Storie originali > Poesia
Segui la storia  |       
Autore: Cladzky    04/09/2023    1 recensioni
Leggendo l'Eneide l'autore si addormenta e finisce in un terribile oltretomba scritto in terzine ma anti-Dantesco, dove non sono i morti a essere puniti, ma i suoi peccati letterari. Il buon Virgilio, come al solito, recupera la sua funzione di guida in questo inferno laico, traghettandolo da un'anima furiosa all'altra, pronta a randellarlo. Un'opera per ridere, ma anche di riflessione interiore e soprattutto di insulti, piena di personaggi storici.
Genere: Hurt/Comfort, Introspettivo, Parodia | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Slash, FemSlash
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
 <<    >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A

CANTO XVII - L’autore discute con Keplero sulla sua presenza, poi delle stelle.

 

"Deh, ma com'è che voi si langue

Come foste mero grullo recidivo?

Voi ch'inorgoglite chi ha tedesco il sangue

 

E di statue costellano il suol nativo

Per lo servigio reso a studiar le stelle

E la terra istessa cui sono apprensivo?"

 

"Le stelle, inver, mi cangiaron rubelle:

Sin quand'io avvisi quelle grandi code

Che i ciel solcavan come caravelle

 

Le notti che per tre mesi furon sode

Della dama in visita alla nostra Selene

C'appen sei anni ero al geode.

 

Per quei segni che fan le schiere serene,

E si ha ben donde a nomar miracoli,

Io poco curai le faccende terrere

 

Sicché gran guerra strusse li pascoli

Per trent'anni almeno di tutto l'impero

Per Ferdinanda voluttade e li suoi pargoli

 

D'assoggettar a lui il motor primiero

Nel qual tutti credon per vie diverse

Ed io stetti justo in mezzo al sentiero.

 

La bocca mea troppo s'aperse

E di ciò fui già in vita ostracizzato

Da quella fede in cui pur perverse.

 

Io rendo teco un mio invettivato

E tu pur dovrai renderlo a chi legge:

S'è ver che Lutero volle un novo stato

 

Onde niuno comandasse un gregge

Fuorché Dio, togliendo ai papi verga,

Di modo che soli la Bibbia se legge,

 

Perché un clero ancor li alberga?

Non s'era detto potere al singolo

E che niun dogma più s’atterga?

 

Guarda come fanno a intingolo

La gente attorno al pastore in Virginia

Sfidando di Gutenberg pressa e cingolo

 

Con i programmi della più bassa ignominia

In prima serata e da milioni visto

Che quasi all'ovale giunse vicinia

 

Lucrando i voti con la paura di cristo

Additando all'ira burrasche e sismi

E ai poveri vendeva un suo fritto misto

 

Di religione e svievol sofismi.

Tu or lo vedi, e di ciò mi consolo,

Sedere in mezzo ai nostri rismi

 

Marion Robertson, che mi diè gran duolo

Quando in terra avvocava allo schiavismo

Di Haiti, quell’isla dal liber suolo,

 

Insinuando, con un velo de razzismo,

Che sol l'imperier del regno manco

(Citrullo sentomi a spiegarti quest'itsmo)

 

Potè rivoltare il giogo del bianco.

Accanto gli siede, oh come godo,

Jerry Falwell, allo stesso suo banco

 

Che in vita opponeva in fiero modo

Quel negro di Atlanta a nom de Lutero

E avrebbe sciolto in Vietnam il nodo

 

Con l'estinzione del popolo intero.

Ivi giaciamo in nequitoso sequestro

Poiché pretendon aver compreso il vero

 

Ma s'io son per errar malestro

Loro han ben donde a compadrarmi;

Marcadando dio fu il lor capestro!"

 

"Dirò, lo giuro e possano spararmi,

S'io manco al da te datomi uffizio"

Dissi rispettandol più di quei gendarmi

 

Che m'avean fatto involuto ospizio.

Osai chieder lui, che parea un folgòre,

Simile a le Ursidi, che balenano al solstizio.

 

"Or ragionami, tu che hai maggior chiarore,

Indo troviamci? È questo un pianeta

Come'l nostro fu dacché ebbimo vigore?"

 

Ed ei sospira "La cosa che t'inquieta

Nol posso spiegarti con sicura certade:

Vasto è il loco ma ogne astro cheta

 

Perché nebbion asconde le contrade

E rende il teorema d'Eratostene vago:

S'anche Syene fosse tal citade

 

E Alexandreia lontana sorgesse, imago,

Non potria mai stimar la circumferenza

Sanza un sole, stella pur fossi mago.

 

Manco so dirti il modo che ha parvenza

Poiché mai avvistai un fino orizzonte

E pur piatto potrebbe svelarsi in essenza."

 

"Davver non havvi alcuna fonte"

Chiesi "Per intender se si è qui o quivi?

Io non pretendo or che Bellerophónte

 

Su Pegaso porti ov’il mondo givi,

Ma almen spiega, se l’hai poi scoperto

In quattro secoli che stai sott’ai vivi

 

Perché v’è luce pel cupo deserto,

Seppur fioca ma ch’intender basta,

Nonostante codesto nebular serto?

 

Starci debbe sole di riconoscibil pasta.”

Allor quello “Non un sole v’è in cima,

O una sola ombra sarebbe rimasta,

 

Bensì son molteplici, per chi le stima,

Le ombre in terra e molteplici i soli.

La luce non varia dacch’è notte prima

 

E giorno poi, non hai buio che consoli

Senonché ogni lustro turba la nostra messa

Un gran livore, come se vulcano coli

 

E non ha pari nè Nisyro o Thérmessa,

Né tellurico sgomento avvide Mutìna

Che sotto a Lucio Marcio fu permessa

 

De stridere due colli interi una mattina.

Ma come viene se rabbuiano gli abissi

E dall’esondante luce de Vulcanica fucina

 

S’ottenebra il piano in avernici abissi

E nulla se distingue, tutto s’arresta

Come impietrì Halys anteposta l’eclissi

 

O Gibeon per divina collera funesta.”

 
   
 
Leggi le 1 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Storie originali > Poesia / Vai alla pagina dell'autore: Cladzky