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Autore: elefunk    27/05/2005    8 recensioni
Questo breve racconto nasce a causa di una polemica sorta sul forum. Ho provato a immaginare cosa proverei io se avessi subito una violenza. Fortunatamente non mi è mai successo e quindi non so quanto possa essere verosimile. Mi scuso se per caso urterò la sensibilità di qualcuno ma a mia discolpa posso dire di averlo scritto con le migliori intenzioni. Elefunk
Genere: Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Cosa farai, ora?

Cosa farai, ora?
Riuscirai mai a superare il dolore lacerante, a ricucire lo squarcio profondo che dilania la tua anima?
Le tue lacrime si confondono con le gocce d'acqua che scendono dal braccio della doccia. Gocce che dovrebbero lavare via lo sporco che ora intacca il tuo corpo non più innocente, ma che non fanno altro che scivolare sulle macchie immaginarie ben visibili ai tuoi occhi.
I tuoi occhi. Ritroveranno la luce di un tempo?
Le risate faranno mai più parte della tua vita?
Le carezze, i baci...
I sogni...
In pochi attimi sono riusciti a portarti via tutto.
L'amore che avevi per la vita, la voglia di costruirti un futuro, il desiderio di innamorarti ed essere felice...
Come hanno potuto farti questo?
Sono persone come lo sei tu. Come si può essere così crudeli, spietati? Uomini senza cuore, senza un briciolo di pietà. Non riuscirai mai a perdonarli.
Mai.
I ricordi di quella notte ti perseguitano ovunque tu vada, ovunque tu sia.
Davanti agli occhi quella catenina che continuava a muoversi sopra di te e che tu non potevi fare a meno di fissare. Forse per difenderti, per cercare di estraniarti da quello che stava succedendo, da quello che ti stavano facendo...
Strizzi gli occhi, una mano sul petto dove l'angoscia è più forte e si mescola con la vergogna. Una smorfia di puro dolore deturpa il tuo viso così bello.
Lo odi, con tutta te stessa. Pensi che sia stato questo ad attirarli.
Vorresti strapparti dal volto i tuoi occhioni azzurri, le ciglia lunghe, le labbra. Non puoi, ma una cosa puoi farla.
Esci dalla doccia, cerchi le forbici con mani tremanti. Non ti metti neanche davanti allo specchio, non ti interessa. L'importante è liberarsi al più presto di tutto ciò che possa essere appariscente.
La prima ciocca cade ai tuoi piedi in mezzo all'acqua che è scivolata sul pavimento.
Il tuo antico orgoglio, i tuoi capelli color ebano che facevi sempre ondeggiare e che ti piaceva tanto pettinare...
Lisci come seta, ti dicevano, e tu sorridevi compiaciuta.
Stupida, stupida, stupida! Ecco come ti senti. Pensi che la colpa sia stata tua, della tua superficialità, del tuo voler essere femminile a tutti i costi.
E le ciocche continuano a cadere. Ma tu non te ne accorgi neanche più. Tagli alla cieca mentre le lacrime ti offuscano la vista.
Inveisci contro il mondo, contro quel Dio che ha permesso che ti rubassero la vita lasciando sopravvivere un involucro, l'ombra di ciò che eri...
E poi inveisci contro te stessa, contro il tuo scarso coraggio che non ti concede neanche di farla finita con questo supplizio che è diventata la tua esistenza.
Non esci più, hai paura che ti si legga in faccia quello che è successo. Non l'hai detto a nessuno, per la troppa vergogna, ma ogni sguardo sembra che ti scruti dentro. Ti senti vulnerabile, troppo fragile. Senza pelle.
E' troppo faticoso, non hai la forza, non ce la fai.
Forse non tornerai neanche a scuola. Come potresti? Ogni minimo contatto brucia più del fuoco.
E avrai mai una famiglia quando al solo pensiero che un uomo ti sfiori la nausea e il ribrezzo ti assalgono?
Per cosa dovresti trovare la forza? Per cosa! E' tutto distrutto, tutto frantumato. Intorno a te solo le macerie del tuo mondo devastato.
Non avevi mai considerato l'idea che potesse capitare a te. Ogni tanto tua madre ti diceva di stare attenta ma tu non ci badavi, sbuffavi. Sapevi che queste cose esistevano ma ti sembravano tanto lontane. Sapevi anche che non era una cosa piacevole ma non immaginavi certo tutta questa sofferenza. Anzi, non credevi neppure che si potesse provare una pena simile.
Ti tornano alla mente i discorsi con le tue amiche, quando con lunghi sospiri raccontavi come sognavi la tua prima volta. Con l'uomo perfetto che ti avrebbe trattata come una regina. Rose rosse, lenzuola bianche che avrebbero odorato di pulito...
Ma soprattutto tanto, tanto amore...
Urli. Lanci le forbici in un angolo del bagno.
Non riesci a sopportare lo strazio che si agita dentro di te.
Hanno calpestato la tua dignità. Con sdegno e risate sguaiate hanno estirpato tutte le tue speranze che fiorivano dentro al tuo cuore...
Cosa farai, ora?





Questo breve racconto nasce da una polemica sul forum.
Io e altre ragazze ci siamo accorte di quanti racconti ci siano dove le donne stuprate non trovano poi così male la violenza subita.
Ecco, io non pretendo di esprimere al meglio il dolore che si prova dopo uno stupro. Perchè non sono una scrittrice e perchè, grazie a Dio, non ho mai subito una violenza.
Ma ho fatto quello che potevo per combattere il messaggio completamente sbagliato che queste storie trasmettono.
Non è un racconto scritto per fare del sensazionalismo.
E' un'esigenza che ho sentito dopo che mi sono resa conto che le parole spesso non sono abbastanza e che qualcuno sembra non voler capire quanto dolore si provi vivendo un'esperienza di questo genere. E che sembra non voler capire che scrivendo che la donna gode durante uno stupro qualcuno potrebbe crederci sul serio.
Sono per la libertà di parola sempre. Ma non posso negare che si hanno delle responsabilità (anche piccole, ma si hanno) quando si scrive una storia che altri leggeranno.
Sfoghiamo pure la nostra fantasia nelle fan fiction ma facciamolo rispettando gli altri, usando il cuore e il cervello.
A presto, Elefunk.

  
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