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Autore: DISORDER    18/09/2023    0 recensioni
Mara e Serena hanno un mondo di cose da dirsi, ma non sempre riusciranno a dirle tutte. O almeno a dirle ad alta voce.
Mara e Serena si osserveranno da lontano, si avvicineranno, si allontaneranno di nuovo.
È difficile capire qualcosa di sé, ancor più capire l’altro.
E se il mondo avesse già scelto un destino per te? E se non ti avesse neanche lasciato lo spazio di esplorare i tuoi sentimenti? O almeno di vederne le infinite possibilità?
“Siamo in una piccola bolla, il mondo attorno sembra sfocato, anche la musica improvvisamente più bassa.
“Che vuoi da me?”
A mia giustificazione, devo dire che a parlare è la birra mixata alla coscienza.
“Domanda troppo generica. Non posso darti una risposta soddisfacente.”
Genere: Drammatico, Introspettivo, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, FemSlash
Note: nessuna | Avvertimenti: Tematiche delicate | Contesto: Contesto generale/vago
Capitoli:
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È una notte calda. Arrivo e son già sudata. E non conta il tempo impiegato per rendere presentabile il mio aspetto, quella gocciolina di sudore andrà ad incastrarsi lì, sulla fronte, appiattendo quel ricciolo ribelle. Scuoto i capelli, tanti, lunghi e ricci, dalle spalle, tentando di rinfrescare la nuca. Indosso un vestito lungo, di quelli estivi, incrociato sulla schiena e dai colori variegati. Ai piedi un paio di sandali, bassi e comodi. Federico saluta un paio di amici con grandi pacche sulle spalle e il mio sguardo si dirige immediatamente al bancone.

Mara è lì, più bella del solito, se possibile. Ha la stessa divisa di sempre, una t-shirt nera e un pantalone dello stesso colore. Ad impreziosire la figura alcune collane, sottilissime, semplici e senza fronzoli. Serve i clienti velocemente, posando gli occhi su ognuno di loro, attenta e capace. Lucia, in un angolo della terrazza, attira la nostra attenzione. Raggiungiamo lei e tutti gli altri, già un po’ brilli. Mi appoggio con i gomiti alla ringhiera e torno a guardare il centro della pista. Corpi sudati ballano, incuranti, divertiti, trasportati dalla musica e dalle stelle di una notte estiva, lenta come le altre. Federico va a prendere qualcosa da bere e annuisco, distratta. Picchietto con il piede e tento di seguire il ritmo, chiudo per un momento gli occhi e ondeggio con la testa. Un tocco delicato mi distoglie dai pensieri e in un attimo ho un boccale di birra appena spillata tra le mani. Federico mi sorride e avvicina il suo al mio, facendoli tintinnare. E mi sembra che questa birra abbia un sapore tutto suo, particolare. La assaporo con gusto, tentando di trattenere l’amarognolo sulla lingua. 

“Balliamo!” Sentenzia Max. E veniamo tutti trascinati verso il centro della pista, saltiamo, ci muoviamo seguendo i bassi, ci abbracciamo. Federico mi stringe un po’ più forte, è diverso stasera, più euforico, più propositivo. Mi lascia un bacio all’angolo della bocca e gli sorrido. Sento la necessità di ricambiare e, allora, mi avvicino e poso le mie labbra sulle sue. Cerco di sentirmi coinvolta e, per un attimo, credo di riuscirci. La birra in corpo rende le mie gambe più tremolanti, forse è quella la sensazione. Mi stacco e continuo a ballare, mi muovo e non mi allontano da Federico, cerco di essere più vicina che mai. Ho gli occhi chiusi, però. Da lì il bancone è ben visibile e io di rivedere Mara, di perdere la bussola, non ne ho voglia. Ma non riesco a smettere di pensarci e, in fondo, abbiamo qualcosa in sospeso. La mia birra è finita e un’altra mi aspetta. 

Mi faccio spazio tra la folla, più sudata di quando sono arrivata, le guance rosse come ogni volta. Mi becco una spallata da un ragazzo molto più alto di me che, in un microsecondo, tenta un approccio da marpione. Lo scanso evitando discussioni, ho un obiettivo ben preciso. Il bancone è affollato, corpi in attesa alla ricerca di un drink ghiacciato e un minimo di refrigerio. Mara mi adocchia e per un momento si blocca, un boccale tra le mani e lo sguardo divertito. Rispetto la fila in religioso silenzio, seguendo soltanto le canzoni una dietro l’altra, canticchiandone qualcuna, sbagliando miseramente le parole. È il mio turno.

“Te ne sei ricordata, vedo.”

Annuisco deglutendo un bel po’ di saliva.

“Chi dice di no ad una birra?”

Mara si sofferma per qualche secondo di troppo sul mio viso, poi, con una lentezza esasperante, prende un boccale pulito. 

“Tecnicamente l’hai chiesta tu, io ho acconsentito.” Aggiunge, melliflua, inconsapevole del suo magnetismo. In quel momento la compagna le passa accanto, le sfiora casualmente la schiena, e torna alla postazione dei drink. E vorrei davvero saperlo com’è, cosa si prova, Mara?

Resto in silenzio per alcuni secondi interminabili, la scruto mentre fa scorrere il liquido ambrato nel mio bicchiere. 

“Che c’è?”

Me lo chiede con candore, come se non immaginasse il motivo del mio silenzio. E, in effetti, come potrebbe?

“Nulla.”

Scrollo le spalle. E inspiro, espiro, inspiro, espiro. Mi passa il bicchiere e lo afferro, ho le mani un po’ tremolanti, ma cerco di non darlo a vedere. 

“Me lo dirai il tuo nome?”

Lo chiede come se fosse routine. Probabilmente lo fa con tutti i clienti, sarà un modo di mantenere i rapporti, di creare un ambiente affabile. 

“Serena.” Le rispondo bevendo un sorso, pur di non star lì ferma come un’idiota.

“Io sono Mara.”

Come se non lo sapessi. Faccio per pagare, in fondo non mi aspetto davvero che la birra sia gratis. Mara scuote la testa e mi tocca la mano, in un microsecondo, per fermarmi. Sento il tocco bruciare più che mai, non riesco a sostenere i suoi occhi scuri come la pece, mi sento una ragazzina alla prima cotta.

“Non li accetto, Serena.”

E lo dice bene il mio nome, ha un suono nuovo, accogliente, melodioso, vagamente sensuale. La ringrazio alzando il boccale e scappo via, lontano, senza proferir parola. Mi fermo in un angolo appartato e guardo il cielo, mi soffermo sulle stelle più luminose che mai. Bevo un altro sorso. Cosa hai pensato, Mara? Cosa hai visto nei miei occhi, nel sussulto del mio corpo, nel tremolio delle mie mani? 

Lucia mi raggiunge saltellando di qua e di là, è euforica, ormai ubriaca, adorabile nella sua andatura priva di equilibrio.

“Che fai, ti nascondi?”

Mi passa una sigaretta e accende la sua. 

“Forse sì.” Le rispondo in un attimo di trasparenza. 

“E perché mai?” Mi scruta con sguardo indagatore, la mia migliore amica. Cerca di domare i capelli arruffati, gonfi per il caldo. 

Non so cosa risponderle, e allora ci penso più del dovuto. 

“Per Federico?” 

Lucia interrompe il flusso dei miei pensieri ponendo la domanda più ovvia di tutte. Cos’avrebbe potuto mai dire? 

“No, lui non c’entra.”

E in fondo sono sincera. Lui non c’entra. Lui non ha nulla che non va. Sono io, il punto. Mi lascio avvolgere dalle paure, sono poco coraggiosa. Penso di saper osare e invece non so farlo. 

Lucia sbuffa un po’ di fumo e inclina la testa, cercando di carpire qualche informazione in più. Ma sono una maschera di ghiaccio, anche se dentro ho un casino. Termina la sua sigaretta e raggiunge gli altri, rivolgendomi una minaccia non troppo velata: “se non torni tra cinque minuti, ti vengo a cercare”.

Sollevo nuovamente lo sguardo sul bancone. Mara è lì e probabilmente sente i miei occhi sulla sua figura. Alza la testa e ci incastriamo, per alcuni secondi interminabili. Mi sorride, alzando una bottiglia di birra nella mia direzione, come in un brindisi. Ricambio mostrandole il mio boccale ormai quasi terminato. E la vedo che armeggia con qualcosa nelle sue tasche, fino a tirar fuori un pacchetto di sigarette. Dice qualcosa alla sua compagna e si allontana, intraprendendo pericolosamente il punto della terrazza in cui ho trovato rifugio.

Resta lontana, Mara. È più facile se resti lontana.

Mara non può sentirmi ed è subito lì, accanto a me. Fruga alla ricerca di un accendino, glielo allungo senza dire una parola. Ha gli occhi fissi sulla pista, osserva i corpi danzanti. Inspira il fumo molto lentamente, poi si volta verso di me. 

“Ti piace questa canzone?”

Mi fa sorridere la domanda. A chi non piace Madonna? 

“Stai valutando se rientro nello 0,1% dei folli a cui non piace questa canzone?”

Mara ride. E io sento che il cuore perde un battito. Mannaggia a te, Mara.

“Sono sollevata da questa risposta, lo ammetto. Adoro questa canzone”. 

Canticchia a bassa voce le parole, ha un accento inglese adorabile. Tira ancora un altro po’ di fumo e lo caccia via in cerchi disordinati, impazienti di salire verso il cielo. 

Mi tranquillizzo, la birra mi aiuta. Mi sento più leggera. 

“Come riuscite a gestire tutto questo in due?” Chiedo, così, per spezzare il silenzio.

“Non riusciamo. Cerchiamo personale, infatti. Almeno per la stagione estiva.” 

È seria, ma sembra non voler approfondire la questione. Guarda distrattamente la sua compagna alle prese con un Campari Spritz, i capelli biondi legati in una coda bassa che le accarezza le spalle. 

“Io raggiungo i miei amici.”

Poggio il boccale su un tavolino lì vicino e mi pulisco le mani, leggermente umide, sul vestito. Mara mi fa un cenno del capo e sorride nuovamente.

“Ci vediamo.” Spegne la sigaretta e si allontana, lanciandomi un’ultima occhiata. 

Raggiungo gli altri con il cuore in subbuglio e un unico pensiero in testa: Mara, quando riuscirò a parlarti ancora? 

Federico mi attira a sé e mi fa fare una giravolta. Mi tiene le mani sui fianchi e mi sussurra qualcosa all’orecchio.

“Dov’eri finita?”

Non rispondo, gli poggio le mani sul petto e continuo a ballare. Federico è ad un passo da me, sento il suo respiro caldo, dal sentore di birra, ma piacevole, sulle mie labbra. Cerco di inquadrare per un momento il bancone, ma la figura di Mara è coperta da quella della sua campagna, le dice qualcosa e ride nell’incavo del suo collo. E mi sento un’idiota, di nuovo. 

Ma decido di lasciar da parte quei milioni di pensieri, tutto quel rumore nella mia testa. Devo soltanto godermi i miei amici, seguire la musica e vivere a pieno quest’estate. Federico ha la fronte accaldata, complice anche il sole della giornata, i capelli ancora un po’ increspati dal sale. E chi sono io per non provarci, allora? Mi lascio avvolgere dalle sue braccia, sento i polpastrelli percorrere la mia schiena nuda, e allora alzo la voce di un tono, canto quella canzone e danzo.

Una volta a casa impiego non so quanti minuti per addormentarmi. Lascio la finestra aperta, bramando un po’ di frescura, la luna illumina debolmente il davanzale. Mi lascio cullare dal silenzio della notte, respiro.

  
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