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Autore: Abby_da_Edoras    06/10/2023    3 recensioni
È buffo scrivere in un fandom in cui praticamente nessuno ha mai scritto o letto, ma io questa storia me la porto dietro da più di vent'anni, da quando vidi il film la prima volta, e anche a distanza di tanto tempo, per quanto assurda e impossibile sia, ci credo e ci sogno, tanto che adesso posso finalmente anche metterla in ordine e pubblicarla (e finire alla neurodeliri definitivamente!). Dunque, io sono quella che nelle ff salva tutti i personaggi e si inventa le ships più improbabili, no? Ed ero così anche vent'anni e più fa, per cui ecco a voi la mia follia: il soldato tedesco che Miller decide di liberare (e che qui ha un nome e una storia) non è un ingrato, bensì lo ritroveremo a Ramelle e arriverà in tempo per salvare Mellish! Quindi Miller e i suoi decideranno di prenderlo sotto la loro protezione e... e lui pian piano inizierà a provare qualcosa proprio per Mellish, il soldatino che ha salvato.
Non scrivo a scopo di lucro e personaggi e situazioni appartengono a registi, autori e produttori del film Salvate il soldato Ryan.
Genere: Angst, Drammatico, Hurt/Comfort | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash
Note: AU, Movieverse, What if? | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Cap. 20: My curse is my redemption

 

I'm on my way
The way from unforgiving hell, but still, it stays
My never ending farewell for thousand memories
I still can feel the reflection a thousand times
My curse is my redemption

Only a stranger (only a stranger)
In a world that is strange to me
Oh, I wish I'd understand
I try to run away from here
So I can rise above the blackened skies to forgotten lands

I'm on my way
The way from unforgiving hell, but still, it stays
My never ending farewell for thousand memories
I still can feel the reflection a thousand times
My curse is my redemption!

(“My curse is my redemption” – Xandria)

 

Mellish e Saltzmann ritornarono nella loro stanza ma, mentre il tedesco era euforico e sperava di riprendere dal punto in cui si era dovuto interrompere, il giovane americano continuava a sembrare combattuto e indeciso, anche adesso che una decisione l’aveva presa. A parte le battute, Reiben non aveva tutti i torti e lui aveva davvero difficoltà a fare una scelta precisa, per questo aveva cambiato idea così velocemente. A quel punto era chiaro che non sarebbe andato a Treviri e che sarebbe rimasto al Quartier Generale dello SCHAEF con Saltzmann, cercando di rendersi comunque utile come poteva. Non avrebbe cambiato idea per l’ennesima volta, però sentiva che sarebbe stata dura veder partire i suoi compagni… e non andare con loro. Il Capitano Miller era diventato più di un padre, per lui, e gli altri compagni erano la sua vera famiglia, quelli con cui aveva condiviso tutto nell’ultimo anno, l’addestramento e poi l’esperienza traumatica dello Sbarco in Normandia e la perdita di Caparzo e tanti altri episodi. Come avrebbe fatto a separarsi da loro? Come si sarebbe sentito senza Upham, Wade, Jackson, Reiben? In quei mesi devastanti e terribili erano stati sempre insieme e avevano affrontato tutto insieme. Adesso loro sarebbero andati in Germania, forse avrebbero rischiato la vita, e lui non sarebbe stato accanto ai suoi amici, i suoi fratelli, quelli che considerava più vicini dei suoi stessi familiari.

In camera, Mellish iniziò silenziosamente a riporre le borse e quello che aveva tirato fuori dai cassetti per preparare i bagagli. Non ne aveva più bisogno e non sapeva se esserne contento o no.

Saltzmann si accorse che il ragazzo stava nuovamente passando un brutto quarto d’ora, così aspettò che avesse finito di mettere a posto le sue cose e liberato il letto, poi si sedette con lui sul materasso, passandogli un braccio attorno alle spalle.

“Stan, io vedo che tu non felice. Cosa succede? Tu pentito di avere scelto di restare per me?” gli domandò, senza prendersela. Ormai sapeva che il giovane che amava era tormentato e combattuto e, anzi, lo amava anche per quello, gli faceva tenerezza quella sua indecisione da ragazzino.

“No, no, non devi pensare questo” rispose Mellish. “Davvero, non è per te, anzi, ti ho detto che non avrei potuto fare diversamente, che non posso rinunciare a te. Il problema è che… è che non riesco a rinunciare neanche ai miei compagni, ecco!”

“Quindi adesso tu volere partire con loro? Per me tutto va bene, Stan, per me basta essere insieme” gli disse dolcemente l’uomo, stringendolo a sé.

“No, no, ormai ho deciso, noi restiamo qui” ribadì Mellish. “Solo che non riesco a separarmi dai miei amici a cuor leggero e… beh, probabilmente nei prossimi giorni potrò essere anche più antipatico del solito, nervoso, brusco, ma sarà perché loro mi mancheranno e perché sarò preoccupato. Te lo dico fin d’ora, tu sei sempre buono e paziente con me, ma mi sa che io diventerò insopportabile.”

Saltzmann sorrise intenerito e si sentì ancora più felice: non era stato facile per Mellish scegliere lui invece dei suoi compagni, era stata una decisione difficile e sofferta e sicuramente il ragazzo ne avrebbe risentito nei giorni successivi, ma era anche un segno ancora più grande del suo amore per lui. Il tedesco non poteva capire fino in fondo il legame di Mellish con i suoi compagni perché tra lui e i commilitoni non c’era mai stato niente del genere: prima di tutto perché lui era stato costretto ad andare in guerra e quindi per molto tempo aveva fatto solo quello che gli ordinavano, senza mai scambiare una parola con gli altri soldati; poi perché i soldati che aveva conosciuto erano o fanatici nazisti, con i quali non voleva avere niente a che fare, o altri disgraziati come lui che facevano il loro dovere per forza e non avevano voglia di stringere amicizia. Tuttavia, sebbene non lo avesse sperimentato personalmente, comprendeva quanto il giovane americano si fosse invece affezionato ai suoi compagni e al suo Capitano, addirittura più che ai suoi familiari, e di conseguenza quanto soffrisse all’idea di lasciarli andare in Germania senza di lui, correndo comunque dei rischi. Perciò la sua scelta di restare con lui assumeva ancora più valore, Mellish non gli aveva mai detto ti amo, ma a quel punto non ce n’era bisogno, perché era chiaro che il sentimento che provava per lui era addirittura più profondo di quello che lo legava ai suoi amici.

E c’era anche un’altra ragione per la quale Saltzmann era felice che, alla fine, Mellish avesse deciso di restare al Quartier Generale. Sì, certo, lui lo avrebbe seguito dovunque, ma l’idea che il suo ragazzo si trovasse di nuovo al fronte lo spaventava, anche se il compito suo e della Compagnia Charlie non sarebbe stato quello di combattere ma di assistere le truppe e curare i feriti. Era tutto molto bello, ma era anche vero che in Germania c’era ancora la guerra e sarebbe potuto accadere qualcosa di terribile, magari qualche soldato tedesco poteva riuscire a infiltrarsi nelle linee Alleate e… e Josef non poteva dimenticare quello che aveva visto quando aveva salvato Mellish. Anzi, ancora peggio, se Mellish si fosse trovato a dover affrontare nuovamente un combattimento corpo a corpo con un nemico, allora sarebbe stato costretto a ricordare il dolore, l’orrore della baionetta che lo trafiggeva lentamente, e avrebbe potuto bloccarsi per lo shock. Senza contare che, molto probabilmente, la baionetta era riuscita a scalfire leggermente il suo cuore e avrebbe potuto causargli complicazioni, era comunque una piccola cicatrice sul cuore, mica scherzi!

Abbracciò più stretto il suo soldatino e gli accarezzò il viso e i capelli.

“Tu non preoccupare” gli sussurrò, “io capire tuo affetto per tuoi amici e tua paura per loro. Io felice di stare qui con te e anche accettare momenti che tu nervoso o arrabbiato, per me va bene, io contento di essere insieme e che tu al sicuro, niente pericoli.”

“Non avrei combattuto, comunque, il mio compito sarebbe stato organizzare i rifornimenti alle truppe e aiutare i feriti, come farò anche qui e come spero che faranno anche i miei compagni” obiettò il ragazzo. “Teoricamente non ci sarebbe stato pericolo…”

“Questa è cosa vera, ma per te… vedi, Stan, tu ora dovere essere attento a tua salute, tu non più come prima, più debole, infatti anche qui tu non dovere stancare troppo per tuoi impegni” non poté evitare di dire Saltzmann.

Mellish si staccò dal suo abbraccio e lo fissò con i profondi occhi scuri, l’aria improvvisamente seria.

“Di che parli? Io sto bene e posso fare tutto quello che fanno gli altri, sono sempre un soldato, un Ranger” replicò.

Il tedesco cercò di stringerlo di nuovo a sé. Sapeva quanto Mellish detestasse anche solo sfiorare l’argomento, ma prima o poi avrebbe dovuto affrontarlo, non aveva scelta.

“Certo, Stan, ma io parlato con tuo amico dottore Wade e anche lui detto che baionetta lasciato cicatrice su tuo cuore, non troppo grave ma…”

“Smettila! Non è vero! Tu non sai niente e non lo sa neanche Wade, lui non era là! Tu hai sparato al soldato SS mentre mi stava accoltellando, è vero, ma la baionetta è entrata pochissimo nel mio petto, forse solo un centimetro o due, e di certo non è mai arrivata al cuore! Io sto bene e tu devi smetterla di dire queste cose!” gridò il giovane, preso all’improvviso dal panico e dall’angoscia. Ogni volta che qualcuno menzionava quel combattimento corpo a corpo e il momento in cui il tedesco aveva iniziato a trafiggerlo con la baionetta, Mellish ritornava lì, in quel luogo, in quell’istante, sentiva la voce del soldato che gli diceva di stare calmo e le sue suppliche disperate perché lo risparmiasse, gli ansiti, i respiri spezzati… e quel dolore acutissimo, straziante e devastante quando l’arma gli aveva raggiunto il cuore, scalfendolo con la punta. Cercò di allontanarsi da Saltzmann, ma il tedesco non glielo permise, anzi lo abbracciò più stretto facendogli sentire il calore protettivo del suo abbraccio e parlandogli con tenerezza.

“Va bene, va bene, Stan, ora tu non pronto a parlare di questa cosa. Io capisco, questo è momento difficile per te. Sappiamo tu dovere ricordare prima o poi, ma non adesso se tu non pronto e io sono con te sempre per questo” sussurrò, baciandogli la fronte e le guance morbide. “Calmo ora, io non insistere, parleremo quando tu pronto, ora tu tranquillo, mio Stan, liebling*, amo tanto te, voglio te felice…”

Lo baciò piano, con dolcezza, su tutto il volto e poi sulla bocca morbida, sentendo il calore pervadergli il sangue; lo distese sul letto ancora una volta in mezzo a bagagli disfatti e biancheria in disordine, baciandolo ancora e ancora, respirando l’odore della sua pelle, facendo scorrere le dita fra i suoi capelli, premendo il corpo contro quello di lui. Gli sollevò la maglietta, gli slacciò i pantaloni, si liberò dei propri abiti e finalmente poté sentire il contatto con il ragazzo, pelle contro pelle; iniziò ad accarezzarlo piano, insinuando le mani ovunque per godere di quel corpo tenero e giovane, di quella pelle liscia e morbida. Lo strinse di più a sé finché ogni centimetro del suo corpo fu premuto contro quello di lui e lo baciò più profondamente e languidamente, perdendosi nel suo sapore, nella sensazione che provava quando riusciva a raggiungere il massimo dell’intimità con il suo Stan. Infine si insinuò dentro di lui e ancora una volta vi si perse, totalmente e completamente. Sentì il giovane americano emettere suoni dolci e disperati dal profondo della gola e questo lo eccitò ancora di più, i baci divennero più profondi e il calore tra loro si fece più esplosivo, devastante, quasi selvaggio. Gli attimi divennero eternità mentre i loro corpi si avvolgevano insieme e diventavano una cosa sola, a lungo, più a lungo che mai, il tempo non aveva più significato e si dilatava all’infinito. Il bisogno e il desiderio erano così travolgenti da consumarli, l’amplesso si prolungò all’infinito e solo alla fine giunsero all’apice, con onde di amore, tenerezza, dolcezza, piacere e calore che li assalirono e li svuotarono di tutto il resto, mentre Mellish soffocava i singulti e gli ansiti contro il petto di Saltzmann. Inebriati e disfatti dal potere puro e sconvolgente delle loro emozioni e del loro amore, Josef e Mellish rimasero abbracciati anche dopo, stretti l’uno all’altro, incollati, anche perché Mellish gli era praticamente collassato tra le braccia e pareva incapace di muoversi. Erano abbracciati nel caldo appagamento dopo l’amore, nella pace e nella gioia, sentendosi infinitamente bene, completi, vicini, indivisibili.

Mellish aveva perso ogni appiglio con la realtà mentre faceva l’amore con Josef, e ora stava lentamente riprendendo coscienza del mondo attorno a sé. Nella poca lucidità riacquistata si rese però conto che tutto quello che lo straziava e che lo spaventava, la preoccupazione per i compagni che sarebbero andati in Germania e anche il dolore che gli trafiggeva il cuore ogni volta che tentava di ricordare quello che era successo con il soldato SS e la baionetta, tutto ciò che era negativo e doloroso scompariva quando era con Saltzmann. Tutto sembrava facile e possibile, persino riuscire, prima o poi, ad accettare quei ricordi terribili, affrontare l’orrore e finalmente superarlo. Era qualcosa che non aveva mai provato prima e che non credeva neanche potesse esistere, quindi… forse era vero? Forse anche lui amava quell’uomo, quel tedesco che lo aveva salvato e che lo faceva sempre sentire così bene?

“Josef, io…” iniziò a dire, con la voce ancora rotta e incerta, “sì, prima o poi credo che dovremo parlare anche di quella cosa, non sono ancora pronto ma sento che, con te, un giorno ci riuscirò. E credo… ecco, mi sembra che forse anch’io mi sto innamorando di te, sul serio.”

Il cuore di Saltzmann si riempì improvvisamente di una gioia profonda, meravigliosa e inesprimibile. Sì, lui aveva capito da tempo che Mellish, nonostante il suo carattere, la sua giovane età e le sue insicurezze, in fondo lo amava senza rendersene conto, ma adesso glielo aveva praticamente detto, gli aveva detto che lo amava, magari in un modo un po’ indiretto e strano, ma glielo aveva detto!

Gli prese il volto tra le mani, lo guardò per un attimo negli occhioni scuri e si perse in quella profondità, poi lo baciò ancora e ancora, si godette le sue labbra rosee e piene, la sensazione dell’unione delle loro bocche e dei loro respiri, ed era tutto perfetto e splendido.

“Mio Stan, mio Stan, io amo tanto te, e tu ami me, e questa è cosa bellissima” mormorò tra un bacio e l’altro. “Io e te insieme per sempre, io e te ci amiamo, io e te come coppia di sposi!”

L’entusiasmo di Josef era così veemente che tracimò, e i baci divennero più appassionati, il desiderio lo assalì di nuovo, ancora una volta si perse dentro Mellish e sperò di liquefarsi in lui, nella morbidezza del suo corpo, di dissolversi nel piacere dei loro corpi uniti, inebriato e travolto da onde di piacere e gentilezza e dolcezza infinite, sempre più eccitato dai gemiti sconvolti e teneri del giovane, fino a ritrovarsi entrambi al culmine dell’estasi, i corpi sempre incollati e appagati, il mondo reale dimenticato e disperso nelle profondità dell’oblio.

Sembrava proprio, insomma, che ormai Saltzmann e Mellish fossero diventati una coppia di innamorati a tutti gli effetti e che, insieme, avrebbero potuto superare qualsiasi problema e difficoltà con la forza del vero amore!

Fine capitolo ventesimo

 

 

 

* Espressione per dire “caro”, “tesoro mio” in tedesco.

 

 

   
 
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