Personaggi:
Vedenti: persone in grado di vedere i fantasmi e i fenomeni sovrannaturali.
Ivan Kostakov non pensava che avrebbe mai rimesso piede nel Covo della città, ma non l’aveva detto a nessuno perché sapeva che a nessuno sarebbe importato. Si era limitato a tenersi leggermente in disparte mentre il gruppo al quale si era unito – interamente formato da gente che lo odiava – entrava dalla porta con la vernice scrostata e saliva le scale strette e buie. E aveva continuato a tenersi in disparte quando la loro salita si era interrotta. Avevano percorso un lungo corridoio con le mattonelle sbiadite e le pareti scure e rigonfie di umidità, con una lunga e ordinata serie di finestre accuratamente oscurate sulla destra. Sulla sinistra, una serie di porte con vetrate buie. Jimmy, che era in testa, li condusse oltre, oltrepassando una porta larga a due battenti, già aperta. Erano già tutti lì ad aspettarli, constatò dando una rapida occhiata al numero delle camicie rosse.
Non è un buon segno, si disse.
«Ben arrivati, agenti. Ben arrivata, signora Wilson. Jimmy, Kostakov, ben arrivati anche a voi», esordì Carmen.
Ivan le rivolse un cenno, sorprendendosi di quanto tempo fosse passato dal loro ultimo incontro, e dalla fascia di stoffa che le avvolgeva il braccio sinistro, bianca, simbolo del suo rango, quello di Comandante. Accanto a lei, ritta e con le mani dietro la schiena a mo’ di soldato, stava un’altra donna, più alta di lei e con una fascia nera; la Vicecomandante.
«Mi piacerebbe poter dire che le circostanze non siano gravi. Che siamo tutti qui per uno scambio amichevole. Ma sappiamo che non è così», continuò.
Wolf Kurz, il Presidente della Sede della città, fece un passo avanti verso di lei.
«Allora veniamo al dunque», disse.
Carmen annuì, poi si voltò verso gli altri, che Ivan non aveva considerato con molta attenzione. Era bastato uno sguardo per attivarli tutti come formiche: chi prendeva in mano pile di cartelline, chi si avviava verso un’apertura nel muro – un altro corridoio – chi si sedeva alla propria scrivania prendendo in mano fascicoli già aperti. Alle loro spalle capeggiava già la foto segnaletica di Victor, insieme a quelle delle vittime finora attribuitegli. Si chiese per un istante cosa pensasse Maggie di quella parete, ma un’occhiata di sbieco gli rivelò che la donna aveva adottato la strategia dell’indifferenza.
«Dov’è il Generale Whitehold?» chiese Jimmy a una delle ragazze con le cartelline in mano. Aveva una stella d’argento appuntata sul gilet nero. Anche quella era una dimostrazione di status.
«Vi aspetta tutti di là, in sala interrogatori», rispose, indicando con la testa l’apertura nel muro. «Seguite noi».
Jimmy annuì, mentre la ragazza faceva loro strada.
«E come dovremmo rivolgerci a lei, signorina?» domandò John Sharp. C’era un che di divertito nella sua voce, ma Kostakov non ne colse il motivo. Almeno, non finché lei non gli rispose, secca e diretta:
«Sono il Sergente Rebecca Warner, signore, ma voi tutti potete chiamarmi Sergente Warner o semplicemente Sergente».
Il corridoio, uguale al precedente tranne che per le finestre completamente assenti, spariva dietro un angolo, ma a quanto pareva a loro interessavano due porte – una di legno e una di metallo – sulla sinistra.
La ragazza – il Sergente – si volse verso di loro, le cartelline strette al petto.
«Potete accomodarvi nella stanza con la porta di legno e assistere ai nostri interrogatori. Quando il Generale avrà finito con noi toccherà a voi».
Ivan sentì chiaramente l’irrigidimento di Sharp, e quello di Kurz, e quello di tutti gli altri lì presenti. Solo Luke e Yoshimura sembravano tranquilli, per quanto confusi.
«Chiedo scusa, perché dovremmo subire un interrogatorio? E perché dovreste subirlo voi?», chiese Wolf.
La Sergente lanciò un’occhiata a Jimmy e una a lui.
«Ne deduco che Kostakov non vi ha informati di nulla».
Ma Ivan non sentì il resto di quello scambio. Nel momento stesso in cui quella ragazza gli aveva poggiato gli occhi addosso si era sentito sprofondare. Era stata una stretta viscerale, che gli aveva contorto le budella e lo aveva spinto indietro nel tempo, indietro verso il primo cassetto del suo comodino a Los Angeles, che non apriva mai ma che guardava sempre prima di addormentarsi. Il contenuto di quel cassetto era la sua felicità, che aveva assaporato per qualche anno per poi perderla, inesorabilmente, e non ottenerla più. Ed era stata, a suo tempo, tutta racchiusa in un paio d’occhi identici a quelli, color caffè, capaci di vedere persino oltre gli spettri e i demoni, occhi per i quali Ivan, più giovane e completamente innamorato, avrebbe fatto qualunque cosa. Gli occhi della sua Cassandra.
«Chi era Cassandra Costantinou per te?» mormorò, più a sé stesso che alla ragazza. Ma a sentirlo furono tutti i presenti. E, se Jimmy lo guardò con una certa malinconia nello sguardo, gli altri lo osservarono come se fosse stupido, compresa lei.
«Bene, ora capisco. Kostakov non vi ha informati perché nemmeno lui sa un accidenti». Fece un passo verso di lui, e solo in quel modo Ivan si accorse del fastidio che quella ragazza stava provando, nello stare lì di fronte a loro. O forse era solo lui l’elemento di disturbo.
«Ivan Kostakov, Cassandra Costantinou era mia zia», disse il Sergente Warner, scandendo bene le parole. «E tu saresti diventato mio zio, se lei non fosse morta prima di sposarti». Fece un passo indietro, tornando in prossimità delle due porte. «Nel caso che tu non abbia ancora afferrato, sarò più esplicita. Quest’uomo», e nel dirlo indicò Luke, «è mio padre. Ora, se non ci sono altre illuminanti questioni, vi suggerisco di entrare e di mettervi comodi. Questa sarà una lunga e lenta notte, se le voci sul Generale sono vere».
Detto questo, aprì la porta di legno e la resse mentre loro entravano, uno per uno. Ivan fu l’ultimo; lei non lo guardò quando la oltrepassò, ma Kostakov voleva di nuovo quegli occhi addosso, così si voltò.
Ma solo per cogliere il movimento della porta che si chiudeva e per sentire i passi felpati di quella ragazza che si allontanavano da lui.
Ciao a tutti/e! Sono passati 2 anni da quando ho partecipato al Writober di Fanwriter.it per la prima volta, e ho pensato di riprovare. L'universo è sempre lo stesso - già, non sono ancora riuscita a scrivere un romanzo - ma ho deciso di strutturare meglio i contenuti dei racconti. Spero che vi piaceranno le mie storie, e di riuscire a stare al passo. A domani!