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Autore: Ulissae    15/09/2009    10 recensioni
E allora, a quel punto, si trattava solo di un sorriso. Un semplice, inutile sorriso.
Di quelli che non concludono niente, falsi, stupidi, ma così fottutamente pieni di amore.
E Caius lo fece.
Sorrise.
Genere: Introspettivo, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: Aro, Volturi
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
- Questa storia fa parte della serie 'Ideale utopistico'
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~Some kind of smile



[Guida alla lettura: Sì, è una Caius X Aro. Sì, esatto, una coppia omosessuale. Se la cosa da fastidio non leggete. Non si baciano, non fanno nulla. Si amano. Tutto qui.
Per spiegazioni brevi: ambientata durante l'attacco dei licantropi dove Caius è quasi rimasto morto.]

Dedicata a Liv,
perché mi ha dato una bella spinta a scriverla,
con il suo racconto.
Perché anche due uomini possono amarsi.
Perché nell'antichità era normalissimo.
Perché sì.



Quando Caius capì a cosa fosse dovuto quell'odore nauseabondo era troppo tardi.
Fu troppo tardi anche per rendersi conto del frusciare delle foglie intorno a lui, dello scricchiolio delle foglie sotto i suoi piedi e, soprattutto, sotto le loro zampe.
Non si accorse in tempo degli animali, che lo accerchiarono ringhiando, con la loro figura bestiale ed enorme; dei loro ululati, dei loro ruggiti, di loro.
E quando si avventarono su di lui il tempo diventò ciò che di più infimo potesse esistere. In quell'istante il tempo scomparì.
Era troppo tardi, insomma.

Non credeva possibile che un vampiro potesse perdere conoscenza, non lo aveva neanche minimamente pensato e, effettivamente, lui non era affatto svenuto; gli avevano semplicemente staccato la testa a morsi. La vista gli si era annebbiata e oltre al dolore lanciante, provocato dalle zanne dei nemici, non sentiva nulla.
Era strana quella sensazione: nonostante fosse dannatamente orrenda da sostenere, un vero e proprio inferno, con le sue lingue di fuoco ad avvolgere i resti del suo corpo, era piacevole, paradisiaca. Si riusciva a lasciare tutto dietro, lontano, come fumo, come nebbia.
Tutto, in quel momento, poteva essere definito inesistente.
E allora poteva anche provare a scomparire.

Quando sentì il bruciore percorrergli la spalla destra fu completamente sicuro di essere vivo. Non sapeva come, non sapeva perché, ma era vivo; e a Caius non piaceva porsi troppe domande.
Era spiccio, lui. Di quegli uomini che non amano chiedersi il perché delle cose, perché sanno che, se una cosa va in quel modo, un motivo ci sarà e saperlo non cambierebbe nulla, anzi, renderebbe più doloroso il tutto. Perché capiresti che tu, misero essere, non sei nulla, non puoi nulla.
Ma Caius, come ho detto, questi problemi non li aveva. Quando riaprì gli occhi, sporchi di sangue, aveva come unico scopo quello di tornare all'accampamento, dare qualche ordine e farli uccidere.
Tutti, quegli animali.
Non aveva calcolato quegli occhi rossi che lo stavano fissando divertiti, con la pelle intorno a loro piegata in minuscole e invisibili rughe, solchi di felicità, si poteva dire. Ad essere sinceri, Caius, non aveva neanche pensato al fatto che lui fosse ancora vivo o meglio a come lui potesse esserlo ancora.
Ve l'ho detto, Caius non pensava molto.
 Erano occhi felici, quelli; non soddisfatti, non ghignanti, non vittoriosi. Felici.
Non parlò nessuno dei due, quella volta perfino Aro tacque; ascoltarono il vento, gli piaceva, ad entrambi, una volta tanto erano d'accordo su qualcosa.
Sul vento.
Poi arrivò la neve e anche quella gli piacque. Era così leggera, la neve. Potevano fissarsi con una scusa, quella volta; era soli, erano loro, erano vivi.
Quando Caius si accorse che intorno a lui giacevano i corpi martoriati dei lupi che l'avevano attaccato guardò il compagno stupito. Erano martoriati, squarciati, uccisi nei modi più atroci.
-Li ho ammazzati e torturati, credo- spiegò l'altro, rispondendo alla domanda posta con gli occhi.
-Perché?- chiese, la voce un soffio, come nel timore di poter rovinare qualcosa, di poter incrinare quel magnifico istante, sospeso nel nulla, impossibile da spiegare, senza una ragione, senza un senso.
Era un semplice momento, quello, di quelli che rendono la vita tale, per quanto questa possa essere una nonvita.
La domanda aveva un senso, dopo tutto. Poteva lasciarlo morire, il potere sarebbe giunto come una pioggia d'oro, e, per di più, senza il bisogno di giustificare nulla.
-Non lo so- spiegò con un'alzata di spalle, sorridendo, come solo lui sapeva fare.
Continuò a fissarlo, sembrava stesse attendendo qualcosa, aspettando un ringraziamento, una  parola.
E allora, a quel punto, si trattava solo di un sorriso.
Un semplice, inutile sorriso.
Di quelli che non concludono niente, falsi, stupidi, ma così fottutamente pieni di amore.
E Caius lo fece.
Sorrise.





Angolo autrice:
Bene, se siete arrivate fin qui significa che avete coraggio. Molto, perciò *smack* un bel bacione.
Per parlare della storia; lo so, il fottutamente è volgare ma mi piace come suona, è forte e dolce allo stesso tempo.
Credo che il rapporto tra i due sia, logicamente, di odio e amore, ma, soprattutto, basato sul sorriso, non so... è una cosa strana.
Ah, aspettatevi il fandom invaso dai dueXD

Un bel commento non guasta mai! Sappiatelo u_u
Alla prossima <3

Notizia inutile: ho tante noci di cocco splendide, tintititi, tutte in fila per tre, per tre, per tre... grandi, grosse, anche più grandi di te!
   
 
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