Lista dei personaggi presenti in questo capitolo:
Jack
Daimonas
Ailea
Khal
Lighneers
Zell
Astral
Lacie
Hope
Grace
Milton
Seraph
Alexander
Johanna
Samantha
Nadeshiko
Ayame
Ryujin
Yume
Cirno
Vladimir
Annabelle
Wyen
Lehar
Daimonas
Ailea
Khal
Lighneers
Zell
Astral
Lacie
Hope
Grace
Milton
Seraph
Alexander
Johanna
Samantha
Nadeshiko
Ayame
Ryujin
Yume
Cirno
Vladimir
Annabelle
Wyen
Lehar
Cirno-Yume-Annabelle-Johanna-Milton-Vladimir
Annabelle, Johanna, Milton e Vladimir stavano pazientemente aspettando di fronte al cancello del dormitorio in attesa di Yume e Cirno, che avevano chiesto nel loro gruppo sul cellulare se qualcuno avesse voglia di uscire.
Staccare un po’ i pensieri da tutte le fatiche degli ultimi giorni sarebbe stata indubbiamente una splendida idea, ma comunque i ragazzi erano altresì curiosi di cosa avessero fatto le due con l’abyss.
Erano circa le dieci di sera, e tutti si erano sistemati per una serata tranquilla, magari in giro per la città.
-Oh, eccole che arrivano.- disse Milton, muovendo una mano per salutare le due amiche in lontananza.
-… ma c’è qualcun altro con loro?- chiese Vladimir, notando una terza figura tra le due, ben più alta rispetto a loro. -Un momento… non ditemi che…-
Effettivamente, era proprio quanto il ragazzo stava sospettando; la figura che stava accompagnando Cirno e Yume era senz’ombra di dubbio l’abyss di quel pomeriggio, solo… sistemato, per così dire.
Gli avevano dato degli enormi scarponi neri e dei lunghi pantaloni di jeans, e per nascondergli le ali una specie di poncho verde muschio a collo alto, che lo nascondeva senza alcun problema. I lunghi capelli erano stati tagliati ed ora erano corti e riccioluti. Purtroppo non avevano potuto fare molto per la gigantesca cicatrice proprio in mezzo alla faccia, ma almeno le orecchie erano ora nascoste sotto un cappello di lana.
-Ma che… cos’è tutto questo?- riuscì a chiedere Vladimir alle due, sbalordito dalla trasformazione.
-Ciao!- disse allegro l’abyss.
Yume sorrise, mettendogli una mano sulla spalla. -Ragazzi, vi presento Micah.-
-Gli hai dato pure un nome?- continuò il ragazzo.
-E gli abbiamo rifatto i connotati!- aggiunse Cirno. -Niente male eh? Al poncho ci ho pensato io.-
-Sta molto bene, immagino l’abbiate fatto perché voglia restare qui.- tirò ad indovinare Milton.
-L’abbiamo fatto per dargli la possibilità di esplorare questo mondo e andare dove meglio crede.- spiegò Yume. -È anche un modo sicuro per evitare di attirare troppo l’attenzione, e se qualcuno lo chiedere diremo che siamo cugini.-
-E per la questione di Ailea e Khal?- chiese Johanna, e solo al nome Micah si guardò attorno emozionato.
-Ailea!-
-Per il momento è in standby.- rispose Cirno, muovendo la mano per dirgli di calmarsi.
-Ha promesso che, se lo lasceremo stare con noi, aspetterà per incontrare Ailea. Lo ospiterò nella mia camera.-
-E credi che sia… sicuro?-
La domanda di Annabelle era totalmente legittima, visto l’altro giorno l’avevano visto uccidere senza alcuna difficoltà una creatura dieci volte più grande di loro.
-Sì, è solo un po’ perso, sono sicura non farà del male a nessuno, ma per il momento evitiamo di dire a tutti che rimane con noi, d’accordo?-
Con tutti naturalmente intendeva Khal, e probabilmente anche Ailea, ma era sempre meglio gestire Micah così piuttosto che rischiare corresse a farsi ammazzare.
-D’accordo, quindi quale sarebbe il tuo piano per stasera?- si arrese Vladimir.
-Andiamo semplicemente in giro, al parco, a prendere un gelato. Niente di troppo rumoroso, non so come potrebbe reagire.- rispose Yume, e Micah di certo non aiutava a restringere il campo.
-Va bene, andiamo a fare una passeggiata Micah.- sorrise Milton, cercando di apparire ospitale.
-Sì, passeggiata! Io Micah, tu?- chiese il ragazzo, abbassandosi al livello di Milton.
-Io sono Milton, e loro sono Vladimir, Annabelle e Johanna.-
-Ciao.- lo salutò quest’ultima, leggermente a disagio, mentre l’abyss a malapena sapeva contenere la propria gioia.
-Ciao! Tutti amici!-
-Mh, sembra che più parla, o ci sente parlare, più il suo modo di comunicare migliora.- osservò Vladimir interessato.
-Niente esperimenti stasera, andiamo solo a divertirci!- lo ammonì Cirno, improvvisamente protettiva nei confronti del nuovo arrivato.
-Oow, non trovi divertente un esperimento o due?- sorrise l’altro, stuzzicandola.
-Espe… esrep…- tentò di ripetere Micah, con qualche difficoltà.
-Esperimento.- gli scandì Milton. -È un parolone, non preoccuparti.-
-Pa… rol.. parol… one.-
-Esatto, bravissimo. Sai cosa significa?-
-Parola grossa?-
-Giusto.- disse colpita Johanna. -Quindi tu capisci cosa diciamo, ma non riesci a comunicare allo stesso modo?-
L’abyss annuì con la testa, sorridendo. Probabilmente era la conversazione più lunga ed amichevole che aveva da molto tempo.
-Dite dovremmo chiedere anche a Wyen di uscire? Lei sembrava conoscere la sua specie.- propose Annabelle.
-Lei e Lacie dovevano uscire assieme stasera.- rispose Johanna, mostrandole i messaggi nel gruppo whatsappa. -Però se abbiamo bisogno possiamo sempre chiamarla.-
-Ottima idea, intanto andiamo, comincia a fare fresco a stare fermi.- propose Yume, che tra tutti era decisamente la più scoperta. -Sei pronto Micah?-
-Pronto! Micah pronto!-
Nonostante la stazza e le orribili cicatrici sul volto, faceva quasi tenerezza l’entusiasmo con cui il ragazzo rispondeva. Assomigliava quasi ad un gigantesco cucciolone, terrificante ad una prima occhiata, ma incredibilmente tenero quando ci si parlava.
-Speriamo solo non si creino dei disastri…- sussurrò Johanna ad Annabelle, che come lei condivideva quella paura.
Non avevano il cuore di cacciarlo, ma se fosse uscito allo scoperto al momento sbagliato non osavano nemmeno immaginare cosa sarebbe potuto accadere…
Zell-Nadeshiko-Ayame
-Ripetetemi un po’ perché siamo venuti qui.- sbuffò Zell, prendendo un altro sorso dalla propria birra.
-Perché avevamo voglia di divertirci.- rispose Nadeshiko, alzando gli occhi al cielo.
-E perché ti stiamo offrendo da bere.- aggiunse Ayame.
-Mh-hm, molto più convincente.- annuì il ragazzo, finendo il proprio bicchiere, rivolgendosi poi al barista oltre il bancone. -Un altro grazie.-
L’uomo annuì, porgendogli un nuovo bicchiere colmo.
La serata era appena cominciata, ma Zell aveva presto perso l’interesse per stare fuori, e si aggrappava all’alcol per non tornarsene subito a casa.
Poco dopo le otto aveva cominciato a vedere nei messaggi nel gruppo su whatsappa, e visto in quel momento aveva sentito una discreta voglia di uscire aveva deciso di prestarci attenzione, almeno per qualche minuto. Alcuni volevano fare una semplice passeggiata, ma non era proprio la sua idea di divertimento, almeno per quella sera, così quando Ayame e Nadeshiko di contro avevano fatto un’altra proposta, che riguardava l’andare in una discoteca, era stato il primo ad accettare, ed a quanto pare anche l’unico.
Peccato solo che l’assordante musica e la puzza di fumo avevano presto smorzato la sua voglia di socialità, ed era passata a malapena mezz’ora da quando erano arrivati.
Fino ad ora le due ragazze si erano divertite a ballare con qualche tipo, ma per il momento l’avevano raggiuto per bere assieme qualcosa, prima di tornare da questi o trovare qualcun altro con cui passare la serata.
-Certo che potresti anche divertirti un po’, micca hai la ragazza.- commentò Ayame, punzecchiandogli la guancia con l’unghia.
-Non è che devo per forza far sesso con qualcuna per divertirmi.- ribatté lui.
-Che esagerato, micca devi arrivare subito al sesso. Puoi anche ballare, parlare, divertirti un po’!-
-Forse non ti piacciono le ragazze?- aggiunse l’altra.
-Vaffanculo Nade.-
-Ehi! Non ti permettere sai? Non ci sarebbe nulla di male se fossi gay poi.-
-No, ma non lo sono. Ed il fatto ne fate una questione di stato se non parlo con una mi irrita.- tagliò corto Zell, prendendo un lungo sorso di birra.
-Forse ha avuto qualche problema con un ex. Meglio non irritarlo oltre, torniamo a ballare Nadeshiko?- disse Ayame, porgendo la mano all’amica.
-Subito!-
Le due si affrettarono a finire i propri drink, tornando alla pista da ballo e lasciando Zell solo, sempre più convinto quella sera sarebbe dovuto rimanere in casa.
Era consapevole di essere stato un po’ rude con loro, ma se non avesse fatto così quelle due avrebbero tirato troppo la corda, ed allora sì che si sarebbe arrabbiato.
Per fortuna, o forse per sfortuna, né Nadeshiko o Ayame erano state presenti quando Zell aveva conosciuto Serena. Non sapevano chi fosse, cosa c’era stato tra loro, e com’era finita…
…
…
…
Sospirando Zell mandò giù un altro sorso di birra.
La verità era che non c’era stato nulla tra loro, solo bugie, eppure, nel breve periodo in cui Zell le aveva creduto, aveva sentito qualcosa per lei, ma quel sentimento ora si era trasformato in un amaro risentimento.
Ancora faticava ad accettare il fatto che gli avesse mentito così facilmente, e che l’ultima cosa che aveva visto di lei, quella persona orribile, egoista e disgustosa, fosse la vera Serena.
C’erano intere giornate in cui non pensava minimamente a lei, e grazie al cielo diventavano sempre di più, ma probabilmente non avrebbe mai potuto dimenticarsene completamente, e certo non aveva fatto molto per guarire il danno che aveva lasciato.
Fidarsi di qualcuno, dopo una simile esperienza, non era così semplice, e perfino le sue esperienze con i propri amici gli avevano ribadito quanto le persone potessero essere crudeli.
Lasciare andare così facilmente la propria comfort zone, e divertirsi senza credere di avere un coltello sopra la propria testa, non era così facile.
-Scusami, questa sedia è libera?-
-Mh?-
Alzando di poco la testa, Zell vide una giovane ragazza dai corti capelli biondi, che stava indicando il posto accanto a lui.
-No, prendila pure.-
-Grazie.- sorrise lei, accomodandosi.
-Non volevo disturbare, avevo bisogno solo di staccare un attimo da lì, c’è veramente tanta gente.-
-Ti senti male?- chiese il ragazzo, pronto a smollarla al barista.
-No, no no, solo un po’ stanca, devo ricaricare un po’ le mie batterie.-
-Ah, non dirlo a me, ho due ragazze lì che sono completamente pazze.- borbottò lui, finendo la propria birra, indeciso se allontanarsi subito e perdere il proprio posticino comodo o se restare in attesa lei se ne andasse.
-Ti capisco, anche i miei amici sono scatenati stasera. Vorrei solo avere la loro energia.-
-Nah, anche questo va bene. Non è che ti devi devastare per divertirti.-
A lui bastavano un paio di birre, una buona conversazione, ed era apposto, tutt’altro discorso probabilmente era per Nadeshiko, che ogni volta ballava fino a farsi sanguinare i piedi, ma lui non avrebbe mai potuto divertirsi a quella maniera.
La ragazza intanto rimase in silenzio per un po’, facendosi dare una bottiglietta d’acqua, tirando parte dell’etichetta.
-… già.-
Hope-Grace-Alexander
Dopo la caduta di quel pomeriggio Hope aveva comunque deciso di evitare di andare in infermeria, stringendo i denti ed evitando di camminare il più possibile.
Nel pomeriggio avrebbe dovuto uscire con Alexander, ma era riuscito a convincerlo a rimandare a sera. Lei e Grace avevano appena cenato, e tra poco il ragazzo sarebbe arrivato per vedere un film assieme.
Grace stava sgomberando i piatti, mentre Hope si era preparata una doccia calda.
Aveva sempre adorato quella doccia, da quando la scuola aveva dato loro i fondi per sistemare le proprie case l’aveva scelta in modo fosse ampia e spaziosa, ma in quel momento avrebbe preferito di gran lunga una vasca in cui stendersi.
Con apprensione aveva visto un grosso livido nero formarsi alla caviglia, che ancora ad appoggiarsi le doleva, e non poco.
Fingere di stare bene e non zoppicare era stato sempre più difficile nel corso della giornata, per quanto si fosse mosse decisamente poco.
Se l’indomani fosse rimasto così non avrebbe avuto altra scelta se non andare a parlare con l’infermiere della scuola.
-Ci mancava solo questa…- mormorò frustrata.
Un incidente poteva capitare, ma era assurdo che una semplice caduta le avesse provocato un simile danno quando invece era uscita da un laboratorio pieno di mostri con a malapena un paio di graffi.
C’era anche da dire che nel laboratorio aveva avuto con sé tutti i suoi amici ad aiutarla, mentre su per le scale era rimasta sola, e ancora non si era fatta una chiara idea se si fosse trattato di un incidente o meno.
Ormai era inutile pensarci, meglio fare in fretta la doccia e tornare a sedere.
-Hope, sei già sotto la doccia?- chiese Grace dall’altra parte della porta. -Devo buttare delle cose nei panni da lavare.-
Hope si coprì immediatamente con l’asciugamano, cercando qualcosa per nascondere la caviglia.
Non c’era modo che Grace non la notasse, la botta era troppo evidente.
-Un secondo!-
Cercò di ragionare sul da farsi, e l’unica cosa che le venne in mente fu di rimettersi i calzini, appena in tempo prima che l’amica entrasse.
-Faccio subito.- disse Grace superandola, mettendo a lavare alcune felpe. -Non stare sotto l’acqua per un’ora grazie, altrimenti la bolletta sarà più alta del mese scorso.-
-Certo.- annuì Hope, mettendosi accanto alla porta, sperando con tutto il cuore l’amica non notasse nulla.
-Bene… ma… ti fai la doccia con i calzini?-
-O-oh! Che sbadata, non me ne sono accorta ahah.-
Grace la guardò confusa, soprattutto perché Hope, nonostante le avesse fatto notare il dettaglio, non sembrava comunque intenzionata a toglierli.
-Ok, cosa nascondi?- disse la ragazza, incrociando le braccia.
-Io?-
-No, il lavandino. Perché non vuoi toglierti i calzetti?-
-Ma no, non è che non voglio togliermi, il pavimento era solo un po’ freddo, e tu dovevi entrare.- tentò di giustificarsi l’altra, in un discorso senza senso.
-Ok, allora toglili ora.- insistette l’amica.
-Sì sì ora li tolgo ahah.-
Trascorsero un’altra manciata di secondi, in cui Hope sperò con tutto il cuore che qualcosa arrivasse a distrarre l’amica, ma questa non si mosse nemmeno di un passo, fissandola con un’occhiata sempre più severa.
-Ok… promettimi però non ti arrabbierai.- si arrese infine Hope.
-Neanche per sogno. Fammi vedere i piedi.-
Hope sospirò sconfitta, ben sapendo cosa sarebbe accaduto dopo. Inginocchiandosi si tolse i calzetti, rivelando l’enorme livido alla caviglia.
-Che diamine ti è successo?!- sbottò Grace spalancando gli occhi.
-Sono caduta per le scale…-
-Sei caduta, o qualcuno ti ha spinta?- ribatté l’altra, smascherandola.
-È stato solo un’incidente.- tentò di rassicurarla.
-Incidente un corno! Ti sei fatta almeno vedere? Quando è successo?!-
-All’intervallo…-
-E sei andata avanti così fino ad ora?! Ma dove hai il cervello!-
Involontariamente Grace aveva alzato a tal punto la voce che probabilmente perfino i vicini l’avranno sentita. Di fronte all’espressione dell’amica, chiaramente a disagio per la situazione, la ragazza fece del proprio meglio per calmarsi.
-Hope, lo capisci che questo è grave?-
-Non è rotto. Riesco a camminarci.-
-A parte che non puoi esserne sicura visto non sei andata a parlare con nessuno, ed anche se non fosse rotto, hai preso una gran brutta botta. Il fatto che hai continuato a sforzarti probabilmente ha peggiorato le cose.-
Stavolta l’altra non rispose, consapevole l’amica avesse ragione ma comunque frustrata dall’intera situazione.
-Perché hai fatto finta di non esserti fatta male?-
Arrivati a questo punto Hope ebbe bisogno di sedersi, anche solo a terra sul tappetino del bagno.
-Non era niente di che, non volevo farvi preoccupare…-
-E adesso è decisamente qualcosa di che, e sono preoccupata. Ne è valsa la pena?-
-Non trattarmi come una bambina Grace…- mormorò l’altra. -Lo so di avere sbagliato.-
-Mi piacerebbe anche che non ripetessi più questo errore.- ribatté l’altra. -Non risolvi niente così, tutto il casino che ha fatto Daimonas non ti è bastato? Vuoi diventare come lui.-
-Daimonas è un bravo ragazzo.- rispose alterata Hope, capendo in parte perché l’amica aveva scelto un esempio simile, visto il ragazzo per molto tempo aveva avuto la tendenza a non parlare apertamente, complicando i propri problemi, ma lo trovò comunque ingiusto da parte sua.
-Puoi essere buono quanto ti pare, ma se devi iniziare a nascondere le tue cose, i tuoi problemi a quelli che dovrebbero essere i tuoi amici, allora quella è la porta.- rispose severa Grace. -Dico sul serio Hope. Non è un comportamento che sono più disposta ad accettare, soprattutto da te. Se stai zitta è solo peggio, ora siamo qui a discutere proprio perché non mi hai detto la verità, quando se avessi parlato prima ti avrei portata a farti vedere e non avresti ridotto il piede in questo stato.-
Forse dipendeva dalla frustrazione accumulata nel corso della giornata, o dal male alla caviglia che comunque non si era attenuato, e probabilmente anche dal senso di colpa per avere creato quell’intera situazione, ma Hope non riuscì a formulare alcuna risposta senza il rischio di piangere.
Far preoccupare i suoi cari era l’ultima cosa che voleva fare, si era convinta di poter gestire quell’incidente, ma era chiaro ormai non fosse stata la scelta giusta.
Grace non ebbe alcuna fatica a notarlo, e sbuffando, passandosi una mano tra i capelli, si sedette accanto all’amica, fissando il muro.
-Ok, so non sei un’irresponsabile, non lo pensavo veramente. Però non voglio tieni nascoste cose simili, pensa anche a come si sentirà il tuo ragazzo una volta che ti vedrà.-
Una parte di Hope aveva sperato che quella faccenda rimanesse solo tra loro due, Grace però era chiaramente contraria.
-Devo proprio dirglielo?- chiese comunque, sperando l’amica le venisse in contro.
-Sì, e non solo a lui. Finisci la tua doccia poi ti fascio il piede, e vedo se abbiamo una stampella da qualche parte.-
Il tono della ragazza non ammetteva repliche, per quanto l’altra avrebbe volentieri cercato di protestare, se non fosse stato per l’ultima occhiataccia di Grace.
Ormai la frittata era fatta, e ora doveva raccogliere i cocci.
-Hai bisogno di una sedia?- chiese Grace, alzandosi in piedi ed aiutando Hope a fare lo stesso.
-No, ce la faccio, grazie.-
-Mh-hm. Ti prendo una sedia.-
Se doveva scegliere per lei perché allora glielo aveva chiesto?
… no, era solo la frustrazione a parlare. Grace stava cercando di aiutarla, e doveva esserle grata per questo.
L’aveva rimproverata come lei avrebbe fatto al posto suo, ma almeno si era fermata quando aveva notato la situazione stava per sfuggirle di mano.
Hope aspettò pazientemente l’amica tornasse con una sedia, appoggiandosi ad essa sotto la doccia, tenendo così la caviglia a riposo.
La sedia le tornò utile anche quando dovette asciugarsi e rivestirsi, ed una volta fatto Grace era già in camera sua ad aspettarla con delle creme e un rotolo di fasce. Non era la prima volta che Grace si occupava di situazioni simili, anche al lavoro dopotutto capitava spesso che qualcuno si facesse male, e la sua esperienza le permise di fare un lavoro rapido e ben fatto.
-Ok, così dovrebbe stare fermo. Stringe troppo?-
-No, va benissimo… grazie Grace.-
-Bene, scrivo ad Alexander di non venire più?-
-No no, non ce n’è bisogno.-
-Dovresti riposare però.-
-Riposerò sul divano. Prometto che non mi muoverò.- la rassicurò Hope, sperando almeno su questo di convincerla.
Fortunatamente per lei tra la discussione di prima e la fasciatura appena fatta avevano perso abbastanza tempo per permettere ad Alexander di arrivare in perfetto orario, di fatto il ragazzo aveva appena suonato al campanello e stava pazientemente aspettando che Hope venisse ad aprirgli.
Con sé aveva portato un piccolo mazzo di fiori, nulla di troppo ingombrante, ma aveva preferito evitare di mostrarsi senza nulla con sé.
Non appena la porta si aprì controllò rapidamente di essere in ordine, sfoggiando un sorriso impaziente di vedere finalmente Hope, ma dall’altra parte dell’ingresso c’era solo la sua amica Grace.
-Ehi, entra. Hope è sul divano.- disse sbrigativamente questa, lasciandola entrare.
Alexander la guardò dapprima confuso, poi preoccupato del fatto Hope non fosse venuta direttamente ad aprirgli la porta, come era solita fare, e le sue paure divennero presto realtà come la vide seduta sul divano con il piede completamente fasciato.
-Hope! Cos’è successo?!- esclamò abbandonando i fiori, correndo subito da lei.
-Tranquillo Alex, va tutto bene.- tentò di dire lei, sentendo una stretta al cuore come il panico crebbe negli occhi del ragazzo. -Sono solo caduta dalle scale.-
-L’hanno spinta, all’intervallo.- rettificò Grace, facendo quasi detestare all’amica il fatto che lei si trovasse lì, proprio come Grace odiata il nuovo tentativo di “mentire” di Hope.
L’espressione del ragazzo si fece più cupa e sinistra, in maniera simile a quella che talvolta avevano visto sul volto di Khal. -Chi è stato?-
-È stato solo un incidente.- ribadì la ragazza, non riuscendo ad attenuare in nessun modo la furia del ragazzo, tuttavia nei suoi occhi presto crebbe anche un’altra emozione che Hope non avrebbe mai voluto vedere.
-Perché non me lo hai detto?- mormorò Alexander, incapace il dolore che l’intera situazione gli procurava.
Amava Hope, avrebbe fatto di tutto per lei, ed aveva creduto che lei lo sapesse, che ogni suo gesto dimostrasse questo forte sentimento, eppure lei si era fatto male e non glielo aveva detto.
In quel momento, di fronte al suo sguardo, tutto ciò che la ragazza avrebbe voluto fare era abbracciarlo e stringerlo forte a sé, ma si contenne, limitandosi a prendergli la mano nella sua.
-Mi dispiace tanto.- riuscì a dire. -Non volevo farvi preoccupare, sono successe tante cose in questi giorni…-
Ora che lo ripeteva ad alta voce, realizzò quanto la sua spiegazione avesse poco senso.
Se Alexander si fosse fatto male e non glielo avesse detto le si sarebbe spezzato il cuore.
-Mi dispiace.- ripeté, sperando potesse essere in qualche modo di conforto, ma il ragazzo non disse nulla, perso nei propri pensieri. -… vuoi… vuoi comunque restare?-
-Sì, sì… se a te fa piacere.-
Nemmeno per un secondo aveva pensato di andarsene, ma ora non era più certo che lei lo volesse lì. Forse non si fidava abbastanza di lui, forse in realtà la disgustava…
-Mi piacerebbe tanto.- annuì Hope, facendolo sedere accanto a sé.
Grace era andata nella sua camera, lasciando ai due un po’ di privacy.
La coppia rimase a lungo in silenzio, seppur abbracciati l’uno all’altra. Erano molti i pensieri che affollavano le menti di entrambi, ma di una cosa Hope era certa, non avrebbe mai più ripetuto un simile sbaglio, non importava cosa sarebbe successo.
Non voleva mai più ferire in questo modo le persone a cui teneva.
Ryujin-Sammy
-Rahu Rahu! Fai anche a me i capelli dopo!- esclamò entusiasta Sammy, saltando da un punto all’altro della stanza dopo aver visto la meravigliosa treccia che Rahu aveva fatto al fratello.
-Certo! Fammi finire solo qui.- sorrise l’altra, armeggiando con un’altra ciocca di Ryujin.
Il ragazzo sorrise, per nulla dispiaciuto di fare da cavia alla sorella.
Dopotutto, quando erano a casa non era l’unica a provargli ad acconciare i capelli in vari modi.
-Allora Rara… come stanno le altre? A casa?- le chiese, cercando di avviare la conversazione verso il nodo fondamentale, la loro casa.
-Bene, le solite storie. Papà che ha le sue preferenze ma le nasconde, le maggiori per un po’ mi hanno rimproverata sul fatto fossi venuta a disturbarti, ma ho pacatamente spiegato loro che ti ho semplicemente salvato la vita.-
-Avranno capito perfettamente la situazione immagino.-
-Dopo qualche giorno ho smesso direttamente di ascoltare.-
-Rara…-
-Cosa? Era una questione di vita o di morte! Non potevo lasciare che Sharazade ti catturasse.-
-Come catturare?- chiese confusa Sammy. -Non era tua amica?-
-Sì Sammy, non preoccuparti, Sharazade non voleva fare nulla di male.- la tranquillizzò subito Ryujin, anche se Rahu non era molto d’accordo.
-Insomma…-
Ryujin le lanciò una rapida occhiata, a farle capire non era il caso di andare avanti con questo gioco, con il rischio di fare preoccupare la piccola.
-Ok ok! Sì, Sharazade non voleva fare nulla di male!-
-A proposito di lei, come sta? Ha avuto problemi a tornare a casa?- chiese Ryujin, ricevendo stavolta lui un’occhiataccia.
-E a te cosa importa?-
-Pensavo sareste andate più d’accordo una volta tornate indietro.-
-Rimane sempre la stessa egocentrica di prima, ma è più facile sopportarla ora che si è messa l’anima in pace su questo matrimonio.-
-Tornerà anche lei a trovarci un giorno?- chiese Sammy sorridendo.
-Non credo, sembra essere molto impegnata nei suoi studi, e non ha particolari legami con questa città, oltre a voi.- spiegò Rahu, che tuttavia, vedendo l’espressione triste di Sammy, cambiò subito approccio. -Ma potrei dirle di scrivervi delle lettere, se ti fa piacere. Non a Ryujin, certo…- disse sussurrando l’ultima parte, in modo la piccola non la sentisse.
-Sarebbe fantastico!-
-Sì, sarebbe molto gentile da parte tua Rara… e… quando avresti disponibilità a parlarle?-
-Ho detto tu non riceverai un bel niente.- sibilò la sorella, ora dubbiosa.
-No no! Non è quello che intendevo!-
-E allora cosa intendevi? Che c’è, non mi vuoi qui?-
Dirle apertamente di sì sarebbe stato come chiederle di puntargli una pistola alla tempia, ed in ogni cosa la risposta era molto più complicata di così.
Certo che la voleva vedere, certo che era felice di passare del tempo con lei, ma era terrorizzato all’idea che le potesse accadere qualcosa, ed alla luce dei recenti avvenimenti non era così improbabile che venisse invischiata in qualcosa di pericoloso.
-Certo che no Rara… vorrei solo sapere quanto resterai… per organizzare le nostre giornate.- rispose il ragazzo, cercando di reggere l’occhiata della sorella.
-Come no… comunque, non ho un programma stabilito, rimarrò qui per un po’.-
-O-oh, fantastico!-
Sì, fantastico, doveva solo assicurarsi non le accadesse nulla nel corso della sua permanenza, e che tornasse a casa sana e salva.
Nulla di più semplice, giusto?
Astral-Lacie-Wyen-Seraph
-Lacie, sei sicura di non volere restare a guardare un film in casa stasera?-
-No nya, te l’ho detto, esco con Wyen!-
-Puoi sempre invitarla in casa.-
-Ho già il mio programma, non preoccuparti nya!-
Di fronte allo specchio del bagno Lacie aveva appena finito di sistemarsi i capelli, indossando il suo fiocco preferito e dandosi giusto un’aggiustatina al trucco. Aveva pensato a tutto il pomeriggio su cosa fare quella sera, ed a come vestirsi, decidendo per un abito rosa e blu, con dei gattini ai bordi, ed un paio di calze nere che rompevano i colori brillanti dell’abito.
L’aver portato Wyen sul tetto ed averle confessato di avere una cotta per lei era stato un gesto improvviso, quasi non pensato, soprattutto perché Lacie stessa si era resa conto dei suoi sentimenti solo negli ultimi giorni.
Le cose orribili che avevano visto nel laboratorio, quello che era successo ad Ailea, ed i pericoli che Wyen aveva corso… l’avevano scossa, facendole capire cosa fosse quel formicolio che provava ogni volta era in compagnia della ragazza.
Era buffo, per molto tempo si era immaginata questo genere di cose come eventi che accadono molto gradualmente, ci si conosce, si diventa amici, e poi ci si innamora, invece per lei era stato molto più immediato.
Anche con Brutus era stato così, a ben pensarci, ma lui si era rivelato una mela marcia, che purtroppo le aveva lasciato un brutto sapore amaro in bocca.
Una parte di lei era stata restia a parlare con Wyen proprio per questo, non voleva essere ferita ed usata di nuovo, ma proprio perché questi pensieri erano nati aveva deciso di farlo.
Wyen era una brava persona, non le avrebbe mai mentito in quel modo.
La cosa più incredibile era che lei aveva risposto ai suoi sentimenti, ed ora stavano per uscire insieme. La coda di Lacie fremette impaziente dall’emozione.
-Andrà bene nya. Andrà tutto bene…-
Svelta la ragazza uscì dal bagno, precipitandosi giù per le scale ed avviandosi verso la porta.
-Ehi! Nemmeno mi saluti!- protestò Astral, seduto sul divano assieme a Seraph.
-Andiamo, lasciala uscire.- lo rimproverò l’altra.
Per quella sera sarebbero rimasti entrambi in casa, a coccolarsi ed a guardare un film alla tv.
Lacie sorrise, avvicinandosi a lasciare un bacio sulla guancia al fratello. -Non aspettatemi!-
-Lo farò comunque!- rispose Astral, con una punta di allergia nella voce, salutandola mentre Lacie uscì dalla porta. -Sono contento esca con un’amica stasera. Dopo quello che è successo le farà bene.-
-Vero, sono sicura si divertiranno.- annuì Seraph, appoggiando la testa sulla sua spalla.
-E noi non saremo da meno.-
-Vuoi dire che hai intenzione di portarmi fuori?-
-No, ma potremmo rendere questa serata più interessante…- sorrise il ragazzo, avvolgendola in un abbraccio.
Lacie nel frattempo aveva fatto una manciata di passi oltre la porta, controllando di avere tutto nella propria borsa, quando si fermò riconoscendo poco oltre il cancelletto la figura di Wyen.
-O-oh! Buonasera!- disse quest’ultima, sistemandosi la lunga treccia che le ricadeva sulla spalla.
Anche lei aveva cercato di sistemarsi, indossando il suo abito preferito, quello verde scuro, con sopra una cappa nera. Era molto elegante, senza un filo di trucco ma comunque raggiante. -I-io… ho pensato di venirti incontro…- disse la ragazza, imbarazzata.
In realtà era lì già da una manciata di minuti, ma non aveva trovato il coraggio di bussare, sia perché mancava ancora un po’ all’ora dell’appuntamento, sia perché non aveva ancora trovato le parole giuste per chiedere il permesso ad Astral di uscire con Lacie.
-Sei stata dolcissima nya! Forza andiamo!- sorrise questa, prendendola per mano.
-Oh, non… non dovrei parlare con tuo fratello prima?- chiese l’altra confusa.
-Perché mai nya?-
-Perché… è tuo fratello, in assenza di vostro padre, non dovrei parlargli?-
-No, non è micca con lui che devi uscire nya.-
Per quanto Lacie fosse a proprio agio con la cosa, lo stesso non valeva per Wyen, ma evitò comunque di insistere per timore di rovinare la loro uscita.
-Molto bene… dove ti piacerebbe andare?-
Purtroppo non aveva chiaro in mente cosa si potesse fare ad un appuntamento, in quanto quello rimaneva il primo che aveva mai avuto, ed a prescindere, essendo vissuta sempre nel castello del padre, non aveva idea degli svaghi presenti nel mondo, ad eccezione di quelli aveva letto nei libri, ma non voleva basarsi solo su delle congetture che potevano anche non essere reali; difficilmente poi avrebbero potuto trovare un lago dove andare in barca, o un campo fiorito in piena città.
-Ecco, pensavo di iniziare con un gelato nya.-
Qualcosa di semplice, tanto per chiacchierare.
-C’è un’ottima gelateria qui vicino nya, ti andrebbe di andarci?-
-Certamente.-
A Wyen non spiaceva certo un’attività simile, soprattutto visto era la loro prima uscita; se Lacie avesse scelto un luogo più appartato, avrebbe rischiato di sentirsi a disagio, invece così, all’aperto e circondate da varie persone, il fratello avrebbe potuto sorvolare sull’assenza di uno chaperon.
Una volta arrivate poté inoltre constatare come la gelateria fosse un luogo incantevole, con all’esterno varie panchine che delimitavano il perimetro del locale, dove ci si poteva sedere accanto a delle piante.
A quell’ora non c’era ancora nessuno, quindi le due ne approfittarono per prendere un gelato a testa, e mettersi comodamente sedute a parlare.
-Allora, ti piace questo posto nya?-
-Sì, è molto piacevole, ti ringrazio di avermici portata.-
-Grazie a te nya, e il gelato?-
-Delizioso.- sorrise Wyen felice. -Il tuo?-
-Buonissimo nya! Era da tanto tempo che volevo mangiarne uno, ma siamo state impegnatissime nya!-
-Hai ragione, è piacevole godersi simili momenti.-
Al castello tutto ciò non sarebbe stato altro che un sogno. Per molti probabilmente prendere un gelato in compagnia della persona per cui si prova affetto era qualcosa di scontato, ma per lei era un vero dono.
-Allora nya… parlami un po’ di te. Da quando sei arrivata l’unica cosa che so è che sei la sorella di Daimonas nya.- disse Lacie giocosamente.
-Non c’è molto da dire in verità. Ho avuto un’istruzione prevalentemente autonoma, fondata sulla moltitudine di libri nelle biblioteche del castello in cui ho vissuto fino ad ora.-
-Vero che vivevi in un castello nya! Sei come una principessa nya.- sorrise Lacie, in un commento che non era poi così lontano dalla verità, contando che la maggior parte delle storie su principesse o simili che Wyen aveva letto riguardavano giovani fanciulle intrappolate in quattro mura, costrette alla servitù e ad una vita di isolamento.
-Tu invece? Hai sempre vissuto a Rookbow?-
-No nya. Per quasi tutta la mia infanzia io ed Astral abbiamo continuato a muoverci di città in città nya. Certe volte studiavamo da casa, altre riuscivamo ad inserirci in qualche scuola nya.-
-E come mai, se posso chiedere.-
Prima di risponderle Lacie rimase in silenzio per un po’, fissando un punto distante, con un fare quasi distratto e perso nei ricordi; stava scegliendo con cura le parole giuste da usare.
-Non sono sempre stata così nya, con la coda e le orecchie da gatto intendo, e quello che è successo ci ha costretti a muoverci spesso nya.-
Di quel giorno la ragazza aveva solo pochi ricordi; una casa non più sua, qualcuno che rientrava dopo un lungo viaggio, uno strano oggetto ed un gatto, poi un fascio di luce che aveva ricoperto ogni cosa, e da lì tutto era cambiato.
Astral non ne parlava spesso, convinto di poterla proteggere dai suoi stessi ricordi, ma così non aveva fatto altro che complicarle le cose.
Lacie sapeva dell’incidente, ma le informazioni che aveva erano sommarie, piccoli frammenti che la lasciavano con una grande frustrazione.
Ci volle un po’ prima che Wyen trovasse le parole per risponderle, sorpresa da quella storia. Aveva cercato di non ficcanasare troppo nel passato di quel gruppo, per quanto alcuni di loro avessero delle chiare stranezze e particolarità, ma probabilmente la maggior parte di loro aveva un passato tutt’altro che facile, nonostante le persone fossero diventate.
-Oh, mi dispiace, non volevo essere invadente.-
-Tranquilla nya, non lo sei stata.- la tranquillizzò subito Lacie.
-… per quel che vale, io ti trovo splendida.-
Le guance di Lacie avvamparono di colpo, e la ragazza non provò nemmeno a nascondere il sorriso che le premeva sulle labbra.
-G-grazie nya…-
Per un po’ rimasero in silenzio, mangiando assieme il gelato ed osservando le persone che di tanto in tanto passavano.
Mai prima d’ora Wyen si era sentita così appagata nel silenzio, soprattutto accanto a qualcuno.
-Tutto questo… è molto piacevole.- mormorò, finendo il proprio gelato.
-Davvero nya?-
-Sì. Relazionarmi con voi, conoscervi e farmi conoscere… non è qualcosa a cui sono abituata. Ho vissuto la maggior parte della mia vita come un semplice dettaglio di sfondo, ed ho spesso il timore che le mie azioni o le mie parole possano infastidire qualcuno, perché spesso non vedo le cose come le vedete voi, soprattutto su certi argomenti, però in questo momento non mi sento spaesata, anche se ho comunque paura di poter dire qualcosa di sbagliato, ma mi sento… come se questo, andasse semplicemente bene.-
Non si sentiva un’estranea, era come se in quella gelateria, con Lacie, tutto fosse normale, anche lei.
Lacie annuì comprensiva, guardandola con la coda dell’occhio. Non aveva mai pensato ci fosse qualcosa che non andasse in Wyen, ma capiva non fosse semplice per lei iniziare una vita nuova, completamente diversa da quella precedente, ed era felice di poter essere lì con lei ad aiutarla.
Lentamente avvicinò la mano a quella di Wyen, prima solo sfiorandola poi stringendola nella sua.
-Ne sono felice nya.-
Daimonas-Jack-Lehar
-Allora, come ti senti stasera? Va un po’ meglio?-
-Sì, grazie. Non credevo l’effetto del piombo sarebbe stato così pesante, nonostante erano solo dei proiettili.-
-Ti hanno sparato Daimonas… chiunque avrebbe bisogno di tempo per riprendersi.-
-Hai ragione. Con un po’ di riposo tornerò come nuovo.-
Rispetto alla sera precedente, in cui i due non erano nemmeno riusciti a parlare, stasera Jack e Daimonas erano di umore decisamente più sereno; erano ancora stretti l’uno all’altra, stesi nel letto, ma almeno stavolta non dipendeva dal terrore di perdere il compagno all’improvviso, ma solo dal desiderio di vicinanza.
-Mi infilerei sotto la tua pelle se potessi.- scherzò Jack, sfregando il viso contro quello del ragazzo.
-Ahah, che cosa macabra da dire.-
-Non è vero. Avrei potuto dire qualcosa di più cliché.-
-Tipo?-
-Mmmh… non so, cosa c’è di cliché per un non morto?-
-Mangiare il cervello?-
-Ahaha, quello sì che sarebbe macabro!-
Sorridendo i due intrecciarono le loro dita, facendo tintinnare gli anelli che portavano.
-Puoi mangiare ogni mia parte se vuoi…- sussurrò Daimonas, dandogli un bacio.
-Mmmh, sexy.- scherzò l’altro, facendo scoppiare Daimonas in una fragorosa risata. -A proposito di mangiare, sei sicuro di non volere un altro po’ del mio sangue?-
-Sì, tranquillo. Quello che mi hai dato basterà.- lo tranquillizzò Daimonas.
Un’ora prima gli aveva chiesto il permesso di nutrirsi di un po’ del suo sangue, visto erano trascorse settimane dall’ultima volta, e dopo i proiettili ne aveva veramente bisogno.
-… cosa credi stia facendo tuo fratello in questo momento?- chiese di sfuggita Jack.
-Non lo so. Fisserà la porta, con ogni probabilità.-
-Non mi piace il modo in cui ti guarda…-
-Lo so, ma non farà nulla, almeno credo.-
-Sigh… lo spero tanto…-
La presenza di Lehar era un’incognita spaventosa, il ricordo di un mostro a cui non volevano pensare, e la minaccia di un futuro che non volevano vivere.
Se lui era lì, anche Alastor poteva arrivare da un momento all’altro, e non avevano le forze per combatterlo.
Se fosse tornato…
“Pichu”
Daimonas, intuendo i pensieri di Jack, li interruppe subito con un bacio.
-Siamo qui, va tutto bene.-
L’altro sorrise, sospirando debolmente. -Grazie…- disse, accarezzandogli le guance. -Sei… cambiato.-
-Ed è una cosa brutta?- mormorò l’altro, con una punta di ansia nella voce.
-No, per niente. Anche nel laboratorio, quando…- per un momento Jack si fermò, abbassando lo sguardo, cercando di trattenere un tremolio nella voce. -Quando vi ho detto… quello che ho fatto… tu hai mantenuto la calma. E anche dopo ogni tua azione è stata… pensata, non solo per noi, ma anche per te, e ne sono felice, veramente felice.-
Daimonas gli accarezzò le guance, con un peso nel petto. -Non è stata colpa tua Jack.-
-E di chi è allora la colpa?-
-Non tua, né di Ailea o di nessun’altro. È stato un’incidente.-
-Che io però ho causato… Daimonas, se non avessi aperto le gabbie…-
Daimonas si mise a sedere, stringendo la mano di Jack. -Non pensare a queste cose. Capisco come ti senti, ma non è così che possiamo affrontare la situazione.-
-È questo il problema, non so come affrontarla.- ammise l’altro, sedendosi accanto a lui. -Voglio prendermi le mie responsabilità, ma ho paura. Non voglio perderti, e nemmeno gli altri.-
-Non ci perderai mai.- tentò di rassicurarlo Daimonas.
-E se Khal mi odiasse? E se Ailea mi odiasse?-
-Non ti odieranno.-
-Allora mettiamola così, se non volessero più vedermi? Se la mia presenza gli ricordasse quello che ho fatto, ferendoli?-
Stavolta Daimonas non riuscì a rispondere.
Sapeva che Ailea non gli avrebbe mai dato una colpa simile, ma non era certo per Khal, e forse presumere qualcosa di tanto importante era come mettersi un prosciutto sugli occhi rifiutandosi di prepararsi al peggio.
-… sarò sempre con te Jack.- riuscì solo a dire, con tutta la sincerità che aveva nel cuore.
Jack sospirò, triste e grato allo stesso tempo Daimonas fosse lì con lui.
I due tornarono a stendersi, chiudendo gli occhi, non per cercare il sonno, ma un po’ di quiete.
Dall’altra parte della porta invece, qualcuno di quiete ne aveva più che abbastanza.
Daimonas non s’era sbagliato, Lehar era lì da ore, a osservare in lontananza la loro camera, gli spiragli dalle finestre, in attesa.
Per molti anni l’incommensurabile potenziale di Arma non era stato altro che un insieme di poche frasi sulla sua forza e sulle sue capacità, sull’immagine di un essere che avrebbe potuto realizzare grandi cose per mano del Sommo Alastor, ma ora che l’aveva di fronte, per quanto si sforzasse, Lehar non riusciva a vedere questo grande potere.
Tutto ciò che vedeva era un individuo che non sembrava intenzionato a sfruttare la sua reale forza, che si legava per qualche ragione ad esseri che, se avesse voluto, avrebbe potuto spazzare via in un solo istante, e che nulla gli potevano dare per ripagare il tempo che stava inutilmente perdendo.
Avrebbe potuto unirsi alle schiere del Sommo Alastor, superare facilmente il rango che Lehar stesso aveva ottenuto, e ripagare la loro intera razza per tutti quegli anni di attesa, ma per qualche ragione il solo pensiero quasi lo ripugnava.
Era una grave mancanza di rispetto, tuttavia Lehar non aveva fatto nulla riguardo a ciò, non solo perché un soldato non poteva permettersi di perdere la calma per simili sciocchezze, ma perché riconosceva di trovarsi in un territorio dove i valori che lo muovevano di per sé non esistevano, ed era stato lui stesso a decidere spontaneamente di inserirsi in questo spazio.
La principale ragione, come aveva già spiegato al fratello, era perché voleva comprendere.
Perché un essere tanto potente non seguiva la ragione, e non era rimasto al castello una volta il Sommo Alastor l’aveva condotto lì? Perché insisteva a tal punto ad interagire con quelle creature, che vantaggio ne otteneva?
Fatta eccezione per quel non morto, non gli sembrava si nutrisse di loro.
Ma la cosa che più lo interessava era scoprire quanto dei racconti su Arma fossero veri, fin dove potesse arrivare la sua forza.
Per questa ragione era lì, nel gelo di quella notte, tutt’altro che insopportabile rispetto a numerose sfide che aveva affrontato, ad osservare in silenzio quel mondo in cui il fratello aveva deciso di accomodarsi.
Non dubitava che per raggiungere i suoi scopi avrebbe dovuto utilizzare svariate giornate e molte ore del suo tempo, sperava solo non dovessero tutte consistere nel vagare per quel luogo al pari di uno spettro.
Alla lunga avrebbe potuto dimostrarsi alquanto… solitario.
Lighneers
Conclusa la giornata, Lighneers era subito tornato all’orfanotrofio, in attesa dell’arrivo di Zero.
Avevano ancora molte cose da discutere, soprattutto sul funzionamento di quella nuova armatura. Il ragazzo aveva cercato un paio di volte di attivarla, ma i risultati non erano stati efficaci, e gli erano costati delle gran belle emicranie.
Era un potere nuovo, che intendeva sfruttare al meglio, ma capiva anche, almeno per il momento, doveva aspettare e sperare Zero non tardasse troppo.
-Io arrivo quando pare a me, scimmia.-
La comparsa della voce dell’uomo non fu affatto una sorpresa, e nemmeno vederselo comparire di fronte senza che una sola porta fosse stata aperta.
Lighneers rimase in silenzio, ben sapendo ormai che il professore preferiva parlasse solo quando interpellato, ed i convenevoli non erano tra le sue preferenze.
-Bene, vedo che almeno qualcosa stai imparando.- ridacchiò l’uomo.
Sapeva leggere nelle menti delle persone, era una cosa ovvia quando ci si faceva caso, non tentava nemmeno di nasconderlo dopotutto.
-E posso anche fare molto, molto, mooooooolto di più, ma non è per questo che siamo qui.- tagliò corto Zero, cominciando a camminare attorno all’altro. -Stasera la lezione si concentrerà esclusivamente sul tuo nuovo giocattolino. Hai provato ad usarlo varie volte oggi, non è vero?-
-Sì.- rispose secco Lighneers.
-Ma non ci sei riuscito.-
-No.-
-Ovviamente no, non potresti mai. E non solo per le tue ridotte capacità.- sbuffò Zero. -Forse te lo avevo già accennato, forse no, non è che mi importi nulla, ma questa tuta prende la propria forza dai tuoi poteri, dal tuo lato un po’ più… diabolico, diciamo, e già di base tu non sai gestirli. Quindi, quello che questa tuta fa è “sollecitare” i tuoi poteri a svegliarsi dal loro stato dormiente in cui li costringi a vivere, e dal loro risveglio deriva la tua mancanza di controllo con la tuta, perché se di base non li riesci a gestire e finisci per ammazzare domestiche anche nella tua versione più debole quando quella parte si sveglia perdi completamente il controllo. La tuta ti obbliga a mantenerli attivi, ma per farlo devi consumare un livello talmente alto di energia che, nel malaugurato caso non riuscissi a riprendere il controllo, disattivando così la tuta, moriresti.-
-Però sono sato in grado di fermarla la prima volta.-
-Sì, perché avevi uno stimolo abbastanza forte per farlo, ma non avrai sempre i tuoi amichetti nei dintorni. Le nostre prime lezioni quindi si concentreranno proprio su questo, accendere e spegnere la tuta.-
Lighneers annuì. Prima di poter usare la tuta giustamente doveva prima capire come attivarla e disattivarla.
Non poteva aspettarsi che Zero gli desse tutte le informazioni in un unico incontro, non era nel suo stile.
-Naturalmente la tuta ti fornisce un supporto anche nella sua attivazione, ma sarà molto, moooooolto dolorosa ahaha, credo ricorderai com’è stato la prima volta.-
-Sì.-
Era stato come se un’altra pelle gli si fosse formata addosso, no anzi… cucita, era il termine adatto.
-La tuta ormai comunque fa parte di te, è come se non la togliessi mai. Attivarla in realtà è molto semplice, il difficile è mantenere la concentrazione, ma credo che avrai notato anche questo.-
-Sì.-
A grandi linee aveva capito che gli bastava concentrarsi sulla tuta e volere che questa emergesse, apparisse, ma il dolore era stato abbastanza intenso da interrompere la sua concentrazione, e ad ogni tentativo si era sentito sempre più debole.
-Considerando che la tuta assorbe la tua energia, non sarai in grado di usarla per più di una volta al girono, quindi meglio la sfrutti quando ne avrai veramente bisogno. Non per fare il figo su Instagram, altrimenti ci rimani secco, sul serio. E le prossime volte non avrai nemmeno la lucidità dell’ultima volta, vorrai solo ammazzare, stai bene attento insomma a dove la usi, anche perché dopo sarai ridotto ad uno straccio, quindi se hai lasciato qualcuno vivo, peggio per te. E per quanto riguarda la disattivazione della tuta, o muori, o riesci fin dall’inizio a rimanere aggrappato a quella parte di te che ti permette di uscirne.-
Non era gran che a cui affidarsi, e certamente se avesse perso il controllo Zero non avrebbe mosso nemmeno un dito per aiutarlo, ma un potere simile non era qualcosa a cui Lighneers era disposto a rinunciare.
Avrebbe imparato a controllare la tuta, o sarebbe morto provandoci.
-Sì, sarebbe molto divertente vederlo.- rise il professore. -D’accordo, basta perdere tempo. Attiva la tua tuta suicida.-
Ailea-Khal
Erano le tre del mattino, o forse anche le quattro.
Ailea non aveva più una chiara idea di quanto tempo fosse trascorso da quando i medici l’avevano messa sotto i ferri, o da quando l’effetto di intontimento dei farmaci aveva cominciato a diminuire.
Forse stava ancora vaneggiando, perché si sentiva ancora piuttosto stordita, e quando muoveva gli occhi la stanza si muoveva per una manciata di secondi.
Le formicolavano le braccia, ma ogni volta provava a muoverle queste non c’erano più. Se tentava di guardarle quasi le veniva da vomitare.
C’erano istanti in cui non voleva fare altro che urlare e distruggere qualcosa, ma la rabbia svaniva rapidamente, e tornava sporadicamente, sempre più debole.
Aveva perso tutto, la sua vita era finita, e la persona che avrebbe dovuto sostenerla era un pazzo psicopatico con una mania ossessiva nei suoi confronti.
Alla centesima volta che ci aveva pensato la notizia aveva quasi cominciato ad essere divertente, proprio come il fatto avesse perso le braccia per la sua stessa stupidità.
Forse proprio per questo la rabbia non aveva più lo stesso sapore inebriante di prima; era successo tutto perché non era stata in grado di controllarla.
Bene, aveva imparato una preziosa lezione, che non le sarebbe certo stata utile negli anni a venire, soprattutto perché non aveva alcuna intenzione di viverli.
Non importava cosa dicesse Khal, non importava chi minacciasse.
Non poteva costringerla a vivere.
Una brezza gelida interruppe i suoi pensieri. Poco distante da lei, da una finestra aperta, il vento aveva cominciato a soffiare con più forza.
Nella camera era sola.
La ragazza non perse altro tempo, mettendosi subito a sedere, ma il movimento stesso era lento e goffo, e quasi crollò nuovamente stesa a causa delle vertigini, ma non le importava.
Si lanciò in avanti, cercando di mettere un piede davanti all’altro, ruzzolando a terra e sbattendo il mento.
Provò a sollevarsi con le braccia, solo per rendersi nuovamente conto che queste non c’erano.
Rantolando stordita, e sul punto di vomitare, Ailea provò a girarsi, ed a sollevarsi solo con la forza delle braccia.
Si aggrappò addirittura al lenzuolo con i denti, senza ottenere alcun grande risultato.
Rinunciando a quella strategia prese allora a strisciare, o a rotolare, finché non arrivò sotto la finestra.
C’era quasi, doveva solo mettersi in piedi, e saltare.
-Oh, tu guarda. Avevo lasciato la finestra aperta.- la voce allegra di Khal le perforò i timpani. Dalla porta da cui il ragazzo era appena entrato lo seguì un fascio di luce che quasi l’accecò.
Sentì i suoi passi farsi vicini, e le sue mani sollevarla, mettendola in piedi proprio davanti la finestra.
-Volevi prendere un po’ d’aria? Ti aiuto io.-
Con una mano sulla testa la fece piegare in avanti, spingendola fuori quanto bastava da far uscire il torace.
La ragazza poteva vedere la strada buia sotto di sé, a parecchi piani di distanza.
Sarebbe stata una cosa veloce.
-Non sporgerti troppo mi raccomando, non vorrei mai cadessi.- mormorò il ragazzo, tenendola per la schiena della camicia. -Dai, rientra prima di prendere un raffreddore.-
Ailea provò a spingersi con i piedi, ma era ancora troppo debole. Anche i suoi tentativi di dimenarsi erano nulli.
Tornata in camera contro la sua volontà, vide Khal tenerla accanto a sé, una mano sulla vita e l’altra ad accarezzargli la guancia.
-Come ti senti? I farmaci fanno ancora effetto? Credo potrei portarne via un po’, e metterteli nel cibo, o iniettarteli direttamente.-
Nel suo intero volto c’era qualcosa di diverso rispetto a prima, la maschera del ragazzo che Ailea aveva conosciuto fino ad ora era caduta, e sotto c’era un volto orripilante, fatto di un macabro e sadico sorriso, e due gelidi occhi senz’anima.
Lentamente Khal avvicinò il viso al suo, sporgendosi per un bacio, al quale Ailea rispose con una testata, ricevendo in risposta un pugno sui denti.
-Non ho alcun problema a picchiarti finché non perdi i sensi. Ma preferirei rimanessi conscia quando sei con me.-
Nonostante l’intontimento la ragazza percepì chiaramente il sangue scivolarle lungo il mento. Khal sorrise, ancora più soddisfatto di prima, ed afferrandole la testa in modo non potesse opporsi le diede un bacio.
Tentare di mordergli il labbro sarebbe stato inutile, la mandibola della ragazza ormai era inefficace.
-Lo so che non ti piace stare qui, ma non preoccuparti, domani mattina torneremo a casa, la nostra casa. Ho già organizzato tutto, e mi sono anche occupato del tuo piccolo appartamento.- disse lui accarezzandole i capelli. -Oh, e non preoccuparti per i tuoi gatti. Ho trovato loro una nuova casa, così saremo solo tu ed io.-
Un brivido percorse il corpo della ragazza, e Khal rise notandolo.
-Non li ho uccisi, te lo giuro. Ho trovato veramente una nuova famiglia per loro, vivranno bene, tranquilla. Si prenderanno cura di loro, proprio come io mi prenderò cura di te.-
Guidandola nei movimenti il ragazzo la costrinse ad appoggiare la testa sul suo petto.
Un nuovo moto di rabbia e disprezzo attraversò il petto di Ailea, ma lo sedò subito. Se diceva la verità, andava bene così, tanto non sarebbe stata in circolazione ancora per lungo, che lui lo volesse o meno.