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Autore: EleonoraParker    16/10/2023    2 recensioni
Vento sferzante, una lama ghiacciata nella notte. Penetra nell'abitacolo dal finestrino abbassato, tenta di scalfire la carne, non ci riesce.
Per un momento torna, il ricordo di quella sensazione.
La caduta libera e infinita, il dolore.
Dannato ed imperdonabile: non è mai stato nient'altro. Risollevarsi? Solo un'illusione, una distrazione.
Lui non è questo: occhi stretti e respiro corto. Non è perdita e non è agonia, non lo è più da molti anni.
/Un tributo a Crowley e ad i suoi pensieri dopo la fine della seconda stagione, accompagnato dai versi di "Via" di Claudio Baglioni"
Genere: Angst, Introspettivo, Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Crowley
Note: Movieverse | Avvertimenti: nessuno
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La mia sigaretta brilla rossa

Insieme a luci di periferia

Zampate della vita sulle mie ossa

Sei più sincero quando dici una bugia

 

Vento sferzante, una lama ghiacciata nella notte. Penetra nell'abitacolo dal finestrino abbassato, tenta di scalfire la carne, non ci riesce. Non potrebbe, non potrebbe superare quelle ferite profonde, invisibili, che già da tempo hanno segnato l'inizio del dolore e la fine della sofferenza, agonia d'irrequietudine dispersa in un sibilo acuto di aria che correva, come questa, scorreva via, a velocità infinitamente maggiore. 

Per un momento torna, il ricordo di quella sensazione. 

La caduta libera e infinita, il dolore. 

Ma non è così, perché chi è caduto, come è caduto lui, non può cadere più in basso. È questo che ha sempre creduto, per questo non ha mai avuto paura. È questo ciò che ora deve credere. 

È, dopotutto, l'unica verità. 

Dannato ed imperdonabile: non è mai stato nient'altro. Risollevarsi? Solo un'illusione, una distrazione.

Lui non è questo: occhi stretti e respiro corto. Non è perdita e non è agonia, non lo è più da molti anni. 

L'ha già subita una perdita, come dimenticarla? La perdita. È stata tale, e talmente greve, ai tempi in cui ancora c'era qualcosa da perdere, qualcosa per cui provare mancanza, dopo, da non poter essere mai più replicata. Ai tempi in cui ancora l'egoismo non aveva corrotto quel regno di candida pace che pace, dopotutto, non aveva mai conosciuto. 

Era stata dura da superare, era stata…totale, come se non fosse rimasto nulla dopo, dentro, una volta privato di quello. 

In Paradiso aveva provato disagio, disappunto, dubbio, certo, moltissime volte. Per molto tempo si era sentito sbagliato, fuoriposto. Aveva fatto domande che non avrebbe dovuto fare, nutrito idee che sarebbe stato meglio dimenticare, e ormai non ricorda più molto di allora ma sa che, dopotutto, in fondo, era stato bene. Ed era inevitabile che fosse cosí, perché tutti gli angeli, per quando sbagliati, sono pervasi dalla speranza, da un'armonia universale ed infinito ottimismo.

 

E dalla stupidità, dalle illusioni, da quella loro incapacità di vedere nulla che non sia illuminato dalla luce divina.

 

Ma quando era caduto tutto era cambiato. Tutto era svanito, ed era giunto il dolore, la paura, l'inquietudine, talvolta la nostalgia, il rimorso, sentimenti che non avrebbe neanche potuto immaginare, prima. Erano stati troppi, e tutti insieme, fusi in quel senso di mancanza generale a cui non era riuscito neanche a dare una forma, per quanto grande era. Lo avevano disorientato, terrorizzato, quando non sapeva neanche cosa fosse il terrore. 

E così era stato per tutti quelli come lui, per tutti i demoni, allora. All'inizio, doveva essere una punizione, niente di più, una punizione eterna, per chi aveva fatto più o meno domande, senza distinzione. Per chi aveva disprezzato quel dono di armonia che l'esistenza angelica garantiva. Per secoli non era stato niente di più, finché qualcosa non si era smosso. Finché qualcuno di loro non aveva trovato sufficiente coraggio per rimettersi in piedi, svuotato di ciò che era, sì, ma riempito di quanto sarebbe potuto essere. Di quanto voleva essere. E poi, non avevano più smesso. Non era stato Crowley il primo ad alzarsi, ma era stato tra i primi. 

Avevano costruito qualcosa allora, laggiù, qualcosa di triste forse, e oscuro, ma nuovo, con del potenziale che riuscivano a scorgere solo a tratti, ma che c'era, percepibile, e che era cresciuto con loro. Era stato riempito, lentamente, di idee, e discussioni, e discordia, che poteva sembrare terribile, pensando al posto da cui provenivano, ma dopotutto non lo era affatto. Presto si erano resi conto di non dover più dire "si". Di non dover più chinare la testa di fronte a ciò che non capivano o non apprezzavano. 

E nel momento esatto in cui i demoni avevano capito di essere liberi, quella perdita era stata superata. Perché era stata, al tempo stesso, una conquista. E non ne sarebbe mai più potuta esistere, per loro, una più grande. 

Non allora, non adesso. 

 

Libertà. 

È qui, a graffiargli la pelle. 

È nell'odore di fumo del tizzone ardente che tiene tra le dita mentre guida, un'abitudine umana a cui non è mai stato troppo legato, ma di cui ha riconosciuto l'utilità, talvolta, quando  è stato particolarmente infuriato come è ora. 

È nelle luci fuori che sfrecciano via, e si allontanano da un'esistenza -ed un essere- di oscurità. 

È nella lancetta del tachimetro che continua a salire, fin oltre i numeri tracciati.

 

E non ci sarà nessuno a dirmi di rallentare, questa volta, o di stare attento.

 

Libertà, libertà da assaporare. Libertà da un indefinito durato troppo a lungo, da un rischio corso troppo spesso, da bugie ripetute troppe volte, cosí tante che sono finite per diventare verità. 

 

"Dimmi la verità, ci credi ancora al Paradiso, angelo? Anche dopo tutto questo casino dell'Apocalisse?" 

"Io…certo che ci credo. Gli arcangeli in carica…possono non essere il massimo - oddio, spero di non ottenere un richiamo per questo- ma di certo…di certo c'è più di quanto sembra. Di certo Lei aveva pianificato tutto." 

"Tsk! Certo! Probabilmente se continuerai a raccontartelo abbastanza spesso potrai perfino crederci." 

 

Bugie, fredde come uno schiaffo. 

Come quest'aria che non fa male, e che non ulula agonia vagando in cavità svuotate dalla perdita, perché non c'è perdita e non c'è agonia.

Bugie, per sopravvivere. 

 

~~~~~

 

Sull'asfalto acquoso una luna affilata

A tagliare i fili che legano le stelle

Stringo al cuore una lattina vuota

E scopro che hai lasciato le unghie sulla mia pelle

Finestrini aperti a dissetarmi di vento

La mia ruota incollata sulla striscia bianca

Della mezzeria

 

E come l'aria scorre il tempo, inedita novità, conosciuta scoperta, solo realizzazione. Sì, realizzazione, lo vede alle sue spalle, per la prima volta. 

Non è un concetto facilmente afferrabile, il tempo, per chi ha sempre vissuto in condizioni permanenti, apparentemente senza ragione di termine. 

In Paradiso, poi all'Inferno, e persino sulla Terra, sebbene lì avesse già cominciato ad essere evidente, sulle facce degli uomini, nelle loro vite limitate, nella loro evoluzione…ma era stato divertente, allora, guardarlo scorrere, guardare gli umani nuotare nel suo flusso, possedendo già una conoscenza superiore a quella che loro avrebbero mai potuto conquistare pur fino alla fine dei tempi. E comunque, non lo aveva sentito, non davvero. Ne aveva avuto un'idea quando l'Armageddon era stato prossimo, ma poi tutto era tornato alla normalità ed allora era sembrato più eterno di prima. Guardare le giornate, le vite, iniziare e finire, le persone arrivare e partire, come portate al Ritz, nelle strade, da una vetrina, in un parco, sapendo di essere infiniti, come sempre era stato, ma finalmente non più soli. 

Avrebbe voluto, che fosse eterno. 

 

"Niente dura per sempre" 

 

No, infatti. Adesso lo può vedere chiaramente. Si rende conto di come il tempo, superiore a tutti loro, forse persino a Lei, sia passato per tutto e tutti. 

Trascorsa è, quell'epoca in cui gli angeli non dovevano temere ripercussioni per comportarsi con onestà, e bontà, da angeli, quali sarebbero dovuti essere. 

Trascorsa è, quell'epoca in cui l'Inferno era un luogo di dannazione, certo, sempre, ma anche di libertà, di pensiero indipendente, di idee pericolose e terrificanti ma anche innovative. 

Si accorge che tutto è caduto, infine, nella corruzione e nell'oblio. Nell'abitudine del vuoto da cui tutto ciò in cui un tempo si credeva è stato riempito. 

E che significato ha, allora? Che significato può mai avere combattere per una fazione che ha perso ogni valore? 

È sempre stato considerato uno dei più disobbedienti, Crowley, uno dei più disinteressati nella loro causa, tra i demoni, sebbene tremendamente bravo in quello che faceva, e per questo onorato di alte cariche e rispettato, in un certo senso - più che altro temuto- incaricato persino della corruzione degli esseri umani, anche se su quel punto nutriva tutt'ora parecchi dubbi. Ma non era davvero cosí. La verità era solo che non aveva mai voluto combattere, nè impegnarsi, per cause che non erano le sue. Che appartenessero al Paradiso, o all'Inferno, non aveva mai fatto differenza.

Aveva lavorato spesso duramente con le tentazioni, ma quello era diventato solo parte della sua natura, ordinaria amministrazione (e a dir la verità, lo aveva sempre trovato divertente). 

L'unica causa però per cui si fosse mai realmente impegnato, si accorge, è stata salvare la Terra, quello stupido, piccolo pianeta su cui ha passato gli ultimi millenni della sua esistenza, e ad essere onesti anche i migliori. 

Vi si è impegnato, ed è stato anche in grado di collaborare, collaborare, con qualcuno, lui che ha sempre lavorato da solo ed è sempre stato, solo. Ma dopotutto, aveva cominciato a collaborare con quel qualcuno da millenni, sebbene non fosse mai sembrato tanto importante prima, non all'inizio, non come ora. 

Si permette un pensiero, uno solo.

 

Stupido angelo, hai combattuto anche tu per la mia stessa causa, e ci hai tenuto esattamente quanto me. Ti sei ribellato all'autorità, sebbene non avessi neanche il coraggio di ammetterlo, proprio come avrebbe fatto un demone, eppure hai ancora la faccia di crederti superiore a noi. E ora sei tornato dritto nella trappola mortale da cui hai tanto cercato di fuggire. 

E per cosa? Credi ancora che le tue cause siano le loro?

Stupido angelo.

 

Si accorge di star digrignando i denti, fissando stelle lontane, stelle su cui avrebbe voluto fuggire, fuggire con lui, galassie persino, Alpha Centauri, luoghi che loro stessi potevano aver creato, in un altro tempo ed in un'altra vita, una libertà fin troppo conquistabile, un'eternità in equilibrio su un filamento di stelle, percorso in punta di piedi, mai troppo avanti né troppo indietro, puntando ad un infinito che si è ormai rivelato essere troppo lontano per loro. 

 

La sigaretta tra le sue dita scompare, ormai consunta, e allunga il braccio per afferrare la fiaschetta che giace sul sedile accanto, vuoto, piena da tutta la sera, mai davvero svuotata, alcool che evapora dalle arterie già infuocate, stupidi miracoli a rendere infinito quell'inutile circolo. 

La porta alle labbra, ne prende un sorso. Vuole trovarla piena ma prova disgusto a non trovarla vuota, ennesima prova a ricordargli come nulla sia normale, per lui, come nulla potrà mai esserlo, nulla seguirà mai una successione, eppure…

Eppure tutto finirà. 

La passa nella mano destra, la getta fuori dal finestrino facendola svanire nell'aria un attimo dopo con un lieve moto delle dita, lanciandovi appena uno sguardo distratto, e allora le vede: mezzelune rosse sulla mano destra, unghie larghe, curate…unghie che non sono le sue. 

Brucia la ferita, brucia il petto, ammesso che ci sia ancora qualcosa che possa bruciare lì dentro, forse il cuore, quel pezzo di carne a cui gli umani usano attribuire tanta importanza. Ma chi è lui per giudicarli? Lui che prova i loro desideri, ed è ricorso ai loro metodi per dare voce a ciò che non sapeva pronunciare, e…

Unghie. Gli hanno stretto quella mano, disperatamente, cercando di liberarsi dalla loro stretta altrettanto disperata. 

E lo risente, ancora. 

Lo risente sulle labbra, tra le mani, sulla schiena. Rabbrividisce e non a causa del vento gelido. 

La Bentley sbanda, da sola ritorna in corsia evitando ad uno sventurato guidatore sconosciuto uno scontro frontale che non avrebbe lasciato sopravvissuti. 

Ecco, ha fatto ciò che fanno i demoni. Ha infranto la purezza di un'anima innocente, l'ha contaminata con la sua oscurità. Ma, nonostante tutto, la sua reputazione e la sua caduta, il Suo perdono che non ha mai conquistato, è certo che Lei sappia che non c'è mai stato niente, in tutto quello che ha fatto, nella sua intera esistenza da demone, che custodisse meno oscurità di quel gesto, di quel…

Chiude gli occhi. 

Se fosse qualcun altro, Crowley verserebbe una lacrima. 

 

~~~~~~

 

Gli occhi come due pezzi di vetro

Tu non sei come ti credevo io

Un autotreno mi ruggisce dietro

Ma perché hai fatto il mondo così triste, Dio?

 

Quest'aria malvagia inizia ora ad odorare di marcio. Marcio, come l'Universo tutto sembra ormai essere diventato. Non se lo sarebbe mai aspettato, in un tempo ormai da secoli trascorso, quando era ancora un angelo, quando ancora vedeva la bellezza splendere in ogni dettaglio di quell'immensità di spazio e stelle, non avrebbe mai creduto che sarebbe arrivato un giorno a vedere solo marcio, marcio ovunque, e nessun posto sicuro, nessun posto da chiamare casa. È sempre stato un disadattato, non è mai davvero appartenuto a nessun posto, ma aveva creduto di potercisi abituare, eventualmente. Aveva creduto che ad un certo punto lo avrebbe trovato naturale. Non era mai stato cosí. Non lo è ancora adesso. Il non appartenere, porta un'inquietudine profonda, forse poco evidente perché sopita dal tempo, ma radicata indissolubilmente, e sconosciuta ai più. Forse, da questo punto di vista, può persino invidiare Aziraphel: lui, nonostante tutto, non ha mai smesso di sentirsi appartenere al paradiso, e questo forse lo porrà sempre in un dimensione di beatitudine  a lui sconosciuta ed irraggiungibile. 

E dire che c'era stato un periodo in cui persino Crowley aveva iniziato a dimenticarsi di quella irrimediabile mancanza. Un periodo durante il quale l'appartenenza, ad un luogo, ad un tempo, ad…un qualcosa, aveva iniziato ad essere di casa, quasi usuale. Un periodo in cui iniziava le sue giornate sapendo dove andare e cosa fare e con chi parlare, in quella città cosí grande, ma in fondo cosí piccola per uno come lui, che è Londra, in quel quartiere stretto, troppo affollato e colorato e chiassoso, piccolo, ma dopotutto contenente tutto ciò di cui uno come lui aveva bisogno. 

Per un breve istante si domanda cosa penseranno Nina e Meggie della loro scomparsa. Considerata la loro perspicacia, immagina capiranno che sono entrambi scappati; considerato il loro romanticismo (pur non tanto sviluppato quanto sarebbe tornato loro utile), crederanno che lo abbiano fatto insieme. Una smorfia che si atteggia a sorriso deforma le sue labbra: beati gli umani, e la loro eterna innocenza. Tentati, peccatori e criminali quanto li si voglia definire, continueranno sempre a conservare l’innocenza della speranza, del non sapere cosa esiste di davvero ineluttabile, di quali forze siano davvero incontrastabili. 

L’innocenza del non avere certezza alcuna sull’esistenza del Paradiso e dell’Inferno. 

 

Sente gli occhi bruciare, d’improvviso, e non ne capisce il motivo. 

Ricorda, in un momento, le ore trascorse a fissarli, in ogni epoca in cui abbia vissuto, in ogni superficie riflettente che abbia trovato, quegli occhi incapaci di versare lacrime da sempre a partire da allora, prova innegabile della sua reale natura di cui non è mai riuscito a liberarsi, nemmeno nella sua forma umana. Non erano brutti, non che non gli piacessero, con quella sfumatura ocra di cui coloravano il mondo e quelle ombre cui cui ne scurivano i contorni, era solo che c’erano momenti in cui… prova vergogna anche solo a ricordarlo ormai, ma c'erano stati dei giorni, forse solo momenti, durante i suoi primi secoli sulla terra, in cui si era trovato a desiderare, involontariamente, di essere di nuovo un angelo. Di non aver mai smesso di esserlo. Perché essere un angelo era più facile, doveva esserlo. Meno dolore, meno pensieri, meno paura; meno costante domandarsi cosa fosse giusto e cosa no, perché ci fosse sempre tanta sofferenza intorno, tra gli uomini, perché il concetto del libero arbitrio gli era, più o meno, chiaro, così come le responsabilità che portava con sé, ma non riusciva a capire lo scopo nascosto dietro il dare origine ad un mondo per poi abbandonarlo a sè stesso, o peggio, scatenarvici contro la propria ira, solo perché imperfetto. Imperfetto come lui l'aveva reso, con quel primo peccato. Imperfetto come doveva inevitabilmente essere. Imperfetto e abbandonato come lui.

Anche Aziraphel viveva sulla terra allora, eppure non si interrogava sugli ordini divini -non sempre almeno- si limitava ad accettarli ed eseguirli, e questo perché era un angelo. 

Ed inoltre, se fosse stato un angelo…non avrebbe dovuto limitarsi a brevi scambi una volta ogni secolo (che poi era diventato cinquantennio e poi ventennio, decennio e lustro, fino al ridursi -se cosí si può dire- a capitare ogni anno, una o anche più volte) con colui che riteneva allora il suo unico amico, l'unico, quantomeno, che potesse davvero comprendere la sua condizione, che condivideva il suo fato, l'unico di cui gli importasse davvero. Non avrebbe dovuto temere, costantemente, le conseguenze, e ancor di più non avrebbe dovuto temerle l'altro. Avrebbe forse così smesso di cercare di ignorarlo ogni qual volta Crowley cercava di avvicinarsi. 

Ma dalla dannazione non si torna indietro, e presto si era poi accorto di averlo in fondo saputo dal momento stesso in cui era atterrato all'Inferno. Aveva così finalmente compreso che i dubbi e le domande lo avrebbero assillato comunque, quand'anche fosse stato un angelo, cosí come aveva iniziato a nutrirle sin da prima della caduta. E allora aveva capito di non voler tornare indietro dalla dannazione, no, perché per la prima volta aveva realizzato l'importanza, di quelle domande, la libertà che tutta quella consapevolezza pesante e dolorosa donava. Per la prima volta era divenuto orgoglioso di essere un demone. Dannazione e tutto. E sempre allora aveva deciso, nel nome di quella libertà, di non poter lasciare che qualcuno decidesse al posto suo quali compagnie potesse frequentare e come. E che Aziraphel sarebbe stato una di quelle. 

Ma sotto quel punto di vista le cose non erano mai davvero cambiate. Non lo sono neanche ora, in fondo, nonostante tutto. 

 

"Staremo insieme. Angeli!" 

 

"Angeli", già, perché questa è sempre stata l'unica via per te, non è vero?

 

Eppure ha frequentato un demone come lui per millenni, e ha speso insieme a lui praticamente ogni giorno per anni. E cosa sono, in confronto alla loro eternità, pochi anni? Nulla. Per lui sono certamente stati nulla, e nulla hanno significato. 

Solo una pausa, nell'attesa di poter tornare tra i suoi, tra i "buoni", non luridi demoni striscianti, dalla reputazione rovinata una volta e per sempre a prescindere da tutto, da tutto quello che aveva visto, da tutto quello che per lui Crowley aveva fatto.

 

"È ovvio, si tratta dell'inferno. Siete i malvagi."

 

È pensare che ci aveva creduto, ci aveva creduto davvero, povero stupido. Dopo anni di attesa, aveva creduto che Aziraphel avesse finalmente capito che non dovevano essere bianchi e  non dovevano essere neri per essere chi erano. Aveva creduto che lui avesse capito che c'era un'altra via, per loro.

Ma non lo aveva mai fatto. 

Aveva creduto di essere suo amico, aveva creduto in lui.

Ma evidentemente tale fede non era mai stata reciproca, e quale fede lo è mai, d'altra parte? Crowley lo sa bene. È solo uno stupido, avrebbe dovuto prevederlo. Avrebbe dovuto capire di non essere altro che una figura da redimere, agli occhi di Aziraphel. Un'ennesimo incarico divino, forse. 

Sente un leggero senso di colpa, ora, a pensare così, e lo odia, si odia, ma dura solo un attimo. Un attimo che ancora ricorda quei sorrisi pieni, quei pomeriggi uggiosi e grigi trascorsi in libreria, colorati dalla sua voce che, con pazienza e perseveranza, cercava di avvicinarlo alla lettura, terribilmente noiosi, irripetibili; ricorda quel "mi avevi promesso una cena al Ritz" e quel "ho esatto delle scuse da quel mascalzone che ha ammaccato la Bentley proprio qui di fronte. Ho cercato di sistemarla con un miracolo ma non sono sicuro di aver fatto un buon lavoro…credi che avrei dovuto chiedere anche dei soldi a quell'uomo? "; ricorda quel "sapevo di poter contare su di te" e il fatale "io ho bisogno di te".

Aveva creduto davvero ci fosse qualcosa di più, tra loro. O che almeno potesse esserci. 

Lo aveva immaginato, il giorno in cui Aziraphel gli aveva proposto di tenere le sue piante in libreria, nonostante Crowley sapeva temesse, forse più di qualsiasi altra cosa, qualsiasi genere di insetto in prossimità dei suoi preziosi libri. 

Lo aveva visto, una sera in libreria, quando, oziando, si era accordo d'un tratto di essere osservato e alzando lo sguardo su Aziraphel aveva trovato tracce di lacrime sul suo viso, tra le sue mani stretto il 'Paradiso Perduto'. 

Ma lo aveva realizzato solo quando qualcuno lo aveva espresso a parole al posto suo. Quando era già troppo tardi. 

Ma è tutto storia ormai, passato, beffa ed illusione. Cos'altro potrebbe pensare? 

 È la speranza cieca e sorda di chi ama disperatamente. È la sofferenza di chi si è appena sentito dire che potrebbe essere amato solo se non fosse quello che è. 

 

Sente d'improvviso un ruggito basso e continuo, e tornando in sé, inorridendo, si accorge di essere sceso ai novanta chilometri orari, una velocità a cui non ha mai viaggiato in vita sua, un enorme autotreno a soli pochi centimetri dal bagagliaio della Bentley. 

Solleva il volto e lo sguardo verso il cielo, chiedendosi cosa mai sia diventato, ancora. Chiedendosi se sia possibile che tutto, nell'Universo, sia costruito al fine della sua sofferenza.

Preme l'acceleratore, tutto insieme, e sfreccia via in un inascoltabile lamento dell'abusato motore.

 

Con la consapevolezza guadagnata nei millenni, non gli era stato difficile dire no al paradiso, anzi. Era stato inevitabile, sebbene in quel momento avesse ripensato per un istante, e uno solo, a quell'irrealizzabile desiderio di secoli prima.

Non vi ha rinunciato solo perché non aveva intenzione di avere mai più a che fare con il Paradiso né tanto meno di rinchiudersi in una gabbia dorata, no. Crowley è un demone ed un amante, dannazione, per quanto fragile questo possa renderlo. 

Non chiedeva fossero solo le sue condizioni a prevalere, non lo avrebbe chiesto se davvero avesse avuto possibilità di scegliere. Ma come sempre, non è stato cosí  

Sarebbe stato capace di sacrificare qualche ideale, forse la propria libertà persino, per la sua felicità. Se fosse servito un posto in Paradiso per raggiungerla lo avrebbe forse persino aiutato a conquistarlo, ma non dopo aver saputo di non valere nulla, a confronto di quel posto in Paradiso, e aver dunque capito che non ci sono possibilità che sia Aziraphel a cambiare quel regno ormai corrotto, ma che sarà quest'ultimo, invece, a cambiare lui. 

Questo no, non avrebbe mai potuto sopportarlo. Non può.

Può sembrare egoista, da parte sua, considerarsi l'unico metro di giudizio della consapevolezza divina di Aziraphel, ma è in realtà un modo come un'altro di mostrare un'innegabile verità: Aziraphel non è ancora pronto ad affrontare il Paradiso, non ad affrontarlo e vincere, ed è dunque impossibile che possa cambiarlo. Non quando continua ancora a ritenerlo essere nel giusto.

Ma, a quanto pare, è stato pronto a rinunciare a lui e a quanto avevano condiviso durante quella loro piccola e insignificante esistenza sulla terra, pronto a rifiutare ogni parte di Crowley che non fosse angelica. 

E non c'è più niente di angelico in Crowley, non ne è mai stato tanto sicuro come lo è adesso. 

Adesso che sa, di aver sprecato il tempo di una vita, tornando dritto a quando dire "no" significava perdere tutto. 

 

~~~~~

 

Alberi si drizzano ai lati della strada

Mi corrono accanto e il buio se l'inghiotte

Alla radio un rock arrabbiato come un pugno allo stomaco

Che mi stringe nella notte

Un dolore e un lampo di fuoco rosso

Dentro a questo amore che io non posso

Io non posso più

 

Sarà il fuoco, pensa, quello che arde dentro, quello della rabbia e del risentimento che prova, a far bruciare quegli occhi come tizzoni ardenti. Lo ha già provato, una volta, all'Inferno. 

Non può accettare che sia il fuoco della disperazione, invece, a farlo, probabilmente, e che ricordi cosí tanto l'Inferno da cui ha cercato di fuggire per tutto questo tempo. 

Come un prigioniero dell'Eternità, un ostaggio del tempo.*

Un'eternità che non gli è mai pesata, prima, impensabile la sua esistenza senza di quella, ma che adesso corre in circolo come un rimbombare antico, ed un ritornare eterno. 

 

Niente dura per sempre.

 

Ma tutto, prima o poi, ritorna. 

 

Prende un respiro profondo, guarda la strada, alberi ai lati che si susseguono come secoli, scomparendo nell'oscurità. 

Come è sempre stato e sempre sarà. 

Non vuole pensare al perché ora pesi cosí tanto, non avrebbe dovuto pensare a nulla di ciò che ha occupato la sua mente nell'ultima mezz'ora per iniziare.

Dopotutto, si tratta solo di un altro cambiamento. Andrà altrove, lontano da Londra, dove ha ormai trascorso bloccato fin troppo tempo. 

È di nuovo libero. E può andare ovunque, come ha sempre fatto prima. 

Tutto questo peso che sente è solo rabbia, ma dopotutto la sua intera esistenza è stata colma di rabbia ed odio, non è nulla a cui non si possa abituare e che non possa, eventualmente, dimenticare. 

Un giorno forse tornerà, perché in nessuna parte del mondo si trova un Gin tanto buono come quello di Londra, ma non significherà nulla, non tornerà per restare, scomparirà nuovamente e non lancerà nemmeno un'occhiata distratta a quella vecchia libreria di Soho, avrà di meglio da fare, di meglio a cui pensare, per allora, ne è certo. 

 

"I wouldn't hold my breath if I was you

You broke my heart and there's nothing you can do

And now you know, now you know

True friends stab you in the front"

 

Sposta lo sguardo sulla radio, accorgendosi improvvisamente di averla  riaccesa, da quanto non saprebbe dirlo. 

Ad ogni modo, deve essersi assicurato di cambiare stazione, evitando così vecchie lagne sentimentali a cui un giorno è stato persino così folle da attribuire un significato. 

La sua attenzione richiamata da quelle parole, da quella rabbia, non urlata ma decisa, incisiva. Ha sempre preferito la musica del secolo scorso, Crowley, ma talvolta, come in questo caso, è costretto ad ammettere che anche il presente vanta notevoli artisti emergenti. Questa epoca ha un nuovo modo di esprimersi in musica, sotto certi aspetti più libero, a volte fin troppo, fino a cadere nella mancanza di significato, ma molte altre volte più schietto e crudele, e questa è senza dubbio una cosa che Crowley può apprezzare. Sente lo rispecchi in certi momenti, momenti come questo, dove gli farebbe piacere dimenticare cosa sia stata la sua evoluzione e tornare ad essere solo un demone, non giudicabile, libero nella sua crudeltà. Ma non può farlo, non senza rinnegare ogni principio per cui ha appena rinunciato a…

Non senza tornare ad essere come loro.

No, non lo avranno, non cosí. 

Lo stomaco si stringe, forse l'umanità di un corpo -con le sue debolezze- a combattere contro un'essenza demoniaca, eterna ed inarrestabile, comunque vada.

Comunque vada…

Strige il volante, ora che non ha più niente da stringere, o solo trattenere.

Se nessuno è disposto a prenderlo cosí com'è, allora nessuno di loro lo avrà. È un giuramento, l'unico a cui possa tener fede un'anima che l'ha perduta tempo addietro. 

 

 

Aumenta ancora la velocità, allora, ora che tutto sta scomparendo. L'aumenta, nel nome della sua irrinunciabile libertà, per nutrire la sua perenne rabbia, per fuggire a quella inguaribile follia che a questo momento l'ha portato, che gli ha fatto credere di essere diverso, migliore, abbastanza. 

Follia, scintilla nella testa, riluce negli occhi straordinariamente lucidi, si abbatte come una saetta nel petto. 

Dolore, il vecchio, fidato amico evitato per troppo tempo. Esplode come una tempesta di roventi braci sul freddo fondo di ghiaccio e grida, risalendo in superficie dalle più anguste profondità. 

Grida, Crowley, lanciato in velocità verso una terra senza confini, al mondo non ancora finito, all'universo appena iniziato, alle possibilità, che si infrangono come specchi, cadendo come stelle, custodi della stessa speranza di desiderio. 

Grida al passato, al presente e al futuro. 

A chi sarà felice, a chi non lo sarà, a chi ha scelto di non esserlo e a chi non ha avuto scelta.

Grida perché spera che qualcuno lo senta. Non qualcuno che possa aiutarlo, nessuno può, ma qualcuno che possa rendersi conto dell'ingiustizia, dell'odio e della rabbia, della loro intensità e tinta. Della loro indelebilità. 

Qualcuno che ormai odia, profondamente.

Tanto profondamente quanto ormai ama il proprio essere dannato, demone, ma mai uguale a nessuno.

Figlio della ribellione, padrone e schiavo di essa. 

In quel grido, capisce di essere ormai -e solo ora realmente- nel suo giusto posto nell'ordine dell'Universo, giustamente integrato alla natura a cui appartiene, nel modo più autentico in cui mai lo sia stato.

Una natura solitaria, rancorosa, non fatta solo di odio e di rabbia, anche se profondamente odiata e che profondamente odia tutto ciò che le è avverso e nemico. 

Anche se ha rinnegato l'Inferno non la eviterà, non la dimenticherà, ora che l'ha scelta e l'ha capita per ciò che è realmente. 

Forse era questo il Suo piano, sin dall'inizio, o forse no, non gli importa più. 

Non farà più domande e non cercherà più risposte, perché ha già ricevuto ogni risposta, sonoramente come uno schiaffo. 

E ora non ne ha più bisogno. 

Demone è, e da demone vivrà, l'eterno dannato e ribelle che di nulla e nessuno necessita. 

E proverà a dimenticare che i demoni mentono, anche a loro stessi. 

 

*cit. Boris Pasternak

 

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Ciao a tutti e grazie per essere arrivati fin qui! 

Sebbene abbia visto la prima stagione già nel lontano 2019, questa serie mi ha davvero coinvolta solo quest’anno, con la seconda stagione e con tutto il bellissimo materiale che gira nel fandom, così ho rivisto la prima, ho letto il libro e…nulla, eccomi qui.

Breve introduzione questa per dire che sono nel fandom da poco e che chiedo quindi perdono per eventuali inesattezze o elementi OOC: devo ancora entrare davvero in confidenza con questi personaggi. 

 

Il finale della seconda stagione mi ha lasciata -me come molti altri suppongo- con molto da dire, e dovevo incanalarlo in qualcosa, così ho deciso di scrivere questa breve storia cercando di esprimere quelli che immagino siano stati i pensieri di Crowley dopo quel terribile/meraviglioso momento che credo non sia necessario specificare. 

Questo anche per chiarire che tutto ciò che ho scritto è direttamente dal suo punto di vista, dunque se certe affermazioni sembrano un po' assolutistiche viste dall'esterno e sapendo tutti i fatti è solo perché sono ciò che lui pensa in quel momento con tutti i sentimenti coinvolti, la rabbia ecc. 

(Ok, anche per me quello di Aziraphel è stato un tradimento senza possibilità d'appello, quindi è anche un po' quello che penso io, ma questo non è importanteXD).

Inoltre ci tenevo a trasmettere che, per quanto dolore possa provare, non ritengo Crowley il tipo da crogiolarsi nella sua sofferenza sentimentale, soprattutto visto che -almeno da quanto mi è sembrato- la realizzazione vera e propria di questi sentimenti per lui è arrivata da non molto tempo insomma. Non vorrebbe mostrarsi "debole" nemmeno a sé stesso quindi questo è secondo me l'atteggiamento che avrebbe assunto. E poi nulla, è davvero un bel personaggio è mi sono divertita a pensare come abbia potuto vivere il suo essere demone anche in precedenza. 

 

La canzone "Via" è una delle mie preferite di Claudio Baglioni e finalmente ho trovato un giusto personaggio a cui abbinarla, dopo averlo cercato per anni.  Ora non mi toglierò più davanti l'immagine della Bentley che corre nella notte tra le campagne inglesi XD

 

L'altra canzone di cui porto una breve citazione in inglese (e dunque i "talenti emergenti" di cui parlo) è "True friends" dei Bring Me The Horizon, il mio gruppo britannico preferito attualmente. Mi piace pensare che li apprezzerebbe anche Crowley.

 

Scusate se mi sono dilungata tanto ma queste cose andavano dette. E quando scrivo in un fandom per la prima volta ho sempre tanto da dire. XD

Ma sono molto contenta di essermi unita ad esso, sebbene tardi, soprattutto perché mi sta dando tante valvole di sfogo ultimamente. 

Spero di tornare presto a scrivere qui. 

Grazie ancora a tutti, spero la storia vi sia piaciuta. 

P.S. scusate per i problemi di carattere e corsivo, purtroppo il formato efp ha eliminato tutta la mia precedente formattazione. 
   
 
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