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Autore: Doctor Nowhere    06/10/2023    1 recensioni
Uro è un minotauro che si è votato a Nemesi, dea della vendetta, per portare giustizia dovunque lo porti la sua strada.
Un giorno, in una taverna, incontra Amalia, una vecchia barda, che gli propone di accompagnarla in un'importante missione, per salvare una povera donna incapace di trovare conforto e riposo persino nella morte...
Genere: Avventura, Azione, Fantasy | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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L’ampia strada si estendeva sia verso destra che verso sinistra, ma già dopo pochi passi si perdeva nella boscaglia. Uro roteò la spada fiammeggiante. Dove potevano essere scappati?

Il nano dai capelli rossi stava sempre sulla sua botte. Il minotauro gli si avvicinò: “Ehi. I tre che sono appena usciti. Dove sono andati?”

Quello si tolse la pipa di bocca e sbuffò un refolo di fumo.

“Sono tre” ripeté Uro: “Uno grosso, un tipo con la benda sull’occhio e un goblin. Da che parte sono andati?”

Il nano si passò la lingua sui baffi e sputò per terra: “E perché dovrei dirtelo?”

“Sono banditi. Devo impedire che facciano del male a qualcuno. Sono un Cavaliere e sacerdote di Nemesi!”

Il nano tirò su il mento: “Cavaliere di che?”

Il minotauro strinse i pugni: “Nemesi. Dea della vendetta. Colei che mai ignora il sangue versato, colei che dà a ciascuno ciò che si merita!”

“Mai sentita” il rosso alzò la tesa del cappello di paglia e sollevò lo sguardo sul minotauro: “Lo sai che la tua spada sta andando a fuoco, sì?”
“Oh, vattene ai corvi” disse a mezza voce Uro. Si chinò per terra e fiutò. Troppi odori diversi per farsi un’idea precisa. Però non potevano essere andati lontano, non con il piede frantumato di David.

“Ah. Un Cavaliere di Nemesi, dunque” gli giunse da dietro la voce della donna: “Avrei dovuto riconoscere la boria e la più totale incapacità di farsi i fatti propri.”

Uro si tirò in piedi: “Se manca dell’oro, o lo hanno intascato quei furfanti o è sparso sul pavimento.”

“Non è questo il punto.”

Il Cavaliere alzò gli occhi al cielo e si voltò.

La donna stava appoggiata alla porta, con le braccia conserte e la fronte corrugata. Dai suoi abiti pendevano una dozzina di sacchetti e scarselle. Al lato della cinta pendeva la balestra. Portava qualcosa a tracolla, sulla schiena. “Ora, grazie a te, dovrò affrontare un pericoloso viaggio da sola.”

Uro picchiettò il terreno con lo zoccolo. Ma qual era il suo problema? “Meglio sola che con quei criminali. Se non ti è chiaro, volevano ucciderti.”

La donna affondò la fronte nella mano: “Uccidermi. Quei tre.” emise una risatina, poi scosse la testa: “Ma mi sembra che abbiamo cominciato col piede sbagliato, noi due. Proviamo a ripartire: io mi chiamo Amalia, dell’Impero Saturniano.”

Uro alzò le spalle: “Buon per te”

La vecchia sollevò un sopracciglio: “Sarebbe buona educazione presentarsi, quando una signora rivela il suo nome”

Il minotauro sbuffò “Uro. Sai già da dove vengo, mi pare.”

“Uro” mormorò lei. Si soffermò sul suo volto taurino e sulle corna: “Appropriato. E dimmi, Uro… cosa ci fa un Cavaliere di Nemesi così lontano dai Regni di Cidonia?”

Il minotauro abbassò la lama. Le fiamme si spensero: “Non mi aspettavo che il nostro ordine fosse noto al di fuori della nostra terra.”

“Alla maggior parte della gente no” disse Amalia: “Ma io non sono la maggior parte della gente” si resse il mento con una mano, e col dito si picchiettò sulla guancia: “E dimmi… come mai una creatura tanto rara ha scelto di unirsi a un ordine minore? Scommetto che Ares e Poseidone avrebbero impiegato ben volentieri un minotauro nei loro ranghi… forte e senza cervello, proprio come piace a loro.”

Uro soffiò.

La donna inclinò la testa: “E che ci fai così lontano dalla tua terra, mi domando…”

Il minotauro strinse gli occhi: “Ma quante domande fai?”

La donna sorrise, un sorrisetto astuto e smaliziato: “Beh, basta che rispondi a questa: la tua missione, qualunque essa sia, ti permetterebbe di fare un piccolo ritardo, diciamo di un paio di settimane?”

Uro rinfoderò la spada e incrociò le braccia: “Dipende dal motivo del ritardo”

“Come ti ho detto, hai messo in fuga la mia scorta” disse Amalia: “E non sarà facile trovarne un’altra in questa zona. Non vorrai costringermi ad affrontare il viaggio da sola?”

“Bah” disse Uro “I Cavalieri di Nemesi non perdono il loro tempo andando a caccia di tesori. Il nostro compito…”

“È punire i malvagi, raddrizzare i torti e vendicare gli innocenti” cantilenò la donna: “Sì, ho avuto modo di apprendere il vostro codice d’onore”

Il minotauro le voltò le spalle: “E allora dovresti sapere che non puoi convincermi a seguirti nella tua spedizione comprandomi!”
Un altro risolino scaltro: “L’oro non ti interessa, lo so. Ma se ti dicessi che sono diretta a un posto dove è rinchiusa una povera donna incapace di trovare riposo persino nella morte?”

Il Cavaliere girò la testa e puntò uno dei suoi occhi verso la donna. Amalia fece scivolare la tracolla, e rivelò un liuto. Pizzicò le corde, dando vita a note un po' stridule, e rigirò i chiodi all’estremità dell’impugnatura. Si sedette sul legno, e iniziò a suonare una melodia triste.

Uro incrociò le braccia. Le note fluivano lente, era come se penetrassero nella sua pelle. Gli si strinse il cuore. Strizzò gli occhi e si scrollò tutto. Non si sarebbe certo fatto fregare da una musica da quattro soldi.

Amalia iniziò a cantare:

 

“Ancor risuona sconsolato pianto

Di lei che Disgrazia prese per mano

Di Klitandra la catastrofe canto

Che visse al tempo di Achis, gran sovrano…”

 

Il nano seduto sul barile singhiozzò. Uro si strofinò un occhio: “Basta così!”

La donna continuò a pizzicare le corde: “Che succede, Cavaliere? La storia non è ancora cominciata e già ti mette a disagio?”

“Niente affatto” disse Uro “È che… non riesco a capire niente, con la rima e tutto. Raccontala normalmente!”

Il rosso arricciò il naso e mugugnò: “Guastafeste!”

Amalia fece una smorfia: “Sia come vuoi. Non sarà altrettanto avvincente, ma il pubblico ha sempre ragione” sollevò le mani dal liuto: “Dunque, secondo la leggenda tutto è avvenuto all’incirca un secolo fa, al tempo di Achis, l’ultimo re di Ugsag.”

Uro si accarezzò il mento: “Ugsag…” ripeté. Era un nome che aveva già sentito, di sfuggita.

La cantastorie annuì: “È stato l’ultimo regno a governare la terra che calpestiamo in questo momento. Io sono diretta a quella che era la capitale” con l’indice disegnò dei cerchi nell’aria: “Ma ci arriveremo tra poco. Re Achis, mentre viaggiava con il suo corteo, udì una dolcissima voce che cantava in lontananza. Era un canto troppo bello per ignorarlo. Così abbandonò il suo seguito e si inoltrò nella foresta e lì incontrò…”

“La donna della leggenda.” mormorò Uro: “Kitandra.”

“Klitandra” corresse Amalia: “Ma esatto. Non appena la vide se ne innamorò perdutamente. E subito le chiese di sposarlo, anche se lei era una semplice popolana. Lei accettò, e tornarono alla sua corte. Ebbero anche un figlio, Nahor, e credettero di poter essere felici. Ma una cortigiana che per lungo tempo aveva sperato di poter sposare il re, folle per l’invidia, assassinò il sovrano e, per tormentare la donna che l’aveva surclassata, rinchiuse Klitandra in una prigione in cui nemmeno la morte potesse giungere a portarle sollievo.”

Uro sbuffò: “E come ci sarebbe riuscita?”

“A quanto dice il mito, la cortigiana era una seguace di uno dei Proibiti”

Il nano sputò per terra: “Ha! Ci avrei scommesso che c’entrava un Proibito!”

Uro si grattò la nuca.

“Eccerto” andò avanti imperterrito il rosso: “Dalle mie parti si dice che quando ti succede una disgrazia devi tirare una moneta. Se esce testa, è perché di mezzo ci sta uno di quei dei corrotti. Se invece esce croce, allora è solo scalogna.”

“Chi ti ha chiesto niente?” sbuffò Uro: “Lo sappiamo cosa sono i Proibiti”

Il nano incrociò le braccia, imbronciato: “Non si può neanche fare conversazione!”

Il minotauro scosse la testa: “Stavamo dicendo… Klitandra rinchiusa eccetera eccetera. E il figlio?”

Amalia si accarezzò una ciocca di capelli sfuggita alla sua coda: “Nahor? Ecco, la leggenda non dice molto di quello che gli è successo. Secondo alcune interpretazioni è morto, secondo altre è prigioniero insieme alla madre. Comunque, non è ancora finita.”

Suonò un’altra cascata di note, più lugubre. Un brivido corse lungo la schiena di Uro. Il minotauro strinse le labbra, per non mostrare il minimo segno di disagio.

“La cortigiana usurpò il trono di Achis, e governò il regno con crudeltà e malizia. La corruzione e l'empio culto dilagarono nella corte. Quando gli dei videro quello che stava accadendo, scagliarono una terribile maledizione sul palazzo. La malvagia donna fu trasformata in un mostro, affinché l’aspetto riflettesse la sua empia natura. Quanti avevano piegato il ginocchio davanti a lei furono spazzati via.

 

Il regno fu maledetto ed infranto

Ivi mai più cresceran vite o grano

E ancor risuona sconsolato pianto

Di lei che Disgrazia prese per mano”

 

“Brava!” il nano tirò su col naso e batté le mani: “Bis!”

Uro si concesse una risatina sarcastica: “E quale sarebbe la morale? Non innamorarti di un re altrimenti seguiranno rovina e distruzione?”

“Eh” Amalia allargò le braccia: “L’interpretazione del significato di storie annacquate da decenni di dicerie non è affar mio. Allora, Cavaliere di Nemesi, verrai con me o no? La povera Klitandra non troverà pace da sola, e se dovesse succedermi qualcosa lungo la via chissà quanto ci vorrà prima che qualcun altro decida di imbarcarsi in questa cerca…”

Uro spostò il peso da uno zoccolo all’altro: “Non mi hai ancora detto perché ci tieni tanto ad addentrarti in una foresta così pericolosa solo per scoprire se una vecchia storia è vera o no.”

La donna si portò una mano al collo e sollevò una collana nascosta sotto i vestiti “Non sei il solo a servire un dio, minotauro” la sganciò e la diede a Uro.

C’era un ciondolo, all’estremità, una medaglietta circolare. Era d’argento, e al centro vi era raffigurata una fiaccola che emanava raggi, sorretta da una mano.

Amalia sorrise: “Io appartengo al culto di Veritas, il Custode dei Segreti. Il nostro dio ci chiede di scandagliare il mondo in lungo e in largo per riportare alla luce le verità nascoste. Alcuni di noi studiano le leggi della natura, altri indagano sui crimini degli uomini. Io… raccolgo storie inquinate dal tempo e cerco di togliere il marciume. Allora, verrai con me o no?”

Veritas. Il minotauro aggrottò le ciglia. No, non gli diceva niente. Però aveva sentito che fuori da Cidonia venivano adorati dei totalmente diversi.

Restituì la medaglia: “Che razza di dio della verità ha bisogno dei suoi servitori per indagare?”

Amalia alzò le spalle: “Non lo so. Che razza di dea della vendetta ha bisogno dei suoi seguaci per somministrare la sua idea di giustizia?”

Uro soffiò. Era troppo brava con le parole, per i suoi gusti. Però per tutto il tempo in cui aveva parlato l’Occhio Indagatore non si era mai attivato. Quindi era sincera. E davvero poteva esserci una donna prigioniera da più di cento anni. Se non era un torto da riparare quello…

“E va bene, cantastorie” disse “Ci sto. Ma non mettiamoci più tempo di quanto sia strettamente necessario.”

“Magnifico!” disse la donna, poi si rivolse al nano: “Signor Olaf, le dispiacerebbe andarmi a prendere il mio asino? Ha sentito il mio nuovo compagno di viaggio, dobbiamo metterci subito in cammino. Nemesi ci fulminerà se osiamo perdere un solo secondo!”

   
 
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