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Autore: muffin12    13/10/2023    2 recensioni
L'estate scacciò l'autunno lentamente, senza fretta.
Senza che Zoro se ne accorgesse.
Questa storia ha vinto il Contest "Dream Catcher Contest" del @4BLUTeam per il tema "Summer Dream"
Genere: Generale, Introspettivo, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: Roronoa Zoro, Sanji | Coppie: Sanji/Zoro
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Fandom: One Piece
Ship: Zoro/Sanji
Rating: Giallo
TW: Shonen-ai
Parole: 2764

 
Natsu to issho ni – Con l’estate

 
Kuina morì in una giornata come tante, lì nel villaggio di Shimotsuki.

La brezza spirava leggera tra le montagne, scendendo a valle e facendosi strada tra le risaie incontaminate e le foglie brillanti degli alberi imponenti che circondavano il dojo. Correva tra le gambe della gente venuta a portare l’ultimo saluto, trasportando il sale dal mare e la terra dalle colline; si alzava lambendo il corpo immobile di Kuina, steso come se dormisse se non fosse stato per il telo che le copriva il viso; spingeva Zoro a negare, piangere, urlare fino ad implorare per la sua spada, la Wadō Ichimonji, stringendola forte tra le dita e pensando di riuscire a poter sentire ancora Kuina accanto – calda e forte e viva – se solo si fosse sforzato abbastanza.

L’inverno non aveva ancora varcato le porte dell’isola ma tanto bastò a freddare il fuoco dentro il petto di Zoro, una promessa che aleggiava nell’aria e il sogno della loro vita piegato, ma non spezzato. Sarebbe stato lui a realizzarlo, sarebbe diventato lo spadaccino più forte del mondo. Lo avrebbe fatto anche per Kuina.

In un villaggio che implicava l’autunno nel suo nome, l’animo di Zoro si intiepidì.

Il bruciore impetuoso della competizione lasciò il posto alla fredda concentrazione, la scintilla che lo spingeva ad andare avanti ben riposta nel suo cuore, ad ardere invincibile finché non fosse riuscito a raggiungere la loro volontà.

Morire non era contemplato, ma nulla era prevedibile. Come imbattersi in Rufy.

L’incontro con Rufy lo portò ad essere investito da sottili venti primaverili, sorprendenti e pericolosi. Vitalità e polline, libertà e caccia, bastone e carota. E presto la morte bussò così tante volte che sembrò quasi navigare con loro, lì nella plancia accanto a Nami e al timone.

Entrare a far parte di quella ciurma fu come guardare le foglie riprendere colore e i pallidi raggi solari attraversare nuvole temporalesche, spaccando la coltre buia e rischiarando ogni angolo. L’autunno era ancora ben presente dentro di lui, con i suoi artigli affilati che affondavano nella terra fredda e bagnata aggrappandosi a radici marce e foglie bruciate, ma la primavera tentava di scacciarlo ad ogni onda attraversata, ogni isola superata, ogni risata liberata.

Poi si imbatterono nell’estate, vestita di nero e fumo e cuori e insulti.

E il fuoco si impossessò del suo petto.

 
*
 
Zoro non era stato interessato al cuoco sboccato, in tutta sincerità.

Mihawk prese tutta la sua attenzione ben prima di attraccare al ristorante a forma di pesce a cui Rufy fece subito danni, quando Jhonny lo avvertì del suo avvistamento in quelle acque mai troppo tranquille. Il brivido che lo attraversò pensò fosse di eccitazione – fu invece di avvertimento.

Troppo presto, troppo debole, troppo sangue. Il suo sogno, il loro sogno, era ancora lontano dal realizzarsi.

Venne buttato in mare con un taglio che gli squarciava il torace, venne portato al sicuro grondando sangue e lacrime e urlò al suo capitano una promessa, la seconda della sua vita, ugualmente importante.

Non perderò mai più

Essere sconfitti era un lusso che non poteva permettersi per diventare il più forte spadaccino del mondo.
In quel mondo avrebbe significato morire, abbandonare tutto e ricongiungersi a Kuina senza aver tenuto fede alla loro promessa. Non era quello che voleva.

L’estate venne quindi dimenticata. Trasportato da Jhonny altrove in attesa del resto della ciurma, il pensiero non tornò più al cameriere imbarazzante che regalava cibo e drink a Nami ammaliato da moine fasulle. Aveva altro a cui pensare, in tutta sincerità.

Finché non lo ritrovò a combattere al suo fianco.

*
 
Avere il cuoco sulla nave era strano e fastidioso allo stesso tempo.

Portava con sé l’odore della nicotina e delle carni abbrustolite alla perfezione; le scarpe, che avrebbero dovuto essere sporche di sangue, lucide di pulizia e le mani libere di pizzicare spezie e toccare fornelli bollenti, con il rumore di pentole e padelle di sottofondo a fare magie; vestiti eleganti da damerino e la bocca più sporca che avesse mai sentito imprecare. Il suo regno era il cucinotto nella stiva e solo averlo visto all’opera contro gli uomini pesce aveva permesso di destare il pigro interesse di Zoro.

Tra un allenamento e un altro, si ritrovava a guardarlo volteggiare dietro la strega del mare inondandola di complimenti ignorati e pasti elaborati, lasciando al resto della ciurma scarti e avanzi e ringhi fumosi. Sbobba, la definiva con tono schifato, ma al palato di Zoro era il cibo più buono che avesse mai mangiato.

Attento alle loro necessità, il cuoco era bravo tanto quanto era detestabile il ricciolo del suo sopracciglio: tagliava la carne di Rufy con verdure selezionate e sostituiva i funghi nella dieta di Usop con alimenti che sapeva gli sarebbero piaciuti, il tutto sotto i loro occhi mai attenti a queste piccolezze.

Il riso che lasciava a Zoro, soffice e caldo e modellato in polpette ripiene del pescato del giorno, aveva il potere di rifocillarlo dopo l’allenamento, ristabilendo le sue forze e donandogli uno stomaco tiepido di autunno, di casa.

Mentre l’inverno l’aveva attaccato senza dargli scampo e la primavera gli si era buttata addosso cercando di scaldarlo, l’estate non faceva nulla per imporsi.

Il cuoco passava le giornate cucinando e controllando le provviste degradandosi ai piedi di qualsiasi essere femminile, la sigaretta stretta tra le labbra e la calma razionale delle mattine di inizio estate, quando il sole non era ancora alto e l’aria fresca filtrava tra le imposte nell’inganno di una giornata piacevole.

Bastò una sfida per farlo esplodere. Una provocazione borbottata a mezza bocca e il loro rapporto si fece rovente come i pomeriggi più torridi.

Calci, fendenti, parapetti rotti e pareti sfondate divennero la quotidianità, le provocazioni e gli insulti l’unico modo in cui riuscivano a parlare, il rispetto per l’altro tacitamente nascosto sotto strati di vere sfide e falsi fastidi.

Il costante sparring con il cuoco portava i suoi allenamenti al livello successivo, migliorando la sua velocità e la sua agilità e permettendogli di respingere colpi che, se fossero andati a segno, gli avrebbero spappolato gli organi interni con il solo spostamento d’aria. I muscoli dolevano dopo i loro scontri, il sudore bruciava gli occhi e inzuppava i vestiti, il legno della nave su cui crollava ansimando non era abbastanza fresco per togliere via il calore che gli era stato spinto addosso. O forse era la presenza di Sanji, con il corpo accasciato lì vicino luminoso come il sole sopra di loro, a continuare a buttare fuoco ad ogni respiro.

Zoro sogghignava quando pensava ai loro combattimenti.

A freddo, si ritrovava a riflettere sulle mosse del cuoco, sempre diverse e sempre letali.

Sfiorava con lo sguardo i lividi che gli intaccavano il corpo abbronzato, ammaccature pesanti e nere che ritrovava in coppia sulla pelle del ricciolo, bianca e lattiginosa come le nuvole sporadiche che facevano capolino nei cieli estivi.

Apriva e chiudeva le mani a pugno, ricordando con nervi e tendini la forza utilizzata per scontrarsi con quei calci distruttivi, quel piede che spingeva sulle lame incrociate e i sentori di fumo che non erano solo di sigaretta, ma qualcosa di più profondo ed esiziale, come gli incendi naturali che scoppiavano nei campi d’erba troppo secca quando il calore era insopportabile.

Si tastava le costole sentendole tenere e fastidiose ad ogni respiro, rivivendo ogni singolo episodio in cui era stato messo in ginocchio da una sequenza fantasiosa e perdendosi nel giallo brillante di quei capelli e nell’azzurro violento di quegli occhi, alzando la testa con un ringhio e ritrovandosi l’estate davanti pronta a fargli il culo.

Era la parte che gli piaceva di più, quella.

La consapevolezza che si trattasse di uno scontro alla pari, il bisogno di trovarsi muso a muso per provocazioni puerili, la sicurezza di avere le spalle coperte in ogni situazione.

Zoro era stato pronto ad essere solo nella realizzazione del suo sogno.

Iniziava a pensare che fosse stata un’idea stupida.

*
 
“È triste, sai.”

Zoro non alzò nemmeno la testa dai suoi boccali di birra. La presenza di Nami era minacciosa come l’arrivo delle mezze stagioni, pronta a fare promesse che difficilmente avrebbe mantenuto, il sorriso compiaciuto sulla faccia e milioni di berry di debiti che fioccavano ad ogni respiro.

Sentiva l’odore di soldi e pioggia quando lei gli si faceva vicino e non capiva come il ricciolo riuscisse a vomitare tutte quelle idiozie sulla strega senza che la lingua rimanesse paralizzata dal veleno che sembrava emanare la sua sola presenza.

Il cuoco era andato solo degenerando con il superare delle isole. Nami lo aveva rintronato senza nemmeno provarci, Vivi era stata deleteria per la sua sanità mentale e l’arrivo di Robin, con la sua aura misteriosa e il sorriso sempre presente, gli aveva fatto direttamente partire il cervello. Sembrava bastasse un nulla per farlo attorcigliare su sé stesso e sputare complimenti privi di senso logico, servendo alle ragazze cocktail complicati e stuzzichini ricercati e strisciando ai loro piedi come un verme imbarazzante.

A Zoro non interessava granché, non quando rimaneva particolarmente ricettivo a provocazioni e prese in giro. Chopper era stato sconvolto nel sapere della loro abitudine a picchiarsi dopo due parole distratte, ma la Sandai Kitetsu cantava ogni volta che Sanji attaccava e Zoro si sentiva vivo nell’affrontarlo.

Le spade riconoscevano il valore di proprietari e avversari e le lame maledette vibravano nell’avvertire qualcuno che potesse essere loro simile e il cuoco, con le sue mani sacre e i piedi sanguinari, era stato scelto come pari molto tempo prima.

La strega gli rubò un boccale e lo scolò senza nemmeno respirare. Zoro ne fu infastidito. “È triste, dicevo.” Sbottò brusca, battendo la pinta sul bancone con un tonfo. Si pulì la bocca e si guardò intorno con fare distratto, sicuramente puntando un povero diavolo da alleggerire dei suoi averi. “Molto triste.”

“Non parlo con te.”

“Sta diventando velocemente patetico.” Si sistemò sullo sgabello e mosse le spalle in modo tale che la scollatura sarebbe diventata ancora più illegale al primo respiro più profondo. Zoro nemmeno abbassò lo sguardo. “Il modo in cui vi guardate, intendo.”

Un ringhio gli sfuggì dalla gola, basso e pericoloso. Venne soffocato da una bottiglia rubata dal retro del bancone. Nami lo ignorò. “Ci sono modi più rapidi per dirgli che ti piace.”

“Non voglio sapere cosa vuoi.”

La sentì sbuffare, sorridendo a un avventore e trovandosi magicamente in mano una ventina di portafogli. “Non hai nulla da darmi a parte un debito aumentato del 125%.”

“CHE DIAVOLO!”

“Se decidi di smettere di picchiarti con Sanji-kun potrei valutare di farti uno sconto. Lo 0,1% dovrebbe andare bene.” La vide scendere dallo sgabello, controllando nella scollatura come se ci fosse un tesoro. Conoscendola, era il posto scelto per la miriade di furti di cui era colpevole. “Se fate piangere di nuovo Chopper, Robin potrebbe decidere di castrarvi.” Gli sorrise ampia e se ne andò dalla taverna, lasciandolo fumante, infastidito e bisognoso di alcool forte.

Mezze stagioni, rifletté sbuffante ingozzandosi di birra. Arrivavano senza preavviso e ti rovinavano l’esistenza.

 
*
 
Zoro non era interessato ad una relazione.

I suoi nakama erano i soli di cui aveva bisogno e Sanji, nonostante tutto il nervoso e il fastidio che gli faceva venire, era un suo nakama. Era molto più di qualunque altra etichetta potesse esistere in quel mondo.

Tutti, in quella ciurma, avevano un sogno da realizzare. Il cuoco non faceva eccezione.

L’All Blue era tutto per Sanji come battere Mihawk era tutto per Zoro. I loro obiettivi venivano prima di qualsiasi cosa, prima di ogni persona e niente avrebbe potuto fermarli.

Vederlo pronto a sacrificarsi non era preventivato.

“Ricordati di salutarmi gli altri e di’ loro che mi dispiace … ma credo che dovranno cercarsi un altro cuoco.”

L’estate non era quella che conosceva nell’isola senza sole di Thriller Bark. I raggi non trapassavano la nebbia spessa e costante, il cielo rimaneva coperto di buio e viola, il fuoco era soffocato da qualcosa che non capiva del tutto e Zoro si mosse prima di pensare, spegnendo la scintilla che rischiarava tutto con un colpo al fianco e affrontando Kuma a testa alta, pronto a morire per Rufy e i suoi nakama.

Era stata una lotta costante, la loro, ma Zoro non avrebbe permesso a nessuno di essere al suo posto.

Men che meno il cuoco.

 
*
 
Sanji aveva dei problemi nascosti e Zoro non era interessato a scoprirli.

L’estate ricominciò a splendere e a picchiare, rumorosa e abile come una vespa rabbiosa, ma c’erano delle nuvole ad offuscare il sole e il cielo non era terso come era abituato a vederlo. Chopper permise al cuoco di pulirgli le ferite e controllargli le bende, troppo oberato di lavoro tra i sopravvissuti di Thriller Bark e Rufy, e il ricciolo ne approfittava per insultarlo tra sbuffi di fumo e minacce di morte cruenta.
Zoro non pensò quando si mosse per prendergli il braccio – non il polso.

Sanji inspirò bruscamente senza guardarlo e fece scivolare la mano, permettendogli di toccargli le dita con guance rosa di rabbia e altro e bloccandogli il respiro, continuando a disfare medicazioni sporche e sciacquando ferite vecchie e nuove con una cura a cui non era abituato.

“Marimo di merda.” Lo sentì sussurrare a denti stretti ricucendo una sutura saltata, liberandosi dalla presa di Zoro e buttandolo sdraiato con una manata sulla fronte. “Fai un’altra volta una stronzata del genere e pregherai di essere già morto.”

Zoro non era interessato a una relazione.

Questo, almeno, fu quello che smise di raccontarsi quando riuscì a prendersi un bacio.

 
*
 
L’estate, comprese con vergogna, spazzò via l’autunno ben prima di quel momento.

Lo capì quando Kuma – sempre lui, sempre invincibile – lo spedì in un’isola grigia e cupa, il suo obiettivo di una vita impegnato a regnare e coltivare su una terra abitata solo da babbuini umanoidi francamente fastidiosi e la presenza urticante della tizia in rosa di Thriller Bark.

Non riuscì a vedere né sentire l’estate per due anni.

Si ritrovò suo malgrado a cercare il giallo solare dei suoi capelli tra immaginari scorci di grigio ogni volta che sollevava lo sguardo al cielo, l’azzurro fiammante dei suoi occhi nel mare cupo tutto attorno quando alzava la testa dopo l’ennesima sconfitta, il caldo rovente dei suoi calci nell’umidità che lo circondava e nel dolore sordo delle spade di Mihawk e si insultò, impegnandosi a migliorare.

Avrebbe rivisto il cuoco dopo quei due anni, rifletté rimettendosi in piedi, riprendendo la posizione e affrontando Mihawk per un nuovo scontro.

In quel momento, il divieto di bere faceva molto più male.

 
*
 
La nave tagliata a metà galleggiava nella baia e Zoro si stupì nel pensare al suo futuro quando vide il cuoco urlargli contro dal molo.
Mihawk fu un insegnante pericoloso e letale. La minaccia di astinenza da alcool era stata più spaventosa della perdita dell’occhio e il più grande spadaccino del mondo – no, non Zoro, era ancora troppo presto – mantenne entrambe le promesse con la calma annoiata che lo contraddistingueva.

Lo avrebbe sorpassato, prima o poi. Sarebbe riuscito ad ucciderlo e togliergli il titolo, ne era sicuro come lo era del fatto che Rufy sarebbe diventato il Re dei Pirati.

Sanji avrebbe trovato l’All Blue e Zoro lo avrebbe guardato ammirare tutti i pesci più strani che popolavano quel mare e la vegetazione che lo circondava con la meraviglia negli occhi, quel sorriso tutto denti e gengive che riusciva a rischiarare il sole e il cielo e l’autunno, immergendolo nell’estate più calda.

Avrebbe costruito un ristorante lì in mezzo, pensò perdendosi nelle mangrovie e spingendo Sanji tra bolle e radici. Avrebbe permesso a tutti di raggiungerlo, rifletté baciando quella stupida faccia decorata con un pizzetto ridicolo e afferrandogli forte i fianchi, zittendolo dal lamentarsi di quanto Zoro fosse rozzo e cafone e difendendosi da un calcio mille volte più forte di come lo ricordava, insultando le sue sopracciglia e deridendolo per essere stato il settimo a raggiungerli.

Zeff sarebbe stato il secondo cuoco a solcare quelle acque e Zoro avrebbe dovuto difendersi da due tipi di attacchi: quelli a cui era stato abituato fino a quel momento, frutto di allenamenti spietati e amorevoli e che lo avevano fatto crescere, e quelli nuovi, quelli infiammati, quelli arricchiti della parte di più calda dell’estate permettendo al cuoco di volare e perdersi nel cielo una colonna di fuoco.

Zoro sarebbe diventato lo spadaccino più forte del mondo e avrebbe seguito Sanji ovunque avesse deciso di stabilirsi, sonnecchiando e bevendo e accogliendo pigramente suicidi desiderosi di soffiargli il titolo.

Il suo sogno solitario, nato nell’autunno di un villaggio dell’East Blue, si unì a quello dei suoi nakama.

E l’avrebbe raggiunto con l’estate accanto.
 
 
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Note:

Il Villaggio Shimotsuki è stato ispirato alla città giapponese di Nara. Shimotsuki è il nome tradizionale del mese di novembre nel calendario giapponese, da qui la frase “… villaggio che implicava l’autunno nel suo nome …”
 

Ho sempre voluto provare ad affrontare One Piece e questo mi sembrava un buon momento XD sarebbe stato bello arrivare fino a Whole Cake Island ma ahimé, il contest prevedeva 3000 parole, non riesco a darmi una regolata quando non ho limiti immaginate quando sono ristretta! Un trauma! XD
Grazie mille per aver letto!!!

 
 
   
 
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