Nikolaji si stava aggrappando alle cose concrete che aveva intorno: il freddo che sentiva, il caldo del corpo del suo salvatore, la sicurezza di quelle parole e la tremenda voglia di piangere che aveva in quell’istante.
Ma che razza di stupido era stato? Che cosa credeva di fare? Un secondo prima era vittima della sua tristezza, quello dopo era salito sul parapetto e ora si sentiva arrabbiato.
Perché lo aveva fatto? Quella domanda era facile da rispondere. Perché aveva diciotto anni, perché era inutile e perché non aveva futuro.
Si aggrappò al cappotto dello sconosciuto, stringendolo con forza, come se avesse paura di precipitare di nuovo verso il basso.
-Va tutto bene adesso, fai un profondo respiro –
Era ancora la voce dello sconosciuto a parlargli in modo calmo e tranquillo. Nikolaji seguì il consiglio, respirò, si allontanò da lui solo per guardarlo e ne incrociò lo sguardo. Aveva gli occhi di un blu così scuro da sembrare nero, era un colore che avrebbe amato indossare o intrappolare in uno dei suoi disegni. Lentamente e portando lo sguardo intorno, come un alieno che vede la terra per la prima volta, Nikolaji prese coscienza di ciò che aveva intorno: il rosso della ruggine del vecchio ponte, l’arancione della stampa sulla sua felpa nera, il rosa scolorito dei palazzi con i gialli delle luci interne accese e un terribile verde lime addosso al suo salvatore.
Se quello era un segno divino e una scusa da parte dell’Universo per gli ultimi diciotto anni, doveva aver guadagnato molto karma positivo, pensò.
-Io sono Alekseji – disse lo sconosciuto, presentandosi.
-Nikolaji- rispose lui, allontanandosi e restando seduto sull’asfalto del ponte, faceva un freddo terribile.
-Che ne dici di allontanarci da questo posto e andare verso qualcosa di più caldo? – chiese Alekseji.
Nikolaji si concesse il tempo e la calma di osservarlo, se non era impazzito del tutto quell’uomo era la sua anima gemella. Era decisamente più grande di lui, vestito elegante, sul marrone, anche se quel cappotto era di un verde lime improponibile. Era biondo e con gli occhi azzurri come un principe delle favole, ma la barba lunga e i numerosi orecchini lo facevano sembrare più alla mano e meno bacchettone.
Sorrise. Un secondo prima stava pensando di mettere fine alla sua vita e adesso fantasticava sulla persona che aveva davanti? Era un vero idiota.
-Cosa? Ho detto qualcosa che non va? Ammetto di non essermi mai trovato in questo genere di situazioni prima d’ora e che sarebbe strano. Una persona con due anime gemelle? Che io sappia non si è mai sentito. Dunque? Lì in fondo mi sembra ci sia un bar aperto, andiamo lì?– disse Alekseji, mettendosi in piedi e dandogli la mano.
Nikolaji rimase ad osservarlo. Lui non era neanche abituato a sentirle tutte quelle parole figurarsi a pronunciarle. Però sorrise. Decise che, come anima gemella, gli era andato piuttosto bene.
Niente stava andando come aveva pensato, però, non era mai stato più felice di quel momento.