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Autore: Master Chopper    04/11/2023    2 recensioni
[STORIA AD OC - ISCRIZIONI APERTE]
Nell'epoca degli Stati Combattenti, il regno di Fiore si difende dai tentativi di invasione dell'Impero di Alvarez. In questo mondo immerso nel caos, giovani soldati si fanno largo mossi da grandi aspirazioni.
-Esperimento per vedere se si riescono a riportare in auge le storie ad OC-
-Fanfiction tributo a Lord_Ainz_Ooal_Gown-
Genere: Avventura, Azione, Guerra | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Shonen-ai, Shoujo-ai | Personaggi: Nuovo personaggio
Note: AU, Cross-over, OOC | Avvertimenti: Tematiche delicate, Violenza
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STRUMENTI DI GUERRA

“Queste rovine… ricoprono le colline.”

Julia osservava il panorama con una smorfia che tentava di assomigliare ad un’espressione concentrata: “Queste colline…”

“Dove cazzo è l’informatore?” ripeté per l’ennesima volta Thrax, seduto a gambe incrociate su di un lastrone di pietra. Le sue dita tamburellavano sull’elsa di Grecale, minacciando di volerla usare per terminare l’ispirazione poetica della bionda.

Dove i tre si erano fermati effettivamente era presente l’asta impiantata nel terreno, segnale del punto d’incontro, ma di colui che avrebbero dovuto incontrare non c’era traccia.

Daisuke si era aggrappato con una mano all’asta, lasciandosi dondolare mentre vi girava attorno.

“Forse non è l’ora prevista dell’incontro. Perché non abbiamo degli orologi?”

“Perché non potevamo portarci nulla che potessimo perdere e lasciare qui.” Rispose il ragazzo dai capelli viola “A parte i nostri Tesori Oscuri, ovviamente. Non sappiamo se qualcuno in questo regno avrebbe modo di rintracciarci se perdessimo pezzi in giro.”

“Per fortuna non ho dovuto abbandonare Teddy!” Sorrise l’altro, accarezzandosi l’orsacchiotto di peluche abbracciato al suo fianco come un koala all’albero.

“Queste rovine… rovinano le colline…”

Non dovettero aspettare molto altro tempo, prima che un suono catturasse la loro attenzione. In mancanza di una vista ottimale, al buio in quella pianura, l’udito era un senso che si era attutito naturalmente per i tre soldati. Anticiparono così la fuoriuscita di una figura ammantata da un vecchio arco di pietra ricoperto di rampicanti.

Daisuke schioccò le dita prima ancora che l’informatore si palesasse, e questo rispose con due veloci fischi: il segnale per riconoscersi come alleati. Solo a quel punto Thrax poté rilassarsi, ma non si disdegnò dall’abbandonare la sua posizione per avvicinarsi al misterioso nuovo arrivato.

Costui era impossibile da identificare a causa delle tenebre, ma tutti loro videro chiaramente quando sfilò una mano dal mantello per porgere in avanti qualcosa. Vetro e acciaio scintillarono del riflesso della luna.

“Dopo aver ritirato l’ostaggio, dovrete percorrere cinque miglia verso nord-est e incontrare l’incaricato del vostro rientro a Vistarion.”

Il ragazzino fece per prendere in mano la bussola che gli era stata offerta, ma Thrax la strappò via con un gesto brusco, non destando però alcuna reazione nell’informatore.

“E come cazzo lo riconosciamo questo incaricato del rientro? Dimmi almeno che si trova in qualche altro posto riconoscibile come questo, magari dove c’è una fattoria, o…”

“Niente fattoria. Solo cinque miglia a nord-est.”

Lo spadaccino aggrottò le sopracciglia, infastidito dalla scarsa collaborazione dell’altro: “Io di girare a vuoto in questa merda di regno tutta pianura non ci penso nemmeno!”

“Suvvia, Thrax!” Daisuke si frappose tra i due, sorridendo forzatamente per stemperare l’atmosfera “Se posso, come tornerai tu ad Alvarez, signor… informatore? Magari facciamo la stessa strada insieme e allora…”

L’uomo iniziò a dire qualcosa, ma si interruppe quando Julia prese parola.

“Ragazzi, chi di voi ha scorreggiato?” Il tono della bionda era drammaticamente buffo, per quanto stesse ancora dando le spalle a tutti per guardare l’orizzonte oscuro.

L’informatore riprese con la sua voce piatta: “Non sono…” ma di colpo incespicò sulle sue parole, balbettando “… non tornerò.”

“Tutto bene, signor informatore?”

Il volto di Daisuke si increspò in un’espressione di preoccupazione, che subito si trasformò in paura quando l’uomo davanti a lui esplose in una tosse fragorosa. Non era riuscito a coprirsi la bocca in tempo, così un fiotto di sangue gli scavalcò la mano per imbrattare il bavero della camicia di Daisuke. Quelle poche gocce furono come un colpo nello stomaco per il ragazzo, il quale sbarrò gli occhi, incapace di dare voce ai suoi pensieri.

Julia a quel punto si era già voltata, ma non a causa del malessere improvviso di quell’informatore, che sembrava invece aver catturato l’attenzione di Thrax e Daisuke. No, lei si era accorta di qualcos’altro di ben più degno di nota.

“Sta arrivando qualcuno!”

Thrax si voltò verso di lei: “Da che direzione?” Non aveva neanche finito di pronunciare la sua seconda parola, che avvertì uno spostamento d’aria sulla nuca.

Una figura che non aveva potuto veder arrivare gli si era materializzata alle spalle: un uomo con un lungo naso adunco, troppo smilzo per sembrare un combattente, ma che dimostrava senza dubbio una rapidità fuori dal comune.

Thrax, che non era mai stato preso di sopravvento così, turbinò su se stesso al massimo della sua velocità, chinandosi al contempo. Un battito di ciglia dopo, quel figuro aveva affondato un coltello nella sua spalla. Il sangue non ebbe tempo di levarsi, né Thrax ebbe tempo di urlare il dolore, perché l’assalitore sferzò con una seconda lama, stavolta diretto alla sua gola.

Con il braccio sano però il soldato di Alvarez aveva già sollevato la sua spada infoderata, parando il colpo per un soffio. L’elsa di Grecale scricchiolò. Un colpo più pesante l’avrebbe spaccata, ma evidentemente il punto di forza del suo avversario era la velocità, e non la potenza.

Nel momento successivo il ragazzo partì al contrattacco, snudando la spada con il semplice movimento del suo fendente orizzontale. Grecale, la cui vera natura era il vento, si estese come una frusta per sferzare l’aria della notte.

Purtroppo, il misterioso assalitore era balzato via nel buio, fulmineo come nella sua apparizione.

Daisuke aveva appena avuto il tempo di registrare quella scena con i suoi occhi, pur non avendo visto nulla di chi li avesse attaccati. Fissava con aria assente l’oscurità tra i cumuli di rocce.

-Un’imboscata? Come potevano sapere che fossimo qui?- Anche pensare gli risultava di colpo più difficile. La sua testa era leggera, senza peso, e minacciava di cascargli dal collo da un momento all’altro.

In quel momento di perdizione, ignorò l’informatore che era rimasto al suo fianco per tutto il tempo, impassibile di fronte all’agguato nemico. Ignorò l’informatore anche quando questi sfoderò un pugnale e, brandendolo, gli balzò addosso.

A quel puntò però sentì un’esplosione provenire da lì accanto. In realtà l’esplosione non fu solamente sentita, perché era stata così ravvicinata da fargli vibrare tutte le ossa e il sangue. A quel punto rinsavì, e tossì violentemente perché un nugolo di polvere gli si era sollevato fino alla bocca.

Teddy, ora ingigantito, aveva abbattuto un suo pugno al suolo. Sotto l’ammasso di stoffa e tessuto dalle dimensioni di un macigno, si stava allargando un lago di sangue. Il ragazzo lo fissò, sopraffatto dalla successione di eventi, ma senza temere il suo mostruoso alleato con gli occhi di bottoni scintillanti nel buio.

Ringraziò mentalmente Teddy, e con voce ritrovata gridò: “Siamo sotto attacco! Radunatevi sotto Teddy!”

Thrax inciampò su se stesso, ma con una spinta si tuffò verso di lui digrignando tra i denti qualche bestemmia, mentre Julia era stata più veloce nel raggiungere Daisuke.

A quel punto il ragazzino sollevò una mano in cielo, fissando stavolta il suo Tesoro Oscuro: “Teddy, modalità Difesa!”

La fisionomia di Teddy mutò: il suo corpo, dapprima compatto come a voler simulare una possente muscolatura su di una forma antropomorfa, si espanse in modo che arti, torace e testa diventassero un tutt’uno. Dopodiché si allungò verso l’alto, per poi ridiscendere e formare una cupola sui tre.

Poco prima che quella barriera li avesse avvolti totalmente, Julia spalancò un sorriso da squalo. Distese il braccio verso Daisuke, come se avesse voluto tirargli un pugno, ma l’arto le si arrestò duramente.

Il biondino impallidì, vedendo per la prima volta a distanza ravvicinata l’uomo con il naso aquilino: esso aveva cercato di accoltellarlo nella fronte, approfittandosi della sicurezza che lui stava riponendo nella difesa di Teddy. Ci sarebbe anche riuscito, se il braccio di Julia non avesse intercettato la lama con la sua carne.

“Prevedibile, bastardo!” rise la ragazza, per poi sferrare un pugno contro il nemico.

Questo, nonostante avesse un braccio armato incastrato nella dura carne di Julia, schivò il colpo solamente inclinando la testa. Dopodiché, con la mano libera sferrò una raffica di fendenti contro la testa di lei.

“Vattene a fanculo!”

Non aveva però considerato che in quello spazio ravvicinato fossero in tre, e così il successivo attacco di Thrax lo colse alla sprovvista: lo spadaccino puntò Grecale verso di lui, ed essendo conscio che nessun attacco da mischia lo avrebbe colpito, sprigionò un tornado che scagliò il nemico lontano.

Dopo quell’assalto avvenuto in circa due secondi, Teddy si richiuse su se stesso, proteggendo da tutti i lati i tre compagni.

“Ragazzi…” Daisuke si sentì di colpo più stanco e avvilito che mai, vedendo Thrax  crollare in ginocchio. Il viola si premeva la mano sulla spalla, mentre la bionda aveva diversi tagli sullo sterno, sulla gola e sul viso.

Grazie al suo Tesoro Sacro, Julia aveva parato i colpi indurendo il sangue, ed infatti sembrava quella messa meglio dei tre.

-E perché anch’io sto male, pur non avendo subito colpi?- A Daisuke sembrava tutto troppo strano. Sicuramente non poteva ritenersi un soldato dallo stomaco d’acciaio, come gli altri due presenti, abituati a situazioni ben più frenetiche di quella, ma non aveva senso che il suo corpo stesse reagendo così male.

La tosse per di più continuava, nonostante fosse sicuro di aver sputato tutta la polvere che gli era finita in bocca poco prima. Aspetta: la tosse…

“Ragazzi…” adesso anche parlare lo costringeva ad ansimare in cerca d’aria “Credo che siamo stati avvelenati.”

Anche Thrax aveva problemi a respirare correttamente: “Dici dalle armi di quello lì?”

“No, io non sono stato colpito. Penso fosse qualcosa che c’era nell’aria, e che Julia aveva già percepito.”

La bionda annuì: “Ah, ecco cos’era quello strano odore di prima.”

“In più” continuò il ragazzo “Credo che anche l’informatore fosse stato avvelenato, e anche prima di noi, perché sembrava già risentire degli effetti che noi stiamo avvertendo adesso.”

“No, Shiro, quello ci ha traditi! Stava con il nemico, ha provato ad ucciderti, ricordi? Che senso avrebbe avuto avvelenarlo?” Il volto di Thrax era spaccato a metà tra una smorfia sofferente e la sua classica maschera incazzata.

Nonostante la nausea, i pensieri di Daisuke si fecero più chiari mentre rimestava tutte le informazioni a loro disposizione.

“Non vi sembrava… strano il modo di parlare di quel tipo? Sembrava aver imparato a memoria un copione.”

“Di solito è quello che fanno gli informatori” rispose l’altro “Devono custodire poche informazioni, e solo l’essenziale, così anche se venissero catturati e torturati non metterebbero troppo in pericolo i soldati sul campo.”

“Sì, ma quando ti pongono una domanda di cui non sai una risposta tu rispondi “non posso dirtelo” o “non posso saperlo”. Invece quando gli abbiamo chiesto come facesse lui ad andarsene, e quindi a ritornare ad Alvarez, ci ha risposti “non tornerò”.”

Julia, la quale non perdeva nemmeno una goccia di sangue dalle sue mostruose ferite, rispose: “Bhe, perché era stato avvelenato, quindi sapeva che sarebbe morto tra poco.”

“E ce lo avrebbe rivelato così?” la domanda retorica di Daisuke spiazzò i due.

Non intendeva perdere tempo con altre congetture o nel cercare di far arrivare alla risposta i suoi amici, perché il veleno nel loro sangue era come una clessidra che esauriva la sabbia.

“Io credo che fosse stato ipnotizzato dal nemico. Gli era stato ordinato di riferirci le informazioni che conosceva, ma quando abbiamo posto una domanda inaspettata si è tradito: ha rivelato l’altra parte del suo ordine, ovvero cercare di ucciderci a tutti i costi, perché tanto sarebbe comunque morto a causa del veleno. Ergo, non sarebbe mai più tornato ad Alvarez.”

I due sembrarono stupefatti. Quella spiegazione sembrava più che sensata, ora che un principio di calma e ragione era piombata in quel rifugio sicuro.

Lo sguardo che Thrax lanciò a Daisuke fu il più calmo delle ultime settantadue ore, nonostante l’adrenalina, la frustrazione e a quanto pareva anche il veleno gli scorreva nelle vene.

“Quindi, cosa cazzo facciamo?”

“Ho già un’idea di chi siano i nostri nemici, e ho in mente un piano, ma il tempo ci è avverso. Non ho idea di quanto potrebbe impiegare questo veleno ad ucciderci, ma se quell’uomo con i coltelli ci ha attaccati senza una maschera anti-gas vuol dire che, come spesso accade, l’avvelenatore ha con sé anche l’antidoto per poter curare i suoi compagni di squadra.”

“Compagni di squadra?” Thrax digrignò i denti “Sono addirittura più di due?”

“Forse cinque. Veleno, rapidità, controllo mentale… mi fanno pensare ad una specifica squadra di cui ho letto nei dossier sui sicari dell’esercito di Fiore.”

“Mi dispiace che il veleno sia un problema per voi, ragazzi.” Disse d’improvviso Julia, intenta ora a grattarsi un orecchio “Ma, come si dice in un antico detto della mia terra natia: skill issue.”

Gli altri la guardarono esterrefatti. Solo qualche colpo di tosse interruppe il silenzio.

Julia alzò le spalle “Bhe, che c’è?”

“Julia, vuoi forse dire…”

Un secondo dopo la faccia della ragazza si contrasse, dopodiché lei starnutì con la potenza di un tuono. La cosa curiosa fu però che dal suo naso e la sua bocca scaturì un getto di sangue nero che imbrattò il terreno.

“Ah!” Gemette, infastidita “Scusate, mi succede sempre quando inalo del veleno: il mio sangue mi protegge rigettando le tossine.” La sua faccia era ora imbrattata dal suo stesso sangue, e divenne ancor più macabra quando sorrise.

“Sei disgustosa.” Le disse Thrax.

“No!” Daisuke lo interruppe, colmo di eccitazione “Cioè, forse sì, lo sei, ma non è questo il punto!”

Prese con concitazione le mani della compagna, contagiandola con il suo entusiasmo: “Sei l’unica che ci possa salvare!”

 

***

 

Nel buio del sottosuolo, Julia avanzava alla cieca. Con le mani trasformate in modo da avere cinque paia di lunghi artigli simili a picconi per scavare la pietra, si faceva strada come una talpa passo dopo passo. Lentamente si stava già dimenticando il perché stesse facendo tutto questo.

“Credo centrasse… il piano di Shiro per sconfiggere il nemico. Sì, esatto. Piuttosto che stare lì dentro ad aspettare che morissero avvelenati, io devo sfondare le linee nemiche, trovare l’avvelenatore e prendere l’antidoto. Sinceramente io queste linee nemiche non ho idea di dove siano, ma mi ha detto di proseguire in questa direzione.”

“Ti ringrazio per ripetere ad alta voce il tuo piano, fanciulla.”

“Prego, mi aiuta a memorizzar- e tu chi cazzo sei?!”

Sobbalzando per la sorpresa a causa della voce estranea in quella caverna, la ragazza arretrò di qualche passo. La piccola lachrima luminescente che portava appesa alla cintura si agitò con lei, muovendo le ombre deformi delle increspature nella pietra, ma al contempo illuminando per bene un volto.

Quel volto, spuntato dalla stessa parete che stava abbattendo, apparteneva ad un uomo dai lineamenti esageratamente squadrati, munito di baffi e una folta chioma ricciuta arancione.

“Il mio nome è Hoteye, di Crime Sorcière.” La testa sospesa proferì nuovamente parola per poi inabissarsi nella roccia come fosse stato un velo d’acqua. La sua voce non cessò di risuonare nel tunnel: “Ammetto che però Hoteye è solo il mio nome in codice, perché in realtà mi chiamo Richard Buchanan, ho trentuno anni ed il mio piatto preferito è pasta e patate.”

“Buona.” Julia affondò gli artigli nel punto dove gli era sembrato di sentire la voce nel nemico.

“Mi dispiace per te, ma il mio capo aveva già previsto che avreste provato a scappare dal sottosuolo, così ha incaricato me di fermarvi. Per tua sfortuna il mio Tesoro Oscuro Earth and Heaven’s Eye mi permette di vedere attraverso il suolo, e anche in parte di controllarlo.”

“E poi sono io che spiffero i piani!”

Il braccio che la ragazza aveva conficcato nella parete affondò al suo interno, e con la stessa malleabilità la terra che la circondava le piombò addosso sottoforma di tentacoli rocciosi. Prima ancora che l’uomo riprendesse a parlare, Julia era stata intrappolata.

Finalmente il suo nemico apparve al completo, emergendo dal suolo e rivelandosi un omone sorprendentemente massiccio per avere una voce tanto soave.

“Mi dispiace, ma dovrò ucciderti. Non posso lasciare che facciate del male ai miei compagni di squadra, loro sono la cosa più preziosa che ho. Siamo sopravvissuti all’inferno insieme, un inferno di dolore e sofferenza la cui colpa si deve attribuire solamente ad Alvarez. Ora, mi rendo conto che tu sia una ragazzina, quindi non posso attribuirti l’onta della malvagità di cui si macchia l’impero che servi, ma…”

“Inferno? Quale inferno?” Domandò Julia, con espressione interrogativa.

Hoteye per la prima volta in vita sua parve senza parole. Sul suo volto, dapprima coperto da un sorriso pacato, ora si era dipinto solo rammarico e tristezza.

“Venimmo catturati e imprigionati più di vent’anni fa. Per dieci anni fummo smistati tra prigioni in cui a stento c’erano razioni per metà di noi, poi campi di lavoro, miniere e infine un’orrenda torre in cui conducevano esperimenti e sacrifici umani per chissà quale Tesoro Oscuro.” Col viso crucciato, l’omone scosse la testa per cercare di scacciare quei ricordi.

“Ma, come ho già detto, tu non ne hai colpa-”

“Ah, sicuramente di qualcosa successa vent’anni fa no.” Lo interruppe lei “Ma ogni tanto anche a me hanno assegnato dei campi di prigionia. Ci ho impiegato qualche mese ad imparare come interrogare dei prigionieri senza ucciderli… troppo in fretta.”

Parlava normalmente, come se stesse riassumendo una carriera come le altre o stesse esponendo il suo curriculum con nonchalance. Di fronte ad una tale crudeltà nascosta dietro l’indifferenza per le mostruosità commesse, Hoteye sbiancò. Poi incominciò a tremare.

“Tu… mostro!” il suo volto si deformò dall’odio, e tutto il tunnel tremò con lui.

“Ah…” sussultò Julia, sentendo la pietra stringere la sua carne “Mi stai facendo…”

“Non mi interessa quanto stai soffrendo!” I suoi incubi, il suo odio, la sua vendetta: tutto ciò esplodeva ad intermittenza nella mente dell’assassino, il quale un tempo era stato solo un bambino indifeso di fronte a mostri come quella che stava uccidendo adesso. Ah, se solo i suoi compagni l’avessero guardato.

“Mi stai facendo… pena.”

Senza sforzo alcuno, Julia trapassò la sua prigione di roccia con il solo ausilio dei suoi muscoli e sferzò con i suoi artigli la gola di Hoteye. Questo barcollò, mentre il suo viso collassava in una maschera cadente e misera. La sua furia cieca l’aveva portato inconsciamente ad avvicinarsi al nemico, esponendosi invece di rimanere al sicuro nella pietra.

Il suo corpo reagiva a scoppio ritardato: sollevò la mano verso la gola quando ormai aveva già perso circa un litro di sangue. Provò a parlare, o forse ad urlare.

“Shhh!” La bionda gli arrivò ad un palmo dal naso, spingendogli l’indice sulle labbra e al contempo spingendolo verso il basso, fino a farlo ricadere disteso a terra. In questo macabro processo, non smise di sorridere fino a quando non ebbe visto il volto del nemico perdere tutto il candore.

-Meno male che ho affrontato una manipolatrice della terra più forte di questo qui.-

 

***

 

In superfice, nascosti tra le rovine, due uomini e una donna erano intenti a sbirciare lo spiazzo dove ancora svettava la bandiera. Lì, Teddy trasformato in cupola rimaneva illeso nonostante i continui assalti del loro compagno.

Colui che faceva da capo squadra, riconoscibile per via di una vistosa cicatrice all’occhio e la carnagione abbronzata, sbuffò spazientito ancora una volta.

“Cobra, la vuoi piantare? Stai facendo diventare anche me paranoica!” Gli urlò contro l’unica donna, dai capelli bianchi come le piume di cigno che ne decoravano l’abito. “So che sei preoccupato per Hoteye perché sta facendo cinquanta secondi di ritardo rispetto a quanto avevi pianificato, ma per l’ennesima volta ti ripeto che non devi mischiarci le tue manie di controllo.”

“Angel, chiamale un’altra volta manie di controllo e mi incazzo davvero.” Rispose solamente quel Cobra, senza degnarla di uno sguardo mentre tornava a lanciare occhiate alla radura.

L’albina strinse i pugni per poi iniziarlo a tempestarlo con una granaiola di colpi, insignificanti per l’uomo ma comunque fastidiosi: “Non parlarmi così, hai capito? Essere il capo non ti consente di essere antipatico con me, anzi! Ti posso denunciare per mobbing, o molestie sul lavoro.”

Il terzo presente, ovvero quello che sembrava più il giovane del gruppo, con un pesante trucco nero sugli occhi e un rossetto dello stesso colore sulle labbra, si frappose tra i due.

“Dai, andiamo Angel, ricordati che questa è una missione rischiosa. Cobra è solo un po’ su di giri per la tensione.”

“Ma che missione pericolosa, Midnight! Quei tre sono delle mezze calzette, Razor li avrebbe uccisi in un secondo se non si fossero nascosti come dei conigli.”

“Ah sì?” Cobra si voltò verso di lei “E se sono tanto delle mezze calzette mi puoi dire perché Hoteye sta ritardando così tanto? Avrebbe dovuto andare sotto di loro e ucciderli, eppure adesso sta facendo…” diede un rapido sguardo all’orologio da polso “un minuto di ritardo!”

Prima che la situazione degenerasse, Razor sterzò a gran velocità per aggirare i ruderi e si fermò davanti a loro.

“Niente. Non riesco a scalfire quella specie di orso peluche.” Mostrò tutti i coltelli che aveva usato, tutti con le lame scheggiate o spezzate.

“Sei ancora convinta di avere a che fare con delle mezze calzette, Angel?” Il caposquadra sottolineò il nome in codice della compagna con una nota saccente, riuscendo a farla avvampare di colpo.

La donna a quel punto abbandonò i compagni, uscendo allo scoperto con passo pesante. I suoi tacchi affondarono pesantemente nell’erba umida, lasciandosi alle spalle le espressioni stupefatte degli altri tre.

“Ma che fa?” Trattenne il respiro il velocista, ma venne sorpreso ancor di più dalla voce calma proveniente da Cobra.

“No, ha ragione. Era questo il Piano B che avevo in mente se tu non fossi riuscito a spezzare la loro difesa. Quella ragazza è più intelligente di quel che sembra, ha intuito ciò che le avrei ordinato prima ancora che lo facessi. Quegli stronzi sono più resistenti del previsto, il mio veleno avrebbe ucciso una persona normale già da tempo, quindi non possiamo dargli ulteriore tempo per escogitare un piano.”

Midnight gli diede un colpo con il gomito, con un sorriso a metà tra lo sfottò e l’incoraggiamento: “Ehi, siamo una squadra di portenti, i migliori assassini di Fiore. Ti sorprende così tanto che riusciamo a pensare con la nostra testa?”

“No… Macbeth. È proprio perché siete così speciali che mi preoccupo per voi.”

Il ragazzo truccato rimase spiazzato dal venir chiamato per il proprio vero nome, nonostante l’estremo zelo del suo capo per le regole da seguire in missione. Quando si chiamavano per nome a vicenda, solitamente a missione conclusa, era un rito personale per esorcizzare tutta quell’oscurità in cui si intingevano per avere diritto a vivere ancora. O almeno così funzionava quando erano un manipolo di killer indipendenti, nella gilda Oracion Seis.

L’assassinio è una professione richiesta, ma non molto ben vista dalle autorità, e per questo avevano dovuto lavorare sodo ogni giorno per potersi permettere i soldi necessari da corrompere le guardie e continuare ad operare. Questo fino a quando il loro vecchio capo, nonché padre di Macbeth, li aveva abbandonati durante una missione per sfuggire all’arresto. Il destino aveva voluto che un miracoloso benefattore li avesse venduti alla corte di giustizia come gli uomini giusti che servivano in quei tempi di guerra: ed era così che da Oracion Seis, tagliagole a pagamento, erano divenuti Crime Sorcière, agenti del controspionaggio di Fiore. Pur sempre tagliagole rimanevano, ma ben stipendiati. Erik era divenuto il loro nuovo capo, scegliendo però di mantenere il nome in codice di Cobra e richiedendo loro lo stesso impegno, per non dimenticarsi mai chi fossero stati e cosa avessero dovuto sopportare.

“Ehi, Richard starà bene.” Macbeth posò una mano sulla spalla del suo migliore amico, mentre i loro volti seri venivano illuminati dai lampi delle esplosioni.

Questo perché il Tesoro Oscuro di Angel, Barakiel, si stava scatenando: l’arma aveva le sembianze di un enorme uovo fluttuante composto da ali bianche intrecciate, dalle quali spuntavano bocche da fuoco capaci di sparare fasci luminosi ed incandescenti. Per usufruire di quel potere la donna doveva essere esattamente al di sotto di Barakiel, continuando a cantare con la sua voce angelica in uno stato di trance.

Intanto i colpi si abbattevano duramente su Teddy senza un attimo di respiro.

Al riparo sotto l’orso, Daisuke e Thrax rischiavano di cadere al suolo ad ogni scossa. In mezzo a loro il buco scavato da Julia sembrava la via di fuga più auspicabile, eppure avevano deciso di rimanere lì.

“Quanto pensi che potrà durare?” urlò il viola, cercando di farsi udire nonostante le esplosioni.

Il biondo non rispose, ma con sguardo sofferente posò una mano su Teddy. Ne percepì tutta la sofferenza, combattuta dallo sforzo per rimanere saldo come una fortezza a loro protezione. Intanto il veleno stava logorando i due ad ogni secondo sempre più, in un cocktail di nausea, vertigini e debolezza.

“Thrax, io penso che sia arrivato il momento di uscire di qui.”

“Sei sicuro che i nemici siano dove hai mandato Julia?” Senza aspettare risposta, lo spadaccino fece forza sulle gambe per mettersi in piedi in una posizione guardinga. La spada era sfoderata lungo il fianco, impugnata a due mani.

“È la zona con più copertura, e a giudicare da dove provengono questi colpi la mia intuizione si è rivelata corretta.” Mentre il ragazzo parlava, si chiese da quando l’altro fosse diventato così rispettoso nei suoi confronti.

Oltre che rispetto, sembrava che ci fosse della fiducia negli atteggiamenti e nelle parole di Thrax.

“Ehi, Thrax” lo chiamò, senza però farlo smuover dalla sua posizione “Facciamolo al mio tre, d’accordo?”

“D’accordo.” Il vento si accumulò attorno a Grecale.

 

“Un minuto e trentacinque secondi…”

“Ancora con questa storia, capitano?” Persino Razor, il nome in codice da assassino di Sawyer, era diventato insofferente all’impazienza di Cobra.

“Non è colpa mia se quell’idiota di Hoteye sta facendo ritardo.” Sbottò quello, smettendo di supervisionare il bombardamento a tappeto di Angel su Teddy.

“Oh, andiamo Razor, sai che fa così solo perché ci tiene a noi.” Gongolò Midnight.

A quel punto il capitano strinse il pugno, scoprendo una mano avvolta da un guanto di scaglie purpuree. “Ma magari vi impiccassero tutti domani, altro che tenerci a voi.”

Questo atteggiamento portò gli altri due a ridere, e persino il serioso Razor sghignazzò: “Sì, esatto, ci tiene a noi come un uomo terrebbe al suo cane… dopo che gli ha cagato sul tappeto da un milione di jewel!”

Un movimento tellurico impedì al battibecco di proseguire. Proprio al di sotto dei tre, la terra si crepò, per poi gonfiarsi in una collinetta. Quando questa si sgretolò, ne fuoriuscì una riconoscibile capigliatura arancione.

“Hoteye, brutto cretino!” Grugnì Cobra, riprendendo subito il suo sottoposto, nonché amico da vent’anni “Ti metti a fare questi scherzi proprio durante una missione così importante? Sai quanto ci tengo. Mi volevi per caso far venire un infar-”

Ammutolì, e rimase in attesa per un attimo. Del sangue imbrattava le punte dei capelli di Hoteye, gocciolando lungo il suo abito. Attese ancora un po’, perché man mano che emergeva dal terreno il suo compagno mostrava sempre più parti del suo corpo inzuppate di sangue. Dopo un’attesa interminabile, un brivido gli attraverso la schiena, perché assieme al suo compagno era sbucata fuori dal terreno una ragazza che lo teneva per la gola, sollevandolo verso l’alto.

“Bla, bla, bla… quanto parlate. Come dicono i tuoi amici, sei un po’ troppo paranoico: mi sono annoiata anche io a sentirti lamentare.”

Le parole pronunciate da Julia, fradicia e rossa del sangue di Richard, echeggiarono nella mente dei tre uomini come suono senza nome e origine proveniente da un incubo.

Razor cercò disperatamente di mettere mano a un coltello, ma la sua velocità mista allo shock gli resero impossibile anche un’azione tanto semplice. Midnight invece sollevò le mani per cercare di fare qualcosa, forse ipnotizzare quella ragazza, ma lei fu più veloce.

Sventolando il cadavere del loro amico come fosse stato un pupazzo, ne fece schiantare il cranio contro quello di Midnight. Un’esplosione di sangue proveniente da entrambi i corpi in collisione finì sui volti pallidi dalla paura di Cobra e Razor.

“Ora, Thrax!” Quel grido fu la seconda cosa che riverberò nella piana dopo quel fragore di ossa rotte.

L’urlo di Daisuke aveva riverberato così bene proprio a causa dell’attimo di silenzio presente, a causa dell’interruzione dei raggi di luce di Angel. Il ragazzino aveva infatti imparato in poco tempo il ritmo di quegli attacchi, e ne aveva sfruttato un tempo morto.

Così, in quell’istante Teddy annullò la sua trasformazione, lasciando Daisuke e Thrax all’aria aperta. Lo spadaccino urlò a squarciagola, lasciando che la sua spada scatenasse un tornado alle sue spalle per proiettarlo in avanti. Al contempo, il vento aveva allontanato sia il suo compagno che l’orsacchiotto, ora ritornato a dimensione tascabile.

“Sorano, no!” Nel momento in cui Razor udì la sua voce dire questo, stava già correndo verso la compagna dal nome in codice Angel. La strappò via poco prima che il viola potesse tranciarla in due.

L’albina gli rinsavì tra le braccia, mentre la stava portando via a gran velocità.

“Sawyer, tu… mi hai chiamato per nome?” domandò esterrefatta, per poi preoccuparsi nel vederlo così terrorizzato. Stretta al suo petto, gli sentiva il cuore battere all’impazzata, più veloce dei suoi piedi.

“Erik potrà rimproverarmi più tardi. E anche a te.” Il pensiero di aver quasi perso la sua compagna bastò per farlo correre più veloce, e gettò uno sguardo alle sue spalle.

Per la seconda volta perse un battito.

“Dove pensi di andare? Io e te abbiamo un conto in sospeso!”

Sulla sua scia, qualcosa lo stava inseguendo veloce come una saetta. E quel qualcosa era un ragazzo che brillava di lampi azzurri nel buio: i lampi non erano nient’altro che del vento che sgorgava come un fiume in piena da Grecale, avvolgendolo e spingendolo oltre qualsiasi velocità umanamente raggiungibile. Impossibilitato a correre sulle sue gambe a causa del veleno, Thrax si stava affidando completamente al vento del suo Tesoro Oscuro.

“Non è possibile! Non può raggiungermi!” Gridò Razor, così incredulo da essere sul punto di impazzire.

I muscoli delle sue gambe si gonfiavano e sgonfiavano ad un ritmo tale che non aveva mai raggiunto prima, perché mai si era ritrovato a dover competere in una gara di corsa per salvarsi la vita. Non più da vent’anni almeno, quando doveva scappare dai suoi aguzzini di Alvarez nelle prigioni. Ripensò a quei tempi, e poi pensò alla vita che stringeva tra le braccia: non poteva morire e portare con sé anche Sorano, non dopo l’incubo dal quale erano scappati. Non dopo che Richard e Macbeth erano morti.

Con gli occhi annebbiati dalle lacrime e la gola arsa dalle urla, si spinse oltre il suo limite e divenne velocità pura.

Thrax, che prima stava riuscendo a raggiungerlo, lo vide guadagnare terreno e allontanarsi sempre più.

-Oh, bhe…- pensò, arrendendosi -Tanto il mio obbiettivo l’ho raggiunto.-

Strinse con forza qualcosa di invisibile nell’aria. Si trattava di un filo proveniente dalla cucitura di Teddy, così sottile quanto resistente, indistruttibile a detta di Daisuke, che poco prima aveva avvolto alla vita di Razor quando gli era apparso davanti per salvare Angel.

Con uno strattone deciso tirò il filo a sé, e venti metri più avanti la corsa dell’assassino terminò.

Il filo, tirato all’indietro, si era stretto così tanto da stritolargli l’addome, spaccandogli le costole e strizzandogli i polmoni come fossero state due spugne. Il dolore fu tale da paralizzarlo, e la velocità accumulata fece così schiantare il suo corpo immobile e quello di Angel al suolo. I due ruzzolarono e rimbalzarono sulla nuda terra per un’altra decina di metri, lasciandosi alle spalle una strada di sangue.

Anche Thrax rallentò e si fermò, cadendo in ginocchio e reggendosi solo grazie all’appoggio della spada. Il vento attorno a sé soffiava debolmente, così come più debole era ormai il suo respiro.

Non riuscì quindi a vedere qualcuno ergersi dalla pozza di sangue davanti a lui.

Angel, ferita mortalmente dallo schianto nonostante fosse stata avvolta dalle braccia di Razor, fece appello alle sue ultime forze per evocare il suo Tesoro Oscuro. Balakiel si erse in cielo, minaccioso, e puntò tutti i suoi cannoni sul ragazzo inerme al suolo.

La donna avrebbe fatto ricorso a qualsiasi cosa pur di uccidere quel nemico, persino lottare fino all’ultimo respiro e poi perseguitarlo dall’aldilà. Non doveva esserci riposo, né salvezza, per chi aveva osato farle questo: aveva concesso per l’ultima volta a quegli invasori di farla soffrire ormai troppo tempo fa.

“Balakiel, uccidilo!”

“Teddy, uccidila.”

Un altro laser scintillò nella notte, travolgendo la donna e il cadavere del suo compagno prima che potesse avvenire qualcos’altro. Il colpo, scaturito dalla bocca del Tesoro Oscuro ridiventato un orso gigante, aveva fatto tremare terra e cielo. Thrax osservò stupito quel fiume di energia magica trasformare in cenere fumante la chiazza di terra davanti a lui, per poi voltarsi verso il punto di origine.

Trovò in lontananza il suo compagno di squadra, immobile mentre con una mano tremante stringeva il suo Tesoro Oscuro. Daisuke tremava non solo a causa del veleno, ma anche perché la paura si era impossessata di lui dal momento in cui aveva preso la decisione di salvare la vita del suo amico a costo di sacrificarne un’altra. Pronunciare quella sentenza “Teddy, uccidila” gli era costato tutto: anni di gioia, di sorrisi e di spensieratezza. Un solo secondo aveva cancellato in lui diciannove anni in cui si era autoconvinto che la vita fosse qualcosa di meraviglioso, e che nessuno potesse avere davvero il diritto di sottrarla al prossimo. Forse in quel secondo aveva posto fine alla sua vita normale, per dare inizio a quella di un mostro senz’anima.

 

Prima che tutto ciò avvenisse, in direzione delle rovine Julia aveva appena sfondato la testa di Midnight colpendolo con il cadavere del suo compagno.

Dopo questa visione, Cobra si sentì travolto da un’impensabile risolutezza, la quale cancellò ogni forma di dolore per la perdita dei suoi compagni: -Per piangerli ci sarà tempo, ma ora devo pensare a vendicarli!-

Fece un profondo respiro, poi scattò verso la nemica. Finse un paio di pugni, e quando la vide schivare si abbassò raso al suolo per artigliarla allo stinco. I suoi guanti artigliati le strapparono la carne, ma senza sortire alcuna reazione. Quando si ritirò per evitare un calcio, intuì che il veleno del suo Tesoro Oscuro non stesse sortendo alcun effetto su di lei.

Un boato risuonò lontano, ma entrambi non ci fecero caso.

Julia partì al contrattacco modificando i suoi arti per allungarli e ingrandirli, trasformandoli in armi letali con le quali assediare Cobra. L’assassino, che rispetto ai suoi compagni era il più addestrato negli scontri corpo a corpo, schivò in scioltezza tutti gli attacchi più disparati. Riducendo la velocità, diede per un attimo all’altra l’impressione di star avendo il sopravvento, e proprio quando lei accrebbe nella foga e nella violenza, aumentò a dismisura anche i punti scoperti che lasciava. Approfittando della sua insensibilità al dolore, l’assassino la graffiò più frequentemente ogni qualvolta lei gli lasciasse la carne scoperta, senza farsi accorgere.

-I veleni prodotti da Cubellios non hanno effetto su di lei. Non esiste nessuno al mondo che sia immune a così tanti veleni, quindi forse è solo molto resistente. Magari se incrementassi la potenza…- Cobra scacciò quel pensiero nel mentre si allontanava con un balzo.

Raggiunse la cima di una colonna di pietra, prestando attenzione alla pianura.

-Se usassi il pieno potenziale del mio Tesoro Oscuro rischierei di coinvolgere anche loro…-

Ma ben presto trovò che quei loro a cui si riferiva fossero stati trasformati in due cadaveri carbonizzati al centro del cratere di un’esplosione. Improvvisamente il volto di Cobra divenne rigido come una maschera di cera.

-Richard, Macbeth, Sawyer, Sorano…- Ripensò a tutte le promesse e a tutte le preghiere sospirate in quella prigione, vent’anni fa, tra cinque bambini spaventati nel buio di una cella.

Ripensò a come erano cresciuti, a come si erano messi in proprio una volta liberati, e a quanto fossero diventati vanitosi della loro bravura. Abbastanza da farsi fregare dal primo che passava e che si era offerto di adottarli, per poi dimostrarsi solo un codardo. Ripensò al loro salvatore e mecenate, che grazie a loro aveva acquisito il prestigio di Stratega Reale. E infine ripensò a quanto già gli mancassero i suoi amici.

È buffo come non ci si accorge del valore di qualcosa finché non lo si perde.

Con lo sguardo verso il basso, Cobra scoppiò a ridere in modo cupo. I suoi occhi erano lucidi, ma la sua voce roca rideva e singhiozzava allo stesso tempo. Risollevò il suo sguardo colmo d’odio e di divertimento verso i suoi nemici, ora tutti e tre radunati attorno a lui.

“Kehehe… ora…” le scaglie dei suoi guanti iniziarono ad arrampicarsi lungo tutta la sua pelle, risalendogli le braccia fino alla mascella “Ora non c’è più niente che possa trattenermi dal far marcire questo mondo!”

Il pensiero più divertente che gli sovveniva era di quando, anni prima, un carceriere lo avesse preso a bastonate per un giorno intero, urlandogli “Tu sei il veleno di questo mondo” solo per essere di Fiore, il popolo che non si piegava all’impero di Alvarez.

Ebbene, ora poteva essere davvero così.

Il Tesoro Oscuro Cubellios apparteneva ad una classificazione di pericolosità indicata come Classe Drago. Si contavano sulle dita di una mano quanti fossero i possessori di quei tipi di armi conosciuti nel continente, il che era un bene, dato che erano notoriamente conosciuti per essere catastrofici e più indicati allo sterminio di massa che ad un duello. Da quando lo aveva impugnato per la prima volta, Erik si era fatto carico della promessa di non farsi mai sopraffare da quel potere distruttivo, spaventato dal pensiero di uccidere accidentalmente i suoi compagni. Era giunto finalmente il giorno in cui quella promessa era stata vanificata.

“Poison Dragon Slayer!” Ormai avvolto da pelle di rettile viola che secerneva liquidi fumanti, quell’uomo divenuto più simile ad una bestia si lanciò all’attacco.

Per prima cosa piombò su Julia dall’alto, investendola con un calcio all’addome. La ragazza fu schiacciata dal peso del colpo, schiantandosi al suolo, ma prima che potesse rialzarsi con le proprie forze fu Erik stesso ad aiutarla: le conficcò gli artigli in gola, sollevandola per poi scaraventarla via con la forza di un pugno. Ogni suo colpo rilasciava un’esplosione di fumi mefitici, capaci di far appassire l’erba circostante.

“Grecale!”

“Teddy!”

Un laser di energia e una lama di vento altrettanto gigantesca si abbatterono sull’uomo draconico, oscurando la sua figura con un’esplosione di polvere. Thrax e Daisuke continuarono a guardare esterrefatti la nube, con il cuore in gola a causa della rinnovata potenza nell’avversario.

Quando la polvere si diradò, di Erik non rimaneva più nulla. Nemmeno un cadavere per poter testimoniare la sua esistenza.

Sommerso nel sangue e nella terra, Macbeth non aveva più il dono della vista e la sua coscienza stava scivolando nell’oblio, tuttavia sorrideva in punto di morte. Fu contento di aver usato le sue ultime forze per creare un’illusione che potesse aiutare Erik. Morì sorridendo.

Così, alle spalle dei due increduli soldati alvareziani apparve l’assassino di Crime Sorciere, passato inosservato fino a quel momento. I due ragazzi si voltarono non appena udirono la sua risata graffiante, ma non furono pronti all’azione: al contrario, crollarono al suolo vomitando sangue, piegati da crampi di dolore allucinanti in tutto il corpo.

“In questa mia forma emetto veleno anche contro la mia volontà…” sghignazzò Erik, ormai impazzito dalla rabbia e dalla sofferenza “Chiunque sia entro venti metri da me diventa impossibilitato a muoversi e tossisce sangue. A dieci metri si avvertono anche nausea e dolori muscolari. Mentre a cinque metri da me, si sciolgono i bulbi oculari e la carne più molle.”

Mosse un passo in avanti verso di loro. Li separavano senza dubbio meno di dieci metri.

“Vi avverto che, anche volendo, non saprei annullare questa forma” Rideva fino alle lacrime “Ma non vorrei farlo per nulla al mondo. Non mi interessa più di niente, ormai. La prossima cosa che farò dopo avervi ucciso sarà andare ad Alvarez, di città in città: avvelenerò tutti i pozzi, i fiumi e i laghi, finché di voi schifosi bastardi non sarà rimasto nessuno!”

“Cobra!”

Un grido proveniente dal cielo gli fece sollevare lo sguardo, e così si accorse di una stella che brillava più intensamente delle altre. Come se fosse più vicina e fiammeggiante.

“Fire Dragon Slayer!” Un cono di fiamme venne sparato nella sua direzione, al che lui rispose prontamente scagliando una nube di gas verso il cielo. L’esplosione avvenne a mezz’aria, risparmiandolo.

Quattro figure atterrarono in contemporanea attorno a Cobra, circondandolo. Tutti loro indossavano delle maschere antigas, ma a causa del loro vestiario e dell’attacco di prima vennero immediatamente riconosciuti.

“Gli ex-Fairy Tail…” borbottò l’assassino, frustrato per essere stato interrotto, ma al contempo sorpreso. “Perché mai state salvando questi alvareziani?”

“Una missione diplomatica, Cobra” Ripose Erza Scarlet. Il suo solito tono grave era tinto di una nota di preoccupazione, tale da farla sembrare nervosa, a disagio.

Erik sputò per terra “Cazzate. Siete traditori, non è vero?”

Gray Fullbuster prese parola al posto della sua Generalessa, cosa che non sarebbe mai accaduta in altre situazioni: “Ci sono così tante sfumature in questa vicenda che non abbiamo intenzione, né tempo di spiegarle ad un sicario come te.”

Al Dragon Slayer velenoso tornò il sorriso, siccome lo avevano sempre divertito i bugiardi: “Mi state dicendo che state agendo per ordine della regina? Potreste giurarlo?”

Il silenzio gli fece da risposta più che soddisfacente.

Solo a quel punto si accorse di come sulla schiena di Natsu Dragneel e di Gajeel Fox ci fossero due sconosciuti: la prima era una ragazza dai capelli bianchi, l’altro era un ragazzo dai capelli blu scuri. Sospirò seccato, per poi congiungere le mani in preghiera davanti al petto.

“Quanto mi seccano queste macchinazioni politiche. Avete ragione, non ho tempo né voglia di scoprire in che modo stiate tradendo il Regno per leccare il culo a quei mostri di Alvarez…”

“Cosa stai facendo?” domandò Natsu, tradendo la sua preoccupazione.

“Pongo fine a tutto questo” Erik continuava a sorridere sprezzante, guardandoli di sottecchi uno ad uno “Nel momento in cui le mie mani si lasceranno, il mio corpo esploderà e rilascerà una nube di veleno che non conosce antidoto per il raggio di cento metri.”

“Ma sei impazzito?!” gridò Erza “Perché fare qualcosa del genere?”

L’assassino sogghignò e rispose “Perché dal momento in cui persino i paladini della giustizia e delle lealtà si scoprono essere dei traditori… allora non riesco più a credere di star servendo la giusta causa. Quindi faccio prima ad ucciderci tutti.”

Dopo un attimo di silenzio agghiacciante, Gajeel disse: “Forse ora non riesci a spiegarti perché stiamo facendo questo, ma ti posso assicurare che non ci stiamo semplicemente mettendo a novanta tutti belli oliati per Alvarez.”

“Ah no?”

“Certo che no!” esplose il Dragon Slayer di fuoco, non potendo più tollerare l’ironia di quel Cobra mentre aveva i nervi a fior di pelle “Stiamo combattendo per la libertà di questo regno!”

“Ah… la libertà?”

“Pensaci” continuò il rosato “da quando è iniziata la guerra il governo ha adottato misure fin troppo gravose sulla popolazione. Le gilde, che prima potevano aiutare i cittadini sotto compensi minimi, sono state abolite per aumentare le tasse e far arruolare la maggior parte del popolo.”

Natsu esitò per un attimo, poi si scollò dalla schiena la ragazza che portava, e la prese in braccio per mostrarla a Cobra.

“Orfani di guerra. Povertà. Fame. Non abbiamo bisogno di tutto questo, non abbiamo bisogno della legge marziale.”

“La legge marziale continuerà ad esserci finché ci sarà lo stato di guerra, coglione.”

“Questo te lo ha detto Gerard Fernandez, non è vero?” sentendo quel nome venir pronunciato dalla Generalessa Scarlatta, Erik trasalì. “Colui che vi ha patrocinato, ovvero l’attuale Stratega reale.  Le sue parole sono le stesse della regina Mavis, di chi vuole affamare il popolino e mandare al fronte gli indifesi che vivono nelle zone più periferiche del regno pur di proteggere a tutti i costi i ricchi nella capitale.”

L’odio traspariva dalle dure parole della donna, investendo a più ondate l’assassino.

“Perché? Cosa…vorreste fare voi?”

“Un’alleanza di gilde, le vecchie gilde che sono state sciolte tre anni fa, per lanciare una controffensiva!” Prese parola Gray “Attaccheremo Alvarez, piuttosto che marcire nelle retrovie come stiamo facendo da anni per proteggere la famiglia reale. E una volta attaccata Vistarion, pretenderemo l’indipendenza di Fiore dall’impero. Abbiamo un vantaggio strategico: la maggior parte dei Tesori Oscuri del continente sono custoditi dalla famiglia reale da generazioni.”

Dopo aver sentito quel piano, e aver appreso il complotto che stava germogliando sottoterra da chissà quanto tempo, Erik comprese di aver vissuto in un mondo che non conosceva davvero. Il suo compito da giustiziere lo aveva imprigionato in una visione del mondo fin troppo ristretta per poter pensare che dietro le quinte si muovessero questi piani tanto rivoluzionari.

Spiazzato, non poté fare a meno di guardare quella ragazza tra le braccia di Natsu.

“Qu-Quella chi è?”

“Lei è l’ultima Master di una gilda a Fiore.”

“Ah, ok, quindi è lei!”

Come un gioco di luce, dall’aria era apparsa una figura umana con la naturalezza di una persona nascosta in piena vista da tempo. Tutti i presenti stavolta rimasero stupiti.

Si trattava di un uomo con dei capelli a punta neri, vestito elegantemente di un viola che spiccava anche nel buio e con un sorriso smagliante, come se non realizzasse la situazione in cui si trovava.

Good evening a tutti, miei cari, alvareziani e non.” Salutò verso tutte le direzioni sfarfallando le sue mani “Io essere Marin. Hollow Marin. Piacere di fare vostra conoscenza, cari bruti e incivili rifiuti umani. Forse voi mi conoscerete come quello incaricato del trasporto ad Alvarez degli ostaggi.”

“Oh! Ehi, Marin.” Rianimandosi dalla schiena di Gajeel, Sunse sollevò un braccio per farsi notare dal connazionale. “Ti ricordi di me… sono il braccio destro dello Stratega, ci siamo accordati sui dettagli di questa missione.”

L’altro lo guardò sbattendo le palpebre un paio di volte con uno sguardo vitreo, per poi rianimarsi improvvisamente quando tornò a guardare la svenuta Rea.

“Ah, ma che meraviglia! La piccola Rea Halfeti di Fiore, sì, certo. L’imperatore accetterà ben volentieri di ricevere lei in dono al posto del figlio del Generale Seboster.”

Nel momento in cui Marin mise le mani su Rea per strappargliela via, Natsu si scostò con diffidenza.

“Aspetta un attimo! Come facevi già a sapere tutto?”

Senza abbandonare il suo sorriso da imbonitore, l’uomo indicò Sunse “Quella cosa inutile ha addosso di sé una ricetrasmittente che ha riportato tutto lo svolgimento della missione a me e alla Stratega. Ah, e grazie per avermi dato la signorina Halfeti.”

Quando Natsu abbassò lo sguardo si accorse di non avere più niente tra le mani, se non aria.

“Aspetta! Ch-Che vuoi dire con “cosa inutile”? Io sono il braccio destro della Strat-” Sunse era scosso dagli spasmi di dolore e dai colpi di tosse, e anche per questo a Marin risultò facile parlargli sopra.

“No, tu sei un inutile ripiego che ha fallito nella sua missione, si è fatto sconfiggere da una ragazzina ed è riuscito a scappare da Crocus grazie al solo aiuto di traditori di Fiore. Attenzione, non “assieme a”, ma “grazie al solo aiuto di”… una cosa terribilmente disdicevole. Non mi sorprende che la Stratega mi abbia ordinato di abbandonarti qui.”

Il blu ripeté quelle ultime parole come l’ultimo respiro che lascia un corpo morto: “Abbandonarmi… qui?”

“Sì, che ti torturino pure a morte o che ti giustizino in pubblica piazza. L’impero non ne ha interesse. D’altronde tu non sei nemmeno registrato come soldato, giusto? Sei solo un orfano addestrato come assassino… e ti sei pure illuso di non essere sacrificabile! Ah! Spassoso.”

Dopo aver pronunciato quelle parole Marin sembrò sparire dalla realtà, svanendo come la fiamma di una candela spenta dal vento. Riapparve in successione accanto a Thrax e Daisuke, facendo svanire anche loro nel buio.

Dopodiché la sua sagoma, lontana nella pianura, salutò tutti a gran voce.

“Buona serata! E buona vita… o morte, che dir si voglia.”

E quando sparì definitivamente regnò il silenzio.

Erano rimasti solo i quattro cavalieri reali, Sunse e Cobra in quella piana.

“Bhe…” l’assassino, rimasto a bocca aperta fino a quel momento per lo stupore, cercò di ritrovare le parole per descriver cosa stesse pensando.

“Al diavolo. Andate tutti a fanculo.”

Separò le mani. L’aria tremò, qualcuno urlò, ma nulla ebbe importanza perché in un secondo la luna e le stelle scomparvero, venendo eclissate da una coltre di fumo violaceo alto fino al cielo.

 

 

 

Angolo Autore:

Welcome back! Bentornati, non credevo nemmeno io di riuscirea a trovare la forza di continuare questa storia. E, ora che ho scritto anche questo capitolo dopo la pausa di DUE ANNI (wow proprio il timeskip in One Piece *un cecchino mi ammazza*) mi sono reso conto che… beh, non è poi così difficile.

Ammetto che in realtà questo capitolo avrebbe dovuto essere parte del precedente, ma non sarei riuscito ad integrare tutto nel tempo limite di una settimana… che mi sono autoimposto anche per pubblicare questo capitolo, e che infatti avrebbe dovuto avere molto di più al suo interno. Ma forse less is more, ed è meglio così.

Ringrazio infinitamente chi ha recensito lo scorso capitolo (che pazzi siete, mamma mia) e che hanno contribuito alla mia voglia di scrivere anche questo qui. Vi aspetto numerosi per farmi sapere se vi sta piacendo o meno la continuazione di questa storia.

In questo capitolo ho voluto inserire più personaggi canon, ovvero gli ex-Oracion Seis e ora Crime Sorcière. Se vi starete chiedendo perché sono così pippe, a parte Cobra, bhe… loro sono (erano) assassini, non soldati, e quindi non erano preparati ad uno scontro logorante. Sono (erano) le persone giuste da ingaggiare per un assassinio veloce e pulito, non di certo per fronteggiare dei soldati addestrati dai migliori di Alvarez. Sono contento di aver potuto far combattere anche gli alvareziani in questo capitolo, e forse il fatto che questo e lo scorso siano divisi crea più simmetria. Nello scorso abbiamo i riflettori su Fiore, qui su Alvarez. Sono curioso di sapere chi vi piaccia di più, a questo punto.

Alla prossima!

   
 
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