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Autore: EmmaJTurner    03/11/2023    5 recensioni
“Mi hai fatto chiamare. Hai scritto che hai un lavoro per me”.
“Esatto”.
“Sei stata insopportabilmente vaga”.
“Eppure sei qui”.
Logan strinse la mandibola, colto in fallo. Meli trattenne un sorrisetto vittorioso.

[Paladini, vampiri, un sotterraneo pieno di mostri e un bambino da salvare. Secondo me, andiamo a farci male]
Genere: Avventura, Azione, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Cercasi Ammazzamostri'
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Spazio dell’autrice

Ciao a tutti! Qui si parte, eh. Pubblico con più moderazione solo perché rileggo mille volte ogni capitolo alla ricerca di tutti i buchi di trama e cerco di tapparli con lo scotch prima che diventino abissi ingestibili. Conto di procedere con un capitolo a settimana. 

Ci vediamo nel dungeon!

 

“Andiamo a salvare un innocente”

“Meli!”.

A Meli fu chiaro dal primo istante che Logan e Aiden non sarebbero andati d’accordo. Se fosse perché Aiden era un paladino, o perché era almeno venti centimetri più alto di lui, o perché, come prima cosa, l’aveva stretta in un abbraccio che l’aveva sollevata da terra, non avrebbe saputo dirlo. Ma fu certa che Logan qualcosa non aveva apprezzato perché, per tutto il tempo che passarono nella piccola fucina di Georg, unico fabbro di Pecul, l’ammazzamostri aveva fissato il paladino biondo un’espressione per nulla amichevole. 

La fucina-negozio di Georg era diventata ormai una tappa fissa per gli avventurieri in cerca di equipaggiamento. Si trattava in realtà di poco più di uno stanzone di pietra annerito dal fumo, che odorava di ruggine e ferro rovente, con un'enorme incudine al centro vicino all’ampia fornace che ribolliva di metallo fuso color giallo intenso. Martelli, tenaglie e pinze usurate erano appesi alle pareti, oltre ad una vasta selezione di armi create da Georg in persona - o, ultimamente, dai suoi volenterosi apprendisti; ma c’erano anche armi esotiche provenienti da tutta la Repubblica, che Georg comprava, barattava e collezionava durante i suoi viaggi e rivendeva a prezzi esagerati. In bella mostra c’erano infatti spade di metallo verde o viola, particolarmente adatte allo scorrere di incantesimi di combattimento; corazze in fibra di seta sintetica; elmi ornati con artigli di strige, archibusi e balestre, archi con frecce avvelenate, lance e picche di ogni misura.

Georg, il volto ridanciano e peloso coperto di fuliggine, fu molto lieto di vedere Meli - era lei a procurargli la cicuta per le armi avvelenate - e le offrì due stiletti d'oltremare a metà prezzo. Meli li stava soppesando poco convinta, quando era arrivato Aiden.

Aiden, Paladino della Repubblica, era un uomo alto e atletico con un sorriso splendente e occhi violetti. Indossava la casacca bianca e oro con lo stemma dei paladini, che ben si intonava con i suoi capelli color del grano. 

Meli lo salutò con affetto. “Aiden! Cosa ci fai qui? Non eri a Porto Venia per l’addestramento delle nuove reclute?”.

“Sì, ma sono tornato appena ho saputo del piccolo Theo. Povero ragazzo, che storia terribile! Restare in città senza poter fare niente per il mio paese natale mi avrebbe spezzato il cuore” disse l’uomo con slancio, portandosi una mano al petto. Poi l’abbracciò di nuovo e, tenendola per le spalle con affetto fraterno, le chiese del negozio e delle sue sorelle. Meli rispose con naturalezza, cercando di non dare peso allo sguardo truce che le stava perforando la nuca.

Quando gli disse che lei era lì per lo stesso motivo, Aiden spalancò gli occhi per la sorpresa. Meli gli indicò Logan e lo presentò come ammazzamostri. Aiden gli porse una mano educata, che Logan prese impassibile.

Aiden era davvero colpito. “Vi fa onore, davvero. Ma siete sicuri…? Il Dungeon di Darren non è per i deboli di cuore. Metà delle persone che vi si sono avventurate non ne sono uscite”.

“Lo sappiamo. Georg ce lo stava dicendo un attimo fa”.

Georg gnugnì. “Certo che gliel’ho detto. Ma questi giovinastri hanno deciso di lasciarci la pelle, in quel sotterraneo muffito”.

“Non sono più così giovane, Georg” ribatté Meli.

“Peggio ancora! Sistemati e fai figli come si conviene!”.

“Figli che poi vengono rapiti e portati nei dungeon?”.

Georg agitò il martello per aria. “Colpa di quei krampus schifosi! Lo dicevo io che bisognava sterminarli, altro che accordi interspecie!”.

I krampus. Meli lo trovava ancora così strano. “Chi ha visto che sono stati proprio i krampus a portare via il ragazzino?”.

“Agnese, all’ultima via prima del bosco”.

“La lavandaia con tre figli?”.

“Proprio lei”. 

Meli decise che le avrebbe parlato prima di avviarsi per la missione giù per il Buco. 

“Quando partite?” si informò Aiden.

“Domattina al massimo” rispose Meli sovrappensiero.

“Oh, ma allora dobbiamo andare insieme!” esclamò il paladino. “Più siamo, meglio è. Ci guarderemo le spalle a vicenda”.

Meli, volutamente, non guardò Logan. Ma Aiden invece forse sì, perché aggiunse subito: “E non voglio la ricompensa, ovviamente. Sai che lo faccio solo per onore”. Rimarcò con così tanta enfasi la parola onore che a Meli venne da ridere. Aiden non era cambiato di una virgola da quando aveva lasciato le montagne da ragazzino. Era nato con lo spirito di paladino nel sangue, e paladino tutto giustizia, coraggio e onore era rimasto dopo l’Accademia.

Meli si voltò cauta verso Logan. L’ammazzamostri stava studiando il paladino dall’alto in basso con la sua solita espressione di vago fastidio, ma - incredibilmente - si disse d’accordo a quell’inaspettata aggiunta alla loro compagnia. 

Aiden lo ringraziò portandosi una mano al petto; acquistò due corte daghe d’argento e si congedò. Prima di uscire intrecciò le dita con quelle di Meli e le posò un bacio sul dorso della mano. Si avviò alla porta, ma prima di uscire si fermò e si voltò di nuovo verso di loro. “Ah. Cosa vi serve? Armi? Pugnali, lame, proiettili? Georg, metti tutto sul mio conto. Andiamo a salvare un innocente” concluse con ardore.

Meli vide Logan alzare gli occhi al cielo.

***

Occhi al cielo o no, Logan non si fece pregare quando fu confermato che poteva acquistare tutte le armi che desiderava usando soldi altrui. Uscì dalla fucina di Georg con un ghigno soddisfatto e un armamentario degno di un assassino prezzolato.

Una volta per strada, Meli gli disse che voleva parlare con Agnese la lavandaia. L’uomo, distratto dai nuovi acquisti, si disse d’accordo.

Arrivarono all’ultima casa di pietra prima che il sentiero si perdesse nel bosco. Meli sapeva che la donna che aveva visto il figlio del podestà ci viveva da sola con tre bambini. Non la conosceva troppo bene, ma era passata alcune volte all’emporio per comprare il farinello e dei rimedi per la tosse per i suoi pargoli.

“Lascia parlare me” avvertì l’ammazzamostri. Logan non si degnò di rispondere.

Bussarono. Ci fu un rumore di passi e di stoviglie spostate; poi la porta si aprì di pochi centimetri. “Chi…? Ah Melissa, sei tu”.

La donna aprì la porta. Indossava l’abito tipico del distretto di Pecul, di lana cotta blu e marrone, e teneva in braccio un neonato cicciotto. Lanciò a Logan lo sguardo di dubbioso astio che tutti i veri montanari riservavano per i foresti. “Ammazzamostri” spiegò Meli. La donna sembrò rilassarsi e li invitò a entrare.

La piccola casa di pietra era spoglia ma pulita. A sinistra un tavolo su cui erano  impilati dei piatti, delle cipolle e una scodella di cantarelli. A destra un letto imbottito di paglia da cui li osservava un bambino con i capelli biondi e il moccio al naso. Di fronte a loro, nel focolare acceso, sobbolliva una pentola di zuppa. C’era un forte odore di cavolo bollito.

“A cosa devo la visita? C’è qualche problema?”.

“Assolutamente nessun problema. Anzi, perdonaci il disturbo. Siamo venuti qui solo per avere delle informazioni riguardo…” 

La donna non la lasciò finire. “Siete qui per il ragazzino. Il figlio del podestà”. 

Meli annuì. “Abbiamo pensato di parlare con te, l’ultima persona che lo ha visto, prima di tentare l’impresa”.

Gli occhi della donna si fecero enormi. “Tentare…? Andrete nel dungeon? Volete salvarlo?”.

Logan fece per protestare, ma Meli lo anticipò. “Esatto. Sì, vogliamo salvare il ragazzo”. Non c’era nessun motivo per ricordare alla loro ospite che stavano parlando di un ragazzino cadavere.

In un attimo gli occhi della donna si inumidirono e il naso le si fece paonazzo. “Non ho potuto fare niente” singhiozzò. “È stato terribile. Come veder portare via uno dei miei”. Lo sguardo di Meli cadde sul bambino col moccio al naso. La donna si asciugò una guancia. “È molto valoroso da parte vostra”.

“Grazie” tagliò corto Meli, a disagio. “Speravamo di poterti chiedere maggiori informazioni, se non è inconveniente per te”.

“Nessuna inconvenienza” rispose la donna “ma ho già raccontato mille volte questa storia al consiglio e al podestà stesso. Non credo di potervi dire nulla di nuovo”.

Meli disse che non era un problema, e la invitò a proseguire.

“Ero uscita a funghi come tutte le mattine. Quando ho visto i tre krampus entrare nel dungeon mi sono nascosta dietro un albero. Parlavano quella loro lingua schioccante e incomprensibile. Uno di loro portava il ragazzino; sembrava svenuto. Non ho potuto fare niente, se non guardare e soffrire” raccontò, monocorde. Sembrava molto triste.

“Che ora era?”.

“Direi le cinque del mattino. Era già l’alba; li ho visti bene”.

Meli inarcò le sopracciglia. “Krampus fuori dopo il buio? È strano” le sfuggì.

“Lo so bene” rispose la donna, risentita. “Ma io so quello che ho visto”.

Meli si affrettò a riparare il danno. “Non è quello che intendevo. I krampus sono estremamente riconoscibili. Se li hai visti, li hai visti. Difficile scambiarli con qualcos’altro, con le piume e tutto il resto”.

La donna annuì. Aveva la faccia paonazza e sballonzolava il neonato con ferocia. Ci fu un silenzio imbarazzante.

Fecero qualche altra domanda, ma non non ne ricavarono nulla di utile. Presto Meli capì che era arrivato il momento di andare. Allungò dei soldi “per il disturbo”, ma la donna glieli richiuse nella mano e li rifiutò con espressione fiammeggiante. 

“Salvate quel bambino e mi riterrò ripagata” disse. La sua mano era fredda e umida su quella di Meli. “Non dormo da tre giorni a causa del senso di colpa. È come se davvero mi avessero portato via uno dei miei figli. Quel povero innocente…!” la voce le si spezzò. “Salvatelo anche per me” implorò. 

Meli, controvoglia, provò un tenue barlume di ammirazione per quella povera donna. Si chiese se anche la vera madre del ragazzino provasse tutto quell’amore feroce e disperato. 

Logan, al suo fianco, sospirò. E Meli seppe che quella preghiera non aveva lasciato indifferente nemmeno lui.

Ringraziarono e uscirono. La donna rimase sulla porta a guardarli allontanarsi giù lungo la strada acciottolata. 

Quando furono distanti a sufficienza, Meli disse: “Lo sapevo che ce l’avevi”.

“Cosa?”

“Un cuore”.

Logan sbuffò infastidito, ma non obiettò. 

***

La mattina dopo l’aria era umida e il cielo grigio minacciava pioggia. Nella foschia gelida, Meli stava aspettando Logan davanti a La Moira, l’unica taverna decente di Pecul. Aveva scarponi e mantello, i tre migliori coltelli in suo possesso e il fidato bastone di castagno. Lo zaino carico di provviste, erbe e pozioni utili ad ogni evenienza le pesava rassicurante sulle spalle. 

Infine anche Logan scese in strada. Pareva pronto ad affrontare l’inferno stesso, con la solita spada d’argento al fianco e una seconda legata alla schiena, stiletti e pugnali assicurati alle cosce con stringhe di cuoio, pistola carica e tutta una serie di altre chincaglierie che Meli non riconobbe, ma che avevano un aspetto minacciosamente professionale. Truccato di nero, vestito di nero, e con neri guanti di pelle, Logan pareva più un assassino mercenario di Porto Venia che un rozzo ammazzamostri di montagna.

E - Meli spinse questo pensiero giù da un dirupo nella sua mente non appena affiorò - aveva un che di attraente.

Si salutarono con freddezza e si avviarono; avrebbero trovato Aiden direttamente al Buco.

Il Buco della Luce -  o Buso dea Lu in dialetto locale, nome completo e ufficiale - era una delle tante entrate nell’immenso dungeon di Darren. Si trattava di una crepa naturale del terreno, profonda almeno trenta metri, in cui ci si doveva calare per raggiungere l’ingresso del sotterraneo. Si chiamava così per via dei fuochi fatui si accendevano misteriosamente sul fondo del crepaccio.

Risalirono il sentiero nel bosco per circa due ore, senza parlare. Nascoste tra i tronchi umidi, con occhi acquosi e muschio sulle sopracciglia, le anguane li osservavano. Meli cercò di non guardarle mai. Le anguane, giovinette morte divenute spiriti dei corsi d’acqua, erano inquietanti da morire, ma innocue… nella maggior parte dei casi. Diversamente dalle arduene, che avevano chiodi arrugginiti al posto dei capelli e la bocca piena di zanne affilate, le anguane erano solo molto infelici della loro situazione. Meli si toccò il naso con un gesto scaramantico e pregò Dio e gli dèi di non finire mai al loro posto.

Un vociare soffuso li avvertì che erano quasi arrivati. Uscirono dagli alberi e si trovarono di fronte ad un piccolo accampamento di tende bianche con lo stemma della Repubblica. La guardia cittadina era stata richiamata per controllare l’ingresso del Buco.

“Meli!” 

Aiden si fece largo verso di loro. Indossava la sua armatura completa, bianca e splendente, ed era armato quasi quanto Logan, con scudo, spada e due daghe incrociate sulle schiena. Aveva una luce determinata negli occhi violetti. Di nuovo, le prese la mano per un baciamano galante; Meli finse di non aver visto Logan distogliere lo sguardo.

Si avvicinarono al crepaccio - la pattuglia della guardia cittadina li osservò passare con indifferenza - e guardarono giù. Erano stati installati diversi chiodi per la discesa e la risalita in cordata. Si imbragarono e cominciarono a scendere con piccoli balzi contro la parete di roccia. In pochi minuti furono sul fondo del Buco della Luce.

Il Buco della Luce, visto da sotto, assumeva tutto un altro significato. Le voci dei soldati accampate su in alto divennero smorzate, quasi inudibili. Dalla fenditura orizzontale sopra la loro testa entrava una lama di sole grigiastro che tagliava in due la caverna sottostante. C’era odore di terra umida, e l’unico rumore era lontano fluire di acqua sotterranea. Di fronte a loro, un enorme portone di pietra. 

Logan si avvicinò ad un sistema di pesi e carrucole posto alla sinistra del portone. Spingendo una pesante leva lo azionò, e i due battenti cominciarono a ruotare verso l’interno del sotterraneo. Quando fu completamente aperto, lasciò la leva, e le porte cominciarono lentamente a tornare al loro posto.

I tre si infilarono in fretta tra le fauci di pietra in movimento, che si richiusero alle loro spalle con un definitivo clunk.

Erano dentro al dungeon di Darren.

   
 
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