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Autore: Stella Dark Star    16/09/2023    2 recensioni
“Mi chiamo Ryuguji Kan. Sono nata il 10 maggio 1990 a Shibuya, Tokyo. Mio fratello gemello Ken è nato sei minuti prima di me. Nostra madre era una prostituta. Ha dato me in adozione il giorno stesso della mia nascita... [] Ho scoperto di essere stata adottata quando ero in sesta elementare. [] Non me ne importava niente dell’adozione. L’unica cosa che desideravo era incontrare mio fratello, il mio unico legame di sangue.”
Kan, ragazza madre che rischia di vedersi portare via le figlie gemelle, con queste parole comincia a raccontare la propria storia, partendo dalla ricerca per ricongiungersi col fratello gemello Ken, la sua metà e unica àncora nella vita. Una sorta di diario personale ricco di esperienze, di emozioni, di amicizie profonde come quella con Kazutora e con Angry e altre complicate tipo Baji e Ryusei, della sua prima storia d'amore con Mikey e delle difficoltà della crescita che l'hanno condotta pian piano sull'orlo del baratro, ma con la speranza che per lei possa in qualche modo esserci un lieto fine.
Genere: Introspettivo, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Yaoi | Personaggi: Kazutora Hanemiya, Ken Ryuguji (Draken), Manjirou Sano, Nuovo personaggio, Shuji Hanma
Note: Lemon, Missing Moments, What if? | Avvertimenti: nessuno
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Quale miglior momento per pubblicare, se non il giorno in cui il nostro amato Kazutora compie gli anni????
BUON COMPLEANNO TIGRE!!! OGGI SEI TU IL PROTAGONISTA!!! ^-^

 
Chapter 20
[Angel Wings]
 
“Toraaa!!!”
Sentendo il richiamo della voce amata, Kazutora si volse e in un attimo venne travolto da un ciclone che rischiò di buttarlo a terra! Per fortuna in riformatorio aveva continuato ad allenarsi ed i frutti del suo impegno gli consentirono di afferrare Kan di peso e di restare in equilibrio per evitare ad entrambi una bella caduta in pubblico!
“Se ogni volta mi salti addosso così, tutti qui a scuola penseranno che sei la mia ragazza!” Disse con tono divertito. Di fatto si trovavano oltre il cancello della scuola media di lui, sotto agli sguardi allibiti di tutti gli studenti che stavano appunto lasciando l’edificio per tornare a casa.
“Mica mi dispiace!” Sottolineò lei, prima di sollevarsi sulle punte e gridare: “Io adoro questa tigreee!!”
Kazutora non perse occasione di stringerla più forte a sé, assaporando il momento, anzi, uno dei tantissimi momenti speciali che lei gli stava donando da quando si erano riuniti. Più passavano il tempo insieme, più lui si sentiva come se fosse a bordo di una mongolfiera che lo stava portando verso la vetta della felicità, dove in cima lo attendeva uno spettacolare premio chiamato ‘perdita della verginità’! Si era fatto un po’ di conti in testa, ormai era chiaro che Kan e Mikey non sarebbero più tornati insieme, anche se lei continuava  a dire che erano solo in periodo di pausa. Quei due si vedevano giusto in orario scolastico, poi i pomeriggi (e spesso anche le sere), Kan lo trascorreva col sottoscritto. Non c’era pericolo che saltassero un giorno, neanche fossero incollati col mastice. Alla faccia di Mikey! Quanto godeva al pensiero di soffiargli la ragazza da sotto il naso!!! Tralasciando il fatto che lei lo vedeva tutt’ora come migliore amico…ma vabbè…
Comunque, nel trambusto generale, Kan notò una figura conosciuta e il suo entusiasmo rischiò di smorzarsi. Possibile che quello fosse…Sfighemichi?? Cavoli, lui e Kazutora facevano la stessa scuola? Che seccatura! Meglio andarsene prima che anche lui la vedesse o chissà che cosa sarebbe andato a raccontare a Mikey. Era pienamente convinta che quell’imbecille con la faccia da schiaffi facesse da galoppino a Mikey, quindi poteva facilmente essere anche la sua spia. Da quando Kazutora era tornato in libertà, Mikey si era ingelosito da morire e faceva di tutto per cercare la lite. Sinceramente, lei non voleva dagli ulteriore materiale per tormentarla. Scivolò fuori dall’abbraccio di Kazutora, quindi lo afferrò per una manica e lo trascinò via di fretta accampando una scusa. “Ho voglia di pancake con panna dolce e fragole! Andiamo!”
“Hai paura che ci sia la fila per entrare?” Ridacchiò lui, seguendola di buona lena.
Volendo, la paura c’era, ma era quella di finire nei casini con Mikey. La sua situazione sentimentale era ingarbugliata. Per quanto di recente trovasse perfino fastidiosa la presenza del suo fidanzato, non c’era modo che si decidesse a lasciarlo una volta per tutte. Stava vivendo una fase di stallo da cui non voleva uscire. Per quanto brutto da dire, preferiva tenere Mikey in sospeso piuttosto che rompere con lui. Forse perché in fondo lo amava più di quanto credesse? O era solo desiderio di possesso? Lasciarlo significava rischiare che lui si mettesse con un’altra e questo le era insopportabile.
Corsero per un buon tratto, lasciando le strade principali ed infilandosi in viette semideserte, dove finalmente Kan si fermò, sentendosi al sicuro da occhi indiscreti.
Kazutora si chinò sulle ginocchia per riprendere fiato. “Sul serio, perché mi hai fatto correre?” La guardò in tralice, sogghignando.
“Ecco…” Lei si morse le labbra, indecisa sul da farsi, ma preferì optare per una mezza verità. “Ho visto un rompipalle, tutto qua!” Tagliò corto, alzando le spalle e sorridendo. “Certo che fa strano vederti ridotto così per una corsetta!”
“Ehi! Hai le gambe più lunghe delle mie, stangona!” Rispose a tono, per poi farsi una risata in coro con lei. Si rimise dritto e l’affiancò. “Quindi che si fa adesso?”
“Ecco…” Di nuovo quella nota di incertezza, ma stavolta per una ragione diversa. “In realtà tra poco dobbiamo salutarci.”
Kazutora emise un sonoro: “EEEH?” Allora lei si fece piccola piccola e sfoggiò una boccuccia da bambina. “Ho insistito tanto per accompagnare mio fratello ad una visita di controllo e se non mi faccio trovare davanti all’ospedale all’ora che abbiamo accordato, si arrabbierà da matti.”
“Ah, per quello… Be’, va bene. E’ tuo fratello.” Kazutora si portò una mano ai capelli, con fare pensieroso. “A proposito, come sta?”
Un sorriso si accese immediatamente sulle labbra di lei. “Bene! Ormai la ferita si è rimarginata! Questa sarà l’ultima visita! Ormai sono passati due mesi!”
E pensare che, quando era accaduto, lui era ancora dentro. In quel periodo le lettere di Kan erano intrise della preoccupazione per Draken e lui da bravo amico l’aveva supportata con parole calde e inviato più volte gli auguri di pronta guarigione da riferirgli. Poi era uscito dal riformatorio, ma non gli era passato per la testa di incontrare Draken per parlargli personalmente o anche solo mandargli un sms. Un vero controsenso. Però era grato a Kan di non aver mai accennato a questo argomento. Eccetto lei, non aveva rivisto nessuno dei vecchi amici. Nemmeno Baji.
Una suoneria fece sobbalzare Kan. Recuperò il telefono dalla tasca della gonna e la disattivò velocemente. “Cavoli, è già ora! Devo andare!” Si sporse su di lui e gli stampò un bacio sulla guancia. “Domani per recuperare ti porto davvero a mangiare i pancake!” Disse sorridendo.
“Affare fatto!” Fece un cenno col capo e la guardò mentre si allontanava.
Ecco fatto. Solo soletto in una strada desolata. Forse era diventato troppo dipendente da lei… Si rimise a camminare a testa bassa e passo lento, perdendosi in pensieri. Cupi pensieri. Alla fine Baji aveva scelto la Toman invece di lui. Era deluso e amareggiato, si sarebbe aspettato un risultato diverso dal suo migliore amico. Si fermò un istante. Migliore amico? Tendeva a dimenticare che ormai non lo era più. Scosse il capo e riprese a camminare. Ma chissene, fin tanto che aveva Kan, non aveva bisogno di nessun altro. Passò vicino ad un distributore automatico, gli diede una scorsa.
“Quasi quasi mi prendo da bere. Vediamo che c’è.”
Si mise davanti al macchinario per esaminare i tipi di bevande in lattina disponibili. Fu allora che sentì una voce alle proprie spalle.
“Hanemiya?”
Si volse lentamente e vide un ragazzo piuttosto basso, con un’abbronzatura che spiccava più dei corti capelli ossigenati, un orecchino al lobo composto di tre piccole pietre rosse e uno sguardo dannatamente maligno sotto un paio di occhiali dal taglio sottile. Indossava la divisa di un’altra scuola, quindi decise di fargli il terzo grado. “Che vuoi? Sei un curioso venuto a vedere un assassino?”
Il ragazzo sfoggiò un sorrisino inquietante. “Io direi piuttosto la vittima di un incidente! E’ stata dura essere rinchiuso per colpa dell’Invincibile Mikey, vero?”
Il cuore di Kazutora mancò un battito. “E tu che cazzo ne sai?”
“So come puoi vendicarti, se la cosa ti interessa!”
Vendetta… Una parola che suonava come la tromba degli angeli, per lui.
“Chi diavolo sei tu?”
Se possibile, il sorriso del piccoletto si fece ancora più inquietante. “Mi chiamo Kisaki e ho delle idee interessanti da proporti!”
*
 
“Pensa a come diventeresti ai suoi occhi, se riuscissi a configgere Mikey. Non ci sarebbero più ostacoli tra voi e ti cadrebbe fra le braccia. E’ quello che vuoi, no?”
Kazutora lo guardò con occhi spalancati, così scuri e lucidi che Kisaki riuscì a specchiarcisi dentro.
Lo stava prendendo all’amo, era così evidente che quasi gli veniva da ridere da quanto era facile! Quel Kazutora era proprio un sempliciotto come gli era stato detto!
“Ti capisco perché anche io sono innamorato di una ragazza che mi è stata portata via prima che potessi conquistarla. Fa incazzare. Le femmine sono fatte così, si fanno attrarre da cose superflue e perdono di vista ciò che è meglio per loro. E poi tocca a noi fare i salti mortali per riprendercele!”
“Tu…credi che potrei farcela? Sono sempre stato il suo migliore amico…”
Incredibile come riuscisse a parlare con quel tono di voce piatto e senza battere ciglio. Sembrava un manichino in una di quelle attrazioni horror alle fiere.
Kisaki gli batté una pacca sulla spalla, in uno stile da amicone che decisamente non gli si addiceva, ma ormai la recita era quasi finita quindi poteva fare un ultimo sforzo. “Comincia con l’indossare la giacca della Valhalla e scoprilo!” Quindi mise mano alla tasca della giacca della divisa scolastica e ne estrasse un biglietto piegato in due, che gli porse. “Quando avrai deciso, scrivi a questo numero. Come ti dicevo, la gang non ha un vero capo, quindi è Hanma a guidarla.” Attese che lui prendesse il biglietto e allora fece un passo indietro e si mise entrambe le mani in tasca. “Non vede l’ora di conoscerti e di farti diventare il suo braccio destro!”
Gli voltò le spalle e se ne andò. Non aveva dubbi che Kazutora avrebbe ceduto in fretta dopo averlo manipolato così bene, usando le frasi giuste che lui voleva sentire. Poteva tranquillamente congratularsi con se stesso per il buon lavoro svolto, esattamente come le altre volte. Alzò lo sguardo fieramente ripensando a quando aveva convinto quella palla di lardo di Pah ad accoltellare Osanai. Osanai!!! Che si era preso la colpa di un pestaggio e una violenza sessuale che in verità era stato proprio lui ad organizzare! Un gioco da ragazzi che gli aveva tolto di dosso dei pesi inutili, visto che uno era praticamente fuori dalla malavita e l’altro chiuso in riformatorio. E poco dopo c’era stato Peh, di aspetto così simile ad un insetto stecco ed evidentemente con lo stesso cervello, visto quanto poco ci aveva messo a metterlo contro la Toman per vendicare l’amico. Dopo era stata la volta di Kiyomasa, un altro con l’intelligenza di un gorilla in gabbia, che con poche parole lo aveva fatto armare di coltello contro Draken. Peccato che le cose non fossero andate lisce la sera della battaglia tra Toman e Moebius… Il piano era di farci scappare il morto, ma pazienza, c’era tempo di recuperare!
“E’ raro vederti sorridere! Stai già pensando a come giocare col nuovo burattino?”
Kisaki aveva appena svoltato l’angolo del vicolo, dove Hanma lo attendeva spalle al muro e braccia conserte.
“Io gli ho messo i fili, poi sarai tu a manovrarlo per giocarci.” Precisò, tornando serio.
Hanma si scostò dal muro e lo affiancò. “Non ho sentito molto, ma non ha ancora accettato la tua proposta, o sbaglio?”
“Lo farà. Potrebbe vibrarti il telefono da un momento all’altro.”
Vederli assieme poteva strappare una risata per l’effetto che davano. Se Kisaki era basso, con una carnagione parecchio caramellata e l’aria seria, al contrario Hanma era uno spilungone di un metro e novantadue con la schiena leggermente ricurva e un sorriso beota stampato in faccia, per non parlare dei capelli sparati in alto col gel! Due opposti che la vita aveva fatto incontrare, un duo così improbabile che nessuno li avrebbe mai considerati amici. Eppure…
“Dì Hanma, non ti stanchi mai di seguirmi quando vado ad adescare i fessi?” Gli chiese Kisaki, così di punto in bianco.
“Per niente! Ma stavolta avevo un motivo in più per farlo!”
“E sarebbe?”
“Ero curioso di vedere quella bella gnocca di Kan coi vestiti addosso!”
Kisaki fece una smorfia, come se avesse represso un conato di vomito. “Da dove ti esce questa frase da maniaco?”
Hanma lasciò una delle sue risate folli, con quella voce strana un po’ da ubriaco che aveva di natura. “Te l’ho raccontato! La sera della battaglia aveva il vestito bagnato di pioggia e strappato! Era praticamente nuda!”
“Ah già… Ci mancava solo che ti facessi stendere da Mikey perché eri distratto. In quel caso ti avrei ammazzato con le mie mani, idiota.” Lo disse con un tono cupo che avrebbe fatto rabbrividire chiunque, tranne il simpatico buffone che aveva accanto e che appunto si mise a ridere di nuovo. Però a pensarci bene… Una volta acchiappato Kazutora sarebbe stato facile tirare dentro anche lei… L’idea gli stuzzicò la mente, facendogli accennare un sorriso.
“Sei interessato a Ryuguji Kan?”
“Eh?” Hanma fece un’espressione sorpresa e si mise a pensarci su. “Mmh… Se avessi un’occasione, me la farei! Ora che me lo chiedi!”
Perfetto, era proprio la risposta che voleva sentire. “Allora ho un compito per te, Hanma.” Non c’era limite ad una mente diabolica come la sua.
*
 
La quiete della stanza dalle tende leopardate, venne infranta dall’arrivo dei due ragazzi e dal loro chiacchiericcio amichevole, come succedeva molto spesso da un po’ di tempo.
Nel mentre in cui Kazutora richiuse la porta, Kan si tuffò sul letto e sulla morbida coperta anch’essa leopardata. “Con l’arrivo dell’autunno sto diventando pigra, me lo ha detto perfino mio fratello!” Disse, mentre aveva la faccia affondata in uno dei guanciali.
“E anche affamata, se penso a quanto era grande quella coppa di gelato che ti sei mangiata prima!” Scherzò lui, avvicinandosi al letto.
Ovviamente Kan si girò di scatto per lanciargli un’occhiataccia e lo rimproverò. “Ehi! Cosa vorresti dire? Che mi sto ingozzando di dolci?”
“Visto che le calorie ti stanno finendo sulle tette, la cosa non mi dispiace!” Insistette lui, con la conseguenza che si beccò un cuscino in piena faccia! Rimase immobile alcuni istanti e, quando il cuscino scivolò giù, l’evidente rossore sul naso fece scoppiare Kan in una fragorosa risata. E la cosa divertì anche lui. Salì carponi sul letto e andò a distendersi accanto a lei, approfittandone per avvolgerle i fianchi con un braccio.
“Lo sai che scherzo, vero? Sei così bella che chiunque dica il contrario è un vero cretino!”
Kan si gongolò felice. “Dopo un complimento così ti meriti un premio!” Sollevò leggermente la testa e gli stampò un piccolo bacio sulle labbra. Ma per Kazutora un gesto così non bastava più, quindi si abbassò su di lei lentamente, i loro sguardi si socchiusero man mano che i visi si avvicinavano e…le loro labbra si unirono in un bacio dolce, dai movimenti leggeri e ondulati e aggraziato da un piccolo sospiro da parte di lei.
Quando si separarono, Kazutora parlò con un accenno di tristezza nella voce. “Perché accetti i miei baci?”
“Perché ti voglio bene! E so che hai bisogno di molto affetto dopo quello che hai passato!” Rispose gentile lei, sorridendo dolcemente. Allungò una mano per scostargli i ciuffi della frangetta che gli ricadevano su un occhio.
“E se ti chiedessi di diventare la mia ragazza?”
Kan distolse lo sguardo, facendosi mogia. “Lo sai che ho un fidanzato…”
“Già…” Meglio cambiare argomento. “C’è una cosa che vorrei dirti. Hai presente quegli amici che ho contattato? Quelli che ho conosciuto in riformatorio?”
Lei fece un cenno affermativo, mentre si metteva seduta. “Mh! Hai detto che si chiamano… Chome e Chonbo! Li hai visti nei giorni scorsi, no?”
“Sì… Però non ti ho detto tutto…” Si rialzò dal letto dandosi la spinta con la mano e andò verso l’armadio. “Vedi, non li ho contattati solo perché avevo voglia di rivederli. In realtà li ho invitati a fare parte di-” S’interruppe e scosse il capo. “Ti faccio vedere.” Aprì un’anta dell’armadio e ne estrasse una giacca che già a prima vista era autunnale, piuttosto ampia e imbottita tipo giubbotto, di tessuto color ghiaccio.
Kan ne fu subito attratta, sulla schiena era stampata l’immagine nera stilizzata di un angelo dalle ali spiegate e senza testa, sormontato da un’aureola composta dalle parole ‘Team Valhalla’. Una domanda ingenua le affiorò alle labbra. “Avete creato un marchio d’abbigliamento?”
“Pff! No!” Suo malgrado a Kazutora venne da ridere, ma subito tornò serio. “Sono entrato in una gang. Mi è stato proposto qualche giorno fa e ho accettato. Si chiama Valhalla. Il suo simbolo è un angelo senza testa perché non ha un capo, ma è guidata da un numero due. E…me. Il numero tre.”
Anche se detta così su due piedi, la storia era interessante e Kan non faticò ad immaginare quell’angelo librarsi in volo verso il cielo azzurro, alla ricerca di un volto che lo rendesse completo. Era un’immagine poetica, a modo suo.
“Ehm…wow… Così all’improvviso…”
Kazutora andò ad appendere la giacca sulla parete opposta della stanza, nello stesso punto dove un tempo era la divisa della Toman. Poi tornò al letto e si sedette accanto a lei. “Non volevo tenertelo nascosto, è che sapevo ti saresti preoccupata.”
“Credevo volessi tenerti alla larga da queste cose… Invece sei un teppista fino al midollo!” Si forzò di scherzare, con scarso risultato.
Kazutora le prese una mano. “Ci sono delle cose che devo sistemare. Per me è importante.”
“Mh… Mi basta che tu stia attento. Io non mi tiro indietro, hai sempre il mio sostegno.”
A quel punto lui abbozzò un sorriso furbo. “Bene! Perché Hanma mi ha chiesto di invitarti ad uno dei nostri incontri! Vuole conoscerti!”
Momento di silenzio…..
“CHE????”
“Sarai nostra ospite! Ho parlato di te anche agli altri ragazzi e sei già simpatica a tutti!”
“M-ma? C-c-ch-? Sono la fidanzata del Comandante della Tokyo Manji Gang, mi linceranno!!!” Starnazzò Kan, visibilmente preoccupata per la propria incolumità.
“Ma no, per loro sei solo la mia migliore amica! Chissene di quello stronzo di Mikey!”
Davanti ad una sicurezza così, era difficile controbattere…
“Aspetta ma…chi è Hanma?”
“Il secondo in carica! E’ stato lui in persona a scegliermi come terzo! Siamo andati d’accordo fin dal primo incontro! E’ un tipo fuori di testa, ma fa un gran ridere se sai come prenderlo!”
Kan si sentì sprofondare. “Fuori di testa eh?” Ripeté sottovoce, sempre meno convinta.
“Dai fallo per me, Kan! Vieni una volta, poi se non ti piace non te lo chiederò più!”
Si rendeva conto di avere gli occhioni da cucciolo??? Era lo stesso sguardo del giorno in cui si erano conosciuti, davanti a quel negozio di animali dove Baji aveva fatto una scenata di gelosia. Due occhi a cui era impossibile resistere senza finire col cuore in frantumi per i sensi di colpa!!! Per questo alla fine Kan lasciò un sonoro sospiro e si arrese. “E va bene, facciamolo.”
Un presentimento le diceva che si trattava di una pessima idea, ma per lui valeva la pena tentare.
*
 
Un fatto innegabile è che la camera al centro massaggi era quella dove Kan si fermava a dormire più frequentemente, soprattutto per evitare eventuali litigate coi genitori adottivi, i quali non erano d’accordo che lei frequentasse un ragazzo con la fedina penale sporca. Figurarsi, di tutte le sue amicizie a loro non ne comodava manco mezza! E allora meglio rientrare a casa il meno possibile, piuttosto che ascoltare sempre le solite lamentele. Anche se, a dirla tutta, nemmeno lì al centro massaggi era molto tranquilla…
“Non sarebbe meglio se ti accompagnassi io?” La domanda di Draken era truce tanto quanto il suo sguardo riflesso sullo specchio. Impossibile non notarlo, visto che Kan era proprio lì davanti ad acconciarsi i capelli.
“L’invito è solo per me, Ken!”
“Capirai! Non mi sento sicuro a lasciarti andare a conoscere due tizi appena usciti dal riformatorio. Tsk.” Distolse lo sguardo, la sua mano prese a pizzicare nervosamente la coperta del letto su cui era disteso stando sul fianco.
Avesse saputo che stava andando nel covo dei serpenti, l’avrebbe chiusa a chiave, altro che! Ma questo lei non poteva dirglielo senza rischiare di scatenare un polverone. Dire a suo fratello che era ospite di una gang rivale, non solo avrebbe fatto scattare il suo istinto iperprotettivo, ma sicuramente lui avrebbe anche informato Mikey e solo gli dei sapevano che cosa sarebbe successo dopo! Che poi non gli aveva mentito, aveva solo modificato il numero di persone che doveva incontrare. Aveva detto 2 invece di…300. Cazzo, solo a pensarlo le era corso un brivido lungo la schiena.
“Fatto!” Si esaminò allo specchio per verificare che la coda di cavallo fosse ben fatta e che il nastro voluminoso di colore rosso fosse in ordine, poi fece due passi indietro per guardarsi a figura intera. Il giubbino corto in pelle rossa, aperto, sotto al quale era un top rosso con strappi in posizione strategiche che lasciavano intravedere il reggiseno in pizzo nero;  la mini in pelle nera che lasciava poco spazio all’immaginazione; gli stivali sopra il ginocchio, abbinati e con un po’ di zeppa. Il tutto le dava un’aria da teppista decisamente perfetta per l’occasione! Infine si volse completamente verso Draken, sorridendo. “Ora vado! Tornerò per cenare insieme, promesso!”
Dall’espressione che lui aveva sul viso, l’orario era decisamente l’ultimo dei problemi!
“Se dovesse succedere qualunque cosa, chiamami. Se allungano le mani, se dicono un commento volgare, se ti guardano come maniaci…tu chiamami e io arrivo a farli secchi.”
Kan sospirò spazientita. “Sono amici di Tora, non devi preoccuparti…”
“Sì, come ti pare. Ma tu tieni il telefono con la schermata sul mio numero.”
“D’accordo, fratellone!” Recuperò una tracolla pelosetta dalla forma tonda e rosso fuoco e in ultimo stampò un bacio sulla guancia di Draken. “A dopo!” E corse fuori dalla stanza.
Rimasto solo, Draken si lasciò cadere di schiena sul materasso, emettendo un lungo sospiro. “Non so, forse dovrei fidarmi… Anche se Kazutora ha tagliato i ponti con tutti noi, pare si stia comportando bene con Kan… Però…” Però la sua natura di fratello gli impediva di rilassarsi.
Non che Kan fosse l’immagine del relax, comunque! L’incontro con Kazutora era davanti ad un’uscita della stazione di Shinjuku, poi da lì percorsero la strada a piedi. Tutto bene, fino a quando lui non indicò un luogo preciso in fondo ad una strada semideserta, una vecchia sala giochi abbandonata, sulle cui porte vetrate era stato disegnato un angelo. Il cuore di Kan cominciò a battere più forte, non era affatto sicura di volerci andare.
“La nostra base è all’interno di quella sala giochi che ha chiuso i battenti! Stranamente il sistema idraulico è ancora in funzione, mentre per la corrente ci ha pensato uno dei ragazzi a fare un allacciamento abusivo! Forte, eh?”
Era così fiero che Kan non se la sentì di sottolineare quanto fosse illegale tutto questo, al contrario provò a guardarne il lato positivo, ad apprezzare l’ingegno di chi aveva fatto il lavoretto e…al fatto che avrebbe potuto fare pipì in un bagno invece che andare in un vicoletto buio e accucciarsi dietro una bidone della spazzatura! Più si avvicinavano alla meta, più il suo sguardo era in grado di cogliere i dettagli dell’angelo disegnato con le bombolette spray, nettamente diverso dal logo sulla giacca, una figura dalle linee tondeggianti, il corpo rosa chiaro, l’aureola dorata e un paio di ali bianche e così ben fatte da dare l’impressione di essere soffici al tatto. Pensandoci, l’avevano fatto così per farlo passare per un comune graffito, altrimenti se avessero scritto il nome della gang qualcuno sicuramente avrebbe fatto una segnalazione alla Polizia. Un altro dettaglio ad indicare che i ragazzi della Valhalla non erano affatto stupidi.
“Ci siamo!” Disse Kazutora, quando si fermarono. Di fronte a loro solo una catena con un cartello per impedire il passaggio. Lui la scavalcò con noncuranza, in un gesto abituale, quindi le porse la mano gentilmente. “Vieni!”
Una misera catena divideva il mondo come lo conosceva da uno tutto da esplorare. Basta temporeggiare, Kan prese respiro e scavalcò a sua volta, tenendo lo sguardo dritto davanti a sé. Un istante si stava riflettendo sulle porte vetrate, ma ecco che queste si aprirono, invitandola a lasciarsi alle spalle tutto ciò che conosceva. Contrariamente a quanto aveva sempre creduto, il ‘paradiso’ era un luogo di luci al neon bianche e un forte odore di fumo di sigaretta e i suoi ‘angeli’ invece di avere dolci sorrisi possedevano delle espressioni cupe. Quel che è peggio, appena messo piede lì dentro si ritrovò con decine di occhi puntati contro, che la guardavano come se fosse un pezzetto di pane caduto al centro della piazza. Le gambe le tremavano mentre pensava che accettare quell’invito era stata una pessima idea. Se fingeva di mantenere la calma, poteva ancora scappare? Era stata avvisata che la maggior parte dei componenti della gang erano ragazzi nati tra l’87 e l’89, quindi erano più grandi e più forti di lei. Dannazione… Quanti secondi le rimanevano prima di essere mangiata viva?
Skronch skronch skronch skronch…
Un momento. Ma che-? Abbassò lo sguardo di una decina di centimetri e si ritrovò a fissare un paio di occhi tondi e curiosi, su una faccia pacioccona dalla mandibola evidentemente impegnata a masticare di gran lena! Kan batté le palpebre, no non era un animale al di là del vetro dello zoo, anche se la testa bionda con disegnate delle figure a cerchi neri difficilmente ricordava qualcosa di umano!
La creatura sollevò la mano possente con cui teneva un sacchetto di chips al gusto pizza e parlò anche se aveva la bocca piena. “Vuoi?”
Kan non riusciva a respirare, figurarsi a rispondere! Allora lui fece un’aggiunta. “Puoi mangiarle anche tutte, di là ne ho un altro pacchetto.” Era molto gentile, se non fosse che non batteva ciglio e il suo tono di voce era privo di emozioni.
“Ehilà, Chome!” Saltò fuori Kazutora, alzando la mano verso di lui per dargli il cinque. Al che lui rispose ‘ehilà’ e ricambiò il gesto, sempre con quell’aura da yokai inoffensivo ma inquietante.
Vedendo l’amica paralizzata, Kazutora pensò bene di allentare la tensione con un invito. “Andiamo a sederci nella zona dei divanetti!” Le cinse le spalle col braccio e la guidò attraverso la folla, salutando distrattamente qua e là, sorridendo.
E pensare che lei aveva a che fare coi teppisti quotidianamente! Cioè, uno era letteralmente suo fratello gemello!!! Eppure fra la Toman e la Valhalla sembrava tutto così diverso… Ma era anche vero che nonostante gli sguardi nessuno le aveva mancato di rispetto, quindi era tutta una questione mentale. Forse? Guardandosi attorno non era così male, molte postazioni di gioco erano perfettamente funzionanti, mentre altre, come quelle col braccio di ferro per pescare i pupazzi, avevano i vetri rotti e venivano usate come posacenere. Ingegnoso anche questo! Fra le tante cose da vedere, il forte odore di fumo e l’agitazione, quando giunsero all’area divanetti Kan era visibilmente stordita.
Kazutora la fece sedere su quello più ben messo, anche se fra macchie e polvere in generale non c’era una grande differenza (!), poi si sedette accanto a lei. “Tutto bene?”
“Io…” L’espressione sulla sua faccia era indecifrabile come i sentimenti che stava provando, ma ecco che le venne da ridere neanche fosse stata ubriaca. “Mi sento come se fossi finita nella versione horror di Disneyland! Sono emozionata e spaventata, non capisco più niente!”
Giusto il tempo di finire la frase, che il ragazzo di prima, Chome, si sedette all’altro lato e di nuovo le porse il sacchetto di patatine, senza smettere un istante di masticare. “Adesso le vuoi?”
Kan scoppiò a ridere con più passione, però infilò volentieri la mano nel sacchetto. “Grazie!”
La situazione si era completamente ribaltata, buono a sapersi!
*
 
Una volta allentata la tensione, divenne più semplice per lei ambientarsi e non si preoccupò più degli sguardi che la analizzavano come la novità che effettivamente era. Al trio poi si era anche aggiunto Chonbo, l’altro compagno di riformatorio di Kazutora, un tipo non troppo serio, caratterizzato da una pelata totale, sopracciglia folte e un tatuaggio con un motivo in nero che gli occupava quasi un lato della faccia e che lei aveva amichevolmente rinominato ‘ghirigori’! Lui si presentò con delle bottiglie di Cola e si unì con naturalezza alla conversazione. Tra i sorrisi di Kazutora, la mandibola sempre in movimento di Chome e la testa lucida di Chonbo che luccicava sotto i neon, il tempo passò più serenamente di quanto Kan avesse creduto.
“E insomma, io facevo da palo all’entrata del cesso e quasi me la facevo sotto per paura che una guardia ci scoprisse! Quel tizio che Tora stava menando faceva un tale casino!!!” Stava raccontando Chonbo, tappandosi le orecchie con le mani per dare più enfasi alle parole. E Chome, sempre a bocca piena, concluse: “Io provavo a tenergli la bocca chiusa, ma quello non stava fermo!”
I tre amici scoppiarono a ridere di gusto al ricordo dell’ennesimo pestaggio, che aveva riempito una delle interminabili giornate rinchiusi dentro solide mura. Perfino Kan faticò a trattenersi dal ridere, suo malgrado. “Non dovrei fare così, ma l’avete raccontata troppo comica!”
“Puah non farti problemi, tanto era stato lui ad attaccare briga per primo!” La tranquillizzò Kazutora, facendo un gesto con la mano come se stesse scacciando una mosca.
Questo cambiava le cose, perché solo lei doveva trattenersi? Senza più rimorsi, Kan lasciò una bella risata, abbandonando la testa all’indietro sulla morbida spalliera del divanetto. Cavoli, che sensazione di leggerezza… Le sembrava impossibile aver avuto paura fino a un paio di ore prima. Quei ragazzi non avevano niente di diverso dagli altri teppisti, sfoggiavano un’espressione minacciosa solo quando era necessario, ma altrimenti erano comuni ragazzi che scherzavano e se la ridevano tra loro, divisi in piccoli gruppi, o ancora altri che giocavano ai macchinari in solitaria o in coppia e che imprecavano sorridendo sia che stessero vincendo o perdendo. L’aria era pregna di fumo di sigaretta, a causa di un malfunzionamento della ventola dell’aria che non erano riusciti ad aggiustare, ma ci si abituava presto all’odore e poi si smetteva di farci caso, e poi il sottofondo ricco delle musichette dei videogiochi rendeva tutto più allegro. Si stava divertendo, niente da dire! A riportarla coi piedi per terra ci pensò un’urgenza naturale. Si sporse su Kazutora e gli parlò all’orecchio. “Mi spieghi dov’è il bagno? La Cola comincia a fare effetto!”
“Ah è facile!” Si voltò e indicò una direzione col dito. “Vedi dove c’è quello spazio quadrato vuoto? Da un lato si va al bagno delle donne e dall’altro quello degli uomini! Però noi li usiamo tutti, quindi…” Si fermò un istante e diventò serio. “Dovrò chiedere di riservarne uno per te, non è giusto che tu condivida il bagno con centinaia di ragazzi.”
“Magari! Mi faresti un grande favore!” Si alzò in piedi e schivò un bel po’ di gente per raggiungere il luogo indicato. Per correttezza andò nel bagno delle donne, confortandosi del pensiero che lì non c’erano orinatoi e si sarebbe risparmiata di beccare qualche ragazzo a farla in piedi in bella vista. Comunque non male, il bagno era composto di dieci cabine e, dando una prima sbirciata, si intuiva facilmente che qualcuno li puliva, altrimenti sarebbero stati ben più sporchi. Per sicurezza chiuse con cura il chiavistello della cabina che scelse. Già che si era portata la borsa, ne approfittò per guardare il cellulare. C’era un messaggio di Mikey, poche righe per dirle che lui e Draken avevano mangiato dorayaki caldi. Quando non si vedevano le scriveva tutto quello che faceva, come un fidanzato premuroso. A volte le faceva tenerezza e lui le mancava, altre invece se ne fregava, come appunto stava accadendo in quel momento.
“Poteva pensarci prima di finire così.” Bisbigliò tra sé, per poi mettere via il telefono e sistemarsi.
Ai lavabi c’era perfino il sapone liquido! Quel posto le piaceva sempre di più! Sentendo il rumore di uno sciacquone a poca distanza, si affrettò a lavarsi le mani e svignarsela, giusto perché non si sa mai! Quando tornò all’area quadrata si fermò ad osservare tutto attorno. Quel luogo era all’insegna del divertimento sfrenato e i ragazzi che lo popolavano erano gli angeli peccatori. Tutti indossavano la giacca bianco grigia con lo stemma sulla schiena, il resto della divisa era composto da pantaloni neri, di ampiezza che variava in base ai gusti personali, e stivaletti grigi, mentre sotto la giacca c’era libertà tra chi indossava una felpa con cappuccio, una maglia normale o una canotta grigia.
“La divisa della Valhalla è dieci volte più figa di quella schifezza della Toman!” Disse liberamente, entusiasta, salvo poi mordersi la lingua ricordando che quelle della Toman erano stare realizzate da Mitsuya. Senza volerlo aveva offeso il suo amico… Scosse il capo e s’incamminò per tornare ai divanetti.
Tra uno slalom e l’altro, per errore un ragazzo indietreggiò proprio mentre lei gli stava passando dietro e, fatalità, in quel momento i suoi riflessi decisero di non funzionare a dovere, facendole perdere l’equilibrio con tanto di piccolo strillo. Nel mentre, il suo pensiero fu che fare una figuraccia il primo giorno era l’ultima cosa che voleva e che la forza di gravità le aveva dichiarato guerra se aveva deciso di farla cadere a terra come una scema. Pensieri formulati in uno o due secondi, i quali furono interrotti dall’urto contro un altro corpo. La buona notizia era che non sarebbe finita a terra perché qualcuno la stava sorreggendo da dietro, la brutta notizia era che non si trovava nella posizione di infastidire uno di una gang di rivale senza rischiare di essere punita. Anche se le braccia che l’avvolgevano saldamente per aiutarla a stare in piedi non le parvero affatto minacciose. In ogni caso pensò bene di rimediare.
“Chiedo scusa, non volevo. Di solito sono più attenta. Perdonami!”
In tutta risposta ricevette una risata e un simpatico rimprovero. “Una bella ragazza non deve scusarsi! Non è neanche stata colpa tua!”
Quella voce… L’aveva già sentita, non era possibile confonderla, era troppo strana… Possibile che…? Abbassò lo sguardo e vide un paio di mani grandi e dalle dita sottili, sui cui dorsi erano tatuati dei kanji che dicevano ‘delitto’ e ‘castigo’. Allora volse il capo e dovette sollevare il viso per guardare di chi si trattava, cosa che nella vita le era capitato raramente considerando la propria altezza sopra la media. Quel sorriso da matto, quegli occhi ambrati, quell’orecchino a filo dorato, quei capelli tirati su pazzamente e col ciuffo biondo che ricordava una fiamma. Il cuore si mise a martellare come un tamburo nel petto, com’era possibile che il destino le fosse stato così favorevole, da darle una simile opportunità di finire tra le braccia di quel ragazzo che aveva ammirato quella famosa sera della battaglia?
Lemon Cake?” Le uscì dalla bocca senza riflettere.
Il ragazzo spilungone la guardò stranito, prima di farsi un’altra risata. “Dici a me? Cos’è, un modo per dire che mi vuoi mangiare?”
Oh cazzo… Adesso sì che voleva restare lì per sempre.


Continua nel Capitolo 21: One Step From Sin
Kan è letteralmente caduta fra le braccia della sua "torta al limone"......cosa succederà tra i due??? 
  
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