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Autore: Stella Dark Star    13/10/2023    2 recensioni
“Mi chiamo Ryuguji Kan. Sono nata il 10 maggio 1990 a Shibuya, Tokyo. Mio fratello gemello Ken è nato sei minuti prima di me. Nostra madre era una prostituta. Ha dato me in adozione il giorno stesso della mia nascita... [] Ho scoperto di essere stata adottata quando ero in sesta elementare. [] Non me ne importava niente dell’adozione. L’unica cosa che desideravo era incontrare mio fratello, il mio unico legame di sangue.”
Kan, ragazza madre che rischia di vedersi portare via le figlie gemelle, con queste parole comincia a raccontare la propria storia, partendo dalla ricerca per ricongiungersi col fratello gemello Ken, la sua metà e unica àncora nella vita. Una sorta di diario personale ricco di esperienze, di emozioni, di amicizie profonde come quella con Kazutora e con Angry e altre complicate tipo Baji e Ryusei, della sua prima storia d'amore con Mikey e delle difficoltà della crescita che l'hanno condotta pian piano sull'orlo del baratro, ma con la speranza che per lei possa in qualche modo esserci un lieto fine.
Genere: Introspettivo, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Yaoi | Personaggi: Kazutora Hanemiya, Ken Ryuguji (Draken), Manjirou Sano, Nuovo personaggio, Shuji Hanma
Note: Lemon, Missing Moments, What if? | Avvertimenti: nessuno
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Chapter 22
[Dark Lust]
 
Quando Kisaki gli aveva parlato della delicata situazione mentale di Kazutora, Hanma non gli aveva creduto. Forse complice il fatto che in tutti i pomeriggi trascorsi alla sala giochi non era mai accaduto nulla di strano, il che ai suoi occhi lo faceva sembrare più noioso che pazzo! Kazutora non gli dispiaceva, lo aveva testato, aveva saggiato la sua forza e si era abituato in fretta alla sua compagnia e ai suoi racconti del riformatorio. Gli pizzicava solo di non essere riuscito a convincerlo a bere o a farsi un tiro da sigaretta, neanche fosse il bravo bambino della mamma... Insomma, Kazutora non aveva attirato veramente la sua attenzione fino al giorno in cui non aveva dato di matto. Un episodio che Hanma non avrebbe mai dimenticato. In senso positivo! Era avvenuto tutto con naturalezza, un gruppetto di ragazzi radunati a chiacchierare attorno alla macchina del Packman e lui a guardare da una certa distanza, attendendo il momento buono per fregarsi Kan e andare in qualche angolo a flirtare. E poi…era bastato sentire Kan confessargli che Mikey le aveva dato un ultimatum per la loro relazione e...si salvi chi può! Kazutora era diventato rigido come un robot, per poi esplodere come una bomba! Hanma si era emozionato nel vederlo così e sentire le sue grida mentre minacciava di voler uccidere Mikey era come assistere ad un concerto hard rock! Finalmente aveva visto il vero cuore di Kazutora e da allora non lo aveva più considerato noioso.
Altra cosa che aveva notato era il suo attaccamento a Kan, il suo trasformarsi in uno zerbino per accontentarla in qualunque modo e…i suoi evidenti problemi di vista per non vedere la gigantesca parete di FRIENDZONE che c’era tra loro due! La cosa lo aveva fatto ridere svariate volte! Quel ragazzo era davvero un illuso se sperava ancora di rimorchiarla. Fatto che non riguardava anche lui, forse… A volte si interrogava su quale fosse stato il momento in cui si era reso conto di provare dei sentimenti per Kan. E non trovava una risposta. Per quanto ci rifletteva, la realtà era che da luglio aveva pensato a lei solo in senso erotico, e gli dei gli erano testimoni di quante porcate gli erano passate per la testa (!!!), poi senza come o perché durante l’arco di ottobre si era ritrovato a chiedersi cosa faceva quando non era lì alla sala giochi, chi altri vedesse, quando avrebbe trovato il coraggio di chiederle un appuntamento… Si attaccò al collo della bottiglia e bevve un lungo sorso. Era seduto su uno sgabello, in gruppo con altri tizi, e da dove si trovava vedeva chiaramente lei, il suo sorriso, i capelli biondi che sembravano brillare alla luce dei neon… Già, quando cazzo era successo che si era innamorato di lei?
“Ehi Hanma! Non dormire con la bottiglia di birra in mano!”
Lo riprese uno dei ragazzi, facendo ridere anche gli altri del gruppetto.
“Ah ah non sperare di finirla al posto mio, bastardo!” Rispose di rimando.
L’atmosfera era sempre così lì dentro, si stava in gruppo, si scherzava, si beveva, si fumava e via dicendo. Ora che ci pensava, ammirava il modo in cui Kan si era integrata nella gang, come si era abituata al fumo che la circondava, come parlava e rideva con spontaneità con tutti quelli che le rivolgevano la parola. Spesso si portava la macchina fotografica e scattava foto come se ci non fosse un domani. Ne aveva perfino fatte alcune con addosso la giacca della Valhalla! E pensare che inizialmente  doveva essere solo una pedina per ottenere informazioni sulla Toman e tenere a bada Kazutora in caso di attacchi mentali. Scosse il capo, con fare divertito. Con lei non servivano inganni o manipolazioni, era una ragazza che sapeva ragionare ed era ad un passo dal vendere la testa di Mikey in cambio di un cioccolatino!
“Senti ma…non hai più visto quella troietta bruna con le tette grosse?” Gli chiese un altro, distogliendolo nuovamente dai suoi pensieri.
“Che? Figurati, l’ho scaricata una vita fa!” Rispose ridendo. “Me la sono fatta un paio di volte giusto per passare il tempo, non me fregava niente di lei!”
Un altro si fece avanti con una nuova domanda, tutto preso dalla curiosità. “E adesso te ne stai facendo un’altra, Hanma-san? Dicci i dettagli!”
Hanma fece una smorfia. “Sei ancora in seconda media, sta un po’ zitto!”
E di nuovo tutti scoppiarono a ridere.
Bah, non gliene era mai fregato delle ragazze. Non aveva mai avuto storie, giusto scopate occasionali o quando ne aveva voglia, niente di che. Un modo come un altro per ammazzare la noia che lo opprimeva, oltre che pestare a sangue chicchessia. Questo prima di incontrare Kisaki, s’intende. La mente geniale di quel ragazzo era meglio di un abbonamento al cinema di film d’azione! Attualmente stava pianificando qualcosa di grosso per far scontrare la Valhalla con la Toman. C’erano solo due persone a sapere che era Kisaki la mente dietro alla Valhalla, uno era appunto lui, il suo fedele braccio destro segreto, mentre l’altro era- “Choji, non hai ancora aperto bocca! Cos’è, la mascherina ti toglie tutto l’ossigeno?”
Per l’appunto, l’altro era Choji, un compagno di scuola di Kisaki e suo aiutante dietro le quinte. Un ottimo soggetto che se ne stava sempre zitto e sulle sue, nascosto dalla mascherina e spesso dal cappuccio della felpa. Probabilmente l’unico che non aveva mai rivolto la parola a Kan.
Stanco di stare lì seduto a fare niente, Hanma lasciò lo sgabello. “Ragazzi, abbandono il vostro covo di cazzate!” Si allontanò incurante delle battute alle sue spalle e si avvicinò ad un altro gruppo, sfoggiando il suo tipico sorriso beffardo. Andò a colpo sicuro verso Kan, porgendole la bottiglia di birra. “Il solito goccio, bellissima?”
“No.”
Una risposta secca, detta in un tono così acido che gli urtò le orecchie, prima di lasciare il posto e andarsene altrove. Indubbiamente era incazzata, eppure era sicuro che fino a poco prima stesse ridendo. Si ritrovò lì fermo, con un’espressione sorpresa che fece ridere gli altri attorno. Che le era preso???
*
 
Nella seconda metà di ottobre, la sera cala presto e la temperatura si abbassa costringendoti ad indossare capi lunghi e vaporosi, anche se durante il giorno hai sudato perfino stando fermo. Si cena un po’prima e poi sei libero di convincere tua madre ad andare a chiacchierare con l’inquilina di tre piani sotto, in modo da avere l’appartamento a disposizione per far gridare il tuo ragazzo dal piacere. Baji Keisuke, sei un bastardo fortunato!
Il monologo che Baji si stava facendo nella mente, per lui aveva un che poetico, forse complice la melodia di sottofondo eseguita con grande passione da Chifuyu. Per avere maggiore libertà di movimento lo stavano facendo per terra, dalla tenda aperta entrava debolmente la luce artificiale dalla strada. A quell’altezza assumeva una tinta blu azzurro che ben si sposava con la pelle candida di Chifuyu velata di sudore, i capelli biondi che diventavano fili argentati, i suoi occhi azzurri contornati di lacrime che brillavano come diamanti, i denti perlati che s’intravedevano dalla bocca aperta. Che vista celestiale! E come gridava, mettendoci spesso in mezzo il suo nome, come lo stesse supplicando di dargli sempre di più. Chifuyu era bello come un angelo e lui era il diavolo che lo stava distruggendo. Gli fece raggiungere l’orgasmo e il suo ultimo grido fu così acuto e intenso che il vetro della finestra vibrò, ma la cosa non preoccupò Baji, tanto era sicuro che i vicini pensassero che sua madre aveva trovato un uomo e che non sospettavano trattavasi invece di lui e il suo ragazzo che se la spassavano. Tenendosi appoggiato ai gomiti e le braccia, si chinò su di lui, i loro respiri caldi e affannati si amalgamarono, i suoi capelli lunghi ricaddero e andarono a sfiorare il suo viso. Chifuyu gli sorrise in risposta, prima di avvolgergli il viso con le mani e unire le labbra alle sue come ultimo atto per terminare il rapporto. Poi Baji cambiò posizione, mettendosi sdraiato, allora Chifuyu lo affiancò e ricercò il suo abbraccio, la testa andò a posarsi sul suo petto.
“Ti amo tanto, Baji-san…” Sussurrò dolcemente, come un lumino nella notte.
Poche parole che bastarono a far precipitare Baji in un abisso. Anche lui lo amava…sapeva di amarlo, come sapeva che Chifuyu meritava di essere felice. Ma giorno dopo giorno, si rendeva sempre più conto che non era lui la persona giusta per farlo. Non c’era momento in cui non pensasse a Kazutora, la frase sulla sua ultima lettera continuava a bruciargli nell’anima, scavando sempre più a fondo, fino a raggiungere la parte più oscura di lui. Amava Chifuyu...AMAVA CHIFUYU…ma forse in cuor suo continuava ad amare di più Kazutora. Nonostante lo avesse rifiutato, nonostante avesse messo in chiaro di essere etero, nonostante lo avesse avvisato di amare un’altra, Baji non poteva rinunciare a lui e per farlo… La mano con cui avvolgeva le spalle di Chifuyu tremò leggermente. Per farlo…era disposto a gettare tutto alle ortiche. Il calore di quel corpo che giaceva con lui, il dolce peso della sua testa sul petto, il suo respiro rilassato, gli trapassarono il cuore.
E mentre Baji si tormentava per questioni d’amore, alla sede della Valhalla c’era chi faceva altrettanto…
Hanma non sapeva più che pesci prendere, accidenti. Più volte aveva tentato di approcciare Kan e ogni volta lei gli aveva risposto bruscamente e piantato lì senza dare spiegazioni. Sbalordito da una situazione che non riusciva a comprendere, era seriamente sul punto di rassegnarsi quando Choji gli si avvicinò.
“Davvero non capisci?”
Hanma si volse di scatto verso di lui. “Tu sai che diavolo ha quella?”
Choji glielo spiegò senza fare una piega, anche se sotto quella mascherina chi poteva dire che espressione stesse facendo. “Non puoi parlare delle tue scappatelle davanti alla ragazza che ha una cotta per te.”
……………se il cervello di Hanma fosse stato un server, di sicuro non era un ultimo modello, visto che ci mise un po’ a rispondere!
“Ho detto che è una cosa passata! E poi lei come stracazzo ha fatto a sentire da quella distanza???”
“Mai sottovalutare una ragazza.” Sollevò lo sguardo serio su di lui. “Dovrai giocartela bene per farti perdonare.” E si allontanò, semplicemente, nello stesso modo in cui era arrivato.
Hanma tornò a cercare Kan con lo sguardo, chiedendosi come poteva essersi offesa per una cazzata del genere. La vide dire qualcosa all’orecchio di Kazutora e lui fare un cenno positivo, quindi la seguì con lo sguardo mentre attraversava la sala e raggiungeva le porte vetrate dell’entrata. Se ne stava andando? No… Aveva lasciato cellulare e macchina fotografica su un divanetto. Era uno di quei momenti ora o mai più? Scherzare era un conto, adesso era il momento di comportarsi da uomo tutto d’un pezzo e chiarire la faccenda.
Attraversò a sua volta la sala per andare dritto all’uscita e, appena messo piede fuori, trovò Kan lì accanto, le spalle contro il muro proprio dove era disegnato l’angelo senza testa. Senza indugi, le si parò di fronte.
Lei gli diede una veloce sbirciata, per poi scostare lo sguardo e chiudersi a riccio. “Che vuoi?”
Hanma poggiò una mano al muro, accanto alla sua testa, come a volerle sbarrare la strada tipo kabedon e si curvò quanto bastava per essere alla sua altezza. “Ti sto guardando.”
Lei alzò le spalle con noncuranza. “E allora?”
“Guardo solo te. Nessun’altra.”
Doveva essere stato convincente perché finalmente attirò il suo sguardo e la sua curiosità. E allora proseguì, serio come forse non lo era mai stato in vita sua. “Non so come funzionino queste cose di coppia, ma se dico o faccio qualcosa che ti turba, prendimi da parte e spiegami dove ho sbagliato, invece di evitarmi.”
Ora gli occhi di Kan erano ben aperti sui suoi e mostravano un leggero tremolio. Sperò di non aver esagerato, in fondo lei era ancora fidanzata con un altro e parlare di coppia non era esattamente corretto…
“Io…” Le labbra di Kan si schiusero un paio di volte, incerte su che parole pronunciare. “Grazie, Shu…” La voce così flebile che si sentì appena.
Non era la prima volta che si ritrovavano così vicini, non era la prima volta che i loro sguardi diventavano magnetici, non era la prima volta che l’atmosfera li spingeva a fare un passo più a fondo in quel loro rapporto che entrambi sapevano essere ben oltre la semplice amicizia. Però era la prima volta che Hanma si chinava così tanto con l’intenzione di posare le labbra sulle sue. Peccato che…
“Scusate se interrompo la vostra pomiciata!”
Dannazione. Con un tono di voce così strafottente, quel ‘scusate’ risultò ancora più offensivo e fece urtare i nervi a Hanma. Non per niente di voltò con movimento repentino e squarciò con lo sguardo la figura del tizio che aveva interrotto quel momento speciale.
“Chiunque tu sia, ti concedo dieci secondi prima di ucciderti.” Lo minacciò, sibilando tra i denti come un serpente.
Il ragazzo però lo ignorò e soppesò Kan con sguardo accusatorio. “Stai ancora con Mikey e la dai via come una caramella!” Giusto il tempo di finire la frase, il che era già tanto, e si ritrovò scaraventato a terra da un pugno sulla mascella.
“Ringrazia che non ti ho rotto nemmeno un dente, bastardo.” Sottolineò Hanma.
Con sua sorpresa, Kan lanciò un grido e si gettò in ginocchio a terra a soccorrerlo. “Stai bene?” E poi si rivolse a lui. “E’ un mio amico, Shu! Anche se ha un carattere di merda. Sì insomma ci conosciamo da tempo e lui è fatto così.…”
Il tizio riuscì a tirarsi su a sedere e si portò una mano alla mascella colpita e dolorante. Quando Kan gli scostò i lunghi capelli neri dalla faccia, rivelò un’espressione feroce come quella di un leopardo.
“Che cosa sei venuto a fare? Questo è territorio della Valhalla!” Dalla reazione di lei non si capiva se fosse più preoccupata o infastidita dalla presenza ti tale ‘amico’.
Lui fece quelli che all’apparenza erano versacci con la bocca, ma in realtà stava solo verificando se era in grado di muovere la mandibola correttamente, e poi le rispose. “Voglio vedere Tora.”
“Ho capito. Vado a chiamarlo.” Kan si rialzò in piedi di scatto e si rivolse a Hanma. “Per favore non picchiarlo, torno subito.” E corse dentro.
Qualunque cosa stesse succedendo non lo convinceva, soprattutto perché il nuovo arrivato aveva un evidente influenza su Kan e la cosa lo infastidiva parecchio. Lo guardò come fosse un insetto che si contorceva. Non gli piaceva per niente. Quando questo si rimise in piedi, la mano ancora sulla mascella che cominciava a gonfiarsi, osò perfino fare un mezzo sorriso.
“Sei Hanma, vero? Conoscendo la tua specialità devo ringraziarti davvero! I denti nuovi costano!”
Come faceva a scherzare dopo un pugno del genere… Non gli rispose nemmeno.
“Tora non vorrà vedermi, quindi lo dico direttamente a te.” Tornò serio tutto d’un tratto. “Voglio entrare a far parte della Valhalla.”
Momento di silenzio… Hanma gli rise in faccia. “Pfffuah! Speri davvero che io ammetta il primo coglione che incontro?”
“Non direi, se a chiedertelo è il Capitano della Prima squadra della Tokyo Manji Gang.” Gli concesse qualche istante per elaborare la notizia e poi proseguì con la presentazione. “Baji Keisuke. Ho intenzione di lasciare la mia gang per stare accanto a Kazutora.”
Che colpo di scena! Quel Baji Keisuke! Lo aveva intravisto una volta, in più Kisaki gli aveva parlato di lui e accennato alla possibilità che questo sarebbe potuto accadere.
“Interessante!” La buttò lì, di nuovo di buon umore. Non vedeva l’ora di dirlo a Kisaki!
*
 
Quando i macchinari non erano in uso e i neon erano spenti, la sede della Valhalla tornava ad essere una sala giochi abbandonata e anche l’atmosfera al suo interno cambiava completamente, diventando fredda e grigia, con tanto di nebbia di fumo che aleggiava macabra. Le poche volte che quel luogo perdeva vita, era perché si stava tenendo una riunione. La notizia che Baji era pronto a piantare la Toman per allearsi con loro, richiese un incontro dei capi per decidere sulla questione. Oltre a Hanma che era momentaneamente la figura più in alto e Kazutora che veniva subito dopo di lui, la gang era formata da tre grosse squadre, i cui capitani erano Chome, Chonbo e Choji. Come postazione utilizzavano un’area in fondo alla grande sala, dove Hanma usava prendere posto su una pedana che gli faceva da trono e dove lui sedeva impersonando appieno tale ‘ruolo’!
“Ricapitoliamo. Chiederemo a Baji di abbandonare la Toman con una dichiarazione pubblica e ci procureremo un testimone che lo confermi qui alla sede, davanti all’intera gang, su consiglio di Kazutora.” E avendolo nominato, si rivolse giustamente a lui. “Però vorrei sapere chi lo farà, se tu non hai più rapporti con nessuno di quella gang.”
Kazutora, mani in tasca, accennò un sorriso. “Mi farò aiutare da Kan! Lei sa meglio di chiunque altro quale di quei fessi può fare al caso nostro!” Poi tornò serio e fece un’aggiunta rivolgendosi a tutti i  presenti. “Ma oltre questo non la coinvolgeremo, chiaro?”
Gli altri diedero il loro assenso silenziosamente, poi fu la volta di Chonbo di parlare. “Ma una dichiarazione pubblica basterà? Quello potrebbe mettersi d’accordo coi compagni per fregarci.”
Hanma ci rifletté un po’ su. “Mmh…hai ragione. Ci serve di più. Qualcuno ha idee?”
Il silenzio calò nuovamente, salvo l’ininterrotto masticare di Chome che non stava mai senza un pacchetto di patatine tra le mani. “Che ne dite di far decidere a Kazutora? Lui conosce Baji molto bene.” Propose poi.
Kazutora sbatté le palpebre. “Io? Sei sicuro?”
“Portalo al limite, così scopriamo se ci ha mentito o se davvero vuole essere uno di noi!” Confermò Hanma.
Gli stava affidando quell’incarico di proposito, come un’arma a doppio taglio, non solo per mettere alla prova Baji, ma anche la sua stessa fedeltà. Una richiesta diabolica, alla quale non si sarebbe tirato indietro. Kazutora accettò e la riunione si concluse.
Comunque non lo fece aspettare a lungo, anzi, il pomeriggio del giorno seguente lo invitò a casa per parlargli dell’idea che aveva avuto, prima di condividerla con gli altri capi. Una cosa fulminea!
In quel momento la porta era stranamente aperta, quindi sua madre entrò senza bisogno di bussare. “Kazu, è venuto a trovarti quel tuo amico con gli scarabocchi sulle mani!”
“…guarda che non sono scarabocchi.” Rispose pazientemente lui, avendo già affrontato quell’argomento altre volte e senza essere riuscito a convincerla che i kanji tatuati sui dorsi delle mani di Hanma fossero parole di senso compiuto. “Fallo venire qui, per favore.”
La signora Hanemiya accennò un sorriso, era contenta che suo figlio si fosse fatto dei nuovi amici, per quanto questi apparissero strambi!
Si sentirono le loro voci per il corridoio e in breve Hanma comparve sulla soglia, in tutta la sua altezza e con stampato in faccia un gran sorriso.
“Chiudi la porta.” Gli ordinò Kazutora, prima di permettergli di aprire bocca.
Lui obbedì, ridacchiando, e una volta fatto si rimise in posa, ma stavolta spalancando le braccia entusiasta. “Sono tornato al ‘Tempio delle Seghe’!!!”
Ecco il motivo per cui Kazutora gli aveva fatto chiudere la porta.
“Devi chiamare la mia camera in questo modo ogni volta che vieni?” Lo riprese, storcendo il naso.
“Come altro dovrei chiamarla? Hai belle gnocche appese su tutte le pareti! E ogni volta che mi inviti finiamo col segarci di brutto!” Rispose Hanma, vagando con lo sguardo ai numerosi poster appesi ovunque, per lo più raffiguranti modelle straniere con occhi grandi e seni prosperosi.
“E piantala! Vieni, che parliamo di cose serie.” Gli fece cenno con la mano di raggiungerlo sul letto, dove lui era già seduto, e attese che Hanma si accomodasse. “Ci ho pensato…” Mezza frase e già sentiva lo stomaco stringersi. Prese respiro per scacciare la tensione e poi proseguì. “Io sono il primo a desiderare che Baji sia sincero e voglio credere che manderà a fanculo Mikey per stare al mio fianco come una volta…però ho bisogno di una prova.”
Hanma lo ascoltava senza guardarlo, il suo sguardo non riusciva a non perdersi nei numerosi dettagli che quella stanza aveva da offrire, che fosse solo l’orecchino col campanellino pendente lasciato sopra il comodino o il buffo adesivo di una banana sbucciata e sorridente attaccato sull’anta dell’armadio o ancora le foto ritraenti Kazutora e Kan, tutte incorniciate e ben tenute sopra una mensola, come un piccolo diario spezzato che cominciava dai loro dodici anni e poi passava ai quindici, quando lui era uscito dal riformatorio. Trasparivano quanto affetto ci fosse tra loro due.
“Una prova… Quale?” Chiese, giusto per fargli sapere che stava ascoltando.
“Una prova di fedeltà. Hai presente quel periodo storico in cui alcuni giapponesi si erano convertiti al dio delle religioni occidentali?”
“Boh, più o meno…” Non era di certo un patito di storia!
“In poche parole, quando tornavano sulla retta via, dovevano dare prova di non credere più in quel dio e per farlo erano costretti a calpestare le immagini sacre sotto i piedi.”
Suo malgrado, Hanma ridacchiò. “Pff! Speri che riesca a pestare l’Invincibile Mikey e magari anche uscirne vivo?”
“Non Mikey. Non sono un idiota.” Fino a quel momento era rimasto serio, ma all’improvviso la sua espressione mutò, i suoi occhi si riempirono di una luce folle, tanto quanto il sorriso sulle sue labbra. “Oltre a quel pezzo di merda, la persona a cui Baji tiene di più è il suo fidanzatino, un frocetto di nome Chifuyu! (nota dell’autrice nel bel mezzo del racconto: Perdonami Chifuyu!! Sei il mio angioletto, ti adoro! E’ solo una fan fiction, non penso questo di te! T-T) Sarebbe un grande spettacolo vedere Baji pestarlo a sangue! Che ne pensi?”
Che ne pensava… Era evidente che Kazutora non era lucido per elaborare un piano così maligno…e la cosa lo divertiva! “Lascio a te l’onore di dirglielo, allora!”
“Lo farò di persona! Ma solo dopo che avrà mollato la Toman!” Era talmente preso da quella fantasia contorta che anche la sua voce si era fatta cantilenante come fosse strafatto. “Visto che vuole tanto vedermi, lo accontenteroooò! Ahahaha!”
La definizione ‘fuori come un balcone’ gli calzava a pennello, in quel momento.
*
 
La sera del 20 ottobre, Baji lasciò la Tokyo Manji Gang. Era stato facile, negli ultimi tempi aveva talmente le palle girate da essere riuscito a creare problemi a catena e farsi dare il divieto di presentarsi alle riunioni e ai raduni. Pff, dare un divieto a lui! Come se in vita sua avesse mai permesso a qualcuno di dargli ordini! Sì, era stato fin troppo facile trasgredire, presentarsi, prendere a pugni il primo idiota sul suo cammino e gridare a gran voce che dal quel momento non era più un membro della gang. Come era stato facile poche ore prima dire a Chifuyu che la loro storia era finita e ignorare le sue suppliche e le sue lacrime sbattendogli la porta in faccia. E stare lì ad ascoltare il suo pianto incessante oltre la porta… Sì sì, facile… Ma chi cazzo voleva prendere in giro… Era rimasto così turbato da non riuscire nemmeno a salire a bordo della moto e aveva finito col raggiungere il Santuario di Musashi a piedi.
Strinse i pugni e smise di camminare, rischiando che le persone dietro di lui lo urtassero per la fermata improvvisa. A quell’ora i marciapiedi di Shinjuku erano trafficati da far paura. Abbassò la testa, i lunghi capelli ricaddero in avanti coprendogli la faccia. Meglio così, voleva essere solo un’ombra insignificante, essere attraversato con lo sguardo…e svanire davanti alla luce. Che cosa aveva fatto… Lasciare la Toman non era stato complicato, in fondo era necessario per portare avanti quel piano che aveva elaborato per aiutare Kazutora. Era una sua responsabilità e piuttosto di chiedere aiuto a qualcuno preferiva morire. Però lasciare Chifuyu…dannazione, si stava odiando con tutte le forze per averlo fatto. Era come se quell’immagine gli si fosse impressa nell’anima. Quegli occhi azzurri gonfi di lacrime, quel visetto contratto e arrossato dal pianto, quella voce incrinata che continuava a dire il suo nome… Sentì una fitta al cuore. Quanto si sarebbe tormentato prima di convincersi che aveva fatto la cosa giusta? L’aveva lasciato per il suo bene, per liberarlo dall’amore tossico che ormai c’era tra loro. Anzi, che lui solo aveva nel cuore, perché Chifuyu era la creatura più pura e candida che avesse mai incontrato. Prese un respiro profondo e si rimise dritto, si sforzò di non stringere più i pugni. Doveva lasciarsi tutto alle spalle e dedicarsi unicamente al piano.
All’ennesimo incrocio svoltò, pregando che fosse la direzione giusta. Kazutora gli aveva dato appuntamento in un qualche vicolo, ma non era sicuro di dove stesse andando, inoltre aveva addosso la divisa della Toman mentre si trovava in territorio Valhalla… Inconsciamente sperava di farsi uccidere? D’accordo, basta frignare come un poppante, c’era troppo in ballo per lasciarsi andare. Si guardò attorno, adesso che si era addentrato il numero di persone era drasticamente diminuito, il che significava che stava andando nella direzione giusta, ancora qualche svolta e… “Eccolo…”
L’insegna era spenta, ma indubbiamente si trattava della bottega che Kazutora gli aveva nominato e che faceva angolo ad vicolo alquanto stretto. E lui sicuramente era già lì. Si rese conto che le mani gli stremavano. Al diavolo tutto, svoltato l’angolo c’era il suo primo amore, il ragazzo con cui aveva condiviso gioie e dolori e che non vedeva da due anni. Mise le mani in tasca e si obbligò a percorrere l’ultimo pezzetto di strada con passo spedito. Svoltato l’angolo, vide la sua figura in penombra, la schiena contro il muro e un piede sollevato all’indietro e appoggiato.
 “Non ci si vedeva da un po’…Kazutora!” La voce gli uscì più ferma e sicura di quanto sperasse.
Kazutora lasciò il muro e si volse verso di lui. Il suo aspetto era cambiato davvero, Kan glielo aveva raccontato in precedenza, del fatto che si era fatto crescere i capelli e aveva delle meches che ricordavano un po’ un casco di banane, e indossava anche l’orecchino a campanella, bottino della sua prima vittoria in battaglia. Ma oltre a questo, il tatuaggio di tigre sul collo era sempre lo stesso e anche quei suoi grandi occhi color sabbia che lo guardavano felici. Era…felicità, giusto?
“Il fatto che tu sia qui significa che hai davvero lasciato la Toman!”
Anche il tono di voce era allegro, quindi era davvero felice di vederlo. Oddio, gli così faceva scoppiare il cuore però.
“Come promesso!”
“Bene! Allora…” Kazutora aprì leggermente le braccia. “Manterrò la mia parola! Vieni a prendere la tua ricompensa!”
Non se lo fece ripetere, bruciò la poca distanza che c’era fra loro e lo strinse fra le proprie braccia, con tanta forza come se volesse incatenarlo a sé per sempre. Quanto aveva desiderato quel momento…quanto…
Kazutora ridacchiò. “Mi stai ansimando sul collo!”
Avrebbe voluto divorarlo, altroché! Due anni che non lo vedeva, due anni che non lo toccava, due anni che non sentiva il suo odore, la sua voce…due anni con un buco nel cuore che solo lui poteva riempire di nuovo. D’istinto gli baciò quel collo adorato, ma non dolcemente, bensì con fare famelico, usando anche la lingua per assaporare meglio la sua pelle.
“Ehi ehi, ti stai limonando il mio tatuaggio? Ah ah!” Scherzò Kazutora, cercando di scostarlo un po’, però Baji era talmente su di giri che come si staccò dal collo andò dritto a imprimere un intenso bacio sulle sue labbra. Di nuovo lui dovette metterci un po’ di forza per toglierlo!
“Baji, ho capito che sei contento di vedermi, ma ora calmati!”
Baji aveva il fiato corto come se avesse corso la maratona e faticò a parlare. “Ho appena…anf anf…mollato la Toman…anf anf…non merito neanche un bacio?”
Kazutora gli regalò un sorriso ampio e sottile. “Ti darò anche di più quando sarai entrato nella Valhalla! Ma prima c’è un’altra cosa molto importante che devi fare!”
“Qualunque cosa.”
“Chifuyu!”
“Ho mollato anche lui…tra noi è finita.”
A Kazutora venne spontaneo gettare il capo all’indietro e farsi una risata. “Ahahahah! Fantastico! Sarà ancora più facile chiedertelo!”
Baji notò che le sue reazioni erano stranamente eccessive e forse gli ricordavano un po’ quello spilungone psicopatico di Hanma. Doveva averlo influenzato parecchio, quel tipo… Attese che la risata di Kazutora si placasse e che riabbassare il viso. Si ritrovarono occhi negli occhi
“Sai, Hanma non si fida affatto di te e c’è solo un modo per convincerlo a darti la nostra giacca grigia!” Non era assolutamente vero, ma dare la colpa a un altro era il suo forte. “Porta Chifuyu alla nostra sede per un’ultima passeggiata romantica!”
Baji alzò un sopracciglio. “Che stai dicendo?”
Ed ecco che Kazutora si fece più minaccioso. “Una volta lì, pestalo a sangue davanti a tutti. Ti accoglieranno a braccia aperte.”
Il cuore gli mancò un battito, perfino i suoi occhi tremarono. “Perc-? Chifuyu non c’entra nient-”
“Lo so, lo so! Dovrai farlo comunque o non ti rivolgerò più parola. E tu non vuoi, giusto?”
Non riusciva neanche a ribattere da quanto era scosso.
Vedendolo così, per essere sicuro di averlo in pugno, Kazutora alzò la posta. “Se lo farai, come ricompensa non mi limiterò ad un bacio sulla bocca.” Gli prese una mano e se la portò al basso ventre, facendogli tastare il leggero rigonfiamento nei pantaloni. “Potrai toccarmi anche qui! Sei innamorato di me, scommetto che non vedi l’ora di farmi delle porcate!”
Baji temette seriamente di restarci secco.
*
 
“Nyaaaaw!” Il piccolo Peke J miagolò con tristezza, lo stava guardando con gli occhietti neri e lucidi e gli aveva posato una zampina sulla testa, quasi stesse cercando di confortarlo. Era così dolce che riuscì a donargli un lieve tepore al cuore ferito.
Chifuyu cambiò leggermente posizione sul letto per poterselo accoccolare contro il petto e accarezzarlo per bene. Era da giorni che se ne stava a letto a piangere, dopo che Baji gli aveva spezzato il cuore… La sera del raduno non era stato assolutamente in grado di presentarsi, però aveva saputo tramite alcuni ragazzi della Prima squadra, per messaggio, che invece Baji era andato e aveva lasciato la Toman. Prima lui, poi la gang… Aveva fatto piazza pulita. Per come stava, il giorno dopo l’idea di andare a scuola era stata impensabile e perfino sua madre aveva chiuso un occhio. Poi era calata di nuovo la sera ed era arrivata un’altra mattina e lui stava ancora male e così il giorno dopo e quello dopo ancora... Aveva perso il conto.
“Le faccende di cuore sono le peggiori.” Gli aveva detto sua madre quel mattino, facendogli una carezza sulla testa prima di andare al lavoro.
Eppure lui sapeva che c’erano delle valide motivazioni dietro al comportamento di Baji. Aveva un carattere difficile, ma per arrivare a lasciare la gang che lui stesso aveva creato doveva esserci qualcosa di immenso a spingerlo. E sicuramente riguardava quel ragazzo… Kazutora.
Sentì il campanello della porta, lo ignorò. Se fosse stato il telefono a suonare, lo avrebbe preferito mille volte di più. Invece niente. L’aveva tenuto accanto al cuscino tutto il tempo, speranzoso. Lo riprese in mano e lo aprì. Come sfondo dello schermo aveva una foto di lui e Baji ad un appuntamento, nello stesso giardino e sotto lo stesso albero dove si erano scambiati il primo bacio. In qualche modo l’aveva convinto a fare quella foto, in una posa da innamorati, a braccetto, coi visi vicini e sorridenti e col ciliegio in fiore a completare il quadretto.
Il campanello suonò ancora. Che fosse il postino o un corriere? Chissene, non era importante. Ma ecco che il telefono si illuminò, accompagnato da un piccolo trillo, e sullo schermo comparve una busta con sotto il nome di Baji.
[So che sei in casa. Aprimi.]
Prima ancora che il cervello gli mandasse un segnale, Chifuyu balzò giù dal letto come una molla, abbandonando sia il cellulare che il gatto, per correre come un fulmine verso la porta. E quando la aprì, trovò proprio lui. Aveva il solito sguardo da pantera e indossava la divisa della Toman. Incapace di resistere, gli gettò le braccia al collo.
“Baji-san! Lo sapevo! Lo sapevo che saresti tornato! Non potevi lasciare davvero la Toman! Non potevi lasciare davvero me!”
Baji non era certo ceco da non notare che era ridotto uno straccio. Indossava il pigiama, aveva il viso pallido come un cadavere, gli occhi rossi ed era chiaro che non si era fatto il bagno negli ultimi giorni. E tutto per colpa sua. Per un istante fu tentato di ricambiare il gesto, ma le sue braccia si fermarono a mezz’aria e si riabbassarono. “Indossa la divisa e vieni con me.”
Chifuyu si scostò un poco e lo guardò con aria sorpresa. “Dove?”
“Fai quello che ti dico.” Bisbigliò Baji, prima di serrare la mascella con forza.
Se era un ordine come superiore, di certo non voleva disobbedirgli. Sciolse l’abbraccio e corse in camera a recuperare la divisa nera. Per abitudine infilò anche il cerchietto argentato al lobo e poi ricorse fuori.
“Andiamo.” Disse semplicemente Baji, facendogli segno con la testa di seguirlo.
La tensione era così densa che si sarebbe potuta tagliare con un coltello…
Andarono con la moto, un’occasione per Chifuyu di poterlo stringere a sé, anche se i suoi tentativi di fare conversazione vennero stroncati uno dopo l’altro con ringhiati “Taci!” e sgasate da rompere le orecchie. Seguendo la strada, vide che erano entrati a Shinjuku e ad un certo punto svoltarono verso un piccolo parcheggio per moto.
Il tempo di scendere e di nuovo Baji lo precedette con un secco “Vieni.”, a cui lui obbedì stando un passo indietro.
Vicolo dopo vicolo si inoltrarono sempre di più, fino a quando Chifuyu non allungò lo sguardo verso il fondo di una strada e vide la sagoma di un angelo dipinta sulla parete. Il cuore gli mancò un battito. Senza esitare prese Baji per un braccio e lo trascinò lì accanto nell’ennesimo vicoletto.
“Che cosa sta succedendo, Baji-san? Perché stiamo andando alla sede della Valhalla?”
Nel tentativo di rispondere, a Baji si spezzò la voce in gola e si ritrovò a stringere i denti.
Chifuyu gli mise le mani sulle spalle e lo supplicò. “Io voglio aiutarti! Ti prego! Dimmi che cosa hai in mente!” Avvicinò il viso al suo, la voce gli uscì incrinata. “Qualunque cosa sia, io sarò al tuo fianco, lo sai! Ti amo così tanto!”
Fu come un fulmine che gli attraversò il cervello. Baji lo spinse via e gridò. “SE TU MI ODIASSI SAREBBE TUTTO PIU’ FACILE! PORCA PUTTANA!” E tirò un forte pugno contro il muro, così intenso che si sentì uno scricchiolio di ossa.
“Baji-san, così ti fai male!” Scattò verso di lui e prese gentilmente la mano ferita, constatando che dalle nocche sbucciate stava uscendo sangue, e provando a fargli stendere le dita gli strappò un lamento strozzato. Se non era rotta, poco ci mancava. “Baji-san…”
“Ti ho detto di venire con me, non rompere il cazzo!” Era rabbioso, usando la mano sinistra sana lo afferrò per il colletto e lo costrinse a stare al passo fino a che non giunsero alle porte vetrate della sala giochi abbandonata.
Per Chifuyu fu come varcare la soglia degli inferi. Non era solo una questione di essere circondati da nemici, ogni faccia su cui posava lo sguardo gli appariva deformata, tutti lo guardavano come se volessero sbranarlo, l’aria pregna di fumo di sigaretta era nauseante e i bisbigli indefiniti che aleggiavano erano inquietanti. Si fermarono solo quando furono davanti a una specie di altare, dove ai lati sedevano due tizi, uno pelato e uno che si stava ingozzando di patatine come un maiale, mentre al centro sedeva a gambe incrociate quello che doveva essere il capo. Lo aveva già visto…
“Hanma, sono venuto come richiesto.” Disse Baji, con voce tonante.
“Non mi aspettavo di meno da uno come te!” Sottolineò lui, sorridendo, con le mani intrecciate davanti alla faccia.
Baji si guardò attorno. “Non vedo Kazutora…”
“Non preoccuparti, lui è andato a svolgere un piccolo incarico! Arriverà tra un po’!” Abbassò le mani e si sporse in avanti col busto, rivelando così una faccia dall’espressione diabolica e folle. “Tu puoi iniziare lo spettacolo! Ahah!”
Chifuyu era visibilmente confuso, non aveva idea di che diamine stessero parlando quei due. Che spettacolo? Cosa voleva? Si volse per chiederlo a Baji e vide che aveva messo mano alla tasca per estrarre l’elastico per capelli. L’elastico che usava sempre quando doveva fare a botte. E allora divenne tutto chiaro.
Nonostante la calma apparente, Baji era un fascio di nervi, però non doveva farlo capire alle persone che aveva attorno. Ormai la musica era partita e lui doveva ballare. Spinse Chifuyu a terra, facendolo ricadere sulla schiena, e salì su di lui cavalcioni. Si aspettava un minimo di reazione, invece nulla, nemmeno una parola, nei suoi occhi vide solamente una profonda rassegnazione al fato che lo attendeva. Lo afferrò per la giacca e sollevò il pugno con la mano ferita. Per un istante si bloccò. Era davvero in grado di farlo? Ma ecco che Chifuyu gli fece un segnale, un impercettibile cenno di assenso col capo, per poi chiudere gli occhi. Baji sferrò il primo pugno. Il contatto dello zigomo di lui contro le nocche gli diede una scarica di dolore. Sì, così era perfetto! Ad ogni colpo era consapevole di fare del male a Chifuyu, ma era ben felice di provare dolore lui stesso per l’atto ignobile che stava compiendo. Lui, demonio maledetto a cui gli dei avevano donato un candido angelo. Lui, che per inseguire un’idea egoistica stava strappando le piume a quella divina creatura. Lui, che non meritava altro che le pene dell’inferno per ogni colpo che gli sferrava. Il ragazzo gentile che l’aveva aiutato a scrivere la sua prima lettera, il ragazzo sfacciato che gli aveva dato il tormento per stargli accanto arrivando addirittura a seguirlo in bagno, il ragazzo dal cuore d’oro con cui si stava prendendo cura di un gattino affettuoso, il ragazzo dolce che lo aveva fatto innamorare e gli aveva donato le gioie di una relazione romantica…il ragazzo coraggioso che si stava facendo massacrare perché continuava a credere in lui nonostante tutto. Baji dentro di sé stava gridando come un pazzo e piangendo fino a contorcersi l’anima, anche se dall’esterno il suo volto era imperscrutabile come quella della Sfinge.


Continua nel Capitolo 23, speciale di 19 pagine: [Drops Of Blood]
Troppe faccende in sospeso, soprattutto in campo sentimentale...ma per ognuna c'è una fine.

 
  
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