Anime & Manga > Candy Candy
Segui la storia  |       
Autore: acchiappanuvole    02/10/2023    3 recensioni
Erano davanti alla stazione, il treno che li aveva portati era già ripartito, una folla si accalcava ancora alle barriere: infermiere, soldati francesi e belgi, una vecchia vestita di nero con una stia di polli. Candy si voltò. In lontananza, come le aveva promesso il Dottor Martin, c’era la sua destinazione: Etaples.
Genere: Drammatico, Guerra, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Candice White Andrew (Candy), Terrence Granchester, William Albert Andrew
Note: nessuna | Avvertimenti: Triangolo
Capitoli:
 <<    >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
Je voudrais que la rose
Fût encore au rosier,
Et que ma douce amie
Fût encore à m'aime

Il y a longtemps que je t’aime,
Jamais je ne t’oublierai
 
Il canto proveniva dalle fioche luci del villaggio, le poche case rimaste in piedi avevano audaci lumicini alle finestre, alcune famiglie prese ormai dalla rassegnazione o dall’ultimo moto d’orgoglio erano tornate alle loro case e nel silenzio tombale della notte di Etaples voci anziane e più giovani intonavano le malinconiche parole. Flanny le udiva distintamente, seduta su di una piccola roccia poco distante dalle trincee, picchettava a ritmo le dita su una scodella di latta colma di brodo. “Ho notato che avete la pelle coperta di sfoghi e se mi permettete siete davvero molto magra” a quella considerazione Flanny alzò lo sguardo sull’uomo che le stava di fronte, le sue labbra si piegarono in un amaro sorriso ironico “è così un po’ per tutti dottore” rispose.
“Siete stata di grande aiuto, pronta e meticolosa, una delle migliori infermiere con cui io abbia lavorato, perché non avete studiato da medico?”
Flanny sorseggiò il brodo senza distogliere lo sguardo “perché sono una donna e sapete meglio di me quante porte sbarrate trova una donna che voglia esser medico, ed inoltre non avrei potuto permettermi di pagare gli studi, già frequentare una scuola da infermiera è stato più di quanto osassi sperare. Non vengo da una famiglia abbiente se ve lo state chiedendo.”
“Nessuna delle infermiere che ci sono qui viene da una famiglia abbiente, nessuna proveniente da simili agi resisterebbe a tutto questo” Michel le sedette accanto “perdonatemi se sono stato tanto sfacciato signorina…”
“Hamilton, Flanny Hamilton”
“perdonatemi signorina Hamilton”
Flanny alzò le spalle “di cosa dovrei esattamente perdonarvi dottore?! Posso solo ringraziarvi per essere qui in questo inferno, siete magro e sofferente quanto me eppure vi ho visto calarvi in quelle trincee senza esitazione alcuna. Vi ringrazio anche per essere venuto alle grotte, non avete salvato solo la vita di quell’uomo ma anche quella di Candy, si sarebbe consumata dal senso di colpa se non fosse sopravvissuto” portò la tazza più vicina al petto “pare che anche voi la conosciate bene”.
Michael sospirò perdendo lo sguardo nel buio che li circondava “ho conosciuto Candy in un’altra vita, in un mondo differente da questo. Spero solo che questo orrore non la cambi troppo profondamente.”
“è quel che spero anch’io” mormorò Flanny “che cosa dicono?”
“mh?”
“le parole di questa canzone? La sentite?”
L’uomo annuì “vorrei che le rosa fosse ancora al suo roseto e che il mio dolce amico mi amasse ancora” Michael fece una pausa deglutendo commosso “è da tanto tempo che ti amo e mai ti dimenticherò”
Flanny non disse nulla, batté le palpebre infastidita dal sentire i propri occhi lucidi “sono qui da mesi e ancora capisco poco il francese” esordì rimescolando il brodo nella tazza “molto volte non capisco cosa i ragazzi chiedono, non comprendo appieno le loro necessità, dove hanno dolore, non conosco parole che li possano confortare”
“potrei insegnarvi questa canzone e voi potreste cantarla loro nelle notti come queste”
Flanny parve trasalire “cantare? Ho una voce pessima, la sirena dell’allarme antiaereo è più aggraziata di me”
Michael rise “allora potreste recitargliela, ve la scriverò su un pezzetto di carta”
“non voglio che stiate a perder tempo per me”
“credetemi signorina Hamilton più che un disturbo questo momento per me è un piccolo ritaglio di normalità e di salvezza da tutto ciò che ogni giorno vediamo ed affrontiamo. Sono più che lieto di scrivere qualche riga di bellezza che possa essere di conforto non solo ai malati ma anche a voi.”
“allora vi ringrazio dottor Bertrand”
“Michael vi prego, dottor Bertand mi fa venire in mente un vecchio busto barbuto pieno di polvere”
Flanny parve inizialmente titubante ma poi annuì “e sia, Michael”
L’uomo sorrise di buon cuore “posso azzardare allora di chiamarvi Flanny?” e a quella richiesta anche la ragazza accennò un sorriso “vi concedo l’azzardo.”
“A che ora smonterete il prossimo turno?”
“alle cinque del mattino se tutto va bene”
“vedrò allora di scrivervi la canzone, sarò qui alle cinque per consegnarvela”
“ma…”
“vi prego Flanny”
La più rigida delle infermiere della scuola di Miss Merry Jane si ritrovò senza parole, si strinse un po’ nelle spalle e ringraziò con un cenno del capo.
 
Come questa pietra
È il mio pianto
Che non si vede

La morte
Si sconta
Vivendo.

 -G.Ungaretti

 
Aprì gli occhi lentamente e subito fu costretto a chiuderli per la fitta lancinante che gli prese la testa, si trovava in un luogo dove lame di luce filtravano dalla persiane di legno lasciando intendere che il giorno fosse inoltrato. Cercò di alzarsi da quel giaciglio che odorava di fieno ma le mani erano saldamente legate dietro la schiena e così anche i piedi erano trattenuti da una robusta corda. Spalancò gli occhi chiari per mettere a fuoco la stanza, aveva l’aria d’essere una cucina, alcune cipolle penzolavano sopra una stufa a legna, il fuoco scoppiettava ed una pentola d’acqua bolliva minacciosa. Lo spazio era piccolo, sbatté ancora le palpebre finché non scorse un’ombra rannicchiata sotto la finestra, due schegge verdi e timorose lo fissavano mentre entrambe le mani arano strette intorno ad un moschetto messo in verticale.
Albert cercò di alzare maggiormente la testa “dove mi trovo?” chiese, ma la ragazza che lo fronteggiava non sembrava intenzionata a rispondere “où je suis?” ritentò rispolverando un francese ormai arrugginito. La ragazza si alzò in piedi puntandogli contro il moschetto, capelli ramati le incorniciavano un viso pallido e magro sul quale spiccavano delle efelidi “autrichien? Allemand?” domandò con voce ferma e chiara senza abbassare l’arma.
“No!No!Non sono austriaco o tedesco” ribatté Albert “je suis américain!”
“ich werde dich jetzt toten” la ragazza parlò ancora cercando di scrutare la reazione di Albert ma le fu evidente che il ragazzo non capiva il tedesco. Abbassò il moschetto appoggiandolo al muro “perché qui americano?”
Albert avvertiva la testa pulsare, doveva essere stato colpito con forza “devo raggiungere Boulogne Sur Mer, ricongiungermi con il battaglione inglese”
La ragazza scosse il capo quasi divertita “nulla trovi” 
“vuoi dire che se ne sono andati? E dove? Chi mi ha portato qui?”
Lei scrollò le spalle recuperando una mela dal fondo di un cesto, l’addentò e non disse altro. 
“liberami ti prego, non sono una minaccia, non ti voglio fare del male. Liberé moi s’il te plait”
“no, tu sta lì” perentoria addentò un altro pezzo di frutto “
“devo andare ad Etaples…laggiù c’è una persona molto importante per me che io…io devo vedere”
La ragazza scostò una ciocca ramata che le ricadeva malamente sul viso, si accucciò per poter fissare Albert alla stessa altezza “prima detto Boulogne sur Mer” piegò leggermente di lato la testa quasi in modo beffardo “ora Etaples?”
“credimi…crois moi…”
La ragazza si alzò di scatto “no!non je te ne crois pas! Tout le mond ment et revient ici pour nous tuer”, gettò malamente a terra il torsolo della mela e si diresse verso la porta.
“ascolta ti prego”
“tais toi!” e ordinandogli di tacere uscì dalla stanza senza consentirgli di protestare ancora. Albert fece forza sulla schiena, doveva in qualche modo riuscire a liberarsi ma nello sforzo si rese conto della ferita che gli traversava in diagonale la schiena, la sentiva tirare terribilmente sulla pelle, sotto la giuba lacerata e incrostata di sangue. Quella giovane doveva averlo medicato in qualche modo, era stata comunque lei a procurargli la ferita? Tentò di ricordare quanto era avvenuto dopo che aveva lasciato i suoi compagni per andare in ricognizione, ma c’era solo oblio. Provò la stessa orribile sensazione che aveva provato anni addietro quando in Italia aveva perso la memoria, quel senso si sospensione che talvolta lo aveva portato sull’orlo della pazzia. Cosa avrebbe fatto se non fosse stato per Candy e le sue cure? Con un moto di rabbia e dolore riuscì a sedersi, doveva raggiungere Etaples ad ogni costo; riuscì a strisciare sulle ginocchia, probabilmente accanto alla stufa avrebbe trovato un coltello o un qualunque utensile utile a liberarlo delle corde, il colpo probabilmente ricevuto alla testa e la ferita sulla schiena rendevano i suoi movimenti più difficili, aveva un forte senso di nausea e vertigine, i rumori erano acuiti, riuscì a compiere pochi metri prima che la ragazza ricomparisse nuovamente nella stanza rimanendo per qualche istante interdetta.
“devo andare ad Etaples!” disse sfinito ricadendo su se stesso
La giovane spalancò la porta con un’espressione di ironica commiserazione “bon allez” disse con una sorta di inchino che lo invitava ad uscire, Albert tentò di rialzarsi ma cadde di nuovo rovinosamente emettendo un verso di frustrazione, fu allora che la ragazza si avvicinò inginocchiandosi proprio davanti al suo viso “tu veux etre un héros mais tu va a donner la fin du polet*”
“parla la mia lingua” ringhiò Albert “so che la conosci”
“siamo Francia si parla francese…tu deve conoscere mia lingua”
Al respiro esasperato dell’uomo la giovane lo aiutò a rimettersi di lato “vedere ferita” disse lei sollevandogli la giuba sulla schiena senza tante cerimonie, la sfiorò con le dita mugugnando un senso di approvazione “meglio” disse alzandosi e recuperando una ciotola in legno contenente un unguento dall’odore pungente, ne raccolse un po’ con una benda pulita e lo passò con estrema delicatezza per tutta la lunghezza del taglio, Albert si irrigidì per l’improvviso bruciore ma lei gli intimò di stare fermo. “Questa bene” gli disse seguitando a tamponare, “sei stata tu a farmela?” domandò lui e lei sbuffò canzonatoria “io ti avrei uciso non ferito” e premette più forte facendolo rabbrividire “e allora chi? Ti prego non ricordo niente”
“non ricordare è bene” si alzò in piedi e come si sarebbe fatto con un cane gli prese la testa tra le mani poggiandosela in grembo, gli scostò i capelli biondi appena sopra la tempia, una chiazza violacea e gonfia pulsava sotto le dita, Albert era interdetto. “Male?” chiese lei premendo sul livido e lui si limitò ad annuire, passò un po’ di unguento anche sopra la tempia, l’odore era forte, un misto di erbe e alcol. “Che cos’è?”
“medécine”
“forse sarebbe meglio del ghiaccio”
 “mais bien sûr et du champagne” lo canzonò lei ridendo, una risata limpida che rivelava due fossette sulle guance, nell’assurdità della situazione anche Albert accennò un sorriso, da quando aveva lasciato l’America il suono di una risata era un ricordo lontano.
“fame?”
Albert annuì, il suo ultimo passo risaliva ancora alla traversata sull’Olimpic, riuscì ad allentare la tensione pensando che forse quella ragazza avrebbe a breve imparato a fidarsi comprendendo la premura che Albert aveva di raggiungere Etaples.
“somigli un po’ a una persona” disse “una ragazza che sono venuto a cercare e che si trova a Etaples”
Per tutta risposta la giovane si alzò di scatto ed il viso di Albert finì contro il pavimento, “io somiglio nessuno!”
“già...” bofonchiò lui “colpa mia” risollevò appena il viso e la vide dargli le spalle “posso chiederti di aiutarmi a mettermi seduto o vuoi tenermi tutto il tempo sul pavimento?” lei non rispose ma con la stessa rapidità usata precedentemente lo aiutò a girarsi e a mettersi seduto con la schiena al muro, “come ti ho detto non voglio farti del male, credi sia necessario tenermi legato in questo modo?”
“oui!”
Ad Albert non rimase che sospirare esasperato “posso chiedere almeno il tuo nome?”
“no”
“Io mi chiamo Albert ad ogni modo, William Albert Andrew. Sono nato a Chicago quasi ventotto anni fa, da sempre la mia famiglia vive in una località chiamata Lake Wood, un posto molto bello tipicamente coloniale…”
“ho chiesto storia tua vita!?”
“mi andava di fare conversazione dato che in qualche modo, pare, tu mi abbia salvato la vita e quindi volevo semplicemente presentarmi come si conviene”
“enchanté” ribatté lei con sarcasmo
“perché mi hai salvato?”
La vide irrigidirsi, la seguì con lo sguardo avvicinarsi alla stufa e alzare il coperchio del pentolone, con gesti meccanici e abituali immerse il mestolo di legno nella zuppa densa per poi versarlo in un piatto fondo di ceramica azzurra dal bordo sbeccato. Gli si riavvicinò sedendosi sulle ginocchia, il piatto fumante tra le mani, non lo guardava e rimescolava con un cucchiaio il liquido chiaro. “Mi sleghi per mangiare?” e di tutta risposta si ritrovò il cucchiaio davanti alla bocca, gli scappò un sorriso poiché l’ultima volta che era stato imboccato aveva tre anni con davanti il contrariato faccione di Zia Elroy ad intimargli di mangiare. “Soupe à l’oignon” disse lei stavolta guardandolo dritto negli occhi ed Albert poté notare quanto il colore fosse particolare, simile al vetro scuro di una bottiglia colpita dalla luce “va bene mi piacciono le cipolle, grazie” prese una prima cucchiaiata e sentì lo stomaco aprirsi, la fame era impellente e dovette trattenersi per non ingurgitare ogni cucchiaiata con un’avidità che solitamente non gli apparteneva. “i tuoi occhi sembravano buoni” disse lei d’un tratto, “ma capelli e colore…potevi essere un autrichien…per questo colpito”
“la ferita sulla schiena?”
Lei scosse il capo “quella era già”
“sono stati gli austriaci?”
“…no…”
Albert la guardò senza capire “e allora chi?”
“gente ha fame e paura…se vedono soldato solo pensano sia nemico…magari ha dell’argent o mangiare…o solo sia cattivo…e allora…” pose il cucchiaio sul fondo del piatto ormai vuoto “mangi veloce américan”
“ tu mi hai portato qui?”
“quando loro allontanati tu ancora vivo…io dato colpo e con amico portato qui”
Albert parve riflettere “capisco…purtroppo non ricordo davvero nulla”
“se tu fossi stato autrichien io ucciso, anche se occhi buoni” si alzò in piedi infastidita ponendo il piatto in una tinozza d’acqua calda.
“forse non sono cattivi, tanti di loro sono ragazzi giovani, troppo giovani che combattono in una guerra senza senso e muoiono a loro volta senza senso”
La giovane battè ambo la mani sulla superficie in pietra del lavabo “loro uccidono mia gente, fanno cose che…” scosse la testa come a cacciare un ricordo orribile “non importa cosa tu dici, io odio”
“tutti gli uomini fanno cose orribili pur troppo” mormorò Albert, ricordava quello che aveva visto sul Carso ed era ben conscio di quello che avrebbe visto una volta uscito dalle mura di pietra grezza che ora lo custodivano.
“tu fatto cose orribili?” lei si voltò a guardarlo fulminandolo con quegli occhi incredibili
“no ma…”
“e allora no parlare” gli diede nuovamente le spalle ed Albert poté notare l’alzarsi e abbassarsi delle spalle al ritmo di un respiro affannato e tensivo, stava parlando con una persona di cui non sapeva nulla, non sapeva quali intenzioni avesse, tenerlo prigioniero? Liberarlo? Darlo come scambio per qualche altro prigioniero? Le ipotesi erano innumerevoli e non si sentiva di poterne scartare alcuna.
“dormirò un po’ se non ti dispiace…sono stanco e dolorante come puoi immaginare”
“bien…”
Albert adagiò meglio la nuca contro la pietra fredda, sapeva che non avrebbe dormito, doveva pensare ad un modo per liberarsi, un modo per raggiungere Etaples. Non vedendolo tornare probabilmente il resto del battaglione si era già diretto a Boulogne sur Mer ed era impensabile riuscire a raggiungerli, ci sarebbe voluto troppo tempo e ad ogni ora che passava Albert non faceva che chiedersi come Candy stesse, cercava di allontanare il pensiero che potesse essere in pericolo, ferita o peggio. Lasciò vagare lo sguardo per la stanza, studiandola per poter capire in che modo riuscire a scappare.
La giovane dai capelli ramati finì di rassettare e si diresse alla porta, uno spiraglio di luce viva pomeridiana si intravedeva non appena aperto l’uscio, fuori il chiocciare di qualche gallina, uno scorcio di verde, la ragazza coprì la tasta con un fazzoletto color pervinca, “Eugénie” disse poco prima di uscire, “Je m’appelle Eugénie”
“è il tuo vero nome?”
“Peut-être*”
Albert accennò un sorriso “grazie Eugénie”
Lei annuì distrattamente ed uscì.
 
 
****
 
Elroy fissava George, stringendosi nervosamente le mani al petto e con occhi che avrebbero potuto incenerire tanto erano contrastanti sentimenti che come mareggiate si agitavano nell’anima della matriarca della famiglia Andrew.
“Non è tollerabile” disse con voce colma di risentimento, i capelli solitamente impeccabili sfuggivano alla salda tenuta dello chignon e i cerchi neri sotto gli occhi stanchi la facevano sembrare una creatura millenaria “vi presentate qui e osate dirmi che da giorni non avete alcuna notizia di William, non sapete nemmeno se sia vivo!”
George chinò il capo, nemmeno lui riusciva a capacitarsi di non riuscire a ritrovare il proprio padrone, per la prima volta si sentiva come un padre in pena per il proprio figlio e impotente davanti agli eventi troppo grandi della Storia. “Come vi dicevo ma’am abbiamo notizia certa che si fosse imbarcato sull’Olimpic per raggiungere il porto di Le Havre, ma poi la nave è stata colpita di striscio da un Uboot e costretta a riparare in una baia di cui ad oggi non sono giunte notizie certe, una parte dell’equipaggio è deceduta mentre altri devono aver raggiunto la terra ferma e…” Elroy alzò di scatto una mano “basta così non andate oltre, il mio William…il mio adorato William…” si alzò di scatto dalla grande poltrona che troneggiava al centro della stanza “ quella sciagurata…quella sciagurata orfana è stata una disgrazia per questa famiglia! Non le è bastato portarmi via Antony e Alistear…no ora anche il sangue di William ha reclamato!”
“Madame Elroy vi prego calmatevi”
“Calmarmi?! Non osate dirmi di calmarmi George! Butterei per aria il mondo in questo momento, non capite…non capite la rabbia ed il dolore che ho dentro”
“Non voglio siate così funesta, William è un ragazzo assennato, conosce il mondo molto bene, ha già affrontato situazioni simili ed io sono certo sia vivo”
“certo che William è vivo!” asserì Elroy “non permetterò ne ai maledetti mangia crauti ne tanto meno a quella sgualdrinella senza origine di portarmelo via, dovessi andarci io in guerra!” il respirò le si affannò e George l’aiutò a risedersi “respirate ma’am, alterarvi a questo modo mina soltanto la vostra salute”
“al diavolo la salute! Sarò ben contenta di lasciare questo mondo non appena il mio William sarà tornato a casa ad occupare il posto che gli spetta” sorseggiò un bicchiere d’acqua e limone che un valletto portò prontamente su di un vassoio decorato “ma dobbiamo trovarlo George, avete uomini fidati in Inghilterra? Non baderò a spese per recuperalo”
“partirò io stesso Ma’am, anche se la situazione in Europa è molto difficile conto su delle amicizia fidate, uomini di sua maestà che sapranno certamente aiutarci.”
Elroy parve riflettere, si portò una mano al petto come a voler tranquillizzare il respiro “se partiste anche voi George temo che Archibald potrebbe sentirsi in difficoltà, la nostra famiglia sta trattando affari troppo importanti e per quanto mio nipote si stia rivelando una mente brillante la sua inesperienza e le insidie di quella falsa figlia dei Brighton potrebbero metterci in seria difficoltà. Posso supportare Archibald ma non posso lasciargli accanto un posto vacante in questo momento…” si premette ambo le mani sulla fronte come se una miglior soluzione potesse uscirne “è un problema…un serio problema. Devo pensare a William e al contempo alla tenuta di questa famiglia, ho combattuto tutta la vita per questo e specie oggi giorno basta un passo falso perché le fondamenta possano vacillare. Non posso ancora fare a meno di te qui George, ecco perché manderai avanti Sam, so che ti fidi di lui come di te stesso ed ha già recuperato William in Italia in passato. Contatterò oggi stesso il sig. Flanagan, ha un debito di riconoscenza nei miei riguardi e auspico che trovi quanto prima uno dei suoi piroscafi per condurre Sam in Inghilterra. Voglio un rapporto giornaliero George, voglio seguire la questione come se io stessa mi trovassi laggiù.”
“Come volete ma’am…ma suggerirei comunque di farmi raggiungere a mia volta l’Inghilterra”
“A tempo debito George, voglio seguiate strettamente Archibald nell’affare silver railway e sulle piantagioni Callagan. Quando il tutto sarà andato in porto partirete immediatamente per l’Inghilterra.”
George tentò di reprimere la propria titubanza, avrebbe voluto seguire la questione personalmente da subito ma conosceva bene le irreprensibili decisioni di Elroy Andrew.
“Quando uscite dite al maggiordomo di mandare a chiamare mia nipote ho urgenza di parlarle”
George annuì e dopo un breve inchino di saluto lasciò la stanza. Quel primo momento di solitudine con i propri pensieri fu terribile per Elroy, si affidò alla preghiera ma troppa era la rabbia che ancora l’animava, “tento di pregarti Vergine Santissima, non so perché tu abbia deciso di punirmi con tanta ferocia, hai già preso tre dei miei adorati nipoti…la mia Rosemary, Antony e Alistear…hai mandato nella nostra vita quel demonio ingrato che così tanto ha compromesso il buon nome di questa famiglia…perché mai? Quale punizione devo espiare? Non merito tutto questo! Fa tornare a casa il mio adorato William ti prego…non puoi…non puoi togliermi anche lui” si portò ambo le mani al viso non riuscendo a trattenere le lacrime, con un singhiozzo mal represso asciugò rabbiosamente gli occhi, non avrebbe permesso a nessuno di vederla piangere, nessuno avrebbe mai saputo che Elroy Andrew poteva cedere e piegarsi al destino, non avrebbe dato la soddisfazione ai tanti che speravano di vederla capitolare. Impartì ad un valletto di portargli una tisana calmante, di aprire tutte le tende della stanza e di far entrare luce, per l’arrivo di sua nipote il tè avrebbe dovuto essere pronto e alla perfetta temperatura, e con esso le tortine di meringa di cui Iriza andava ghiotta.
 
La carrozza dei Legan si fermò sotto l’imponente ingresso di Villa Andrew, Iriza scese velocemente rischiando di inciampare sulla scaletta, non capiva perché la zia avesse richiesto di vederla con tanta urgenza ma temeva che il motivo dovesse essere indubbiamente Archiebald. Rizzò la schiena rallentò il passo, non voleva certo mostrarsi agitata, lisciò con le mani la gonna color crema e ravvivò i capelli che morbidi le ricadevano sulle spalle. Il maggiordomo l’accompagnò in uno dei salotti preferiti di Elroy, quello che dava sul roseto di Antony, le tende erano spalancate e la stanza inondata di sole. Elory aveva il volto rivolto alla finestra, picchiettava nervosamente le dita sui braccioli imbottiti della sua poltrona prediletta, poiché era convinta fosse appartenuta a Martha Washington, anche se con più probabilità era un retaggio di qualche casa coloniale del Sud. Irizia le si avvicinò con passo cadenzato, “è un meraviglioso pomeriggio” esordi andando a baciare la guancia ruvida della matriarca. Elroy annuì ma non ricambiò l’entusiasmo, le lanciò una veloce occhiata prima di scuotere il capo leggermente con una sorta di disapprovazione “Iriza non sei più un’adolescente, alla tua età i capelli vanno raccolti, tua madre non ha ancora ritenuto il caso di ribardirtelo?!” disse pungente lasciando spiazzata la nipote che non era per nulla abituata ai rimproveri della zia. Ingoiò il rospo e sforzò un sorriso “hai ragione zia, ho peccato di vanità lo confesso. Ti prometto che da domani non avrai più di che rimproverarmi.”
“Lo spero bene.”
“Posso sedermi?”
“naturalmente, il tè sarà servito a momenti e noi abbiamo molte cose di cui discutere.”
Iriza sedette di fronte ad Elroy, faticava a nascondere un certo turbamento, la donna infatti sembrava più burbera e scontrosa del solito, un comportamento che solitamente avrebbe di certo riservato a Candice o Annie, ma non a lei e questo la metteva in allarme.
“c’è qualcosa che ti turba zia?”
Elroy sospirò “non ci girerò molto intorno, la situazione è delicata. William risulta disperso, non ho più avuto nemmeno più notizie di quella buona annulla che porta impropriamente il nostro cognome e come se non bastasse ci sono affari importanti che richiedono la massima attenzione.”
Iriza cerò di metabolizzare velocemente il tutto, con la scomparsa di William non rimaneva che Archie in lizza per amministrare tutto l’ingente patrimonio degli Andrew.
“Immagino la tua preoccupazione…povero William catapultato in quell’inferno” simulò una voce di sentita preoccupazione ed Elroy parve rabbonirsi, “perdonami mia cara non volevo rattristare anche te, ma ho piena fiducia che William ritornerà a casa, ha la tempra di un vero Andrew e non ho dubbi che sopravviverà a quella follia che sta accadendo in Europa. Nel frattempo però noi dobbiamo assicurarci che tutti gli affari della famiglia vadano nel migliore dei modi, in tutta onestà speravo di avere da te notizie positive riguardo ad Archie”
Irizia deglutì nervosamente e fu lieta quando il maggiordomo servì il tè, poteva nascondere la propria frustrazioni dietro le bordature dorate della tazza di porcellana “è molto occupato in questo periodo si sta dando un gran da fare” scandì con entusiasmo fittizio, “abbiamo avuto una piacevole conversazione alla festa di beneficenza a Chicago l’ultima volta”
Elroy si rabbuiò “la festa a Chicago è stata più di dieci giorni fa”
“davvero?” Irizia parve sorpresa “pensavo molto meno…cielo il tempo vola” avvertì le guance avvampare
“Iriza mi stai dicendo che da allora tu ed Archie non avete più avuto modo di vedervi!?”
“Come ti ho detto è molto impegnato”
“le vostre tenute sono confinanti mi vuoi far credere di non aver trovato nessuna buona scusa per…” si fermò bruscamente affannata dalla propria disapprovazione.
“ti giuro che mi sto impegnando zia…ma…quella Brighton è come una pianta infestante difficile da sradicare, quando Archie mi parla non fa che tormentarsi come il patetico personaggio di un romanzetto per fanciulle e…” si tappò la bocca di colpo rendendosi conto di quanto appena detto “cioè io…non volevo dire…insomma”
Elroy sembrò non essersela presa a male “non posso rimproverarti per questo commento, pare che quando si tratta di quelle poco di buono della Casa di Pony i miei nipoti perdano ogni barlume di senno. Non perdonerò mai a tuo padre quella folle adozione così come non lo perdonerò a quegli ingrati dei Brighton! La mia generosità ha offuscato la mia capacità di giudizio e ne stiamo pagando serie conseguenze tutti quanti!”
Irizia vide l’occasione per riscattarsi, si avvicinò alla donna prendendole la mano tra le sue “oh zia mi fa così male vederti così, tu non hai nulla di che rimproverarti, sei stata così buona e generosa sia con Candy che con Annie, tutti lo siamo stati nella più totale buona fede, come potevamo immaginare che avrebbero portato tanto tremendo scompiglio nelle nostre vite. Talvolta non sempre le buone azioni vengono ripagate nel giusto modo”
“mia cara nipote sei il solo conforto che mi è rimasto in tutta questa tragica desolazione” Elroy la guardò con improvvisa aspettativa “devi impegnarti il più possibile per far dimenticare ad Archibald quell’orfana! Voglio festeggiare in fidanzamento per la prossima primavera e voglio che sul tuo dito ci sia un anello che sancirà ciò che più desidero, la preservazione della nostra amata famiglia”
“zia Elroy non so se sono degna di…”
“sciocchezze! Sei una Legan e tutti nell’alta società ammirerebbero e temerebbero un così perfetto connubio tra due membri di una famiglia importante quale è la nostra. Non devi fallire Irizia, non ti permetterò di fallire!”
“ma…” Irizia provò un vago senso di timore e vertigine
“niente ma! Tanto per cominciare accompagnerai Archie a Cincinnati per il suo prossimo viaggio di lavoro”
“…è un viaggio piuttosto lungo…”
“appunto”
La giovane Legan non sapeva più come ribattere, fissò lo sguardo sul fondo della tazzina e per la prima volta realizzò che quello di Elroy era diventato un obbiettivo di vitale importanza per lei, si ritrovò tuttavia a domandare a sé stessa se anche per lei aveva la stessa importanza.
 
  
Leggi le 3 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Anime & Manga > Candy Candy / Vai alla pagina dell'autore: acchiappanuvole