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Autore: LatazzadiTea    20/10/2023    1 recensioni
La pace regna incontrastata ormai da anni nel piccolo ma prosperoso regno di Patnar, quando la notizia di un'imminente catastrofe ne sconvolge gli abitanti. E in particolar modo Madya - giovane guaritrice dotata di enormi ed oscuri poteri - che per scongiurare la completa distruzione del suo mondo sarà costretta a indagare al fianco di un eccentrico generale e un invincibile assassino.
Genere: Fantasy | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: Lime | Avvertimenti: Contenuti forti
Capitoli:
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Dopo aver passato quasi tre ore nei sotterranei a cercare, Madya, Valkya e Altay alla fine si arresero. Non sapevano ancora come, ma delle antiche mappe di Taxila non c'era più traccia nei vecchi e polverosi archivi della gilda. Senza di esse non avevano la minima speranza di trovare il grimorio magico che stavano cercando, sebbene fosse quasi impossibile che un libro tanto antico e prezioso si trovasse ancora in quel luogo. Se era vero che il Cerchio dell'Almandel - o Alleanza dei Maghi - aveva governato il continente per ben cinquecento anni prima di sparire, dopo quasi tre secoli di scorribande e saccheggi era improbanile che fra quelle antiche rovine fosse rimasto qualcosa. Detta anche la città delle mille torri - alcune delle quali altissime e pressochè intatte, nonostante il passare del tempo e l'arrivo dell'Oltre - Taxila era stata depredata molte volte prima d'essere completamente abbandonata al suo destino. Per Madya quella vecchia città non custodiva più nulla, men che meno segreti o tesori da rubare anche se un ricordo a proposito di quel luogo le sovvenne. Era l'immagine di un grande arazzo circolare al quale la madre aveva lavorato quando lei era bambina, e che, tra le altre cose, ritraeva fedelmente posti e luoghi che era sicura di aver già visto durante nei suoi viaggi nell'Oltre. Certa che uno di quei paesaggi ritraesse proprio i dintorni di Taxila - vista la presenza di piante, animali e insetti che vivevano solo ed esclusivamente da quelle parti - Madya trasalì, provando un improvviso senso di speranza malgrado tutto. Ancora non sapeva come e perché quei ricordi riaffiorassero, ma arrivavano sempre quando ne aveva più bisogno. Ed era strano, perché se del passato rimenbrava poco, di quei fantastici panorami la guaritrice ricordava tutto nei minimi particolari. Come per esempio i bellissimi disegni, o i dettagliati giochi di colore creati dalla fusione dei fili orrizzontali della trama a quelli verticali dell'ordito, e fu proprio a quel punto che Madya ebbe un'illuminazione, spingendola a decidere di tornare subito a casa per cercare fra le poche cose della madre ciò che restava dI un vecchio pezzo di stoffa ormai sgualcito.

“Non credo che andarsene adesso sia una buona idea, Madya. Non con il Sovrano dell'Ombra chiuso in una stanza della gilda in attesa di risposte” la ricordò sottovoce Altay.

“Ma devo! Non sono sicura, ma potrei avere la soluzione...” rispose sempre a bassa voce Madya, tenendo d'occhio tutti, comprese le altre guaritrici della gilda che avevano cercato di aiutare.

“Cosa potrebbe mai esserci a casa tua in grado di sbrogliare questa matassa?” volle sapere poi, il giovane Bradesch.

“Una mappa! Una vera Altay, una creata e poi nascosta da mia madre quand'ero piccola... Non so spiegarlo, ma credo avesse tracciato dei percorsi alternativi per raggiungere l'Oltre. Lo so perché mi disse che avrebbe dovuto incontrare qualcuno, un uomo che non avrebbe più potuto vedere... C'è qualcosa in un vecchio baule a casa nostra, un lembo di stoffa ricamata che strappai da un arazzo più grande quand'ero bambina” replicò Madya, per nulla confusa.

“Ti copro io allora... Non vorrei mai che questa informazione non fosse attendibile e quell'uomo andasse fuori di testa” acconsentì infine il giovane assassino, mandando uno sguardo complice all'ultima persona a con cui avrebbe voluto ancora acchefare, e cioè il “Celato”.

Altay era ben consapevole del rischio che correvano a illudere Arthan: la persona che asseriva di essere il temuto “Sovrano dell'Ombra”aveva rischiato tutto per salvare i propri figli, e non ci avrebbe rinunciato. Il Kaleedar dei Sibir era un uomo troppo pericoloso e potente per permettersi di sottovalutarlo, soprattutto ora che aveva visto Madya strappare Agastia alla morte. Se pensava che la giovane fosse in grado di salvarli anche senza la magia era probabile che già la considerasse una via d'uscita in caso non avessero trovato il libro. D'altro canto, il desiderio di voler portare la ragazza via con sé non era passato inosservato: Madya era una guaritrice piuttosto famosa a Murwara, una delle poche in grado di assorbire malattie per poi smaltirle - seppur senza conseguenze - e se il famigerato “Sovrano dell'Ombra” lo sapeva, lei era in pericolo. Valkya non ci aveva messo tanto a capire cosa avesse in mente la ragazza, ma c'era un solo modo per sbrigarsi, così pensò a interpellare Dagmar per riuscire a lasciare la gilda di nascosto sfruttando il suo potere.

“Se pensi che Antarik chiederebbe mai aiuto alla “Moltitudine”, ti sbagli! Sarebbe in debito con lui vita natural durante, e sai bene cosa comporterebbe per un membro del consiglio...” rispose subito Madya.

“Per non contare che quel tirchio di mio padre non pagherebbe un centesimo a quel topo di fogna, in questo paese è tutto un dare e ricevere, ricordatelo bene, sbruffone!” aggiunse invece Altay.

“Certo, certo! Ma io sono già in affari con lui, e che ci crediate o meno a quell'uomo interessa davvero salvare questo mondo. Anche fosse solo per un mero tornaconto personale, a questo punto, che avremmo da perdere?” replicò Valkya.

Fu in quel momento che Madya guardò il “Pallido” di sbieco, intuendo più chiaramente ciò che pensava di aver finalmente compreso di lui e dei suoi piani. A dispetto dell'oscurità che aveva percepito il giorno del loro primo incontro, Valkya di certo non era malvagio, sebbene le ragioni del suo coinvolgimento in tutta quella storia ancora un po stridessero. Il fatto che il “Celato” fosse un giovane e bellissimo ragazzo “Pallido” l'aveva colta di sorpresa. e certo, senz'altro affascinata, ma era anche vero che se l'aveva assecondato lo aveva fatto solo per se stessa. Madya era divorata dalla curiosità di saperne di più sul suo passato, e lei e Valkya avevano una chiara connessione al riguardo malgrado Altay avesse ragione nel voderlo per ciò che era davvero, e cioè lo spietato e terrificante condottiero di un esercito di fanatici religiosi pronti a tutto. Ciò nonostante la giovane non poteva certo ignorare che Dunagan fosse nato nello stesso posto dov'era nata lei, d'altronde, essere accumunati dalla stessa capacità di indossare un'armatura fatta di Necros non poteva essere una mera coicidenza. Nel mondo dov'era cresciuta quelle cose non esistevano: magia, miti e leggende, appartenevano tutte alle favole che si raccontavano ai bambini sull'Oltre. E a tal proposito, a proposito di cose impossibili, Madya sentì crescere in sé una nuova certezza, che oltre ad uccidere chi lo indossava quel metallo ne assorbisse anche l'anima. L'acciaio di Necros era legato all'energia magica che permeava l'Oltre ed infatti, ciò che Madya aveva chiaramente visto all'interno dell'armatura non era qualcosa ma qualcuno. Grazie al potere che possedeva da sempre, la giovane guaritrice era in grado di vedere cose che altri non vedevano, delineando in quella fumosa presenza i contorni di una figura chiaramente maschile. La ragazza aveva anche riconosciuto qualcosa di incunsueto in quell'essere, come l'agitarsi di una forte volontà di rivincita, legata forse a un torto o un'antica ingiustizia subita in passato. Chiunque fosse era pronto a evadere, e per quanto non si sentisse ancora direttamente minacciata Madya avvertì chiaramente un pericolo.

La realtà era che l'armatura irradiava violente radiazione energetiche da sempre, solo che adesso erano più forti, soprattutto da quando l'aveva percepita la prima volta all'interno della tenda del “Celato”. Non solo, da quel giorno emetteva suoni sempre più insistenti, stridenti, macabri ed agghiaccianti, simili al lamento di un grosso animale chiuso in una gabbia che era diventata troppo angusta per contenerlo. Il male premeva per uscire? Sbattendo contro le pareti della sua prigione con più veemenza ogni giorno che passava, mentre le simboliche sbarre che lo trattenevano andavano lentamente in pezzi? Un guaio che andava ad aggiungersi a tutti gli altri, oppure, un guaio del tutto correlato a tutti gli altri, pensò Madya, cambiando idea all'ultimo momento. Non avrebbe ingannato Arthan, non a quel punto. Il grande Signore delle Piane o Sovrano dell'Ombra - così come usavano chiamarlo - aveva abbandonato lo scranno per salvare i propri figli e com'ra logico aspettarsi non ci avrebbe rinunciato. L'unico vantaggio su di lui era che l'uomo che avevano davanti non era più solo un Re o un principe, ma un padre disperato in cerca di risposte. Madya sarebbe partita subito alla volta di Hexilo se fosse servito e l'avrebbe fatto per dargli più tempo, ma era proprio quello il punto, il tempo. Potevano permettersi di sprecarlo, gettandosi in un'impresa quasi impossibile visto che ormai era agli sgoccioli?

“Va bene, con l'aiuto di Dagmar cercherò di decifrare la mappa nascosta da mia madre nell'arazzo, ma prima userò il mio potere per aiutare i figli di Arthan a resistese agli effetti dalla loro malattia, magica o meno che sia. Così facendo, darò a quei bimbi il tempo necessario a trovare una cura, e lui non potrà fare altro che aiutarci nell'impresa di partire...“ esordì poi Madya, risoluta a voler trovare una scappatoia.

“Sei un'ingenua! Quando lo saprà ti spremerà come un limone, spillandoti fino all'ultima goccia di sangue pur di tenerli in vita...” sbottò invece Altay.

“Non lo farà! Sfruttarmi fino a uccidermi rimanderebbe solo l'inevitabile, mentre partendo per l'Oltre in cerca del Grimorio gli darei la soluzione definitiva. Non dimenticare che siamo prossimi a una distruzione tale da rimandare indietro il mondo di centinaia di anni se non interveniamo, e Arthan non è uno sciocco, ho fiducia in lui!” aggiunse lei speranzosa, ritrovandosi davanti la porta di Arthan scortata proprio dai due giovani.




Antarik era ancora a colloquio con lui quando la ragazza bussò, lasciando tutti esterrefatti quando cercò di eludere la sorveglianza dell'ingombrante guerriera Olona che le sbarrava la strada.

“Le devo parlare!” urlò Madya, mentre Arthan faceva cenno alla sua guardia del corpo di lasciarla passare.

“ E allora fallo!” rispose il principe di rimando, la cui espressione crucciata non faceva presagire nulla di buono.

“Non abbiamo trovato nulla negli archivi ed è strano, ma... Ma potrei avere un'altra soluzione al problema...” ammise lei, annusando nell'aria un odore insolito.

“Quale soluzione ragazza, parla!” sbottò Arthan.

“Mi ricordo! Voglio dire, ricordo che fine ha fatto il libro, il Magistrum! Non è più a Taxila ormai, lo so perché fu mia madre a portarlo via da li per consegnarlo a un mago del Cerchio dell'Almandel cinque anni dopo la mia nascita. Fu a causa di quel gesto che la mia famiglia venne trucidata tre anni dopo, dovete credermi... Perciò, curerò io i bambini! In cambio però, ci permetterete di partire per l'Oltre finanziando la nostra spedizione in tutto e per tutto. Allora, Mio Signore, abbiamo un accordo?” rischiò la giovane, sapendo di aver scatenato non solo le ire di Antarik ma anche quelle dell'uomo.

Com'era c'era da aspettarsi la rabbia del principe prese per un attimo il sopravvento sulla logica, serrando le labbra carnose e umettate del Sibir in una smorfia talmente incontrollata da fargli addirittura digrignare i denti. Dopo di che Madya sembrò esalare l'ultimo respiro nel vedere le robuste e lunghe dita inanellate dell'uomo contrarsi, stringendosi in un pugno tanto forte da costringere i potenti muscoli delle braccia a guizzare sotto la pelle ambrata. Quello spasmo improvviso aveva accidentalmente fatto muovere in una specie di danza della morte tutti i tatuaggi che l'uomo portava fieramente sulla pelle, arrivando nientemeno a impressionarla. A dispetto del suo aspetto calmo e riflessivo, il linguaggio del corpo e del suo sguardo non mentivano. Ad agitare il cuore di Arthan c'erano ben più di una semplice angoscia o preoccupazione: quei profondi occhi scuri ora oppressi dal dolore, un tempo dovevano aver emanato una luce accecante per splendere ancora così tanto. Una furia abbacinante si agitava in lui, come se stesse negando persino a sé stesso quel forte senso impotenza che lo accompagnava da quando i suoi figli si erano ammalati, e pur rischiando, lei lo aveva colto al volo.

“E se dovessi fallire? Se i miei amati figli morissero?” domandò Arthan, andando dritto al punto.

“Non moriranno! Ma se come spero non riuscissi a curarli, allora... Allora potrete spremermi come un limone, spillandomi ogni goccia di sangue possibile pur di tenerli in vita...” azzardò nuovamente lei, icrociando il proprio sguardo con il suo.

A quel punto Madya reagì, legando i lunghi e folti capelli bruni in una crocchia che infilò prontamente sotto il Dhaka - piccolo turbante che le guaritrici indossavano quando erano in servizio, solitamente adornato da colori e ricami che ne rappresentavano lo status all'interno della gilda - sfidando Arthan a credere in lei in quanto alta rappresentante della propria arte curativa pur sapendo che in caso di fallimento non avrebbe avuto scampo né clemenza da lui.

“Pagherò alla gilda dei guaritori il dovuto, più un forziere d'oro per ognuno dei miei figli! Inoltre finanzierò l'impresa, impegnandomi a firmare un accordo che sia vantaggioso per entrambi... Detto questo, Madya servirà la mia casata a partire da oggi e si aggregherà al mio seguito appena le sarà possibile partire, non più tardi di tre giorni, a partire da ora. Tutto questo non sarà negoziabile e in caso di fallimento, pretenderò che ogni clausula venga rispettata, in caso di successo invece, accondiscenderò ad ogni sua rischiesta, poichè in cambio esaudirò ogni suo desiderio, compreso quello di sposarmi...” propose Arthan, senza ulteriori complicazioni.

A quella affermazione Madya finì quasi per strozzarsi malgrado fosse più che soddisfatta dalla reazione di Arthan che, dopotutto, in qualche modo l'aveva accontentata. L'unica nota negativa stava nel completo sgomento di Antarik, che non potendo ribattere né negare a un committente pagante i servizi della gilda si era chiuso nel silenzio. Non era da lui tacere, e Madya lo sapeva molto bene. Il capo della gilda dei guaritori non era mai stato un uomo remissivo, non uno come lui, con la sua stazza e la sua forza atipica, pensò. Per non contare il peggior carattere che avesse mai visto sfoggiare a qualcuno persino nei momenti migliori visto che Antarik non sapeva mentire, poteva intuirne il disappunto solo a guardarlo, con l'intensa chiarezza della postura rigida e contratta che aveva assunto incrociando le braccia muscolose e possenti quanto quelle del più abile e formidabile guerriero a capo dei Sibir. L'aura nera e tempestosa che lo circondava ricordava in tutto e per tutto la forza di un'ondata distruttiva proveniente dall'Oltre, pensò la giovane. Trasmetteva tutta la rabbia e la frustrazione che Antarik doveva provare in quel momento, se non altro al pensiero di aver perso il solo e unico vantaggio che credeva di aver mai avuto su Arthan, benché ottenere il suo consenso fosse da sempre un tassello indispensabile ai fini della loro missione. Farla diventare una sorta di ostaggio del “Sovrano dell'Ombra” non era mai stato nei piani anche se ormai, a quel punto, era tardi per recriminare.



Intanto, appena sotto il manto stradale, laddove si dipanavano strade e vecchi vicoli ormai dimenticati, due uomini discutevano, ragionando fra loro sugli ultimi accadimenti avvenuti alla gilda dei guaritori quel giorno. Senny Dagmar e Valkya Dunagan - rispettivamente la “Moltitudine” il primo e il “Celato” il secondo - se ne stavano comodamente nascosti dalla semi oscurità che regnava nelle fogne, sorseggiando insieme succo fresco di Mekòn nella vecchia casa sporca e scricchiolante che aveva accolto il contorto figlio dell'Oltre a cui la magia aveva donato il potere di controllare il tempo e aprire portali. Il disgustoso tugurio che grondava d'acqua e fioriva di muffa si adeguava perfettamente ai gusti orripilanti del suo eccentrico padrone, rendendo tuttavia meno confortevole il breve soggiorno a cui Valkya s'era costretto.

“Madya è una ragazza davvero coraggiosa, peccato che non abbia ereditato un pò della sfacciataggine del padre” disse Senny a un certo punto della loro conversazione.

“Non sono d'accordo, per me c'è molto di Rochan Valir in lei! Dei cinque membri fondatori del Cerchio dell'Almandell Rochan era il migliore: tra i più grandi e talentuosi maghi del suo tempo che abbia mai incontrato, ma ti dirò di più, Madya è ancora giovane e il suo potere sta appena sbocciando, ma sono certo che eguaglierà il padre quando ricorderà chi era e cosa ha fatto...” replicò Valkya, pensando improvvisamente al passato.

“Sarà un trauma per quella ragazza, lo sai? Anche se intraprendere questo viaggio servirà proprio a questo! Sbloccare la memoria di Madya è necessario a scoprire dove si trova ciò che resta del Cerchio prima che esploda e per il mondo sia la fine... La nostra piccola guaritrice è l'unica a sapere dov'è visto che Rochan l'ha nascosto per bene, anche se quando accadrà le dirai la verità, giusto? Credo abbia tutto il diritto di sapere chi sei davvero...” aggiunse Senny, strabuzzando gli enormi occhi infossati prima di ruttare.

“Certo che sì, dirò tutto a Madya, solo allora potrà decidere che fare veramente della sua vita. L'ho cercata per quasi trecento anni dopo la tragedia dell'Almandell, anche se devo dire che sia la madre che Antarik, hanno fatto uno splendido lavoro con lei...” dovette ammettere il “Pallido”.


 
   
 
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