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Autore: laprimadonna    16/10/2023    1 recensioni
L'imperatrice pirata Boa Hancock è sola nella sua stanza e non può fare a meno di ricordare un passato doloroso.
"Qualche volta, di notte nella sua stanza Hancock ripensava alla sua infanzia da schiava.
Succedeva soprattutto nelle fasi di luna nuova, quando l’assenza della luce lunare la inghiottiva nelle tenebre più profonde.
In quelle ore la sua stanza, dotata di un grande letto ricoperto di soffici cuscini e delicati tessuti, ammobiliata pregevolmente, affrescata con colori vivaci, assomigliava in modo fin troppo realistico alla cella dove aveva trascorso gran parte della sua infanzia".
Genere: Drammatico, Introspettivo, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Boa Hancock, Monkey D. Rufy
Note: Missing Moments, What if? | Avvertimenti: Tematiche delicate
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Qualche volta, di notte nella sua stanza Hancock ripensava alla sua infanzia da schiava.
Succedeva soprattutto nelle fasi di luna nuova, quando l’assenza della luce lunare la inghiottiva nelle tenebre più profonde.
In quelle ore la sua stanza, dotata di un grande letto ricoperto di soffici cuscini e delicati tessuti, ammobiliata pregevolmente, affrescata con colori vivaci, assomigliava in modo fin troppo realistico alla cella dove aveva trascorso gran parte della sua infanzia.
Le pareti non erano più stuccate, i soffitti non più affrescati, ma vedeva chiaro, come fosse lì in quel momento, i ruvidi mattoni in pietra, graffiati e con macchie di sangue rappreso. Sotto i piedi non sentiva la morbidezza del materasso ma la terra umida e puzzolente di secrezioni umane, la brezza fresca che entrava dalla finestra si trasformava in un freddo umido che le entrava nelle ossa.
Le sue sorelle lo sapevano, e in quelle notti lasciavano sempre qualche candela accesa nella stanza a tenerle compagnia. All’inizio si offrirono anche di dormire con lei, ma la loro vicinanza non faceva altro che ricordarle il momento in cui veniva strappata dalla loro braccia per essere portata da uomini rudi che violavano il suo corpicino ancora da bambina. Alla fine, esasperata, gli aveva proibito di restare con lei nelle notti di luna nuova e loro, rassegnate, erano riuscite solo a lasciarle quella pallida fiamma, una squallida imitazione del calore di una famiglia. Ma alla lunga anche quella soluzione si era rivelata inutile, a tratti nociva. L’unico risultato di quelle fiammelle era proiettare sulle pareti le sue paure: rivedeva così i suoi carnefici, le botte, le frustate, le sevizie. Alla fine, dopo due o tre sere di quelle spaventose proiezioni Hancock aveva deciso che quelle immagini erano più sopportabili se restavano nella sua testa, così, quando le sue premurose sorelle uscivano dalla stanza, spegneva le candele e si lasciava martoriare la testa, così come in passato avevano fatto con il suo corpo.
La porta si aprì cigolando lentamente.
«Chi sei?». La brusca interruzione dei suoi orribili ricordi fu un sollievo per Hancock, ma fu così improvviso che non riuscì a impostare un tono di voce autoritario. Così dalla sua bocca uscì solo una vocina intimorita.
«Ah, scusa. Pensavo fosse la cucina. Avevo voglia di uno spuntino».
Era Rufy. Hancock si affrettò a farlo entrare e lei stessa riaccese le candele dei suoi incubi, benedette luci che gli permettevano la visione del suo amato. Chiamò una servitrice e si fece portare del cibo, così i minuti successivi se ne andarono guardando mangiare l’uomo che amava.
Era stato difficile trattenersi dal correre da lui per due interi anni, averlo così vicino e non poterlo vedere. Era riuscita a trattenersi solo perché sapeva che era giusto così, come sapeva che era giusto che di lì a qualche giorno avrebbe dovuto dirgli addio, e lasciarlo tornare dalla sua ciurma.
Ma per ora lui era ancora lì, e lei avrebbe goduto della sua compagnia fino all’ultimo minuto.
Per quella notte l’incubo della sua infanzia era completamente scomparso dalla sua mente, occupata solo dall’immagine e dalla voce di Rufy.
«Non ti senti sola in una stanza così grande?».
«Di solito no, ma stanotte sono felice che ci sia tu a farmi compagnia».
«Perché stanotte?».
Hancock gli raccontò brevemente la sua infanzia, cosa voleva dire essere la schiava di un drago celeste. Cercò di raccontarlo come qualcosa di passato e dimenticato, cercò di nascondere la voce tremante, di non far uscire dalla sua bocca i demoni nella sua testa. Ma a ogni frase Rufy tremava di più, i suoi denti sempre più digrignati, la fronte più corrucciata.
Hancock appoggiò delicatamente una mano sul suo pugno stretto. «Ora sto bene, Rufy. È passato. Non permetterò mai più a nessuno di farmi quelle cose».
«Un giorno ti vendicherò, Hancock. Vendicherò la bambina che eri, l’infanzia che ti hanno rubato».
«Oh, Rufy». Quanto amore poteva contenere un cuore umano? Le sembrava che il suo fosse così pieno di lui da non riuscire a contenerlo tutto. «Sai, se fossi tu a toccarmi... tu puoi farlo. Se sei tu va bene». Gli prese una mano e se l’appoggiò sul petto.
Sapeva quali erano i sentimenti di Rufy, sapeva che non avrebbe mai avuto il suo cuore, che nessuna donna lo avrebbe mai avuto. Ma per quella notte lo voleva tutto per sé, solo una notte, poi non avrebbe chiesto mai più nulla.
Rufy fu gentile con lei. Accarezzò molte volte il suo corpo, toccandola come la cosa più delicata e fragile del mondo.
Hancock guidò la sua mano, mostrandogli dove e come voleva essere toccata. Gli insegnò come baciarla e lo ricompensava offrendo a sua volta baci e carezze.
Quella notte fece l’amore per la prima e unica volta. E non le importava di farlo come una sorella maggiore che accudisce il fratellino, voleva solo che fosse suo, e voleva essere sua.
La mattina dopo lui era ancora nel suo letto, dormendo nudo e beato come un bambino all’ombra di una terrazza in un caldo giorno estivo.
Quello che accadde quella notte rimase per sempre il loro segreto. Sguardi di complicità e sorrisi imbarazzati erano di routine nei giorni successivi, come le occhiate avide ai corpi reciproci, ma nessuno dei due si permise mai di rovinare quel ricordo per il tentativo di replicarlo.
Alla fine Rufy tornò alle Sabaody per incontrare i suoi compagni. Se ne andò con la promessa che si sarebbero rivisti, ma Hancock sapeva che non lo avrebbe avuto mai più.
Il mese successivo, durante la luna nuova, quella stanza non era più una cella gelida, sulle pareti non si proiettavano più ombre spaventose. Anche quando le coperte furono cambiate ci rimase sopra l’odore di Rufy, nella stanza di sentiva il suo respiro dormiente.




[N.d.A.] Adoro le donne forti e penso che Boa Hancock sia un ottimo modello per analizzare come una donna con un passato buio possa riuscire a superararlo e andare avanti.
Vi invito a commentare questo breve racconto, sono ben accetti anche e soprattutto critiche e consigli se ritenete ci sia quacosa che non funziona nella storia, anche se tutta la storia non funziona. Sto cercando di migliorarmi nella scrittura, quindi ogni appunto è sempre gradito.
   
 
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