CAPITOLO
2°_ CADAVERE
L’uomo in nero
pensa. Migliaia di ricordi gli affollano la mente nonostante cerchi di mandarli
indietro. “Ti amo… Ti amo più della mia vita…”. Le sue guance si rigano di
lacrime salate, le ennesime, anonime, che scorrono incessantemente da ormai tre
anni… E poi c’è quella rabbia, che urla nel suo cuore contro quella che ormai è
arrivato a considerare un’ingiustizia…
Deve
esserci un modo per tornare pensa
nonostante tutto il tempo trascorso, deve esserci un modo… ho bisogno di tornare,
non riuscirò a resistere ancora per molto, ho paura di dimenticare…
Altre lacrime
bagnano il suo viso, mentre dalla finestra guarda la pioggia scendere lenta e
silenziosa. C’era stato un tempo in cui l’aveva amata perché gli ricordava
quello che considerava uno se non il più bel giorno della sua vita prima di
quella mattina, quel risveglio in un posto straniero e la fine di tutto; ma ora
gli è indifferente come quella vita che conduce.
Qualcuno bussa
alla porta.
«Chi è?» grida
quasi infastidito.
«Secondo te?»
L’uomo in nero
si asciuga le lacrime e spera che l’atro non scorga i suoi occhi lucidi: odia
farsi vedere così. Si calma, fa un respiro profondo, apre e lascia entrare un
altro uomo in nero con un mezzo sorriso sul volto pallido.
«Che cosa hai da
ridere?» gli chiede irritato.
«C’è un nuovo
lavoro per te…»
Sospira: sembra
felice di rischiare la vita. Il lavoro lo distrae, l’adrenalina che gli scorre
in corpo durante le missioni non gli permette di pensare: in quei momenti è
solo un’arma di giustizia e forse vuole essere solo quello, stanco di quel
dolore. Non vuole soffrire… ora non più…
C’era
qualcosa che non andava. Luca lo sentiva. Una ragazza sparita senza lasciare
testimoni ed un killer che aveva ucciso un uomo senza compromettersi
minimamente. Un rapimento ed un delitto
perfetti…
non era possibile: chiunque nonostante tutte le accortezze che poteva avere
doveva commettere qualche errore, anche minimo… bisognava solo cercare ed avere
pazienza.
Continuava
ad aggirarsi per l’ufficio pensieroso. Com’era cambiato in questi ultimi anni:
solo poco fa era un agente scelto e poi ispettore, coordinatore e commissario
in poco più di due anni… Quant’era stato duro l’anno appena trascorso: i
fratelli Flaviano, la morte di Irene e poi Elena e Marco, vittima innocente del
destino, e alla fine stava per perdere tutto.
Si
sfiorò la spalla con un triste sorriso. Pensava ad Alessandro: l’ultima volta
che lo aveva visto, sulla tomba di Irene, gli aveva detto che era stato un
onore lavorare con lui e che era stato un grande amico e lui aveva ricambiato.
Poi però gli aveva detto che il volo era per quello stesso giorno e si erano
salutati.
Qualcuno
bussò alla porta e Luca tornò con i piedi per terra.
«Avanti!»
Entrò
Raffaele con un foglio in mano.
«Sono
i tabulati telefonici di Rita» spiegò porgendolo al commissario.
«Nelle
ultime ore prima di sparire ha ricevuto 5 chiamate dallo stesso numero»
continuò «Ho controllato: il cellulare è di un certo Giovanni d’Ambrosio;
ha dei precedenti per furto, ma sembra
aver rigato dritto per più di un anno».
Luca
rifletté per qualche istante.
«Andiamo
a parlate con lui: forse sa qualcosa…».
«Elena?»
«Anna…
dimmi»
«Bisogna
andare a parlare con la signora Albino?»
Annuì
distratta: il telefono di Ale era ancora staccato. Salirono in macchina: Anna
la scrutava attentamente, ma cercando di non dare nell’occhio.
«Che
c’è?» chiese Elena accortasi degli sguardi della collega.
«Mi
hai tolto le parole di bocca!»
La
guardò interrogativa.
«Hai
sempre la testa tra le nuvole: sembri sulla luna…».
«Sì
lo so… è che…».
Non
sapeva cosa dire. Per fortuna giunsero davanti all’abitazione degli Albino. Da
una finestra si vedeva uscire del fumo.
«Cazzo
Elena: la casa va a fuoco!»
«La
macchina della donna è parcheggiata qui» disse indicando l’utilitaria blu
metallizzato parcheggiata poco distante: «La donna è sicuramente in casa!».
Anna
rifletté qualche istante.
«Io
sfondo la porta; tu avvisa la centrale, poi seguimi».
Anna
sfondò la porta e tossendo e, gridando il nome della donna, cominciò a
cercarla. Elena, invece, avvisò la centrale chiedendo soccorso; poi si avviò
anche lei dentro. Le fiamme erano ovunque: Elena si coprì la bocca con la
manica della maglietta e cercò di capire dove fossero le due donne.
«Anna!
Anna l’hai trovata? Anna, dove sei?» urlò tossendo ed aggirandosi sperduta per
la casa. L’aria era ormai irrespirabile; Elena sentì qualcosa crollarle
affianco: la casa stava andando a pezzi. La testa le girava, ma non si diede
per vinta. Continuò a cercare le due donne fino a giungere in quella che doveva
essere la camera da letto. Anna era accasciata sulla donna, bloccata dalle
macerie cadute dal soffitto: l’incendio doveva essersi sprigionato da lì.
«Anna!
Alzati, forza! Non mollare!»
Era
difficile incoraggiarla: non ci credeva più neanche lei. Strinse i denti: se
fossero svenute sarebbero morte, non c’era scampo. Bisognava uscire.
Alzò
faticosamente Anna che sembrò riprendersi, poi sollevò la signora Albino e
aiutata dalla collega che era animata dalle ultime forze, trovò l’uscita. Fuori
anche il sole sembrava più pallido a causa del fumo. Anna si accasciò accanto
all’automobile ormai priva di sensi; Elena controllò il respiro della donna,
poi quello della collega: erano entrambe ancora vive. Avrebbe voluto
svegliarle, dir loro di non mollare, ma ormai si stava arrendendo anche lei.
Sentiva che le forze la stavano abbandonando e si scivolò lentamente contro la
portiera dell’auto svenendo.
«Giovanni
d’Ambrosio?»
«Si
sono io…»
«Polizia»
Luca e Raffaele mostrarono i loro distintivi.
«Posso
fare qualcosa per voi?» chiese il giovane cordialmente.
«Dovrebbe
seguirci in commissariato» lo informò Raffaele, ma vedendo il volto del giovane
impallidire si affrettò a contare «Non si preoccupi: è solo per qualche
domanda…».
Il
giovane solo in parte rassicurato, salì in macchina e questa partì diretta al
commissariato.
«Lei
ieri sera ha più volte chiamato Rita Diana; non è così?»
«Si…
è forse un reato?»
«No…
ma può essere sospetto se, poco dopo le chiamate, la ragazza in questione
scompare…»
«Rita…
Rita è scomparsa?».
Il
commissario annuì.
«Adesso
vuole dirci perché l’ha chiamata più volte?» chiese Raffaele.
«Io…
io e Rita siamo stati insieme per più di un anno, eravamo felici, sembrava che
nulla avrebbe potuto separarci; poi con quella storia della rapina l’ho persa
per sempre: non voleva saperne più di me, mi considerava un criminale e così
dopo un po’ non ho potuto far altro che trasferirmi. Da allora però non ho
fatto più alcun errore. Qualche giorno fa sono tornato qui a Roma e volevo
incontrarla. Ho provato a chiamarla un paio di volte ma non ho ricevuto
risposta, poi ieri sera finalmente ho sentito la sua voce. Mi ha detto che ora
la sua vita stava andando bene e che non aveva alcun a intenzione di rovinarla
incontrandomi…»
«Ma
lei non l’ha accettato il rifiuto e si è recato alla festa dove l’ha incontrata
e all’ennesimo no non ha capito più nulla, l’ha presa e l’ha portata via; non è
così?»
«NO!
È vero: mi sono recato alla festa e l’ho incontrata, ma quando lei mia ha detto
che non voleva saperne, ho lasciato perdere e sono andato a casa di un mio
amico»
«Più
o meno a che ora?» chiese stranamente calmo Luca.
«Verso
la mezza… potete controllare: questo è il numero di Paolo… anche il resto della
sua famiglia mi ha visto a casa sua ieri perché ho dormito lì!» e preso un foglio
di carta scrisse un numero telefonico che porse all’ispettore. Luca sospirò.
«Per
ora lei può andare, ma si tenga a disposizione in qualsiasi momento d’accordo?»
Il
ragazzo annuì e andò via in fretta. Dal corridoio si sentì squillare un
telefono.
«Che
ne pensi Luca?»
«Per
me sta dicendo la verità…»
«Già
anch’io lo credo… ad ogni modo controlla lo stesso la storia che ci ha
raccontato» e così dicendo uscì dalla stanza. Anche Luca stava uscendo per
andare nel suo ufficio, quando incrociò Vittoria con un’espressione preoccupata
sul volto»
«Ehi
Vittoria… che succede?»
«Luca…»
le sue parole erano un sussurro: sembrava mancarle il respiro «Hanno chiamato
dall’ospedale… Anna ed Elena hanno avuto dei problemi…».
Il
cuore di Luca perse un colpo.
«C…Che
tipo di problemi?» riuscì a balbettare.
«Pare
che a casa Albino ci sia stato un incendio ed entrambe siano rimaste coinvolte…
non mi hanno detto più di questo…».
Luca
non riusciva a reagire: era come paralizzato dalle parole di Vittoria.
«RAFFAELE!»
L’ispettore
si sporse interrogativo dal suo ufficio.
«Vieni
con me: ti spiego in macchina…» Luca respirava affannatamene.
Giunsero
in ospedale in tempo record: Luca si sentiva mancare la terra sotto i piedi.
«Ma
ti hanno detto come stanno?» chiese preoccupato Raffaele. Luca negò con la
testa e anche Raffaele ammutolì dalla paura di poterle perdere. Scesero e
corsero fino alla reception.
«Buongiorno»
disse Raffaele che non sapendo bene come riusciva apparentemente a mantenere
ancora la calma.
«Siamo
della polizia» continuò Luca ancora con il fiatone «C’è stato segnalato che due
nostre colleghe sono state ricoverate qui per il coinvolgimento in un
incendio…».
La
donna rifletté per qualche istante sotto gli occhi irrequieti dei due
poliziotti; poi annuì controllando velocemente nel computer.
«Sono
state portate al piano superiore: una delle donne ha riportato un’intossicazione
da fumo e leggere ustioni al braccio destro, non ha voluto farsi ricoverare;
l’altra ha riportato anche lei un’intossicazione, ma ha ferite e bruciature
sulla schiena e sulle braccia».
Luca
schizzò al piano superiore, Raffaele ringraziò cordialmente e seguì il
commissario. In lontananza scorsero Elena che parlava con un dottore: era
ancora stordita e si teneva il braccio che doveva bruciarle.
«ELENA!»
urlarono i due all’unisono. La donna si voltò sorridendo. I tre colleghi si
abbracciarono come se non si vedessero da tempo; poi Luca si voltò verso la
stanza nella quale si trovava Anna.
«Se
non fosse stato per lei la signora Albino ora sarebbe morta…» la elogiò Elena
con sguardo triste.
«Come
sta la donna?» chiese Raffaele con malcelata preoccupazione per Anna.
«Non
male… forse anche meglio di Anna… tutto sta nel svegliarsi…».
Luca
si accorse di avere lo sguardo offuscato dalle prime lacrime che scendevano
lente sulle guance.
«Possiamo
entrare?» chiese al medico con la voce rotta dal pianto.
«Come
dicevo alla collega per ora non è possibile…»
«Non
rimarremo a lungo: solo il tempo di dirle qualcosa e salutarla…» insistette
Raffaele ed il medico abbassando la testa acconsentì indicando la porta della
stanza con la mano.
I
tre entrarono: che strano effetto vedere Anna tra tutti quei tubi e quei
macchinari… mancò loro il respiro e si chiuse lo stomaco. Le si sedettero
accanto e Luca le sfiorò i lunghi capelli neri.
«Ma
cosa mi combini, eh?!» chiese Luca in tono tristemente scherzoso.
«Com’è
successo?» chiese Raffaele rivolto ad Elena visibilmente provata. La donna
scosse la testa.
«Quando
siamo giunti» spiegò «L’incendio era già scoppiato… ho avvertito la centrale
per chiedere soccorso e sono entrata. Quando l’ho trovata Anna era accasciata
sulla signora Albino per proteggerla: erano cadute alcune macerie dal soffitto…»
si interruppe, chiuse gli occhi e respirò affannosamente: la testa le girava e
in pochi istanti svenne.
«ELENA!»
urlarono i due «INFERMIERA! DOTTORE! PRESTO: STA MALE!».
Subito
entrò in camera una donna ed il medico con cui avevano parlato poco prima.
«Maledizione:
le avevo detto che non stava bene e che sarebbe stata meglio ricoverarla anche
solo per un giorno! Ma lei no! Non ha voluto ascoltarmi: tutti così voi
poliziotti, credete di essere immuni a tutto!» e ancora parlando più a se che a
chi gli era intorno uscì portando via la ragazza e aiutato dall’infermiera.
Luca e Raffaele si mossero.
«No
aspetta!» disse Raffaele bloccando il collega «Vado io… bisogna che qualcuno
rimanga con lei…» disse indicando con uno sguardo Anna «Appena Elena starà
meglio torneremo qui…» e sorridendo scomparve tra i corridoi dell’ospedale.
Il
volto di Luca fu attraversato da un fulmineo sorriso.
«Tutte
così voi donne!» disse rivolgendosi alla collega «Avete sempre il bisogno di
dimostrare quanto valete, quanto siete forti, anche quanto non ce n’è
bisogno…».
Poi
si avvicinò al letto sedendosi.
«Ma
io lo so perché stai facendo tutto questo…» sussurrò come se le stesse
raccontando un importantissimo segreto «…è per vendetta, non è così? Per
farmela pagare per lo scherzo che ti ho fatto qualche mese fa…» e si sfiorò la
spalla abbassando gli occhi. Si sentiva morire: se non ce l’avesse fatta cosa
ne sarebbe stato di lui? Ora capiva in pieno quello che aveva provato lei
durante le ore in cui era stato in coma.
«Hai…
ragione… e per quella storia… non mi hai ancora chiesto… scusa» sussurrò Anna
aprendo lentamente i suoi occhioni scuri.
«ANNA!»
urlò Luca, mentre le lacrime di gioia gli rigavano le guance «Ti sei rispesa…
mi hai fatto spaventare…».
«Ora
siamo pari…» sussurrò lei stanca ma felice.
Proprio
in quel momento Raffaele aiutando Elena entrò in camera.
«ANNA!»
urlarono entrambi abbracciandole; Luca avvisò il medico del risveglio della
collega.
I
medici controllarono minuziosamente ogni cosa: tutto sembrava andare bene.
«Vi
ho spaventati, eh?!» scherzò l’agente
«Sì,
ma non farlo più ok?»
Luca
la guardò seriamente e ad Anna si spense il sorriso sulle labbra. Per un attimo
sai guardarono intensamente; poi Anna sorrise ancora, ma Luca rimase ancora un
po’ turbato. Il suo telefono squillò interrompendo i suoi pensieri.
«Pronto?
Sì, stanno bene… sì, si è svegliata...» sorrise guardando entrambe le colleghe
«Cosa?! Hai avvertito familiari ed amici?! ... No scusa: è solo che… niente. Ci
andiamo subito…»
«Cosa
succede?» chiese Raffaele
«Hanno
trovato un cadavere in una scarpata alla periferia Nord… credono sia Rita
Diana…»
«E
hanno già avvisato amici a parenti, giusto?»
Il
commissario annuì abbassando la testa.
«Saranno
già tutti lì…»
«Già:
ci conviene andare…»
«Voi
due rimanete qui è non muovetevi ok?»
«A
suoi ordini Commissario!» dissero entrambe prendendolo in giro. Scoppiarono
tutti a ridere, poi i due uscirono dalla stanza.
In
un quarto d’ora giunsero alla scarpata: c’era una confusione enorme. Appena
sceso dalla macchina, Luca sentì le urla disperate della madre di Rita: era
davvero lei. Gli si strinse il cuore, lo stomaco si chiuse; Raffaele ebbe
all’incirca la stessa reazione: glielo lesse negli occhi. Entrambi si
avvicinarono ai genitori della ragazza: la donna era sorretta a fatica dal
marito i cui occhi vuoti sembravano guardare qualcosa di inesistente al di là
della morte stessa. Non dissero una parola, forse neanche li videro: solo
continuarono a camminare lenti verso una vettura che li avrebbe riportati a
casa. Luca fu quasi grato loro per non aver detto nulla: gli avrebbe fatto
troppo male.
Maledizione!
Maledizione! Perché? Perché! La vita di quelle persone ora che senso avrà?
Hanno perso il bene più grande che avevano… la loro vita ora è vuota…
Non
riusciva a capire perché il destino era stato così crudele con loro e poi…
rivide quel volto. Sorrideva come solo lui sapeva fare e gli occhi gli
luccicavano per la gioia di qualcosa che ora Luca non riusciva a ricordare.
Chiuse gli occhi: qualcuno gli aveva assicurato che con il tempo quelli
sarebbero diventati dolci ricordi, ma lui sapeva che era una bugia consolatrice.
Il suo volto sarebbe sempre stato dolore, la ferita non si sarebbe mai
rimarginata e sarebbe stata lì silenziosa come poche altre nell’attesa di un
istante, come quello, per riemergere e fare male come la prima volta. Ma perché
proprio ora? Perché da un po’ quello era un pensiero ricorrente? Scosse
lievemente la testa: non era quello il momento di pensare; ora bisognava
occuparsi del cadavere.
I
due poliziotti si avvicinarono alla salma coperta dal classico telo bianco e
Raffaele lo scostò per vedere il corpo. Non c’erano dubbi: era Rita Diana,
freddata con un colpo alla nuca. Un lavoro da professionisti.
«Raffè
parla con il medico legale: ogni informazione può esserci utile»
«E
tu?»
«Io
devo parlare con una persona…»
Luca
si allontanò lasciando la frase a metà, mentre Raffaele si diresse verso il
medico. Giulio Motta era poco lontano dal luogo del ritrovamento, le mani l’una
dentro l’atra dietro la schiena, il volto pallido, le lacrime che gli rigavano
le guance. Fissava qualcosa d’invisibile e lontano, come i genitori della
vittima, mentre il sole tramontava all’orizzonte. Luca gli si fermò accanto e
prese anche lui a guardare l’orizzonte, incapace di dire qualsiasi cosa. Si
sentiva strano, quasi in colpa: per lui la frase che aveva detto al giovane
prima di saturarlo aveva ancora valore… avrebbe davvero voluto fare tutto il
possibile…
«Ha
mai perso qualcuno d’importante, commissario?» chiese con un filo di voce come
se la domanda fosse rivolta a lui più che al poliziotto.
Diverse
facce affiorarono nella mente di Luca che annuì.
«Allora
sa come ci si sente… è come un secchio d’acqua gelida…. Inaspettato… così
inaspettato che per i primi momenti non ti capaciti dell’accaduto: sei convinto
che tra poco ti sveglierai e sarà stato tutto un sogno. Poi, però, i minuti
passano e tu stai sempre lì, davanti a quella scena irreale che pian piano
assume consapevolezza; e mentre accade e le tue certezze diventano dubbi e
scompaiono, quegli istanti cadono pesanti e ti schiacciano e tu ti senti
soffocare e l’unica conclusione alla quale riesci ad arrivare è che vorresti
morire…»
Tacque,
come caduto in trance e non aprì più bocca: la sua mente però stava sicuramente
viaggiando. Luca non sapeva che dire o cosa fare: a cose simili non ci si
abitua mai. Solo stette ancora un po’ accanto all’uomo, in silenzio, a guardare
gli ultimi raggi di sole scomparire; poi quando si eclissò del tutto, come
animato da nuova forza, guardò l’uomo.
«L’ultima
volta le avevo fatto una promessa, ma non sono riuscita a mantenerla…» l’uomo
sembrò rianimarsi alle parole di Luca perché smise di guardare il cielo e puntò
i suoi occhi in quelli verdi del commissario.
«…
ora però le faccio un’altra promessa: Troverò
quelli che l’hanno uccisa… glielo giuro…»
Il
ragazzo divenne serio, chiuse gli occhi, poi sospirò ringraziando stancamente;
in seguito andò via con la sua macchina.
Luca
rimase a guardare ancora un po’ l’orizzonte, le sue ultime parole gli
rimbombavano nella mente: questa volta non era routine, questa volta era
convinto di quello che diceva e avrebbe fatto di tutto per mantenere quella
promessa.
***
Lo spazio dell’autrice
Eccomi di
nuovo a voi miei cari lettori! Allora cosa ve ne è parso di questo secondo
capitolo? Elena ed Anna vi hanno fatto spaventare, eh?? Almeno Luca e Raff si
sono presi una bella paura! E così anche Rita ha fatto una brutta fine (non
odiatemi x questo… poi capirete cosa c’è sotto) e Luca sembra davvero turbato
da qst storia…
Intanto
volevo ringraziare tutti coloro che hanno letto: mi state dando la carica
giusta x continuare!!
In
particolare ringrazio:
Luna95 Mille, mille grazie x aver letto qst mia nuova
ff… se non capisci qualcosa basta che me lo chiedi!! Allora cosa te ne pare di
qst??
Uchiha_chan Felice che questa ff ti
stia piacendo, grazie per i tuoi complimenti. Allora qst capitolo come ti è
sembrato??
Lyrapotter Beh… neanch’io sono
sicura di riuscire a scrivere i casi gialli… spero di non deluderti. Mille
grazie per i tuoi complimenti (forse non li merito…tutti…. ^^’’’) Beh… allora siamo in due ad aver intuito un
certo feeling tra Ale ed Elena… poi vedrai cosa ho riservato alla cara
ispettrice! Per quanto riguarda Mauro Belli… anch’io all’inizio avevo pensato
di farlo tornare… ma, credimi, non è affatto facile quindi non penso che
accadrà (ti prego non abbandonarmi solo per qst ç___ç) Cmq ci saranno belle
sorprese…
Il prossimo
capitolo, che si intitola LA STANZA BIANCA comincia a spiegare un po’ di cose… ma non
tutto… abbiate ancora un po’ di pazienza!! XD Mi raccomando non abbandonatemi!!
Continuate a leggere e recensire (con qst ultima cosa mi fareste davvero
felice!!). Alla prossima volta. Ah… quasi dimenticavo: essendo cominciata la
scuola (=_=) potrei avere dei leggeri ritardi nella pubblicazione della ff… vi
prego di non lasciarmi se farò qlche gg di ritardo… perché non ho alcuna
intenzione di lasciarla incompiuta!! Un bacio.
La vostra
Alchimista!