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Autore: Bodominjarvi    30/09/2023    1 recensioni
Provenivano da due paesi distanti e anche da due decenni differenti, ma le loro storie erano quantomai analoghe...Travagliate e senza nessun lieto fine all'orizzonte. Loro non vivevano...Sopravvivevano. Era un condizione che ormai avevano accettato entrambi da tempo.
Ambientata durante e post Tekken 7.
Genere: Angst, Drammatico, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Jin Kazama, Kazuya Mishima, Nina Williams, Sorpresa, Steve Fox
Note: Missing Moments | Avvertimenti: Contenuti forti, Tematiche delicate, Violenza
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Era un sabato mattina come tanti, la neve aveva reso il paesaggio candido e luminoso alla luce del sole. Natale era alle porte e l'albero riccamente decorato troneggiava maestosamente nel loro salotto, assieme alla pila di regali disposti ordinatamente ai suoi piedi. Anna venne risvegliata dal profumo di biscotti al burro appena sfornati e si precipitò in cucina con un sorriso a trentadue denti stampato sul visino.
 
"Buongiorno. Sei già in piedi, tesoro?" le domandò Heather, sorridendole amorevolmente mentre cospargeva i dolcetti di zucchero a velo.
 
La piccola annuì, scuotendo animosamente la folta chioma bruna. Si accomodò a tavola composta come suo solito, mentre sua madre le preparava una tazza di latte caldo con il miele e una porzione di biscotti. Gustò felice il sapore delizioso di quell'impasto, e una volta finito aiutò la donna a riassettare la cucina.
 
"Dov'è papà?" domandò dopo qualche istante, notando l'assenza del genitore dalla solita poltrona che occupava per leggere il giornale.
 
"È uscito all'alba con Nina, lo sai." rispose, riponendo gli ultimi piatti puliti nella credenza.
 
Giusto, con Nina...Come sempre. Era la stessa identica storia ogni weekend, quando suo padre Richard le prometteva che le avrebbe portate a pattinare sul ghiaccio, oppure a cavallo e alla fine usciva solamente con sua sorella più grande per insegnarle a sparare. Anna sbuffò sonoramente, mentre la delusione si faceva strada sul suo volto.
 
"Cosa succede, tesoro?" le domandò sua madre, notando il suo muso lungo.
 
"Papà non mi vuole bene, ecco!" brontolò, aggrottando la fronte.
 
"No, ma che dici?" la rimproverò senza cattiveria, inginocchiandosi di fronte a lei. "Anzi, questa mattina ha pure messo sotto l'albero un altro regalino per te!" le fece notare, indicando un pacchetto voluminoso incartato con una carta rosso cremisi.
 
"E allora perché non vuole mai stare con me? Perché è sempre con Nina?" piagnucolò, sfregandosi gli occhi.
 
"Non devi essere gelosa di tua sorella, Anna! Lei e papà passano tanto tempo assieme perché le insegna a sparare e per fare escursioni nei boschi. E poi non è vero che non vuole mai stare con te, e ti dirò di più, ieri sera ha persino riaffilato le lame dei pattini per portarti oggi pomeriggio."
 
"Dici davvero?" chiese, tirando su col naso.
 
"Certo, piccola!" le rispose Heather, asciugandole le lacrime con un fazzoletto di seta. "Anzi, sai che ti dico? Corri di sopra a prepararti, che intanto andiamo a pattinare io e te. Papà e Nina ci raggiungeranno più tardi."
 
"Va bene!" rispose rincuorata. "Mamma?"
 
"Sì?"
 
"Sei la mamma più buona, bella e brava del mondo!" disse, buttandosi tra le braccia della bionda. "Quando sarò grande, voglio essere anche io una mamma speciale come te!"
 
"Oh, amore mio..." sospirò Heather, stringendola forte a sé e posandole un bacio sulla guancia. "Lo sarai, Anna. Ne sono certa!"
 
Eppure, dopo quasi 40 anni, il suo desiderio non si era avverato, anzi...L'immagine in bianco e nero di sua sorella che effettuava quell'acquisto continuava ad ossessionarla. Perché Nina sì, che non sapeva nemmeno cosa fossero i sentimenti e lei invece no? Perché anche in questo aveva dovuto batterla e farla sentire umiliata? Lei aveva avuto Steve, ma lo odiava...Era stata scelta per quel progetto perché fisicamente più forte e di gran lunga più capace in battaglia. Persino più fertile, nonostante anagraficamente più grande. Anche in quello era arrivata seconda. Dio, quanto la detestava...Eppure qualcosa la tratteneva dal rivelare quanto aveva scoperto a Kazuya. Aveva già tradito sua sorella in passato, le aveva voltato le spalle senza pensarci due volte, perché ora non riusciva a fare ciò che le era stato ordinato?
 
"Nina...Ancora mi rovini la vita...Perché non sei morta per davvero e basta...?"
 
~
 
Non poteva crederci di essere arrivata viva a destinazione. Tokyo era completamente irriconoscibile: il fumo e la cenere saturavano l'aria, rendendola al limite del respirabile e il cielo aveva assunto un'inquietante sfumatura rossastra come se si fosse bloccato in un perenne imbrunire. L'aeroporto in entrata era quasi deserto, il conflitto era entrato così nel vivo che i tanto temuti controlli erano stati superficiali, per non dire inesistenti. La gente voleva fuggire e basta da quel putiferio, nessuno si curava di chi ci si buttava dentro a capofitto. Il suono incessante delle sirene unito a quello dei clacson in lontananza li accompagnava passo dopo passo, man mano che si addentravano in quell'inferno, una serenata straziante che tormentava i loro animi.
 
"Mio dio..." sussurrò Steve, orripilato da quella terribile visione.
 
Nina non rispose, ma fulminea lo strattonò per un braccio per trascinarlo in un vicolo.
 
"Che sta..."
 
"Shhhh!" lo zittì accucciandosi dietro ad un bidone della spazzatura. Pregò con tutto il cuore che Keiichi non si svegliasse, maledicendosi per aver trascinato il suo bambino così piccolo nel bel mezzo del caos. Ma non aveva avuto scelta: abbandonarlo in un orfanotrofio in Irlanda sarebbe stata l'opzione più sensata, ma non altrettanto sicura, dal momento che la nazione era stata invasa e attaccata dalla G. Corporation. Brutalmente ed egoisticamente aveva deciso che sarebbe stata lei a proteggerlo da tutto e tutti, così come aveva fatto suo padre fino al suo ultimo respiro, ma no, non l'avrebbe lasciato solo. Non c'erano molte speranze di sopravvivenza, tanto valeva stare insieme fino alla fine. Osservò la processione di carri armati che sfilavano lungo la via principale, in una lenta e rumorosa processione. Il pugile non si era nemmeno accorto del loro arrivo a causa del frastuono e si meravigliò con immensa tristezza di come sua madre fosse in grado di muoversi bene in un contesto di guerra. Ma sarebbe bastato a salvarli?
 
"Che facciamo ora?" domandò il biondo, stringendo a sé il suo fratellino.
 
Non ne ho idea. Così avrebbe voluto rispondergli, ma non poteva permettersi il lusso di farlo. A nulla erano serviti tutti i loro piani di azione di fronte ad uno scenario come quello. Improvvisare era un rischio, ma non potevano nemmeno permettersi il lusso di perdere ore di tempo prezioso a nascondersi per elaborare strategie che alla fine non sarebbero nemmeno servite, in quanto non avevano la minima idea di cosa li avrebbe aspettati. Buttarsi nella mischia e pregare, ecco cosa poteva e doveva fare. E naturalmente, proteggere la sua famiglia.
 
"Tanto per cominciare rubiamo una macchina..."
 
"E poi?" domandò il pugile.
 
"Poi mi verrà in mente qualcos'altro..." mentì spudoratamente Nina.
 
Perché in realtà la bionda in parte aveva in mente un piano ben preciso. Certo, non sapeva né come, né dove e nemmeno quando palesarsi a Jin, ma non avrebbe esposto Steve e Keiichi a nessun rischio. Li avrebbe portati lontano, in un posto sicuro e poi sarebbe andata incontro al suo destino. Una volta accertatasi che nessuno fosse più nei paraggi, utilizzò uno dei tanti calcinacci sparsi sull'asfalto per sfondare il vetro di una vecchia jeep Mitsubishi che giaceva abbandonata lungo la strada. La carrozzeria era semidistrutta, ma le gomme erano ancora in uno stato accettabile e Nina pregò che lo fosse anche il motore. Ci volle qualche tentativo prima che il veicolo riprendesse vita, collegare i fili per avviarlo non era un'impresa così immediata come succedeva nei film, ma quantomeno riuscirono a partire.
 
"Dove siamo diretti?"
 
"Ginza. Avevo un appartamento, per il momento possiamo nasconderci lì. È una delle zone più ricche della città, spero che l'abbiano risparmiata per razziarla in un secondo momento."
 
Steve annuì e decise di focalizzare lo sguardo su Keiichi, per evitare di riempirsi gli occhi di scenari di morte e distruzione. Fino a qualche giorno fa viveva felice in Irlanda, nel completo anonimato, in un paesino di poche anime assieme a sua madre e suo fratello ed era il ragazzo più felice del mondo. Certo, l'ombra ingombrante di una guerra mai finita era sempre in agguato, eppure era riuscito a staccare la testa dai pensieri negativi e a vivere attimo per attimo, assaporando la gioia e la beatitudine di avere una famiglia vera attorno. Ma si sa, la vita è fatta di istanti e basta solo un secondo per cambiare le cose in modo irreparabile. Era bastato un solo momento per precipitare dal paradiso all'inferno. E Steve era purtroppo convinto che da quell'inferno probabilmente non sarebbero mai risaliti. Perso nei suoi pensieri cupi non si rese nemmeno conto di quanto quel viaggio fosse infinito: Nina doveva cambiare strada in continuazione ed evitare gli snodi principali per non essere intercettati, ma miracolosamente riuscirono ad arrivare a destinazione. Probabilmente si trattava solo della calma prima della tempesta, in guerra le pause non creano sollievo, ma solo ansia in vista dell'attacco successivo. L'appartamento di Nina faceva parte di un gigantesco condominio, anonimo come tanti altri, ma era proprio la banalità a fornire all'assassina un nascondiglio perfetto. Come previsto la zona era stata momentaneamente risparmiata dai bombardamenti, ma l'aria era comunque irrespirabile tanto era satura di fumo e polvere. E nonostante l'edificio fosse ancora in buone condizioni appariva completamente disabitato: se n'erano andati tutti. Chissà in quanti avevano perso la vita nel tentativo di mettersi in salvo...A testimonianza di ciò vi erano i numerosi oggetti persi lungo le scale e i corridoi, che ora giacevano dimenticati: scarpe, occhiali, borse, fogli, peluche e giocattoli di varie forme e colori. Esistenze una volta normali, forse anche monotone, ma prive di quella paura di scomparire da un momento all'altro. Nina proseguì lungo le numerose rampe di scale, la corrente era stata staccata e l'ascensore era fuori uso, ma non gli pesò. Non aveva fretta di buttarsi nella bocca del leone, e passo dopo passo si sentiva sempre peggio con sé stessa per ciò che avrebbe dovuto compiere a fin di bene. Giunti però di fronte alla porta del suo vecchio appartamento si rese conto che era stata forzata. Le possibilità di trovarvi dentro qualcuno non erano altissime, ma non poteva rischiare.
 
"Aspettatemi qua..." intimò a Steve.
 
"Ma..."
 
"NO! Niente ma. Aspettatemi qua." ripeté categorica.
 
Il pugile non poté fare altro che ubbidire, tenendo però occhi e orecchie ben aperti per captare ogni singolo rumore, o movimento. Trattenne il fiato quando Nina si avventurò da sola all'interno della casa, pregando che non ci fossero trappole ad attenderla dietro l'angolo. Dal canto suo, una volta entrata, la donna si rese subito conto che non esisteva più un ambiente che non fosse stato messo completamente a soqquadro. I cassetti erano aperti, i cuscini del divano squarciati, le ante dei mobili divelte. Non c'era davvero più nulla che fosse in ordine. Desolata continuò ad ispezionare le stanze, fortunatamente deserte, finchè non arrivò alla sua vecchia camera. La luce della torcia illuminava l'ambiente, evidenziando un consistente strato di polvere ormai depositato ovunque, finchè il fascio luminoso non rischiarò il letto, facendole notare ciò che prima era celato dall'oscurita. Nina venne colta completamente di sorpresa, tanto che la torcia le scivolò maldestramente dalle mani, finendo sul pavimento con un tonfo sordo. La bionda imprecò, rimettendosi subito in posizione di attacco, ma ben presto si rese conto che quella sagoma era completamente immobile. Con cautela, senza levarle gli occhi di dosso e a passi misurati si avvicinò al letto dopo aver recuperato la torcia e la esaminò. Sbarrò gli occhi quando vide il corpo di una donna in tutto e per tutto identica a lei che giaceva sul materasso in una pozza di sangue rappreso che aveva macchiato il lenzuolo sottostante. Erano veramente due gocce d'acqua la sua esatta riproduzione. Ma qualcosa non tornava. Nina aveva visto tanti cadaveri in vita sua, lei stessa aveva tolto la vita ad un numero ormai imprecisato di persone, eppure c'era un particolare molto strano in questo. La stanza, disordine a parte, era intatta e senza danni strutturali e la stessa polvere presente sui mobili era depositata anche sul corpo della vittima, il che significava che era lì da molto tempo. E allora come mai non c'era la benchè più minima traccia di decomposizione, soprattutto con una temperatura interna troppo alta affinchè un corpo potesse conservarsi? Puntando la torcia contro la sua sosia osservò le diverse ferite e bruciature presenti sul corpo, sia tagli che addirittura colpi di arma da fuoco che sembravano essere stati sparati da una distanza piuttosto ravvicinata. I residui di sparo erano infatti presenti, ma c'era anche altro...Schegge metalliche. Di istinto le sollevò le palpebre. Era esattamente come pensava. Avrebbero potuto ingannare chiunque, ma non lei.
 
"Nina??? Tutto bene lì dentro?" domandò Steve, ormai preoccupato.
 
Era dentro da almeno una decina di minuti e ancora non aveva detto nulla.
 
"Sì...Vieni..." le rispose, continuando ad esaminare la sua copia.
 
"Meno male stavo iniziando a preocc..WHAAAA" urlò, alla vista del cadavere sul letto. "MA CHE COS..."
 
"Stai calmo Steve!" le rispose senza scomporsi troppo.
 
"M-m-ma quella donna...S-s-ei t-t-t-u..." balbettò terrorizzato.
 
"Hanno fatto un lavoro sopraffino, devo ammetterlo...Ma non c'è assolutamente motivo di preoccuparsi."
 
"Che vuoi dire?"
 
"Avvicinati e vedrai..."
 
Steve fece una smorfia, se non fosse stato per la calma imperturbabile di sua madre sarebbe già scappato a chiedere aiuto, ma si sforzò di fare quanto gli era stato detto. La visione era raccapricciante e il cuore e lo stomaco gli si strinsero in una morsa dolorosa al sol pensiero che quella era la copia esatta di Nina. Quell'immagine lo avrebbe perseguitato per mesi. Notando la sua riluttanza, Nina sollevò di peso il corpo per mostrarglielo meglio.
 
"Lo so che la somiglianza è impressionante, ma è solo un manichino."
 
"C-c-come?"
 
"Osserva..." disse, estraendo un coltello dalla tasca dei pantaloni.
 
Fulminea lo piantò dritto nello stomaco, mettendoci una discreta dose di forza, ma quello dopo aver perforato la carne non affondò se non per una manciata di centimetri. La punta della lama infatti aveva raggiunto un sottile strato in metallo.
 
"Guarda bene anche gli occhi, sono molto realistici, ma sono di vetro. La pelle è sintetica, puoi notarlo dagli squarci. E ovviamente questo sangue è finto, in più non ci sono praticamente schizzi, il che è assolutamente incompatibile su ferite come queste."
 
"Vuoi quindi dire che qualcuno ha orchestrato tutta questa messa in scena ad arte? Qualcuno che voleva coprirti?"
 
"Già...Ma chi?"
 
Nina si guardò intorno attentamente, in cerca di qualche dettaglio che potesse svelare quell'enigma. Certo era che non fosse opera di Jin, lui pensava fosse morta. Di Lars e Alisa dubitava fortemente, per non parlare di Lee. Non si erano fatti scrupoli nel coinvolgerla in un'esplosione potenzialmente fatale. Chi poteva essere stato a voler simulare la sua morte? Era talmente impegnata a rimuginare che ci volle un po' prima notare una serie di kanji incisi sul legno della testiera del letto. E finalmente capì. Sorrise col cuore colmo di gratitudine, ricordando le parole di quei tre fedeli soldati che l'avevano messa in guardia sulla sorte che l'attendeva se fosse rimasta "...cercheremo di depistare le ispezioni e rallentarle di qualche giorno, ma lei deve andarsene Miss Williams...". Soltanto un paio di giorni dopo Heihachi avrebbe finto la sua morte e lei avrebbe realizzato di essere incinta. Quante cose erano successe, quante erano cambiate, ma soprattutto quanto era cambiata lei. Della vecchia Nina Williams, assassina a pagamento e seconda in comando di Jin Kazama alla Mishima Zaibatsu non era rimasto quasi niente, ma tutto sommato non le dispiaceva. In cuor suo sapeva di aver lasciato alle spalle un passato sbagliato e i suoi due figli l'avevano aiutata a capire il valore della vita, dell'amore e della famiglia. L'unica altra cosa che avrebbe desiderato sarebbe stata avere Jin al suo fianco e trascorrere il resto dei suoi giorni assieme al loro bambino e a Steve. Ma Jin sarebbbe stato disposto a farlo, o il suo cuore aveva infine ceduto al male del Gene Del Diavolo? Era già troppo tardi? Questi pensieri la riportarono immediatamente con la testa sul suo obiettivo. Non poteva indugiare oltre, aveva già perso troppo tempo. Silenziosamente estrasse una siringa dalla tasca dei jeans. Osservò con lo sguardo colmo di dispiacere il suo primogenito, ancora intento a studiare la verosimilità di quel fantoccio. Posò poi gli occhi sul piccolo Keiichi, che giaceva ancora addormentato nel marsupio. Avrebbe combattuto per loro fino allo stremo, li avrebbe protetti anche a costo della vita. Una lacrima rotolò silenziosamente lungo la sua guancia, mentre sospirando profondamente si preparò a colpire.
 
"È davvero incredibile come possano creare un manichino così sim..."
 
Il biondo non riuscì a finire la frase che si ritrovò braccato alle spalle, con la testa immobilizzata.
 
"Nina, ma che cos..."
 
"Perdonami Steve..." sussurrò prima di conficcargli la siringa nel collo e premere lo stantuffo fino in fondo.
 
Il ragazzo barcollò e tentò in ogni modo di divincolarsi, ma la forte stretta di Nina gli impedì sia di capitombolare a terra, che di liberarsi. Nel giro di pochissimi istanti la vista gli si annebbiò completamente e le gambe gli cedettero sotto il suo stesso peso. Il sonnifero iniziò inesorabilmente a fare il suo effetto e l'assassina lo accompagnò a terra, per evitare che cadesse e potesse farsi male. Era un farmaco potente, ma la dose era piccolissima e sarebbe stata appena sufficiente per tenerlo addormentato per una decina di minuti. Ma sarebbero bastati, per allora sarebbe già stata sufficientemente lontana. Lasciò accanto al corpo del pugile una lettera, e con gli occhi pieni di lacrime lo salutò con una carezza sulla fronte. Baciò Keiichi un paio di volte e lo strinse ancora una volta al petto con delicatezza per evitare che si svegliasse. Non c'era più tempo. Non poteva più voltarsi indietro, o non avrebbe più avuto la forza di andarsene.
 
"Perdonatemi...Addio figli miei..." mormorò tra le lacrime, uscendo di corsa dalla casa.
 
Corse a perdifiato giù dalle scale e si fiondò dentro la jeep, partì sgommando in direzione della Violet System, sperando con tutta sé stessa che Jin fosse ancora sotto la custodia di Lee. Non aveva idea di cosa gli avrebbe detto, o cosa avrebbe dovuto fare una volta che si sarebbero ritrovati faccia a faccia...Non sapeva neppure se ce l'avrebbe mai fatta a rivederlo vivo. Pigiò ancora più a fondo il piede sull'acceleratore, mentre la sua mente era un turbine di pensieri e ricordi. A breve Steve sarebbe rinvenuto e si sarebbe accorto della sua assenza. L'avrebbe odiata, ma non poteva fare diversamente, non gli avrebbe mai permesso di rischiare la vita. Era conscia che alla fine avrebbe prevalso in lui il buonsenso e avrebbe accettato di prendersi cura del suo fratellino, senza esporlo ai pericoli. Eppure non riusciva a smettere di piangere. Dopo circa mezz'ora di viaggio che parve infinita, scorse all'orizzonte il profilo imponente della Violet Systems.
 
"Ci siamo!" pensò.
 
Ma non fece in tempo a concludere la frase che un boato squarciò l'aria e la jeep sbandò improvvisamente. Nina non fu in grado di mantenere il controllo sul veicolo, che andrò a schiantarsi contro un idrante, interrompendo la sua corsa. L'impatto fu molto duro, ma fortunatamente sembrava essere ancora tutta intera, fatta eccezioni per ecchimosi e tagli. Che diavolo era successo? Un forte odore di benzina le investì le narici, perciò si sbrigò ad uscire, presagendo il peggio. Le faceva male la gamba e zoppicava, eppure riuscì ad allontanarsi giusto in tempo prima che la macchina venisse avvolta dalle fiamme. 
 
"Mi dispiace...Ma la tua corsa si interrompe qua. Non puoi proseguire oltre." risuonò una voce alle sue spalle, a lei fin troppo famigliare.
 
Un brivido le corse lungo la schiena, quando capì di essere finita nel bel mezzo di un'imboscata. E naturalmente ad architettarla era stata lei. Sempre lei. Come sempre.
 
"Non mi stupisce che tu abbia deciso di trascinare nel baratro i tuoi figli portandoli qui, ma loro non ci sono più a darti la forza...E soprattutto non c'è più nulla che tu possa fare..."
 
Nina deglutì a vuoto, udendo quelle parole. Avrebbe dovuto immaginare che presto o tardi ci avrebbe lasciato lo zampino, era stato tutto fin troppo semplice, dall'uscire dall'aeroporto al nascondersi nella sua vecchia casa. Aveva semplicemente aspettato il momento giusto per attaccarla, certa di avere in mano tutte le carte vincenti. La bionda aveva una sensazione terribile, ma non poteva vacillare. Doveva essere forte, mollare adesso significava condannare il mondo intero all'oblio. Non le importava di morire alla fine, ma avrebbe fatto di tutto per assicurare un futuro migliore ai suoi figli e quella voce era un altro dannato ostacolo da eliminare affinché fosse possibile. Lentamente si costrinse a voltarsi, pronta a combattere l'ennesima battaglia, contro la sua più acerrima rivale...

~

Note dell'autrice: sì bhe, diciamo che sono ancora viva, i trailer mano a mano che escono mi fanno sempre più passare la voglia di finire questa storia, ma vabbè...Ho dovuto completamente stravolgere il mio piano originale, altrimenti non mi sarei mai sbloccata. Vedo la luce in fondo al tunnel, ma è ancora lontana...E niente, spero di aver messo assieme un capitolo decente XD Alla prossima! 

PS: il titolo non c'entra quasi niente col capitolo, ma stavo ascoltando Civilization Collapse dei miei amatissimi Kreator mentre scrivevo la parte descrittiva di Tokyo in guerra e niente, si vede che la mia fantasia è agli sgoccioli??? XD
 
  
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