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Autore: Sweet Intoxication    18/10/2023    0 recensioni
Il seguito di Save Me, fanfiction ispirata a The Phantom Of The Opera. Buona lettura!
Genere: Drammatico | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato
Note: Lemon | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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PREMESSA DELL'AUTRICE: ha senso riprendere in mano una fanfiction abbandonata quasi vent'anni fa? Smisi di scrivere questa storia perché pensavo di non avere più nulla da dire. Non sono una scrittrice, non ho mai scritto altro, anche se ho mille storie nella mia testa. Ebbene, cosa è successo? Sono andata a (ri)vedere POTO a teatro. Il mio musical preferito, di cui conosco a memoria ogni parola, ogni nota. Che emozione indescrivibile. E quanti ricordi sono riaffiorati, tra cui quello di queste due fanfiction che, ancora studentessa, avevo scritto di getto nell'aula di informatica della mia facoltà, tra una lezione e l'altra. Sembra, anzi è, trascorsa una vita intera da allora. Sono una persona molto diversa, oltre che molto più vecchia. Ma la passione per POTO è rimasta. Scartabellando i tra i miei vecchi file, ho ritrovato il testo di The Soul Cages. Ed ho realizzato che avevo scritto i capitoli 3 e 4 senza averli mai pubblicati. Ho deciso, quindi, di dare una nuova possibilità ai miei personaggi.....soprattutto al mio adorato Erik. Non faccio pomesse, ma.....se questa storia dovesse piacere anche ad una sola persona, potrebbe proseguire. ;)

 

Cap. 3: A volte ritornano……

 

 

E’ sempre stato così, che l’amore non conosce la sua propria profondità finchè non arriva l’ora del distacco”

 

K. Gibran

 

 

 

La carrozza a due cavalli si spostava rapida per le strade di Parigi, diretta fuori città.

 

Raoul guardava fuori dal finestrino, ma i suoi occhi non si curavano delle frenetiche attività cittadine: aveva lo sguardo perso nel vuoto, e la morte nel cuore. Non riusciva ancora a credere a ciò che stava per fare. No, era una pazzia, pensò, non poteva funzionare. Eppure dentro di sé sentiva che quella era la sua ultima possibilità. Si sarebbe umiliato, avrebbe supplicato ed implorato, fatto a pezzi il proprio onore e la propria dignità. Tutto, pur di riaverla. Anche chiedere l’aiuto del suo acerrimo rivale. Qualunque cosa, pur di riavere Christine.

 

 

 

 

Era quasi mezzogiorno, ed Erik tornava verso casa a cavallo di Solomon, il suo magnifico stallone nero, erede di Cesar.

Quella mattina aveva concluso un ottimo affare a Saint Germain, perciò era particolarmente di buon umore. Addirittura si ritrovò a fischiettare mentre procedeva tranquillamente al trotto. Si rese conto che quella di fischiettare era un’abitudine che non aveva mai avuto….almeno fino a tre anni prima. Sorrise tra sé: quante cose erano cambiate in quel lasso di tempo….anzi, in realtà la sua vita era stata completamente stravolta nel giro di tre soli giorni. Nel periodo di tempo necessario al sole per sorgere e tramontare tre volte lui, Erik, meglio conosciuto come il Fantasma dell’Opera, aveva perduto tutto ciò che amava di più, rischiato di morire, incontrato l’amore della sua vita e finalmente cancellato gli orrori del suo passato.

 

“Crocifissione, morte, resurrezione…..”

 

Non potè evitare di fare un confronto con le Sacre Scritture, anche se non intendeva essere blasfemo. Da quando si era innamorato di Estelle aveva ritrovato una sorta di fede, anche se non poteva certo definirsi un uomo religioso. Eppure ora si ritrovava spesso a parlare con Dio: le sue non erano preghiere, ma più che altro….”conversazioni” con un Amico invisibile ed onnipotente a cui chiedere consiglio. Ricordava ancora l’intensa emozione da lui provata il giorno del suo matrimonio con Estelle nella piccola chiesa del paese: era stata una cerimonia semplice ma molto intima e carica di significato, e le belle parole di Padre Armande, l’anziano e saggio parroco, gli erano rimaste impresse indelebilmente nella mente:

 

“L’ Amore è la forza più potente che esista. E’ la Luce, il soffio vitale che il Signore ha infuso nei suoi figli affinché governassero il mondo secondo i Suoi insegnamenti. Purtroppo, troppo spesso il Male offusca la Luce dell’Amore, ma ricordate che, anche se debole, questa non si spegne mai. Aspetta solo che un cuore buono e giusto vi soffi sopra per farla risplendere e divampare. L’Amore ha innumerevoli forme: vi è l’Amore materno, l’Amore filiale, l’Amore di un amico, e l’Amore tra un uomo ed una donna, come quello che celebriamo qui oggi. Ricordate, figli miei, di non smettere mai di alimentare la fiamma del vostro Amore, perché in questo modo essa non illuminerà solo la vostra vita, ma anche quella di coloro che vi sono accanto.”

 

Detto questo, li aveva benedetti e sancito la loro unione per l’eternità.

Erik sorrise tra sé al ricordo del dolce bacio tra lui e la sua sposa, accolto da un tripudio di applausi; quel giorno Estelle era quanto di più bello avesse mai visto, avvolta in uno splendido abito bianco ed azzurro che la faceva sembrare un angelo.

Erik sospirò: Dio, l’amava da impazzire. Non poteva lontanamente immaginare la sua vita senza di lei: Estelle era la colonna portante della sua esistenza, il porto sicuro nella tempesta, il caldo rifugio nel rigore dell’inverno…..senza di lei si sarebbe sentito perduto. Pensò che una creatura così meravigliosa e perfetta meritasse di essere immortalata nel tempo in un’opera d’arte……e qual era la più sublime delle Arti, se non la Musica? Da molto tempo Erik non si dedicava seriamente alla composizione, e si rese conto che il creare musica gli mancava moltissimo. Improvvisamente fu folgorato da un’idea: avrebbe dedicato un’opera ad Estelle. Sì, la sua sposa sarebbe stata la sua Musa ispiratrice, bellissima Euterpe dalla voce melodiosa. Oh, quale capolavoro ne sarebbe scaturito! E Colette ne sarebbe stata la protagonista, una volta cresciuta.

 

Solomon imboccò la stradina che portava a casa. Erik era così preso dall’entusiasmo della sua idea che quasi non si accorse della carrozza signorile che sostava ai margini del giardino. Quando la notò rimase stupefatto, poi vide lo stemma nobiliare sulla fiancata: il cervo rampante della casata dei Visconti De Chagny.

 

Il cuore di Erik fece un balzo: Christine……….

Il suo animo fu travolto da un’onda di emozioni disparate: perché Christine era lì? Come avevano fatto a trovarlo? Forse erano giunti fin laggiù per arrestarlo! In fondo era ancora un assassino a piede libero…….

 

Non fece in tempo a mettere ordine nei propri pensieri: nel giro di pochi secondi era sceso da cavallo, si era precipitato verso l’ingresso ed aveva spalancato la porta di casa.

Ciò che vide lo lasciò totalmente senza parole: in casa sua, seduto al tavolo accanto ad Estelle, vi era il Visconte Raoul De Chagny.

 

 

 

 

Erik non poteva credere ai suoi occhi. Lì davanti a lui, seduto accanto alla sua adorata compagna vi era quello che fino a tre anni prima era stato il suo acerrimo rivale.

 

Gli sguardi dei due uomini si incontrarono, e la tensione nella stanza si fece quasi palpabile. Erik ebbe la sensazione che il peso del passato lo schiacciasse come un macigno: poteva vedere ancora davanti a sé il luccichio della propria spada che cozzava contro quella di Raoul durante il sanguinoso duello al cimitero, sentiva ancora le sue mani stringere il cappio intorno al collo del rivale intrappolato nel suo rifugio nei meandri sottostanti l’Opera Populaire….dal canto suo, Raoul fu travolto dal ricordo dell’aria intrisa di umidità e della ruvida corda che gli stringeva la gola, e del suo disperato tentativo di salvare la sua amata da quel mostro…….

Eppure…..c’era qualcosa di diverso: l’uomo davanti a lui non era un mostro, non era il Fantasma dell’Opera che ricordava. Era privo della maschera, ed il lato destro del suo viso non poteva certo definirsi sano, ma dov’era finita la carne piagata e arrossata, dov’erano le orrende cicatrici, dov’era lo sguardo malsano carico d’odio e di pazzia?

 

I due si squadrarono per pochi secondi, ma ad entrambi sembrò un eternità, persi com’erano nell’imponenza dei loro ricordi.

Finchè ad un certo punto la voce di Estelle li distolse da quella sorta di trance. La donna aveva percepito immediatamente la tensione tra i due, e sentiva di dover fare qualcosa.

 

“Erik, mio caro, sei tornato….il Visconte De Chagny è venuto da Parigi per conferire con te di un argomento molto importante”. Mentre parlava si alzò e si avvicinò ad Erik, prendendogli la mano. Quel contatto gli fece distogliere lo sguardo da Raoul. Guardò Estelle: i suoi occhi avevano un’espressione rassicurante ma molto, molto seria.

 

Tornò a guardare il Visconte.

 

“E perché mai dovrebbe voler parlare con me, il Visconte De Chagny?” il suo tono era ironico, volutamente provocatorio.

Raoul si alzò con calma, ma non rispose. La mandibola serrata e la vene visìbili sulla sua fronte rendevano palese il suo disagio.

 

Erik sorrise tra sé:

 

“Qualunque cosa voglia, questa è casa mia e sono in vantaggio su di lui, come quella notte all’Opera……mio Dio, ma cosa vado a pensare?”

 

Estelle gli strinse più forte la mano. La sua voce era ferma e grave:

 

“Erik, ti prego, non essere scortese. Si tratta di una faccenda molto delicata. Riguarda Christine.”

 

Al suono di quel nome Erik dovette chiudere e riaprire gli occhi per focalizzare. Christine……..la donna alla quale aveva dedicato dieci anni della sua vita e della sua arte…..colei per la quale aveva ucciso ed ingannato……la sua Christine…..ma si rese conto che si trattava ormai di un ricordo sfocato. Cercò di visualizzarla nella sua mente: certo, poteva vedere i suoi meravigliosi capelli, i suoi dolci occhi scuri e poteva sentire la sua voce stupenda….

 

Erik tornò a guardare la sua sposa: Estelle sapeva tutto di lui e Christine. Le aveva raccontato ogni cosa, ogni particolare della storia. Eppure non sembrava particolarmente turbata dalla presenza del Visconte, bensì pareva preoccupata per lui. Temeva che il ricordo lo facesse soffrire ancora……

 

“Oh amore, perché sei così buona con me?” pensò Erik.

 

Poi guardò Raoul:

 

“Christine? Che cosa le è successo?”

 

Un’ombra passò sul viso di Raoul che abbassò gli occhi:

 

“Ecco……Christine sta molto male. Ma ahimè, ad essere affetto non è il suo corpo, bensì il suo animo……” la voce gli si ruppe in gola. Rimase immobile, lo sguardo fisso nel vuoto.

 

Le sue scarne parole colpirono Erik: Christine stava soffrendo, e si rese conto che la cosa lo turbava moltissimo, nonostante l’avesse cancellata dalla sua vita tre anni prima. E Raoul…..era evidente che soffrisse anche lui. Erik sapeva che amava moltissimo Christine, e che sarebbe stato disposto a morire per lei, come gli aveva già dimostrato più di una volta.

 

Scambiò con Estelle uno sguardo d’intesa, poi entrambi si sedettero di fronte al Visconte.

 

Lo sguardo di Erik era serio, ma non più ostile.

 

“Parlate, Raoul. Vi ascolto.”

 

Raoul si sedette, osservandoli entrambi.

 

“Si tratta si una questione estremamente privata, Monsieur. Preferirei conferire con voi soltanto.”

 

Erik prese la mano di Estelle nella sua.

 

“Non ci sono segreti tra me ed Estelle.”

 

I due sposi si scambiarono uno sguardo così pieno di tenerezza e fiducia che Raoul sentì l’invidia pungergli il cuore. Com’era possibile che un assassino e ed infingardo avesse l’amore di una donna tanto bella e gentile? Eppure il sentimento che li univa era chiaro e palese come il sole nel cielo. Da quanto tempo lui e Christine non si guardavano più in quel modo?

 

Raoul trasse un lungo sospiro.

 

“E sia.”

 

Con voce grave, iniziò a raccontare.

 

“Christine ed io ci sposammo pochi mesi dopo……dopo l’ “incidente” all’Opera Populaire.”

 

Erik si sentì a disagio, ma non lo diede a vedere.

 

“Eravamo così felici insieme….la mia adorata era il ritratto della bellezza e della spensieratezza. Quando l’Opera Populare fu riaperta, dopo una laboriosa ristrutturazione, Christine ne divenne la Primadonna, la stella incontrastata. Ma forse fu proprio allora che iniziarono i suoi problemi.”

 

Guardò fuori dalla finestra, ed i raggi del sole sfioravano il suo bel viso triste.

 

“Le sue interpretazioni erano mirabili, me presto alcuni detrattori cominciarono a muoverle delle critiche sui giornali parigini. Dicevano che nonostante fosse un grande soprano, non aveva tuttavia soddisfatto le aspettative conseguenti al suo straordinario debutto nell’ “Annibale”, tre anni fa. I critici dicevano che la sua voce aveva perso quella particolare intensità che tanto li aveva colpiti al principio. Christine sembrava non curarsi di commenti, ma adesso sono certo che devono averla fatta soffrire molto. Tuttavia sembrava allegra e felice, solo un pochino stanca, ma sosteneva che ciò era dovuto all’impegno che metteva nelle prove. Non ho notato nulla di strano nel suo comportamento, finchè……”

 

S’interruppe, torcendosi nervosamente le mani.

 

Erik ed Estelle si guardarono, poi lui lo esortò a proseguire il racconto:

 

“Coraggio, continuate. Cosa è successo?”

 

Raoul sospirò ancora, come se avesse un peso insopportabile sul cuore.

 

“Finalmente giunse una grande occasione per Christine: all’Opera Populaire sarebbe stata rappresentata l’opera “Iphigènie en Aulide” di Gluck, e lei ne sarebbe stata la protagonista. Era così eccitata…..diceva che quel ruolo le avrebbe consentito di mettere a tacere tutte le critiche sul suo conto.”

 

Erik annuì. Conosceva ed ammirava l’opera di Gluck e sapeva che molte primedonne avrebbero fatto carte false per avere la parte di Ifigenia. Dentro di sé provò grande soddisfazione per la sua allieva.

 

“Si preparò col massimo impegno possibile. Provava giorno e notte, quasi senza dormire o toccare cibo. Era dimagrita molto, ma diceva che era solo tesa per l’attesa della prima.

Alfine, due mesi fa giunse la grande serata. Ricordo che era molto nervosa, ma una volta entrata in scena sfoggiò tutta la sua maestria. Cantava come un angelo. Poi…..”

 

Raoul deglutì con difficoltà.

 

“Durante il duetto che chiudeva il primo atto, Christine si sentì male e svenne sul palco. Ci precipitammo da lei: era coperta di sangue, aveva avuto un’emorragia interna…….fortunatamente il medico che la soccorse dichiarò che era fuori pericolo, ma fu solo allora che seppi che aveva avuto un aborto spontaneo.”

 

Erik ed Estelle raggelarono.

La voce di Raoul era un sospiro soffocato:

 

“Era incinta di tre mesi, e non me l’aveva detto…….non l’aveva confidato a nessuno, nemmeno a Madame Giry o alla sua migliore amica, Meg. Temeva che le avremmo impedito di continuare le prove…….da quel momento non si è più ripresa. Non mangia, è ossessionata da incubi terribili….dice di sognare il suo bambino mai nato che l’accusa di averlo trascurato per le luci della ribalta. Non fa che piangere, oppressa dai sensi di colpa. Ho perfino scoperto che nascondeva bevande alcoliche in camera sua, delle quali ha iniziato ad abusare. Ma soprattutto, non canta più. Dice di aver perso la voce. Dice che l’Angelo della Musica l’ha abbandonata…..”

 

A quelle parole, Erik si irrigidì. Estelle gli strinse la mano ed entrambi osservarono il povero Raoul, che ora era scosso dai singhiozzi.

 

“Oh, come sono stato stupido e cieco! Non ho capito quanto stava male, l’ho trascurata quando aveva bisogno di me! Se solo le fossi stato più vicino, se solo…..se solo…..”

 

Non aveva più la forza di continuare.

Estelle, mossa da pietà, gli prese le mani tra le sue.

 

“Suvvia, Visconte, calmatevi. Non dovete rimproverarvi. Vo l’amate molto, e sono certa che col vostro aiuto Christine si riprenderà”.

 

Raoul la guardò stupito. Gli occhi di quella donna sembravano due laghi montani, ed il suo sorriso era così dolce a buono da scaldare il cuore.

Sospirò ancora:

 

“Ho tentato di aiutarla, Estelle. Dio solo sa quanto ho tentato. Mi sono rivolto ai migliori medici, il cui verdetto è sempre lo stesso: non è malata nel corpo, ma nell’anima. Ho parlato anche col suo confessore, il quale mi ha detto che tutto ciò che posso fare è pregare per lei, affinché trovi dentro di sé la forza superare questo momento. Ma Christine, un tempo così religiosa, sembra aver perduto la fede…..”

 

Erik era sconvolto. Non riusciva a credere alle parole di Raoul: Christine, la sua Christine stava soffrendo le pene dell’inferno…..no, non poteva essere. La sua amata allieva era troppo buona e pura per meritare ciò. Ed il povero Raoul…..anche se in passato l’aveva odiato a morte in quanto suo rivale, ora provava una gran pena per lui. Era un uomo disperato che tentava in tutti i modi di salvare la sua adorata sposa da un triste destino. Scoprì di provare ammirazione nei suoi confronti: un tempo lo aveva considerato nient’altro che un bamboccio ricco e viziato, ma ora doveva ammettere che era un uomo buono e coraggioso. E, soprattutto, amava Christine sopra ogni cosa.

 

Finalmente Erik prese la parola:

 

“Tutto quello che dite è molto triste. Ma ora dovete spiegare perché siete venuto a cercarmi, e come mi avete trovato.”

 

Raoul accennò un timido sorriso.

 

“Tempo fa ho regalato a Christine un magnifico carillon rappresentante un boschetto con delle Silfidi danzanti, così perfette da sembrare vere. Ho intuito subito chi l’avesse realizzato, anche perché sul pannello inferiore è incisa una “E”. Non è stato difficile risalire dal negoziante al produttore.”

 

A quel punto, Raoul lo guardò intensamente, gli occhi colmi di disperazione:

 

“Vi ho cercato perché siete la mia unica speranza, Erik. Durante i suoi incubi, Christine invoca il suo Angelo della Musica. Ed io so che siete voi. So che non ha mai dimenticato il suo Maestro. Vi prego, Erik, dovete aiutarla a ritrovare la voce, a riscoprire la sua passione per la musica, solo voi potete farlo…..se non canta, la mia adorata è come un uccellino che non può più volare, ed io non so più cosa fare. Vi sto chiedendo di venire con me a Parigi. Aiutatemi a salvarla.”

 

Erik si alzò ed iniziò a camminare per la stanza. Rivedere Christine, sentire di nuovo la sua voce….era qualcosa a cui non aveva più pensato in quei tre anni. Che effetto gli avrebbe fatto incontrarla, ora che era un uomo felice e non più un misero Fantasma? Certo, saperla in ambasce lo addolorava e sentiva di provare ancora dell’affetto per lei: in fondo l’aveva conosciuta quando non era che una bambina. Però……

 

“Non posso venire con voi Visconte. Mi dispiace.”

 

Le spalle di Raoul si afflosciarono come se il poveretto fosse stato completamente svuotato di ogni speranza.

 

“Vi prego Erik! Sono venuto fin qui per supplicarvi, mettendo da parte il mio orgoglio e la mia dignità, cercando di dimenticare il rancore che serbavo per voi. Non vi chiedo di farlo per me, ma per Christine! Possibile che non proviate nemmeno un minimo di empatia per lei? Dopo tutto quello che è successo? Non ricordate più quanto l’ama…..”

 

Troncò la frase a metà. Si ricordò della presenza di Estelle, e non volle ferire la sua sensibilità tirando in ballo l’antico amore di suo marito. Ma Erik completò il suo pensiero.

 

“L’ho amata moltissimo, è vero. Ho fatto cose orribili spinto dalla mia ossessione per lei. Ed è proprio per questo che non posso aiutarvi, Raoul. Mi addolora terribilmente sapere della sua sofferenza, perché provo ancora dell’affetto per lei. Ma Christine fa parte del mio passato, un passato oscuro che sto cercando di dimenticare. Ed anche se la mia adorata Estelle conosce tutti particolari della mia storia, non potrei mai causarle un dolore recandomi dalla donna che ho amato prima di incontrare lei.”

 

Il suo tono era fermo.

 

Raoul abbassò il capo, sconvolto.

 

“Certo, capisco le vostre ragioni…..”

 

Estelle non potè più sopportare la vista di quell’uomo così sofferente. Decise che doveva fare qualcosa.

 

“Visconte, vogliate scusarci…..ho bisogno di parlare da sola con mio marito.”

 

Detto questo si alzò e prese Erik per mano, conducendolo in veranda.

Raoul non fece in tempo ad alzarsi in segno di cortesia che Estelle aveva già chiuso la porta dietro di loro.

 

Erik la guardò con aria interrogativa.

 

“Va’ da lei, Erik.”

 

Era certo di avere sentito male:

 

“C…Cosa?”

 

“Devi andare da Christine. Ha bisogno del tuo aiuto.”

 

“No Estelle, non potrei mai farti questo……”

 

“Non pensarci nemmeno! Quella povera fanciulla sta male, e con lei anche il Visconte. E’ un uomo disperato. Chissà quanti fantasmi interiori ha dovuto affrontare prima di decidere di venire a cercarti! Io gli credo, Erik. Solo tu puoi aiutarla: salvala con la tua Arte sublime.”

 

Erik si sentì a disagio: no, non poteva farlo.

 

“Amore mio, non posso andare da lei. Rivedere Christine significherebbe rievocare il Fantasma dell’Opera….riportare a galla quel passato terribile che sto cercando di cancellare…..mi dispiace che stia male, ma….” la sua voce ora era carica di rabbia “io ho ucciso per lei, Estelle! Te ne rendi conto? Ho paura di rivederla…..ho paura di cadere di nuovo in quella malsana ossessione….”

 

Si passò una mano sugli occhi, come a voler scacciare quella terribile prospettiva.

 

Estelle gli si avvicinò e lo abbracciò. Lui le cinse la vita con le braccia, affondando il viso nei suoi capelli. No, non avrebbe mai potuto lasciare il suo angelo per Christine….

 

Estelle lo guardò intensamente negli occhi.

 

“Mio adorato, il Fantasma dell’Opera non esiste più, e tu lo sai. Al suo posto c’è un uomo buono e saggio, con un cuore grande così. Ricordi le parole di padre Armande? Tu hai tanto amore da dare……va’ da lei, aiutala. Sono certa che puoi farcela, e vedrai che dopo ti sentirai un uomo ancora migliore, perché condividere la propria felicità con gli altri rende ancora più felici. Io lo so, l’ho vissuto in prima persona” disse regalandogli un sorriso che lui ricambiò “e poi, rifletti su questo: è stato anche grazie alla scelta di Christine se noi due abbiamo potuto incontrarci, no? In un certo senso, le siamo debitori.”

 

Erik indugiò a guardare il suo bellissimo viso. Estelle aveva ragione, come sempre. Doveva andare da Christine, per rimediare al dolore che le aveva causato in passato e per seppellire definitivamente i propri demoni.

 

“Va bene. Ma vieni con me: con te al mio fianco non temerei nulla, avrei la forza ed il coraggio di un leone. Ti prego.”

 

Un ombra passò nei begli occhi di Estelle, che si staccò da lui.

 

“Oh no, Erik, non chiedermi questo…..Non posso lasciare i bambini ed inoltre ti sarei solo d’intralcio in una situazione così delicata. E poi…..non posso tornare a Parigi. Non voglio. Troppi ricordi dolorosi giacciono laggiù…..”

 

Erik la guardò con comprensione. Parigi le aveva causato solo tragedie in passato e lui non si sarebbe mai perdonato di farla soffrire. Vide le lacrime formarsi nei suoi occhi e non potè sopportarlo: la prese tra le braccia e la strinse forte.

 

“Perdonami Estelle, non volevo addolorarti…….andrò da solo. Anche se già so che senza di te mi sentirò perduto…”

 

Lei gli accarezzò teneramente il viso.

 

“Oh no. Riuscirai ad aiutare Christine ed a ridarle la voce. Ne sono certa.”

 

“Come fai ad esserne così sicura?”

 

“Perché so che quando vuoi qualcosa niente e nessuno può fermarti. E poi, mi sono mai sbagliata?”

 

Erik scoppiò a ridere. Oh, quanto era vero!

Estelle si alzò sulle punte dei piedi ed Erik la baciò teneramente sulle labbra. Finalmente, rientrarono in casa per dare la buona notizia al Visconte.

 

 

 

 

 

Quando i bagagli di Erik furono pronti era già pomeriggio inoltrato. Raoul si era molto rinfrancato ed un barlume di speranza si era acceso nel suo cuore.

 

Prima di salire in carrozza si rivolse ad Estelle: le prese la mani e le baciò.

 

“Merci, ma chère Estelle. Vi sono debitore per la vita.”

 

Estelle gli sorrise.

 

“Oh, Erik è un gran testone, ma basta prenderlo con la dolcezza e diventa più ragionevole. Non temete, con il suo aiuto tutto si sistemerà. Vi faccio i miei migliori auguri, Visconte.”

 

“Grazie mia cara. Spero di rivedervi in circostanze più piacevoli.”

 

Detto questo, prese posto in carrozza.

 

Erik era inginocchiato davanti a Coco che teneva per mano Gabriel e lo guardava con gli occhioni velati di tristezza.

 

“Starai via per molto?”

 

“No piccola, spero di no. Devo andare a trovare questa signora che è stata mia allieva. E’ diventata un grande soprano, ma purtroppo le è successa una cosa brutta ed ha perso la voce. Io devo aiutarla a ritrovare la gioia di cantare.”

 

Colette comprese subito la gravità della situazione:

 

“Oh, allora questa signora ha assolutamente bisogno di te! Dille che non c’è niente di più bello al mondo del canto, e che cantare ti fa volare, come mi hai insegnato tu!”

 

Erik sorrise:

 

“Glielo dirò, Coco. Ma tu devi promettermi di fare la brava, in mia assenza: non fare arrabbiare la mamma, fai attenzione a Gabriel ed esercitati tutti i giorni come ti ho insegnato. Ti porterò un bel regalo da Parigi!”

 

“Va bene papà.” Rispose Coco e lo abbracciò stretto.

 

Erik baciò la sua principessa e poi fece lo stesso con il piccolo Gabriel che sì aggrappò al collo del suo papà con le piccole manine. Dopodiché Coco lo riportò in casa.

 

Erik si rialzò e si girò verso sua moglie. Lui ed Estelle si guardarono per un lungo istante, poi si ritrovarono l’uno nelle braccia dell’altra.

 

“Ti scriverò tutti i giorni. Mi raccomando, per qualunque problema rivolgiti a Pierre.”

 

Estelle gli baciò il mento.

 

“Non preoccuparti per noi, staremo bene. Tu piuttosto, riguardati. Porta i miei saluti a Christine: pregherò per lei e per Raoul affinché riescano a ritrovare la felicità.”

 

Erik annuì.

 

“Oh Dio, mi mancherai da morire…….”

 

“Anche tu mi mancherai, caro. Ma ricordati che abbiamo queste.”

 

Gli prese la mano sinistra, dove splendeva la fede nuziale. Era una vera di platino con incastonato un piccolo zaffiro purissimo: l’aveva realizzata lui stesso, per avere sempre con sé qualcosa che gli ricordasse gli occhi di sua moglie. Estelle aveva voluto che la sua fosse uguale, ma al centro aveva una splendida acquamarina, ovviamente per lo stesso motivo.

 

“Quando mi sentirò sola, mi basterà guardare la fede, e mi sembrerà di vedere i tuoi occhi.”

 

Erik chinò il capo verso il suo viso, e le loro labbra si incontrarono in un lungo, appassionato e dolcissimo bacio. Lui la strinse a sé quasi con disperazione come per voler trattenere la sua forza e la sua dolcezza.

 

Le prese il viso tra le mani e la guardò con tanta intensità che Estelle si sentì bruciare sotto quello sguardo dal colore del mare:

 

“Ti amo.”

 

A quelle parole Estelle sorrise, ed era bella come una Dea.

 

“Lo so.”

 

  
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