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Autore: MollyTheMole    18/10/2023    0 recensioni
La sostanza artificiale che assorbe il maggior spettro di luce - il 99,995% di tutta la radiazione luminosa - è la cosiddetta Blackest Black. Composta da nanotubi di carbonio, è stata progettata al MIT nel 2019 e ad oggi rappresenta il nero più nero che l’uomo abbia mai creato.
Ecco, qualche anno prima che fosse inventato la giovane agente speciale Jodie Starling si sentiva come se fosse sdraiata su quel famoso composto di nanotubi di carbonio.
Genere: Mistero, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Jodie Starling, Shuichi Akai
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
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Capitolo 2: Blackest black

 

I pigmenti che assorbono la luce piuttosto che rifletterla danno luogo a ciò che viene chiamato “nero”. E’ un fenomeno che si può ottenere in diversi modi. Uno di questo è la cosiddetta mescolanza o sintesi sottrattiva.

Prendiamo ad esempio due pigmenti o due colori diversi, e mettiamoli sotto una luce particolare con una determinata composizione spettrale. Essi avranno un colore specifico perché assorbono bande diverse della luce incidente. Una volta mescolati o sovrapposti e illuminati dalla stessa, medesima luce, si avrà la sensazione di essere di fronte ad un colore diverso. E’ un processo che avviene di continuo. Se un colore appare giallo è perché assorbe la banda blu, se appare magenta è perché assorbe la banda verde. Se li si mescola, vedremo rosso. 

L’uomo ha dipinto con questo principio per secoli. Più recentemente, si è dedicato alla fotografia e alla stampa. 

Quando la mescolanza sottrattiva coinvolge pigmenti che assorbono tutta la banda luminosa, la luce di ogni colore, si ha quindi il nero. 

La sostanza artificiale che assorbe il maggior spettro di luce - il 99,995% di tutta la radiazione luminosa - è la cosiddetta Blackest Black. Composta da nanotubi di carbonio, è stata progettata al MIT nel 2019 e ad oggi rappresenta il nero più nero che l’uomo abbia mai creato.

Ecco, qualche anno prima che fosse inventato la giovane agente speciale Jodie Starling si sentiva come se fosse sdraiata su quel famoso composto di nanotubi di carbonio.

A convincerla ad andare a quel ritiro a Punalu’u era stata la sua migliore amica Jenny Kinnear. Aveva conosciuto Jenny in accademia a Quantico, una ragazza di origini irlandesi, spumeggiante e divertente che sapeva renderle leggere le giornate con la sua innata frivolezza. Era un tipo di svago di cui aveva bisogno ogni tanto, anche se a volte non la capiva. Jenny sapeva tutto di tutti, era un pozzo senza fondo per gossip e altre nozioni superficiali delle quali Jodie non sapeva esattamente che fare. Tuttavia, Jenny era sveglia ed intelligente, sapeva tenere un segreto ed era una boccata d’aria fresca in contesti ad alta tensione senza essere inappropriata, stupida o inopportuna.

In quel momento Jenny era distesa sul telo da mare accanto a lei, la chioma rossa sparsa al sole. Nonostante fosse di Orlando parlava con un fortissimo accento irlandese, come se ci tenesse a rimarcare le sue origini.

L’agente Starling si chiese se non stessero facendo davvero un bel quadretto. Jenny rossa e pallida come una mozzarella; lei bionda e bianca come un panno lavato in varichina. Tutte e due stese al sole su una spiaggia delle Hawaii nella vaga speranza di abbronzarsi un poco salvo poi cospargersi di crema doposole e pentirsene amaramente. 

I loro fenotipi non si abbronzano. Diventano rossi come aragoste, ci restano per un po’ e poi squamano come serpenti in muta, per diventare di nuovo bianco latte e tornare a mimetizzarsi col muro.

E poi diamine, erano su una spiaggia nera.

Il nero assorbe i raggi solari. Questo significa che il calore si percepisce il triplo. E la loro pelle ne risentiva.

Si sentiva davvero come un’aragosta gettata nell’acqua bollente.

Aveva provato a far ragionare Jenny, ma lei era stata categorica. Anzi, era riuscita a convincere la stessa Jodie che sarebbe stata una grande idea andare a quel ritiro. 

- Primo: ci saranno anche altri ragazzi che si sono appena diplomati. Ragazzi molto, molto carini. La nostra vita è già complessa così, vuoi anche privarti dell’occasione di vedere un bel paio di addominali in costume da bagno? E poi, ci saranno i professionisti. Gli agenti speciali navigati. Quelli che contano. Magari sarà un’occasione per fare bella mostra di noi. Chissà, magari troviamo lavoro!- 

Jodie sapeva che le assegnazioni le facevano dall’alto, tenendo vagamente conto delle loro preferenze. Di norma, infatti, nessuno aveva davvero voglia di rinchiudersi in uno stanzino buio odorante di muffa a esaminare milioni di messaggi Whatsapp o filmati delle telecamere di chissà quale buco sperduto negli Stati Uniti. Tutti - forse complice l’eccesso di filmografia in proposito - volevano indiscutibilmente andare a fare i fighi agli Affari Interni, alla Sicurezza Nazionale o all’Antiterrorismo.

Se tutti coloro che ne facevano richiesta fossero andati davvero agli Affari Interni, all’FBI sarebbero stati freschi.

Jenny sapeva già che sarebbe andata al Traffico d’arte ed era felicissima, perché era quello che aveva sempre voluti. Lei, invece, stava ancora aspettando la telefonata di James Black.

Un uomo che per lei era stato come un padre.

Tuttavia, Jenny aveva colto nel segno, almeno in parte. No, non per gli addominali dei loro colleghi. Piuttosto, perché le cose si potevano cambiare. Era un’occasione per farsi conoscere. Le sue attitudini potevano piacere a qualcuno. Certo, ci sarebbe voluta una disgrazia in cui fare sfoggio delle sue capacità e Jodie non se lo augurava di certo. La gente pensava che la vita a Quantico fosse complessa, ma appagante. A volte, invece, era stressante e basta. Non aveva voglia di morti o disgrazie. 

Magari le sarebbe bastato un mojito e la giusta compagnia per spargere la voce che la giovane e volenterosa agente Starling aveva davvero i numeri per gli Affari Interni.

Doveva averli. Altrimenti, la sua famiglia non avrebbe mai trovato giustizia.

Sospirò, mettendosi seduta e asciugandosi il sudore dalla fronte con il palmo della mano.

Erano quasi alla fine del loro soggiorno alle Hawaii e non avevano ancora combinato nulla di buono.

E poi no, non avrebbe pensato all’Organizzazione degli Uomini in Nero sulla spiaggia nera di Punalu’u. 

Già c’era troppo nero - e troppo caldo - così.

- Vado a fare il bagno. Si soffoca qui.-

Jenny le rispose con un cenno della mano, il viso nascosto sotto il cappello di paglia ad ampie tese.

 

L’acqua era fresca, persino fredda. Era normale. L’oceano è profondo e l’acqua è per forza fresca. Il sole e il caldo le davano l’impressione che fosse più fredda di quello che era, ma a lei andava bene così. Un po’ di frescura era tutto ciò di cui aveva bisogno. 

Cominciò a nuotare. Era consapevole delle correnti, ma Jodie aveva imparato a nuotare bene. Negli anni si era sottoposta ad un rigidissimo addestramento. La sua famiglia adottiva non aveva mai capito del tutto per quale ragione il folletto biondo che si trovavano in casa fosse così ostinato a fare tutto ciò che ai loro occhi rappresentava un’attività - come dire? - eccentrica. Non di certo per quanto riguardava ascoltare l’heavy metal e laurearsi al college in una branca stranissima della medicina, questo no. Quelle erano attività curiose, ma accettabili. A sollevare la loro perplessità era stata la sua volontà di voler imparare un po’ di arti marziali e difesa personale, a guidare una moto, vestirsi di scuro, tingersi i capelli di colori strani, andarsene in giro con una BMX vintage che sembrava uscita dall’ultima stagione di Stranger Things, persino frequentare un corso di apnea. 

Jodie non era mai stata un’attaccabrighe. Non se la prendeva con tutti per partito preso, ma con qualcuno era arrivata ai ferri corti perché, a dispetto della sua apparenza da bambola di porcellana, era libera come l’aria. Non voleva il controllo. Ne doveva subire già abbastanza. 

La Jodie bambina aveva perso la sua casa, la sua famiglia, il suo nome. Tutto era stato modificato. A Jodie piacevano gli orsacchiotti di pezza, quindi alla sua falsa identità dovevano piacere i conigli di peluche. A Jodie piaceva la pizza, quindi il suo cibo preferito sarebbe dovuto diventare il cioccolato. A Jodie piaceva cantare, quindi avrebbe dovuto fare la ballerina. 

Per essere irrintracciabile doveva arrivare a mentire così bene da crederci lei stessa. 

Il risultato era stato che a domanda precisa aveva sempre dato una risposta precisa. 

Che cosa ti piace di più? 

L’orsacchiotto di pezza. 

Qual è il tuo cibo preferito? 

La pizza. 

Cantare o ballare? 

Cantare ovviamente. 

James era quasi diventato matto.

Però aveva voluto essere preparata. Non era mai stata così scema da credere che ciò non avesse delle conseguenze, così aveva cominciato la sua ferrea e rigida preparazione per diventare un’agente dell’FBI partecipando a qualsiasi corso che potesse tornarle utile in futuro. 

Quello era stato il baratto che aveva fatto con James: io accetto il programma protezione testimoni, tu accetti me all’FBI quando avrò l’età giusta per entrare. Sapeva che era stato un caro amico di suo padre e sapeva anche che sperava che le passasse la fregola di giocare al poliziotto. Era buono, James Black. Non avrebbe mai voluto che lei avesse lo stesso destino della sua famiglia o che facesse la stessa vita di privazioni che aveva fatto lui.

Invece si era trovato il summenzionato folletto biondo in piedi sulla soglia fresca di laurea, col suo migliore sorriso entusiasta, a presentargli il conto.

Per questo si sentiva sicura. Era una vita che Jodie nuotava e sapeva tutto dell’oceano. Sapeva che c’era corrente. Sapeva che era profondo. Sapeva che la spiaggia era nera.

Col senno di poi, non seppe spiegarsi per quale motivo reagì nel modo in cui reagì.

Dopo qualche bracciata sul dorso, fissando l’azzurro del cielo hawaiano, si voltò ed inabissò la testa per rinfrescarsi. 

E le mancò l’aria. 

Il nero del fondale le sembrava eterno, infinito, come l’abisso di quel modo di dire, che ricambia il tuo sguardo quando ci guardi dentro. Le parve di andare giù, sprofondare trascinata nelle viscere nere ed oscure della terra in balìa delle onde, senza controllo alcuno. 

Aprì la bocca d’istinto e l’acqua le invase i polmoni.

Con un’ultima bracciata riuscì a raggiungere la superficie e prese ad annaspare, tossendo e sputacchiando acqua mentre la corrente la portava sempre più al largo.

Cercò di chiedere aiuto, sbracciandosi nei confronti di Jenny, che però non la calcolava nemmeno.

Un’onda le passò sopra la testa e la ruzzolò sott’acqua, nera come il fondale, nero dovunque, un vortice in cui l’unica via d’uscita era la luce del sole sulla superficie.

Cercò di raggiungerla, mise la testa fuori dall’acqua in cerca d’aria, si sbracciò e vide Jenny seduta sulla riva che la guardava mentre affogava.

Le fece cenno di aiutarla e quella le fece ciao con la manina.

Un’onda la portò di nuovo sott’acqua.

L’unico pensiero che la spingeva a nuotare, nuotare e nuotare ancora contro l’acido lattico e la carenza di ossigeno era che non poteva fare la figura dell’imbecille davanti a tutta l’FBI, ma l’aria le mancava e la gola le bruciava, erosa dal sale marino.

Una parte del suo cervello - tu guarda dove va il cervello in certi momenti!- le ricordò che persino l’acqua dolce di Punalu’u non era potabile, contaminata dall’eruzione vulcanica che aveva generato la spiaggia. Figurarsi quella salata.

Tra lo sciabordare delle onde, udì un tonfo e vide un’ombra scura inabissarsi sopra di lei, la sagoma di un essere umano che nuotava in profondità, cercando di raggiungerla. Jodie d’istinto tese una mano verso l’alto e afferrò il braccio del suo salvatore mentre l’aiutava a risalire.

Vide la luce del sole avvicinarsi e chiuse gli occhi, rilassandosi un attimo nella certezza di essere in salvo.

Quando aprì di nuovo le palpebre era a galla, con l’aria fresca sul viso e due braccia forti che la tenevano in superficie. 

Udì vagamente una voce chiederle di respirare e lei annuì in automatico, beandosi del vento di mare e della sicurezza che le dava non essere più sola nell’oceano, immersa in tutto quel nero.

Si sentì trascinare all’indietro e in un impeto di orgoglio decise di non lasciare il suo salvatore - chiunque fosse - a nuotare da solo contro la corrente e con un peso morto in braccio. Prese a mulinare bracciate a casaccio, senza sapere esattamente dove fosse diretta, affidandosi completamente alla persona che la stava trainando a riva.

Quando riuscì a toccare i piedi sul fondale, Jenny, preoccupatissima, le venne in contro gridando con quel suo fortissimo accento irlandese:

- Jodie! Che è successo?-

- E’ finita in una corrente insidiosa. Quando caschi lì dentro, non c’è addestramento che tenga. Ha fatto quello che poteva per sopravvivere e se l’è cavata egregiamente. Adesso fuori dai piedi tutti, lasciatela respirare.-

- Vieni qui, mettiti sull’asciugamano.-

- La faccia riprendere, poi la porti all’ombra. Ha bisogno di calma e riposo, non le serve un colpo di calore. Siamo d’accordo?-

- Sì, certo!-

- Ottimo. Stai bene?-

Jodie era ancora frastornata, stordita. La gente che si era accalcata intorno a lei la confondeva ancora di più e la vaga sensazione di essere oggetto dell’attenzione e del giudizio di tutta la spiaggia si stava insinuando dentro di lei. Si guardò in giro, spaesata, ed incrociò lo sguardo serio e preoccupato di un paio di profondi occhi a mandorla, verdi come i prati d’Irlanda, circondati da folte ciglia nere. 

- Mi senti?-

- S - sì…-

- Stai bene?-

- Sì, credo di sì.-

- Mi riconosci?-

- Dovrei?-

Le parve soddisfatto, ma attorno a lei decine di volti continuavano ad apparire e scomparire. Era distratta, confusa, il caldo le bruciava i piedi nudi e si sentiva debole, senza fiato e con le gambe molli.

- Adesso la metta qua e la lasci riposare per qualche minuto.-  disse a Jenny il suo benefattore. - Poi la porti all’ombra e la faccia riprendere. Le dia da bere qualcosa di fresco e zuccherato. Fresco, mi raccomando, non freddo. Non le serve un colpo di calore, ma nemmeno una congestione. Se avete bisogno di me, sarò nei paraggi. E voi circolare! Non c’è nulla da vedere. Lasciatela in pace, si riprenderà presto.- 

Jenny fece come le era stato detto e rimase seduta accanto a lei fino a che Jodie non riprese la piena cognizione di sé e di ciò che la circondava. Mano mano che il respiro si faceva più lento e regolare la realtà riprendeva a farsi chiara.

Era finita in una corrente. 

Il nero del fondale l’aveva mandata nel panico ed aveva perso il controllo del respiro.

Jenny che le faceva ciao con la manina.

Un uomo l’aveva salvata.

Un uomo dagli occhi verdi a mandorla. Forse un nativo. Uno che sembrava sapere il fatto suo.

Che era successo? Come aveva fatto a notarla?

Come aveva vinto la corrente?

- Insomma, mi stai ascoltando?-

- Eh? No, che cos’hai detto?-

Jenny la guardò con gli occhi brillanti.

- Che nella sfi… Ehm, sfortuna, sei stata fortunata, diamine.-

- Sì, ad essere viva. Tu che mi fai ciao, Jenny, davvero?-

- E che ne sapevo io? Tu sei un accidenti di pesce, li staccavi tutti in vasca a Quantico! Quando me ne sono accorta, sono subito corsa in tuoi aiuto, ma aveva fatto prima lui. Che botta di fortuna, Jodie!-

- Perché, chi è? Il Supremo Pezzo Grosso?-

- E che ne so io? Ma una cosa è certa: ti ha raccattata il nativo più figo di tutte le Hawaii!-

  
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