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Autore: LuHuiMeng    29/09/2023    1 recensioni
Cosa succederebbe se la maledizione di Ranma lo dividesse tra parte buona e parte cattiva, anziché maschile e femminile? Come vivrebbero questa condizione a casa Tendo? E come sarebbe la convivenza di Akane con ben due Ranma mezzi?
Questa storia nasce da una ri-lettura, dopo molti anni, de “Il visconte dimezzato” di Calvino. Buona lettura!
Genere: Commedia, Fantasy, Storico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Akane Tendo, Genma Saotome, Ranma Saotome, Ryoga Hibiki, Tatewaki Kuno
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
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Piovve per tutta la notte ed il mattino seguente. 
Il mal di testa era peggiorato e non le lasciava tregua, assieme alla gola in fiamme. Non aveva chiuso occhio per i dolori e i pensieri. L’umore di Akane era come il meteo di quella domenica mattina: pessimo.
Scese nella sala dove Nabiki e Ranma stavano facendo colazione, poi si diresse in cucina da Kasumi.
“Hai una brutta cera, sorellina. Hai preso un raffreddore?”
“No, sto bene. Ho solo sete e voglia di dormire.”
“Riposati. Più tardi salgo a vedere come stai.”
Akane prese dell’acqua fresca e salì di nuovo in camera. Decise di ignorare un certo sguardo mezzo preoccupato che la seguiva in ogni movimento e uno mezzo risentito che la studiava da lontano.
Si mise sotto alle coperte e tentó di addormentarsi. 
Niente da fare. Le fitte e i pensieri che si affollavano le trapanavano il cervello. L’unico modo era affrontarli, almeno nella sua testa. Chiuse gli occhi.
Cosa aveva scatenato il sentimento di fastidio che provava?
“Mi stavo divertendo al festival e quello mi ha trascinata via” pensò.
Cosa l’aveva fatta arrabbiare?
“Quando mi ha fatto capire di aver deciso anche per me. Quando mi ha detto che la soluzione per tutti è sposarci.”
Cosa poteva fare per risolvere?
“È quella la soluzione? A lui sta davvero bene così?”
Non voleva farlo, ma si ritrovò costretta a pensare a Ranma. 
Cosa pensava di lui, ora che lo conosceva da un po’ di tempo? Glielo aveva chiesto anche Kasumi, incoraggiandola a conoscerlo meglio. 
“Fuori la verità, Akane” disse a se stessa.
Ranma era gentile ma strafottente. Arrogante ma altruista. Onesto ma impulsivo. La trattava con riguardo ma poi la trascinava per la città in spalla. Era egoista ma la guardava come gli altri non la guardavano. 
Ecco. 
Lo sguardo di Ranma era diverso. 
Ogni giorno all’accademia si sentiva addosso occhi speranzosi, desiderosi, bramosi, occhi che volevano, chiedevano, pretendevano. 
Ranma la maggior parte delle volte la guardava da lontano. In un pezzo di lui trovava ammirazione, nell’altro protezione, a suo modo. Certo, a volte avrebbe voluto farlo volare con un destro ma… Se metteva assieme quei due occhi celesti e lo immaginava intero, che sguardo sarebbe stato?
Il cuore le accelerò, una fitta alla testa le provocò una smorfia di dolore, aveva caldo e la gola bruciava. 
Bussarono alla porta. Si alzò per aprire a Kasumi ma riuscì a malapena ad arrivare alla porta.
Svenne, ma non cadde a terra.

“Sta male, vero?” Ranma si rivolse a Kasumi dopo che Akane aveva lasciato la cucina.
“È forte, si riprenderà in fretta. Dal raffreddore almeno…” rispose la sorella enigmatica.
L’altro Ranma lo prese per il colletto. “È colpa tua, idiota. Ha preso tutta quell’acqua per colpa tua.”
“Hai ragione, mi dispiace” si arrese subito l’altro, il senso di colpa lo attanagliava dalla sera precedente.
“Quando sono arrivata con l’acqua, però, avevo capito fosse con te. Cosa è successo?” chiese Kasumi a Ranma che si bloccò e abbassò le spalle, lasciando il mezzo rivale.
“Niente che vi riguardi” ribatté secco. 
“Oh oh!” ridacchiò Nabiki “Non dirmi che sei stato rifiutato.”
Ranma mise il piede sul tavolo e avvicinò il viso a quello di Nabiki: “Ho detto: niente che vi riguardi.”
“Mille yen che l’ha rifiutato, chi scommette? Kasumi?” lo canzonò.
“Mi dispiace, compagno.” Ranma battè sulla spalla al suo mezzo che non la prese benissimo.
“Non mi ha rifiutato, brutto idiota. Ha detto che io e te siamo la stessa cosa. Quindi… Ha rifiutato pure te!” urlò puntandogli il dito contro.
“Oooh lo sapevo! Kasumi, i miei mille yen!”
“Se la metti così, allora Akane sta male a causa di entrambi. Non solo mia” rispose l’altro.
Kasumi comparve dalla cucina con in mano una bacinella di acqua fredda e un asciugamano, li appoggiò sul tavolo e poi vi pose una ciotola con del porridge.
“Fai ammenda, allora. Portale questo. Nabiki, ti prendo i soldi. Uffa, non pensavo lo rifiutasse di già” disse uscendo dalla stanza.

Appena la porta si aprì, i riflessi da soldato risposero all’istante.
Akane stava per svenire e cadere in malo modo. 
Le fece da scudo con il petto mentre in mano reggeva la bacinella. La sua metà, con la ciotola del porridge in testa, la prese per un braccio e la strinse a sé.
Una parte di Ranma respirava il profumo dei capelli di Akane, l’altra si trovó la fronte di lei appoggiata sulla mezza bocca. Non l’aveva mai avuta così vicina e vulnerabile.
Il respiro di Akane aumentò.
“Scotta molto.” Si allontanò ad appoggiare la ciotola, lasciando la ragazza appoggiata al suo mezzo, poi la strinse di nuovo mentre l’altro appoggiava a terra la bacinella.
“È la prima volta che facciamo qualcosa in sintonia da quando siamo saltati in aria” disse quello una volta tornato indietro.
“Taci e datti una mossa. Mettiamola giù.”
La portarono a letto, tenendole delicatamente da un lato la testa e dall’altro le gambe.
“Devo andare. Vedi di tenere la mano a posto o ti disintegro.” Prese la via della finestra e scomparve.
Ranma rimase a fissare il punto dove il suo mezzo era appena scomparso. “Averla così vicina e averla a metà fa male, eh?” Sospirò e tornò da Akane, cercando di abbassarle la febbre. Rimase con lei tutto il pomeriggio.

“Dannazione, dannazione, dannazione.”
Ranma saltava da un tetto all’altro in preda alla rabbia.
“Era tutto perfetto. Come ha potuto rovinare così le cose?”
“Il meglio?” Gli occhi di Akane nel suo bruciavano. 
“Come puoi saperlo tu?” Quella domanda lo tormentava.
Era stato cresciuto per diventare il migliore, seguire le orme di suo padre, combattere per la patria e guidare uomini al suo comando. Cos’era che non le andava bene? Il suo essere mezzo non la spaventava, anzi. Era l’unica che lo aveva sempre trattato da intero. 
“Siete la stessa cosa.” 
Lui aveva la parte sicura, accorta, meschina. Lui l’avrebbe protetta. 
L’altro suo mezzo era debole, ingenuo, sprovveduto. Come potevano essere la stessa cosa? 
Chi mai sano di mente vorrebbe riprendersi la parte sfigata di se stesso, una volta separata?
“Tsk! Dov’è finita quella vecchiaccia cinese?”

Akane verso sera cominciò ad avere dei momenti di lucidità. La febbre si abbassò e la gola migliorava. Kasumi era al suo fianco.
“Ti senti meglio sorellina?”
“Sì, sto bene.”
La squadrò perplessa.
“Lo hai fatto preoccupare parecchio sai? Uno ha vagato per tutta Nerima a cercare fantomatici rimedi di medicina cinese, l’altro è rimasto con te per ore.”
“Co… COSA?” Akane si mise seduta ma la testa non glielo concesse. “Ah… Ahi.”
“Si sentiva in colpa. Voleva fare qualcosa per rimediare.”
Silenzio.
“Non mi hai ancora detto che pensi di lui.”
“Che è un cretino! È egoista e dice che lui è il meglio per me. E che sposarci farà tutti felici, ma proprio tutti.” Pausa. “E poi è troppo onesto, si fa fregare da chiunque. Ma è anche arrogante e…” Akane era un fiume in piena. Quell’intruglio dell’anziana cinese le stava facendo bene.
“Però è carino, vero?”
“...Beh non è certo brutto.” Udì un tonfo fuori dalla finestra. “Che è stato?”
“Oh niente niente. Dicevi? Non è brutto e…”
“Ed è gentile. Fa il figo ma prende le frasi dai romanzi.” Akane si lasciò scappare un mezzo sorriso. Kasumi le accarezzò la testa.
“Continua a riposare. Se hai bisogno chiama.”
Akane si coprì la faccia con la coperta, Kasumi scese le scale sorridendo.

“Ma che sta combinando?” Nabiki si rivolse al padre e al suo amico, i quali dopo cena stavano giocando a shogi (1).
Il sergente Saotome rivolse anch’egli lo sguardo al giardino. Suo figlio sembrava essere rovinato al suolo malamente.
“Tutto bene. È una nuova tecnica della scuola Saotome.”
“Sei serio?” chiese scettica Nabiki.
“È la tecnica della scimmia imbarazzata caduta dal cielo” rispose con la serietà che si addiceva ad un sergente del suo rango. Tendo annuiva vigorosamente.
“Sarebbe a dire?” chiese Nabiki.
“Consiste nel fingere imbarazzo per distogliere l’attenzione del nemico e distrarlo.”
In quel momento Kasumi entrò nella stanza. “Oh cielo! Ho sentito uno strano tonfo in effetti. Stai bene Ranma?”
Nabiki fece quadrare i conti con un sorrisetto. “Mi sa proprio che stavolta la scimmia imbarazzata è caduta da una certa finestra, giusto?”
“Andate al diavolo. Mi sto allenando come sempre” rispose Ranma rimettendosi dritto. Si ricompose e si allontanò verso il dojo che Tendo usava per allenarsi per il corpo a corpo.
“Che dici dei nostri ragazzi, Saotome?” Chiese Soun proseguendo il gioco.
“Tutto bene, amico mio. Ho un piano.”
“Genma Saotome ha un piano.” Soun si alzò, prese del sakè e lo servì all’amico. “Sono tutt’orecchi.”
Le due sorelle Tendo alzarono lo sguardo al cielo e si dileguarono.

Akane stava meglio, ma aveva bisogno di bere di nuovo dell’acqua fresca. Erano le 3 del mattino di una lunga giornata.
Scese al piano terra senza fare rumore e senza accendere le luci, conosceva ogni centimetro della sua casa anche ad occhi chiusi.
Per questo rischiò un infarto quando intravide un’ombra tremante sul pavimento della sala.
Afferrò un vaso e si preparò a colpire, quando un miagolio le giunse alle orecchie.
“Ma chi è?” chiese fermandosi.
L’ombra si mosse appena, continuando a tremare. Poi parlò.
“G… ga… ga…” 
Riconobbe la voce di Ranma.
“Gabinetto? Lo sai che è in fondo al corridoio!”
“Ga… ga…”
“Gamberi? Hai fame? Posso cucinare qualcos…”
“GATTOOO!” Ranma ansimava in preda al panico.
Akane accese la luce, si avvicinò e vide un gattino sulla spalla del ragazzo, che giocava con i capelli intrecciati di Ranma. Lui stava sdraiato sul fianco mancante, con la gamba rannicchiata al petto e la mano sull’orecchio. Il terrore nell’occhio.
La ragazza superò Ranma, prese il gattino e lo portò in giardino: era il micio dei vicini che a volte trovava una via verso i profumi della cucina di Kasumi.
“Un soldato superiore scelto terrorizzato da un gattino?” chiese tornando verso di lui.
“G-grazie A-Akane.” Ranma continuava a stare sdraiato, cercando di calmarsi. 
Akane provò un po’ di tenerezza e si sedette vicino a lui.
“Oppure è la mia ricetta dei gamberi in salsa agrodolce che temi?” disse incrociando le braccia.
Ranma finalmente sorrise e si calmò.  “Vorrei provarla un gior…”
Si era alzato e girato verso di lei di scatto. Non si aspettava di trovarsi il suo viso così vicino. E nemmeno Akane. Le cui labbra erano finite sulla guancia di Ranma. 
Spalancarono gli occhi, il rossore si espanse dalle orecchie fino al collo.  Si staccarono all’istante, rivolgendosi le schiene, mentre bolle di imbarazzo volavano tra i due.
“Pe-perdonami, A-Akane. Non era mia intenzione.”
“Non fa… niente. Non è niente, tranquillo.”
“Ehm… Ecco… Stai meglio, ora?” Si girò verso la ragazza.
Akane si rivolse verso di lui ma senza guardarlo in faccia. “Sì benissimo, mi sono ripresa del tutto come vedi!” Alzò gli occhi.
Ranma la stava guardando intensamente. Era messo di profilo, come faceva quasi sempre per nasconderle ciò che era altrove.
“Meno male” disse con un sospiro ed un sorriso sollevato che le fece perdere un battito.
Che dirgli ora? Che fare? Nelle altre situazioni con i maschi, era abituata ad essere gelida e rifiutare. Ma ricordò che aveva davanti un essere umano che aveva vegliato su di lei per tutto il pomeriggio, nonostante la discussione della sera precedente. In più le sue labbra erano appena finite su di lui.
In un sussurro gli disse: “Ti-ti ringrazio per… oggi. Kasumi mi ha detto che l’hai aiutata ad abbassarmi la febbre.”
“Oh sì. Sai ho usato una tecnica che usano gli Uiguri della Mongolia centrale (2), persone meravigliose, anche se non capivo una parola di quello che mi dicevano. Ho combattuto con alcuni di loro nello Shandong e mi porterò per sempre il ricordo d…”
“Ho capito. Ho capito. Va bene.” Lo fermò, con una mano aperta verso di lui e l’altra sulla fronte.
“Riguardo a ieri sera…” proseguì lui. Stavolta si rivolse dritto verso di lei, inginocchiato, con il pugno chiuso sul ginocchio. 
“Mi-mi… di-di… dispiace!” Si inchinò con la fronte a terra, quasi perdendo l’equilibrio.
“Ti-ti ho ferita, la-lasciata sotto alla pioggia ed è colpa mia.”
“Basta che sia carina e vada bene agli altri.” Le sue stesse parole le rimbombavano in testa. Non aveva cambiato idea. Nonostante lui fosse così gentile con lei. Non bastava solo quello.
Ranma proseguì.
“Sono stato un pessimo promesso sposo. Ma sono pronto a fare ammenda. Con te, tuo padre, le tue sorelle…”
“...e i miei antenati e gli antenati dei miei antenati?” chiese lei. 
“Tutta la stirpe dei Tendo dall’alba dei tempi.”
Akane si era alzata. “È me che vorresti sposare? O tutta la mia stirpe?”
Lo superò e tornò in camera sua. Ranma rimase lì, mezzo stordito, a chiedersi perché non capiva Akane, anzi… perché non la capisse del tutto.



(1) 
 in giapponese "gioco dei generali", fa parte della famiglia di giochi strategici da tavolo a cui appartengono anche gli scacchi
(2) 
 etnia turcofona di religione islamica che vive nel nord-ovest della Cina

   
 
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