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Autore: mughetto nella neve    30/08/2023    2 recensioni
"[...]«Spero tu mi abbia portato una buona notizia» dichiara, tamburellando le dita. «Tipo, che il vecchio finalmente è schiodato»
«Papà sta bene» Shouto fa una pausa. «Credo, almeno. Fuyumi non mi ha detto niente su di lui nell’ultima telefonata. So che Natsuo ha una nuova fidanzata, ma non so nulla di papà; perciò, può essere che sia vivo o che sia morto. È un po’ come se fosse entrambe le cose finché non abbiamo notizie certe»
Touya fa uno strano suono con la lingua, alzando le spalle: «Aspetto la telefonata di Fuyumi. Mi chiama per gli auguri di compleanno, mi chiamerà anche per questo. Me la immagino: avrà tutta la voce tremante— forse è meglio se me lo dici tu, Shouto»
[...]"
[ Human!AU | BakuDeku + Todoroki ]
Genere: Commedia | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai, Yaoi, Slash | Personaggi: Dabi, Izuku Midoriya, Katsuki Bakugou, Shouto Todoroki
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
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Autore: mughetto nella neve
Fandom: Boku no Hero Academia/My Hero Academia
Personaggi: Shouto Todoroki, Dabi/Touya Todoroki; [minori] Izuku Midoriya, Katsuki Bakugo
Generi: Commedia, Generale
Avvertimenti: Modern!AU; spoiler (?)
Note: L’idea di base per questa fanfiction è “Todoroki racconta i fatti privati della bakudeku a Dabi durante i colloqui in prigione”. Non ho mai scritto in questo fandom, ma ammetto di essermi montata la testa quando qualcuno l’ha trovato divertente come scenario. A ripensarci adesso, si è trattato dell’ennesimo progetto mal calcolato ma che da qualche parte è arrivato. Buona lettura
 
 
 
Le nuvole si superano a destra (e non rispettano la precedenza)
 
 
 
Suo fratello lo accoglie sempre con un sorriso divertito quando lo intravede oltre la sagoma del secondino. Shouto non ama particolarmente la sala colloqui del penitenziario: c’è sempre molta gente e fa fatica a seguire il discorso che Touya prova ad intavolare. È anche capitato che il fratello non sia riuscito a capirlo e, infastidito dalle voci del tavolo vicino, abbia sbattuto la faccia di uno contro il legno. Sono passati due mesi da quel pomeriggio. Ora fanno i colloqui in una stanza diversa, quella con i vetri; e Touya è sempre di buon umore perché, per comunicare, hanno a disposizione dei walkie-talkie e questo gli ricorda quando era bambino. Conclude spesso le sue frasi con un “passo” e sbuffa quando Shouto non lo imita.
«Spero tu mi abbia portato una buona notizia» dichiara, tamburellando le dita. «Tipo, che il vecchio finalmente è schiodato» 
«Papà sta bene» Shouto fa una pausa. «Credo, almeno. Fuyumi non mi ha detto niente su di lui nell’ultima telefonata. So che Natsuo ha una nuova fidanzata, ma non so nulla di papà; perciò, può essere che sia vivo o che sia morto. È un po’ come se fosse entrambe le cose finché non abbiamo notizie certe»
Touya fa uno strano suono con la lingua, alzando le spalle: «Aspetto la telefonata di Fuyumi. Mi chiama per gli auguri di compleanno, mi chiamerà anche per questo. Me la immagino: avrà tutta la voce tremante— forse è meglio se me lo dici tu, Shouto» 
Annuisce. Dubita che sarà lui quello a sapere per primo della morte di suo padre; è più probabile che Touya lo venga a sapere da Fuyumi o addirittura da Natsuo e che, addirittura, Shouto sia l’ultimo ad essere informato sui fatti. Gli sta bene. Nell’appartamento dove sta non c’è il telefono fisso e nella sua camera non c’è una buona ricezione; nel corso delle settimane, ha perso diverse telefonate: quelle di sua madre, di Fuyumi, di suo padre e di qualche compagno di corso.
«Ti hanno dato una bella stanza di merda, comunque» Quell’affermazione di Touya gli fa capire che ha dato voce ai suoi pensieri. È qualcosa che capita spesso. Fuyumi dice che è una cosa che ha in comune con la mamma.
Non è il momento di parlare di questo, però. Shouto guarda il fratello e si sistema dritto con la schiena.
«Era la stanza di Midoriya prima» risponde. «È la più grande» 
Touya annuisce, rassicurato da questa conferma. Forse vuole fargli capire che ascolta davvero quello che dice: «La più grande, sì, me l’hai detto. E dove hai detto che dorme Midoriya?» 
 
«—ed è per queste ragioni che il divano-letto è perfetto per me e per i tipi di orari che faccio!» Midoriya ha un sorriso trionfante stampato in volto. Dietro di lui, lo schermo luminoso segnala che la presentazione è terminata.
Shouto non sa bene cosa fare. Forse l’amico si aspetta un applauso da lui o magari un commento; dopotutto il power point che ha proiettato in televisione è qualcosa di notevole.
«Ma dai, e ci voleva questa merdata, con tanto di brochure, per dire cosa così stupida? La prossima volta apri la bocca e fai prima» Bakugo siede scomposto, accanto a lui, ha un libro aperto sulle ginocchia e gli occhiali sul naso. Ha cominciato ad imprecare quando Midoriya ha detto di avere qualcosa per loro in salotto; ma è stato il primo a prendere posto, quindi Shouto ha dovuto adeguarsi.
Poco male, alla fine c’è posto per entrambi. Shouto siede a braccia conserte ed osserva Midoriya spegnere la televisione. L’amico ha ingaggiato quella che è la terza – no, quarta – discussione senza capo né coda con l’altro coinquilino.
«Dicevi che ci volevi dormire tu» gli sente infatti dire.
Bakugo aggrotta le sopracciglia, contrariato: «Non l’ho mai detto» 
«Sì che l’hai detto»
«Ma che cazzo dici? Io ho la stanza mia, sei tu quello che è rimasto senza!» sbotta l’altro, agitando il libro contro il viso di Midoriya. «Se qualcuno deve dormire sul divano quello sei tu. Non provare a scaricarmi la patata bollente!» 
L’altro alza gli occhi al cielo: «Ho appena detto che ci dormo io»
Senza preavviso, Bakugo pianta un calcio nel costato di Midoriya. Dalle labbra del ragazzo esce un verso strozzato; ma, prontamente, afferra la gamba dell’altro e la tira verso di sé, facendolo cadere dal divano. Shouto fa per aprire la bocca; ma, all’ultimo, decide di tacere. Dopotutto, gli è stato detto che, in quanto ultimo arrivato, non può lamentarsi delle abitudini degli altri due coinquilini.
Conosce Midoriya da quasi un anno, ormai: riconosce in lui tante qualità, tra cui anche l’essere un ottimo amico; e gli sembra assurdo che un ragazzo educato come lui sia capace di atterrare contro il pavimento quello che ha presentato come il più caro amico d’infanzia. Ha un sorriso strano in viso, che non sparisce nemmeno quando l’altro riesce a ribaltare la situazione. Quello che sorprende Shouto è che lo stesso Bakugo sembra divertito: lo tiene per la maglietta e, senza sforzo, lo tira a sedere per poi lanciarlo sul divano.
«E restaci su questo divano di merda!» dichiara vittorioso. Apre la bocca per dire altro; ma, improvvisamente, gli toglie le mani di dosso e torna in piedi. Lo stesso Midoriya ha un leggero rossore sulle guance; continua a passare lo sguardo da Shouto a Bakugo, ora più goffamente, si sistema la propria maglietta.
«Scusaci, Todoroki» gli sente dire, passando nervosamente la mano lungo il collo. «Alle volte, ci lasciamo trasportare. È perché ci conosciamo da tanto tempo. Sai, da bambini seguivamo lo stesso corso di—»
«Non coinvolgermi nelle tue patetiche scuse» La voce di Bakugo copre quella dell’altro. Ha recuperato il proprio libro e lo stringe tra le mani. «Te l’ho detto: se si deve lamentare, se ne può anche andare»
Midoriya aggrotta le sopracciglia: «Ma non si sta lamentando! Non ha detto niente!»
Bakugo non gli presta attenzione. Ha gli occhi puntati su Shouto, in attesa di qualche sua dichiarazione. Solo che lui non ha nulla da dire. Sostiene lo sguardo dell’altro ragazzo, tranquillo. Si sente un po’ come alle cene in famiglia, quando suo padre gli chiede cosa intende fare della sua vita e nessuno ha il permesso di continuare la conversazione fino a che Shouto non risponde; solo che lui non sa cosa fare della sua vita, perciò sta in silenzio fino a che suo padre non si stanca e cambia argomento.
Bakugo ha le braccia incrociate. «Devi dirmi qualcosa?»
«No» risponde, rimanendo immobile.
«Bene» dichiara l’altro, improvvisamente soddisfatto. Si gira verso Midoriya che ha ancora in viso un’espressione preoccupata. «Almeno è abbastanza furbo da startene zitto»
Shouto annuisce, ma non sa nemmeno lui il perché. Non sa come ha fatto ma è riuscito a dare una risposta giusta, non capita mai quando parla con suo padre. Inoltre, per qualche strana ragione, Bakugo lo considera “furbo”. Lo prende per un complimento.

 
«Penso anche io che fosse un complimento» Dabi sorride dall’altra parte del vetro. Ha qualcosa che gli da fastidio tra i denti ed ogni tanto morde le unghie della mano destra. «Tu, però, non farti mettere i piedi in testa»
Quella del “non farsi mettere i piedi in testa” è una cosa che Shouto ha sentito dire dai suoi fratelli almeno una volta nella vita. Solitamente è Natsuo quello che, afferratolo per le spalle, gli ripete di non lasciarsi mettere sotto dai coetanei; che Shouto debba andare a scuola, a nuoto o anche solo a fare la spesa non ha importanza, deve fare comunque attenzione. Fuyumi è un po’ discreta: cerca sempre di incoraggiarlo, salvo poi prendergli le mani e dirgli di “farsi forza”. Non sa cosa ha fatto per meritare queste apprensioni.
Una volta Touya gli ha detto che la sua famiglia è così interessata a lui perché è il figlio più piccolo. Se fosse stato il figlio maggiore, a parer suo, nessuno avrebbe fatto caso ai suoi problemi o necessità. Shouto, per un po’ di tempo, ha creduto a quelle parole ed ha cominciato ad immaginare una vita dove è lui il più grande e deve badare ora a Fuyumi, ora a Natsuo e persino a Touya. Nella sua fantasia, Touya è il bambino sorridente che ha visto in foto e lui ha difficoltà a farsi rispettare; non avrà mai problemi con loro padre perché ci sarà sempre Shouto a mediare. Tutti i problemi di Touya saranno anche problemi di Shouto, quindi non sarà mai solo.
Lo osserva giocare con il filo del telefono e si chiede per quanto tempo sia rimasto in silenzio. Cerca di richiamare la sua attenzione: «Me la cavo bene»
«Riesci a fare le lavatrici da solo o porti la roba da Fuyumi?» domanda l’altro con fare assente. Nel vederlo annuire, mostra un sorriso. «Lo sai, Natsuo tornava a casa ogni weekend per far lavare i vestiti. Ha fatto così per due anni, quindi non la vivrei come umiliazione personale. Se non ci riesci, fatti spiegare da Fuyumi»
«La lavatrice è abbastanza facile … è più col cibo il problema» Prende un lungo respiro. Quando ne ha parlato a Natsuo questo ha cominciato a ridacchiare, è sicuro che anche con Touya sarà lo stesso. «A Bakugo non piace come cucino. Ha detto che sono “un disonore per mia sorella”»
Suo fratello, infatti, ha già uno strano sorriso stampato in viso: «Che hai combinato?»
Shouto non è mai stato un bambino capriccioso. Non si possono fare i capricci quando tuo padre è Enji Todoroki, non si può nemmeno “fare il bambino” quando si è l’erede di una grande ed importante famiglia. Perciò, Shouto non ha alle spalle una serie di aneddoti che lo vogliono correre a nascondersi dopo aver fatto un guaio; tutto quello che succedeva intorno a lui è sempre stato estraneo alla sua volontà. In particolare, se si parla di cucina, Shouto non ha mai provato piacere nel vedere la propria cena bruciare.
Eppure è proprio quello che è successo.
 
«—va a fuoco! Va a fuoco!» continua a gridare Midoriya mentre cerca di dissipare le fiamme buttandoci sopra l’acqua che ha raccolto dentro una pentola. La padella, però, dopo un iniziale silenzio, riprende a bruciare mandando il ragazzo nel panico più assoluto.
Shouto, dietro di lui, ha ancora le presine tra le mani. Una parte di lui è ancora convinta che una volta estinto il fuoco potrà scolare l’olio in eccesso e cominciare finalmente la sua cena. Le urla terrorizzate dell’amico, però, gli fanno supporre che ci vorrà ancora un po’. Midoriya apre di nuovo il rubinetto e comincia a caricare la pentola per gettare nuovamente l’acqua sul fuoco che ormai ha preso pianta stabile sulla padella.
«Lo sapevo che era pessima idea usare le padelle di Kacchan! Lo sapevo che sarebbe andata a finire così! Sono maledette! Sono possedute dalla nonna di Kacchan! Lei mi odiava: mi odiava da bambino quindi mi odiano anche le sue padelle!»
Shouto aggrotta le sopracciglia: «Le padelle non odiano»
«Le padelle odiano eccome e questa è la prova!» urla più forte Midoriya, questa volta lanciando tutta la pentola contro il piano cottura. Se voleva essere una mossa d’attacco fallisce miseramente. «Ecco perché non cucino, ecco perché non dovevo far cucinare te! C’è un motivo per cui facciamo la divisione dei compiti, abbiamo peccato di superbia! Ci siamo creduti Dio; ma noi non siamo Dio, Todoroki! Ecco perché tu fai le lavatrici e io stiro: perché non siamo Dio!»
È uno strano ragionamento che Shouto non può dire di aver compreso pienamente. Riconosce una certa emotività a Midoriya: è un ragazzo entusiasta che parlerebbe per ore dei suoi hobby e dei suoi interessi; ma non lo credeva così facile al panico. Adesso, invece, non fa che urlare e parlare delle padelle come di un emissario divino mandato dalla nonna di Bakugo a ricordargli come lui sia un essere fallace ed abbia approfittato della “cucina di Kacchan” senza riconoscergli alcun merito.
Shouto dovrebbe dire qualcosa. Non sa cosa, ma dovrebbe uscirsene con una frase o due capace di rassicurarlo. Midoriya, dopotutto, non può continuare a lanciare utensili contro la padella con l’assurda convinzione di poter colpire il fuoco. Forse è proprio questo quello che dovrebbe dire: “non si può colpire il fuoco”; ma è troppo tardi.
La porta dell’ingresso scatta e segue la voce di Bakugo nel corridoio.
«Merda, è tornato!» ulula Midoriya per poi gettarsi sulla padella. Ovviamente urla. La padella è bollente e lui la sta tenendo in mano. Shouto prova a fermarlo, a richiamare un po’ di buon senso nella sua testa; ma, nel vederlo muoversi con il fuoco in mano, immediatamente indietreggia.
La padella cade finalmente nel lavabo e Midoriya apre per un’ultima volta il getto d’acqua. Si genera presto un gran fumo che lo fa tossire ed allontanare. Shouto apre immediatamente la finestra e cerca di allontanare l’amico che stringe le proprie mani in un pugno come a voler trattenere il dolore. Gli chiede di aprirle, di fargli vedere cosa è successo. Midoriya scuote il capo, ripete che sta bene e che non è successo niente.
È solo questione di secondi prima che Bakugo li raggiunga in cucina.
Shouto, in un primo momento, fa fatica a decifrare cosa sta dicendo. Le urla dell’altro suonano come un “che cazzo state combinando”, ma è difficile confermarlo perché, nel frattempo, Midoriya ha cominciato a dare spiegazioni su quello che è successo creando ancora più confusione. Bakugo, però, li ha già raggiunti ed ha afferrato le mani dell’amico. Le guarda mostrando i denti, come se fosse sul punto di aggredirle a sua volta.
«Ti sei scottato, non è vero? Quanto puoi essere coglione! Solo tu riesci ad essere così coglione!» gli sente gridare, mentre apre le mani per guardarle meglio.
«Non mi sono scottato» prova a dire Midoriya, riuscendo addirittura a sorridere. Solo che ora nota lui stesso l’evidente rossore sui palmi. «Ok, magari sì. Magari mi sono scottato»
Lo stesso Shouto si sporge per guardare meglio. Ha paura che Midoriya stia sanguinando, che quella che gli abbia nascosto sia un’ustione grave, la stessa che ha avuto Touya da piccolo, la stessa che ha avuto lui. Vorrebbe dire qualcosa, ma Bakugo ha già accostato l’altro al lavabo ed ha infilato le mani sotto il getto d’acqua.
«E tu che cazzo vuoi?» lo sente urlare. «Fai qualcosa, cazzo! Va’ a prendere il kit di pronto soccorso! È nello sgabuzzino!»
Sa che sta parlando con lui. Shouto esce dalla stanza e si dirige velocemente verso lo sgabuzzino. Si ricorda di aver effettivamente visto, nei giorni passati, una scatola simile là dentro; quindi sa già dove guardare. Il kit di pronto soccorso è accanto un contenitore per asciugamani; Shouto lo tira giù delicatamente e, appoggiatolo contro il mobiletto, comincia a frugare all’interno. Trova diversi tipi di garze, decide di portarle tutte in cucina insieme all’acqua ossigenata.
Ha il cuore che gli batte forte in petto. Ha paura che tornerà in cucina e troverà Midoriya peggio di come l’ha lasciato; immagina la pelle tumefatta e le smorfie di dolore. Dovrebbero andare al pronto soccorso.
«—stai zitto» La voce di Bakugo sembra più calma, anche se ancora carica di rabbia.
Shouto lo vede continuare a tenere le mani di Midoriya sotto il getto d’acqua gelida e digrignare i denti nervoso. Midoriya, accanto, sembra tra i due quello meno interessato; tiene lo sguardo sull’amico ed alza le spalle quando l’altro gli chiede se sente dolore.
Dopo qualche secondo il ragazzo tira fuori le mani da sotto il getto d’acqua e le mostra all’altro convinto: «Vedi? Non è niente di grave, Kacchan. È solo un po’ rosso»
«Tu sei un coglione» sente dire da Bakugo. Con uno strattone, torna ad infilare le mani di Midoriya dentro l’acqua. «Una testa di cazzo» continua, osservando insistentemente la scena. «E non mi guardare così!»
L’altro incassa la testa tra le spalle e, dopo un lungo respiro, riprende ad osservare l’altro. Ha le sopracciglia leggermente aggrottate, ma non sembra infastidito dal tono che Bakugo ha usato. Midoriya non ha mai commentato il modo di fare dell’altro. Forse lo conosce da talmente tanto tempo da non farci nemmeno più caso; oppure da a tutta quella rabbia un altro significato. Lo vede, infatti, accostarsi lentamente a Bakugo ed appoggiare la propria testa contro la spalla dell’altro.
«Mi dispiace se ti ho fatto preoccupare» gli sente dire con un tono di voce più dolce. «Mi dispiace ma- ma sto bene! Insomma, guarda! È una cosa da nulla, Kacchan. Poteva essere grave, è vero; e sono stato uno scemo, dovevo stare attento ma— sono uno scemo, lo dici anche tu! E gli scemi non si chiamerebbero scemi se non combinassero una scemata ogni tanto»
Non riesce a vedere il volto di Bakugo, ma il sorriso leggero di Midoriya per un attimo gli fa credere che si sia tutto risolto. Rimane appoggiato contro la spalla dell’altro, in silenzio; ed è solo nel notare Shouto sull’uscio della cucina che torna improvvisamente vigile.
Prova a sorridergli: «Ah- Todoroki. Hai trovato- hai trovato le garze?»
«Ho preso quelle normali e quelle adatte per le ustioni» dichiara, mostrando entrambi i pacchi nella mano e stringendo l’acqua ossigenata nell’altra.
«Le abbiamo?»
«Certo che le abbiamo, coglione. Secondo te, me ne vado ad abitare con te senza avere una farmacia? O stiamo a cinque minuti dal pronto soccorso perché mi piace sentire le sirene alle tre di notte?» Bakugo ha ripreso ad urlare; ma Shouto conferma la sensazione che ha circa il suo essersi calmato. «Se ti spacchi, poi cosa dico a tua madre? “Zia Inko, hai ragione a lamentarti. Ho pensato a tutto tranne al fatto che tuo figlio è un coglione”
Midoriya ride un poco, mentre Bakugo finalmente si separa dall’altro per dirigersi velocemente in corridoio. Shouto lo guarda afferrare la propria giacca dal pavimento e cominciare a colpirla per togliere la polvere di dosso; sposta la sua attenzione su Midoriya, aprendo il pacco di garze. L’altro, dopo aver cercato di asciugarsi le mani, gliele porge con un po’ di imbarazzo. Il contatto della garza genera un immediato fastidio al ragazzo che tenta, invano, di ritrarsi.
Bakugo, intanto, è tornato in cucina: «Dove ce l’hai la giacca?»
È ovvio alza gli occhi al cielo: «Non serve andare al pronto soccorso»
«Sei pure medico oltre che cuoco? Dimmi dove sta la giacca e poi tieni la bocca chiusa»
Ma Midoriya preferisce concentrarsi sulla seconda garza che viene applicata sulla mano sinistra. Riprende ad emettere versi infastiditi e di dolore, le sue mani tremano vistosamente e Shouto si scopre a tenerle ferme per evitare che facciano cadere le garze nel tentativo di provare un sollievo immediato.
Guarda le mani dell’amico, meditabondo: «Dovrei venire anche io»  
«Non serve, Todoroki. Non ci faranno nemmeno fare la fila: appena ci vedranno all’accettazione ci diranno che ce ne dobbiamo andare perché sto bene. Fanno sempre così» Midoriya alza le spalle con falso divertimento nella voce. «Sto bene. Sto sempre bene, ma Kacchan si preoccupa e—»
Non fa in tempo a finire la frase che Bakugo è tornato in cucina, lanciando una giacca presa da non si sa bene dove in faccia a Midoriya. Questi, forse perché ha ancora le mani bloccate da Shouto, non fa nulla per spostarsi.
«Fattela andare bene. Andiamo, su» ordina l’altro, prendendolo per una spalla e guidandolo verso il corridoio. Si ferma solo per lanciare un’occhiata torna a guardare Shouto. «E tu, specie di Do you Ringo, cerca di non far andare a fuoco la casa mentre sono fuori»

 
«Quindi ora hai anche tu la nomea di essere un piromane? Sono commosso, è diventata una tradizione di famiglia» Suo fratello lo osserva con uno strano sorriso, sembra in qualche modo veramente compiaciuto dei disastri di Shouto in cucina.
Vorrebbe dirgli che non c’è niente di positivo nel non poter entrare in cucina senza che Bakugo commenti a gran voce di come serva subito un estintore. Decide, però, di provare con un’altra risposta.
«Penso dipenda dal fatto che la padella aveva dentro la mia cena» dichiara con voce neutra.
Touya annuisce: «E dopo la padella posseduta ci sono stati altri incidenti?»
«Va tutto bene» E non è una frase di circostanza la sua. Shouto pensa davvero che la sua vita in quell’appartamento proceda tranquilla, senza troppi scossoni. «Non mi posso lamentare. Sono due bravi coinquilini: rispettano i turni, sono ordinati e sono gentili con me. Certo, litigano spesso tra loro ed in generale è come se stessero in un mondo tutto loro; ma lo capisco: sono amici da molto tempo»
Ne segue il silenzio. Suo fratello ha un’espressione strana che Shouto non capisce. Ne faceva una simile quando lo prendeva in giro; da bambino si arrabbiava tantissimo quando Touya rideva di lui, ora invece ne è quasi rassegnato.
Lo vede tornare a girare il dito nel filo del telefono: «Sei sicuro che è “amici” la parola che useresti per descrivere quei due?»
Shouto aggrotta le sopracciglia.
«…Migliori amici?» tenta, ma la risata del fratello ricorda quella di un giocattolo vecchio la cui batteria va pian piano scaricandosi. «Che c’è?»
Touya ha la mano premuta contro la bocca: «Mi fai ridere»
«Che cosa ho detto di divertente?» Shouto, ora, appare spazientito. «Si può essere migliori amici anche da adulti»
«Chi te l’ha detto questo? Fuyumi?» Touya ora mostra un ghigno, lo guarda di nuovo dall’alto in basso come se fosse tornato bambino. È soddisfatto come se, in qualche modo, si aspettasse una risposta simile. «Ascolta, lascia stare. Non volevo turbarti. Se per te sono “migliori amici”, sono “migliori amici” anche per me»
Shouto annuisce. Non sa cosa pensare, probabilmente il fratello lo sta di nuovo prendendo in giro. «Midoriya mi ha detto che si conoscono da quando sono bambini. Sono entrambi figli unici ed è naturale che abbiano sviluppato un legame così»
«Giusto» Touya ha un’espressione improvvisamente annoiata in volto. «Ma, tanto per curiosità, li hai mai visti parlare di ragazze?»
Shouto, per un attimo, esita: «Neanche io parlo di ragazze» Touya annuisce, piegando la testa di lato. «Però, ho capito cosa intendi»
«Davvero?»
Annuisce: «Beh, è abbastanza ovvio se ci pensi»
Suo fratello si gratta la testa, addirittura con le sopracciglia aggrottate. Gli ricorda quando provava a risolvere i compiti di matematica di Fuyumi, finendo sempre col litigarci perché cominciava a sparare numeri a caso. Shouto sostiene il suo sguardo, perfettamente calmo; sa di averlo terribilmente confuso, ma cosa si aspettava? Non è più un bambino da diverso tempo.
«È abbastanza ovvio, in effetti…» lo sente bisbigliare a se stesso. Scuote poi la testa e lo scruta attentamente. «Senti ma tu sei sicuro di aver veramente capito a cosa mi riferivo? No perché, se così fosse significherebbe che hai capito che i tuoi coinquilini sono—» 
«Il tempio del colloquio è terminato. Avanti, salutatevi»
La voce del poliziotto copre la voce di Touya. Shouto si gira verso l’uomo che ha aperto di nuovo la porta della camera e saluta velocemente una madre con bambini a seguito. Sa di non aver a disposizione altro tempo. Sospira: rivedrà suo fratello tra tre settimane e potrà di nuovo raccontargli come sta andando con l’università e com’è la vita ora che ha dei coinquilini. Si gira a guardare di nuovo Touya, questi ha ancora il telefono in mano.
«Grazie per la chiacchierata» gli sente dire. «Porta in alto la tradizione di famiglia, eh»
Shouto sospira: «Non mi piace dare fuoco alle cose, Touya»
«Per adesso» scherza l’altro prima di lasciarsi guidare dal secondino fuori dalla porta. Il sorriso del fratello è l’ultima cosa che vede prima che scompaia nell’altra stanza. Shouto rimane immobile sulla sedia per qualche secondo, con l’ingenua speranza che la testa del fratello riappaia come a volergli fare uno scherzo. Non succede. Non succede mai. Chiude gli occhi e prende un lungo respiro. Ha promesso che, una volta a casa, avrebbe dato una mano a Midoriya con il bucato. Forse è ancora in tempo per farlo.
 
 
 
«—e non è nemmeno giusto che debba essere sempre io quello che fa per primo un passo indietro e chiede scusa. Insomma, avrebbe senso se io avessi sbagliato qualcosa– ma io non ho sbagliato! Lo hai detto anche tu, prima: “è esagerato”. Sì, Kacchan esagera. Esagera sempre e però sono io quello che deve chiedere scusa» 
«Tu chiedi scusa spesso, sì»
Shouto raccoglie i propri vestiti su una parte del divano ed inizia a piegarli uno sull’altro. Sa che dovrà stirarli entro domani sera perché ormai ha finito i cambi puliti e, soprattutto dopo quello che ha detto Touya, non vuole farsi aiutare da Fuyumi. Midoriya accanto a lui ha stilato un’unica pila di vestiti; sa che si occupa anche di quelli di Bakugo e che l’altro ricambia cucinando per entrambi. Crede almeno, ora come ora simile intesa sembra in crisi.
Nel momento in cui ha messo piede nell’appartamento ha capito che qualcosa non andava. Midoriya è un fascio di nervi, oltre che un fiume di parole. Continua a muoversi in giro per casa, a lamentarsi dell’altro coinquilino che pare essere “tornato dalla madre” per un non ben noto motivo.
«Mi ha detto lui che potevo dormire in camera sua! Mi ha detto lui che è meglio se sto da lui perché tanto ha un futon in più, perché se sto in salotto uno si sente in difficoltà a tornare tardi la sera e non posso occupare uno spazio comune!» lo sente sbraitare mentre finisce di appaiare i calzini. «E adesso che fa? “eh, ma porca puttana, prendi spazio”, “eh, ma stai sempre qui”, “eh ma la tua roba è dappertutto”! Insomma, mi vuoi oppure no?»
Dunque è quello il problema. Shouto si ritrova ad annuire, cercando di fare mente locale su quale soluzione può offrire. Deve esserci un’opzione capace di far felice entrambi.
Alza le spalle: «Puoi dormire da me»
Midoriya accanto a lui trattiene il fiato. Pare pensarci su.
«No, è– è meglio di no, Todoroki» risponde, scuotendo la testa. «E poi il futon è di Kacchan. Fa storie se gli rubo i calzini, figurati cosa è capace di fare se prendo in prestito qualcosa di un poco più serio»
E senza dire altro, prende tra le mani i suoi panni ed esce dal salotto. Shouto rimane dov’è. Per un attimo ha quasi paura di averlo offeso o di aver detto qualcosa di imbarazzante; poi, scuote la testa. Midoriya non è tipo da pensar bene. Si fida di lui, altrimenti non gli racconterebbe i suoi problemi.
Lo vede, infatti, tornare dopo qualche minuto. Ha ora le mani libere e lo osserva improvvisamente serio. Shouto smette di piegare le sue magliette e raddrizza la propria schiena. Forse ha cambiato idea o addirittura vuole la sua stanza indietro.
«In merito a Kacchan» comincia invece a dire, torturando le proprie mani. «Lui non vorrebbe che te lo dicessi– però, tu cerca di capirlo! Non fa così perché ha qualcosa contro di te; ma perché, insomma, non si sa mai, ok? A volte la gente sembra la più aperta del mondo ed invece— però tu mi sei sempre sembrato una persona buona. E so che non ti scandalizzerai perché, dai, da quanto tempo siamo amici?»
«Io e te o tu e Bakugo?»
Midoriya trattiene il fiato: «Proviamo a parlare proprio di questo. Hai visto anche tu, no, che il rapporto tra te e me e tra me e Kacchan è diverso. Noi due ci conosciamo ormai da un anno e mi trovo bene con te. Sei un amico splendido, Todoroki» Gli sorride e Shouto sa che sta dicendo la verità perché, quando gli parla in questo modo, è come se stringesse il suo cuore in mano per quanto è emozionato. «Ma penso che sia abbastanza ovvio come il rapporto tra me e Kacchan sia … diverso, ecco. Speciale, direi» 
Silenzio. Shouto sbatte le ciglia e non sa assolutamente cosa l’altro si aspetta che dica. Non c’è traccia di nervosismo nel suo corpo, mentre Midoriya continua a torturarsi le mani e a guardarlo in attesa di un qualsiasi commento.
Dopo qualche minuto lo sente sospirare: «Non so se hai capito quello che sto provando a dire, forse non mi sono spiegato bene» 
«Certo che l’ho capito, Midoriya» risponde. «Voi due siete più che amici»
L’altro apre la bocca un paio di volte, improvvisamente colto alla sprovvista. Comincia, poi, ad annuire vigorosamente: «Hai– hai proprio ragione, sì»  
«Voi due siete praticamente due fratelli» lo segue, annuendo a sua volta. «Non devi spiegarmi niente. Touya e Natsuo spesso hanno fatto la lotta da bambini. Ogni tanto ci provavo anche io, ma non sono mai stato bravo. Poi, è successo che Natsuo ha spaccato il naso a Touya e la mamma ha detto che non era più ammesso alzare le mani— perciò, sì. Non preoccuparti: è a posto»  
Dovrà ringraziare suo fratello la prossima volta che gli farà visita. Se non ci fosse stato Touya probabilmente non ci sarebbe mai arrivato; avrebbe continuato ad interrogarsi su quel rapporto, salvo poi capire troppo tardi che, esattamente come Natsuo si sente a disagio a parlare della sua ragazza a lui e Fuyumi, così Midoriya e Bakugo evitano di trattare questo argomento.
L’amico gli sta, infatti, sorridendo: «Grazie, Todoroki. Riesci sempre a– grazie per essere mio amico»
Shouto annuisce. «Solo una cosa» riprende a parlare, questa volta con voce più seria. Scruta duramente l’amico e poi sospira: «Se per favore, di notte, evitate di fare la lotta. Le mura sono sottili ed io finisco sempre con lo svegliarmi»
Le guance di Midoriya si imporporano immediatamente: «Ma– ma certo! Lo dirò senz’altro a Kacchan! Grazie per– non preoccuparti, non succederà più!»
Di questo non è molto sicuro; ma non fa niente. Non è nemmeno sicuro che ne parlerà a Bakugo; ma non è importante. Shouto sente comunque di aver vinto. Tra tre settimane, rivedrà Touya e racconterà tutto quanto; lui sorriderà esattamente come ha fatto Midoriya e Shouto saprà di nuovo di aver fatto la cosa giusta.
Alla fine, non è male come coinquilino.
 
 
 
 
Il Mughetto dice:
“Dabi Al Gabbio” mi ha sempre divertito tanto come immagine. Penso sia la fine più felice a cui il personaggio può aspirare e spero davvero che l’autore non me lo secchi per godere della sofferenza collettiva. È probabile che lo faccia comunque ed ecco perché questa fanfiction esiste: deve ricordarmi che ho ancora aspettative su MHA e che so ancora usare l’editing di EFP.
Dunque, che dire su questa shot? Beh, che è nata da un post di facebook e che ha avuto una cottura davvero lenta. Ammetto, però, di essermi divertita a scriverla e spero possa piacere anche ad altre persone!
Non parlerò della caratterizzazione di Midoriya perché già lo so che ho fatto un bordello e gradirei che tutti ci passassimo sopra, facendo finta di niente; piuttosto, do alcuni chiarimenti su Bakugo. Non so come spiegare il perché ho scritto di lui in questo modo: ci tengo però a dire che se il suo essere troppo bendisposto verso Deku suona come OOC è perché qui, comunque, stanno insieme da anni. Il concept era proprio “la bakudeku sta insieme ma ha bisogno di un altro coinquilino per continuare a stare nell’appartamento”; quindi, sì, Bakugo è buono verso Deku perché, oltre ad amarlo, ci convive da anni ed ha superato ogni stato di frustrazione verso l’altro. Bakugo, ormai, è oltre l’essere PIENO; è totalmente rassegnato al fatto che è innamorato di un idiota e che questo idiota lo ama a sua volta.
Concludo ringraziando tutte le persone che leggeranno questa shot! Lasciate pure qualche pensiero se questa shot vi è piaciuta, lo leggerò volentieri!  
  
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