La Prova sul Campo

Meli non era donna da lasciare le cose al caso. Quando decideva di affrontare la luna piena - e non era spesso, perché alla sua pelle ci teneva - non si affidava al primo sedicente ammazzamostri che le mostrava quanto affilata fosse la sua spada d’argento. Oh no: Meli faceva quella che le piaceva chiamare la prova sul campo.

Il giorno seguente aveva dato appuntamento a tutti gli aspiranti ammazzaspettri al dungeon più vicino a Berg, a sud della città, lungo il fiume. Il dungeon era incastonato dentro il versante est della montagna; vi si entrava, dopo aver superato la porta di pietra, da una scala buia in fondo alla galleria. 

Era una splendida giornata di sole. Perfetta per andare ad ammazzare qualche bestia al buio pesto sotto tonnellate di roccia.

“Come vi dicevo” continuò Meli ai quattro candidati in fila davanti a lei “questo è il dungeon di Lavik. Il primo livello è gremito di chiropti rossi, il secondo di coboldi, nel terzo potreste trovare qualche troll e viverna delle grotte. La prova è molto semplice: chi arriverà al quarto livello e mi porterà un pezzo del cristallo viola che si trova laggiù prima di tutti gli altri sarà nominato il vincitore e otterrà il lavoro”.

“Questa è un’immensa stronzata” sbottò subito la driade, i capelli verdi che si agitavano di vita proprio attorno al bel viso color mogano. Gli altri non parlarono, ma le espressioni indignate parlavano da sé.

Meli non cambiò espressione. “Se non ritenete la prova adatta alle vostre capacità, siete liberissimi di andarvene”.

La driade strinse le labbra in una linea saccente, ma nessuno si mosse.

Meli li rimirò soddisfatta, le mani sui fianchi. “Benissimo. Se non ci sono altre opinioni in proposito, per me potete andare. Io vi aspetterò qui”.

In un borbottamento di malcontento e sbatacchiare di armi, i quattro candidati si mossero a disagio verso l’ingresso del dungeon.

Quando la porta di pietra si chiuse dietro di loro con un rumore definitivo, Meli si sedette e attese.

***

Il primo a riemergere fu l’elfo di Lin, una creatura bionda estremamente piacevole agli occhi, che però non portava il cristallo. In compenso esibiva parecchie bruciature sugli abiti e un profondo morso sul braccio. Meli gli diede una fiala di rinvigorente e lo rispedì a Berg alla ricerca di un guaritore. Tirò poi una linea sul suo nome scritto sul taccuino.

La seconda fu la driade, che uscì bestemmiando. Era illesa, ma la sua spada era spezzata. Ringhiando qualcosa sulla cacca di troll e i botanici del cazzo, prese la sua cavalcatura e se ne andò senza salutare.

Meli attese parecchio prima di vedere uscire il ranger. L’uomo, ricoperto di un liquido verde e viscoso, tossì a lungo e si schiarì la voce prima di borbottare: “Troppe viverne. Niente cristallo”. Lui non se ne andò, però; rimase con lei, in attesa.

Meli occhieggiò il suo taccuino. Un ultimo nome era rimasto intonso.

E Logan riemerse dalla porta del dungeon con un aspetto terribile, un’imprecazione e il mantello strappato. 

“Questa” sputò “è stata proprio un’idea del cazzo”.

Meli si strinse nelle spalle. “Meglio scoprirlo ora che dopo. Così nessuno si è fatto male - non troppo, almeno”. Tirò una riga sull’ultimo nome della lista, chiuse il taccuino e si alzò stiracchiandosi. 

“Molto bene. Temo che questo chiuda la questione. Nessuno di voi ha superato la prova, quindi nessuno otterrà il lavoro. Cercherò un altro ammazzamostri non appena…”.

Logan la inchiodò con due occhi di fuoco. “Chi cazzo ha detto che non ho superato la prova?” 

E lì, sul suo palmo aperto, grezzo e opaco alla luce del sole, un piccolo cristallo viola.