendo Aziraphale sembrava essere di nuovo lì accanto a lui a sorridergli.
E poi quando Aziraphale gli aveva mostrato la sua preoccupazione nella creazione dell’Universo. E quando aveva condiviso con lui il muro dell’Eden. Quando gli aveva fatto dono della Stella Egiziana. E quando gli aveva narrato delle sue battaglie Persiane. Lo stesso amore che Aziraphale gli aveva mostrato piangendo l’oro nei suoi occhi quando confessava i suoi tormenti a lui e soltanto a lui, o quando gli aveva tagliato i capelli perché troppo lunghi. Ogni qualvolta gli inviava la colomba con un messaggio che gli chiedeva se stesse bene. Ogni qualvolta s’offendeva, casto e puro com’era per la sua blasfema e tagliente lingua biforcuta. La stessa emozione che sentiva quando egli credeva di essere divertente ai suoi occhi. Lo stesso sentimento, costante, penetrante, forte e deliziosamente violento che gli lasciava il cuore pesante ogni qualvolta si separavano per adempiere ai loro doveri.
Uno sguardo in silenzio che gli bruciava le retine, il respiro che esalava quando nel corso degli anni lo rivedeva come se fosse stato un umano sott’acqua per il tempo necessario che bastava a uccidere, meno un secondo. E quel secondo era il momento in cui si salvava e tornava a vivere, perché Aziraphale era di nuovo accanto a lui.

Cinquemila anni gli ci vollero. L’ultimo canto della Comedia di Dante, il trentatreesimo, gli ci volle.

A l’alta fantasia qui mancò possa;

ma già volgeva ‘l mio disio e ‘l velle,

sì come rota ch’igualmente è mossa,
l’amor che move il sole e l’altre stelle.    

L’amor che move il sole e l’altre stelle, lo stesso amore con cui erano state create. E lui non era stato solo quando l’Universo e tutti gli astri presero vita nel cielo infinito.

Crowley era innamorato, e lo era da molto tempo e non lo aveva mai capito, perché definizione di Demone voleva che fosse imperdonabile, incapace di amare. Eppure, si sentiva perdonato e sentiva di amare così come Dante gli aveva spiegato con quelle poesie, così come Aziraphale gli aveva detto aprendogli il suo cuore anche quando non voleva.
E con quella certezza e con quelle parole sparse i fogli in aria, e pianse con le mani strette sugli occhi e le vesti tra i denti, singhiozzando da solo nel buio di una candela la cui fiamma s’era estinta come tutte le speranze.

Aveva finalmente scoperto che cos’era quell’angolo nel cuore che differiva dal resto, e così come lo aveva trovato lo aveva anche perso, consapevole che non poteva esistere in cielo o in terra qualcosa di tanto bello come lui e l’angelo, quando lui era un laido, indegno, corrotto, dannato demone, che aveva preferito chiedere anziché ascoltare.


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Salve a tutti....
Sempre Noi, Giulia e Arianna, qui per piangere tutte le lacrime ancora una volta come fatto durante la stesura.
E' una storia molto importante per noi, stiamo mettendoci anima e corpo per dare un senso a tutto, alla loro collaborazione, alla loro amicizia. E questo è il momento in cui, dal 400 a.C; Crowley realizza di essere innamorato, dopo tanti avvenimenti accaduti nel tempo, dopo tante gioie e tanti dolori.
Volevamo mostrarvelo, perché si, punto e basta.
Speriamo tanto apprezziate. E Aziraphale.. quando e come lo realizzerà? 
A presto!
   
 
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