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Autore: SSJD    30/10/2023    7 recensioni
1. Cozza e Scorfano. (OS) Storia partecipante alla sfida “Prompts, our Wires” indetta da Soul Dolmayan su EFP.
2. Il giorno in cui una vecchia lumaca conobbe una giovane coccinella. Storia partecipante al contest "Storie alfabetiche" indetto da Lady.Palma.
3. Eventi naturali. 3° classificata al contest "Dimmelo con queste parole" indetto da Earth_.
4. Storia di letarghi, biscotti ed energie interiori. Storia partecipante al contest "Le quattro stagioni si raccontano" indetto da elli2998 e Inchiostro_nel_Sangue sul forum di EFP
Genere: Fantasy, Generale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna
Note: Raccolta | Avvertimenti: nessuno
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Storia di letarghi, biscotti ed energie interiori.
 
 
 
L'inverno è un momento di riflessione, la natura si ritira in se stessa per ritrovare la propria forza interiore…”
Lili guardava fuori dalla finestra. Il vetro appannato dal suo stesso respiro non le impediva di vedere che fuori era tutto solo grigio. Giardino grigio, erba grigia, fiori grigi e rinsecchiti, altalena grigia, piante senza foglie, grigie anche loro.
La fitta pioggerellina invernale aveva fatto diventare le ragnatele simili ad antichi lampadari pieni di gemme preziose.
Erano giorni che il tempo non cambiava. Altro che ritrovare la propria forza interiore. In tutto quel grigio, c’era poco da stare allegri.
Lili guardava fuori e sospirava sconsolata.
“Puff… che noia…” sbuffò sonoramente.
Il vetro della finestra si appannò di nuovo e Lili decise che fosse arrivato il momento di scarabocchiare qualcosa che rappresentasse al meglio il suo stato d’animo. Con il dito fece due puntini, uno a fianco all’altro e, poco più in basso, una piccola bocca ripiegata all'ingiù.
“Lili? Che fai di bello? Vuoi venire ad aiutarmi? Sto preparando i biscotti!”
La voce della sua mamma le arrivò alle orecchie come una specie di sveglia.
In effetti non stava facendo proprio nulla. Pensava solo alle parole che il suo papà le aveva detto quella mattina, riguardo all’inverno e al ritirarsi in se stessi e al ritrovare la propria forza interiore…
La piccola si chiedeva cosa c’entrasse tutto quel popò di discorso con la sua semplice ed elementare domanda:
“Papà, dove sono finite le mie tartarughe?”
Ciò che era chiaro era che fino a qualche giorno prima le sue bestioline giravano felici per il giardino. Poi d’un tratto erano sparite.
Lei le aveva cercate per giorni. Sotto al rosmarino, dietro alla salvia, tra le grosse foglie dei pochi cavoli spelacchiati che erano rimasti nell’orto, ma niente.
Poi aveva iniziato a piovere e lei era dovuta stare a casa a guardare il giardino dalla finestra, sperando di vedere le sue tartarughe risbucare fuori da un momento all’altro.
Quando quel mattino si era svegliata e aveva visto che fuori pioveva ancora, aveva posto a suo papà la famosa domanda.
Più delusa che confusa dalla risposta che aveva ricevuto, decise di andare ad aiutare sua mamma coi biscotti, magari lei sapeva meglio di suo papà dove fossero le bestiole.
Di malavoglia si trascinò fino in cucina e si mise in ginocchio su uno sgabello posizionato dalla parte opposta del tavolo rispetto alla sua mamma.
“Ti sei decisa, finalmente”, le disse con un sorriso.
“Mamma, dove sono le mie tartarughe? Sono giorni che non escono più”, chiese, senza perdere tempo.
“Tesoro, sono in letargo”, le rispose la mamma.
“Letargo? E che cos’è?”, chiese Lili mentre con le manine iniziava a fare delle palline di pasta.
“Molti animali vanno a dormire, per tutto l’inverno”, le spiegò con calma la mamma.
“E perché lo fanno?”, insistette Lili.
“Per ritrovare la propria forza...
“Interiore,” la interruppe Lili alzando gli occhi al cielo, scocciata.
“Non puoi darmi una spiegazione, anziché trovare una scusa come papà? Ditelo che non lo sapete dove sono le mie tartarughe!” si lamentò.
La mamma la guardò intenerita e decise di raccontarle una storia per farle capire meglio cosa fosse il letargo e cosa volesse dire il papà con quella risposta.
“La sai la storia del riccio che incontrò l'albero di pesche e la gallina?”, le chiese.
La bambina scosse la testa, ma fece capire di essere interessata alla vicenda. Cosa potevano avere in comune una pianta di pesche, un riccio e una gallina?
“C’era una volta…
“Una volta, quando? Non puoi essere più precisa? Tutte le storie iniziano sempre con queste parole, ma qualcuno ha idea di quanto tempo fa si sta parlando?”, la interruppe subito Lili.
La mamma, un po’ stupita, decise di non farsi scoraggiare e continuò, cambiando versione.
“Sai, quando ero piccola, mio nonno aveva nel giardino un enorme albero di pesche. In primavera era come una nuvola rosa. C’erano talmente tanti fiori che l’albero, visto da lontano, sembrava un   gigantesco zucchero filato. Poi arrivava l’estate, col caldo molti dei fiori si trasformavano in piccoli frutti e i rami si riempivano di verdi foglie. Per tutta l’estate le pesche crescevano e, quando diventavano gialle e succose, mio nonno le raccoglieva. Erano così tante che bastavano per fare marmellate, succhi di frutta, macedonie e vasi di pesche sciroppate. I miei nonni passavano molto tempo, in autunno, a preparare conserve coi frutti del loro orto e delle loro piante da frutto. Mentre le foglie ingiallivano o arrossivano o imbrunivano e a una a una cadevano, i nonni se ne stavano in cucina, a preparare tutto ciò che gli sarebbe servito per l’inverno.
Quando io ero piccola, c’erano inverni molto freddi. Un anno nevicò così tanto che chi abitava a piano terra non poteva più uscire di casa, tanta era la neve davanti alla loro porta d’ingresso. Il giardino del nonno molte volte si è ricoperto di neve. Gli alberi, l’erba, l’orto, tutto sotterrato da cumuli e cumuli di neve che rendevano tutto… uguale, bianco.
Quando smetteva di nevicare era un gran divertimento perché tutti uscivano a fare pupazzi di neve o a giocare con lo slittino. Ma era quando iniziava a nevicare, che io mi mettevo a guardare fuori dalla finestra perché ero curiosa di vedere se il piccolo riccio, ormai di casa nel giardino del nonno, avrebbe ascoltato il consiglio del pesco, anziché le sciocchezze della gallina che viveva nel pollaio”.
“Quale consiglio? E cosa diceva la gallina?”, chiese Lili troppo curiosa di conoscere il seguito della storia.
“Devi sapere”, continuò con pazienza la mamma, mentre infornava i biscotti, “che la sera, mentre aspettavo che la mia mamma mi venisse a prendere, mi mettevo a guardare fuori dalla finestra, proprio come facevi tu prima. Una sera d’estate vidi sbucare fuori da un angolo del giardino un piccolo riccio in cerca di qualcosa da mangiare.
Hey tu, tu, cococoso rotondo cococon le spine, chi sei?’ gli chiese la gallina.
Il pesco scoppiò a ridere. Ricordo che gli caddero addirittura due frutti, tanto fosse divertito. Una delle pesche, cadde proprio vicino al riccio che guardò in alto e disse:
Oh, grazie, signore! Cercavo giusto da mangiare!’
Non devi ringraziare me, ma quella stupida gallina che non sa nemmeno che sei un riccio!’, rispose l’albero cercando di smettere di ridere.
Va bene, allora grazie, signora gallina’, disse con un tono educato il piccolo riccio.
Ahahah! Signora gallina! Non sto più nella corteccia!’, rise di nuovo la pianta, facendo cadere altri tre frutti.
Sei proprio un maleducato, per fortuna c’è questa piccola palletta ricocococoperta di aghi che sa già ricococonoscere una signora cococome me. Sai cosa ti dicocococo? Visto che è cococosì gentile, gli regalo un uovo appena fatto!’, si arrabbiò la gallina.
Grazie! Mi piacciono molto le uova!’, disse allegro il riccio.
Ragazzo, puoi avere tutte le pesche che sono cadute per terra e potrai averne una da qui alla fine dell’estate!’, disse la pianta cercando di fare la gara di generosità con la gallina.
A quel punto, lei, tutta contenta, annunciò:
Cococo! Allora io gli darò un uovo per ogni giorno per tutto l’anno, visto che tu, in autunno, in inverno e in primavera non gli puoi regalare più nulla!’
‘Davvero? Che bello! Grazie!’, disse allegro il piccolo riccio.
Ma grazie di cosa? Fra meno di due mesi te ne starai già a dormire! Non ti servono tutte quelle uova!’, lo rimproverò il pesco.
 
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Mi ricordo che vidi il riccio mettersi a sedere sul suo sederino e guardare triste l’albero.
Perché dici così?’, chiese il piccolino.
Ma come, non lo sai? Tu sei un riccio. Sei uno dei tanti animali che d’inverno vanno in letargo!’, spiegò l’albero un po’ sorpreso che il piccolo non lo sapesse.
In letargo?’, chiesero a quel punto assieme Cocò, la gallina e il riccio.
Ma certo, anche io d’inverno mi prendo una pausa. Lascio cadere tutte queste foglie che, quando arriva il freddo, non posso alimentare e mi riposo fino all’arrivo della primavera!’, raccontò con molta calma il pesco.
E io perdo tutti gli aghi, quando vado a dormire?’
‘Cococosa? Vuol dire che io perdo tutte le mie bellissime piume?’, si mise a piangere la povera gallina.
Ma no! Tu non perderai nessun ago e tu, sciocca gallina, quando mai sei andata in letargo? Le galline non ci vanno! Possibile che non te lo ricordi?’, domandò il pesco.
No. Non me lo ricococordo. Va bene? Vi auguro una buona dormita. Tornerò nel mio posticino caldo a cococovare le mie uova. Addio!’, così dicendo se ne andò offesa, lasciando il riccio solo coi suoi pensieri.
Devi trovarti un posticino caldo, per passare l’inverno e raccogliere le tue energie. Puoi scavare una tana lì, vicino a quel muretto’, concluse l’albero guardando il piccolo animaletto.
Ma ti ritroverò quando mi sveglierò?’, chiese preoccupato.
Certo! Forse non mi riconoscerai perché indosserò il mio vestito più bello!’
Il riccio a quel punto camminò fino al tronco e lo abbracciò forte.
Poi venne l’autunno e poi l’inverno. E tutto andò come il pesco aveva detto.
In primavera, quando il riccio uscì affamato dalla sua tana, il grande albero gli suggerì di andare a salutare l’amica gallina. Sicuramente avrebbe ottenuto un bell’uovo in premio”.
 
 
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Drin-drin.
Il rumore della sveglietta indicò la fine della cottura dei biscotti.
La mamma andò a tirare fuori la teglia dal forno e subito la casa si riempì di profumo.
Lili rimase in silenzio, mentre la mamma prendeva i biscotti uno per uno e li metteva su un piatto, formando una specie di piramide.
“Ne vuoi uno?”, chiese spingendo il piatto verso la bambina.
La piccola prese quello più in cima e se lo infilò in bocca intero.
Lo masticò un po’ a fatica e, con ancora il boccone tra i denti, disse:
“Quindi le mie tartarughe non usciranno più finché non spunteranno i fiori sulla pianta di pere che c’è in giardino?”.
“Sì, devono riposare e ritrovare le energie per poter giocare con te per tutta la prossima estate!”, esclamò la mamma soddisfatta che la bambina avesse finalmente capito.
“Ma io cosa faccio per tutto l’inverno? Almeno la gallina del nonno aveva da fare le uova. E io?”, chiese sconsolata.
“Noi prendiamo le uova e facciamo i biscotti!”, concluse la mamma felice.
Lili andò ad abbracciarla e disse: “Grazie! Senza biscotti come farei a recuperare le energie?”.
 
 

 
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NA: cari bambini che vi siete fatti leggere questa storia da un adulto, grazie per averla ascoltata fino alla fine. I disegni del riccio, del pesco e della gallina sono opere di L. e G., le mie disegnatrici di fiducia, che ringrazio vivamente. Spero vi piacciano.
 
NA per le giudici: la scelta delle singole parole di questa favola è stata fatta con la consapevolezza dell’età media dei piccoli lettori per i quali è stata scritta.
Grazie a chiunque sia passato a leggere e ancora di più a chi spenderà due minuti a scrivermi cosa ne pensa il bambino a cui l’avete letta o semplicemente il bambino che è in voi.
Alla prox!
Ssjd
   
 
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